Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel Seicento molti filosofi ed eruditi sostengono una visione magica dell’uomo e del cosmo, che riprende la tradizione ermetica e alchemica rinascimentale. Così, per esempio, coloro che si riconoscono nel programma dei Rosacroce, misteriosa setta di cui si comincia a parlare nei primi anni del secolo, e coloro che, come Kircher, cercano verità divine e significati arcani nei geroglifici egizi.
I Rosacroce
Nel 1614 appare in Germania uno scritto anonimo la cui ultima parte, intitolata Fama fraternitatis R.C., è un manifesto in lingua tedesca che annuncia l’esistenza della misteriosa confraternita dei Rosacroce e descrive la riforma del sapere e il rinnovamento morale dell’umanità di cui i Rosacroce intendono farsi promotori. Secondo questo scritto il fondatore dei Rosacroce sarebbe stato un leggendario cavaliere, vissuto nel Quattrocento, di nome Christian Rosencreutz che, durante le sue innumerevoli peregrinazioni in Oriente, avrebbe ricevuto misteriose rivelazioni da sapienti arabi ed ebrei. Il manifesto narra la leggenda di come Christian Rosencreutz visse e fondò la confraternita dei Rosacroce, allo scopo di realizzare l’ideale di società giusta che da sempre egli aveva perseguito.
Viviamo in un tempo felice
Fama fraternitatis
Poiché l’unico dio saggio e misericordioso in questi ultimi tempi ha riversato sull’umanità la sua misericordia e bontà con tanta dovizia, da permetterci di conseguire una conoscenza sempre maggiore e perfetta di suo figlio Gesù Cristo e della Natura, possiamo vantarci a buon diritto di vivere in un tempo felice, in cui Egli non solo ha rivelato quella metà del mondo fino ad ora a noi sconosciuta e celata e ci ha fatto conoscere molte meravigliose opere e creature della Natura mai viste prima, ma ha anche fatto sorgere uomini di grande sapienza, che potrebbero in parte rinnovare e condurre a perfezione tutte le arti, ora contaminate e imperfette, cosicché l’uomo possa finalmente comprendere la sua nobiltà e il suo valore e perché sia chiamato microcosmus e quanto la sua conoscenza si estenda nella natura.questo nostro rozzo mondo ne sarà poco soddisfatto, sorriderà e se ne farà beffe. La superbia e la cupidigia dei dotti, poi, sono così grandi, che non permetteranno loro di accordarsi; se solo essi fossero uniti, potrebbero comporre un Liber naturae, o regula di tutte le arti, raccogliendo nozioni da tutto ciò che Dio ci ha donato così generosamente in questa età; ma invece essi son rivali e nemici tra loro, e restano attaccati alle vecchie dottrine, stimando Porfirio, Aristotele e Galeno - che pure se fossero ancor in vita abbandonerebbero con gioia le loro dottrine errate - e tutto ciò che ha un’apparenza di conoscenza più della chiara e manifesta luce e verità; essi sono troppo deboli per un’opera così impegnativa, e sebbene in teologia, medicina e matematica, la verità confuti tutto ciò, il vecchio nemico mette in opera tutta la sua astuzia e invidia ostacolando questi progressi e rendendoli impopolari con l’aiuto di mestatori e di girovaghi.
F. A. Yates, L’illuminismo dei Rosa-Croce, trad. it. di M. Rovero, Torino, Einaudi, 1976
Nel 1615 viene pubblicato, assieme a un testo di filosofia occulta e alchimia che riproduce una parte della Monade geroglifica di John Dee, un secondo manifesto in latino, la Confessio fraternitatis. Riprendendo con più fervore il messaggio della Fama, questo manifesto auspica l’avvento di una società felice, ricca, pia, giusta e sapiente, cui si può giungere solo con il contributo di uomini illuminati e consapevoli delle verità eterne.
Per questo invita tutti gli uomini pii, saggi e illuminati d’Europa a rispondere all’appello dei Rosacroce e a cooperare con i loro sforzi alla fondazione di una società migliore.
Invito alla confraternita
Confessio fraternitatis
Certamente colui cui è stato concesso di osservare, leggere e quindi perfezionarsi in quelle grandi lettere e in quei grandi caratteri che Dio, Nostro Signore, ha scritto e impresso al cielo e all’edificio della terra e rinnova in modo altero attraverso il succedersi dei governi, egli è già dei nostri (anche se non ne è ancora conscio). Sappiamo che il saggio non trascurerà il nostro invito e il nostro appello: nessuno dovrà temere un inganno e promettiamo e dichiariamo apertamente che non inganneremo l’onestà e le speranze di chiunque si avvicini a noi sotto il vincolo del segreto e desideri aderire alla nostra Confraternita.agli ipocriti, agli impostori e a quanti aspirano a conseguire altro che non il sapere, dichiariamo che non ci presenteremo, né ci paleseremo loro e che essi non potranno danneggiarci in alcun modo senza che Dio lo voglia; sicuramente poi essi verranno puniti, come è stato detto nella nostra Fama; così i malvagi disegni che hanno concepito ricadran su di loro e i nostri tesori rimarranno intatti e inviolati, finché non giunga il Leone, li esiga con suo buon diritto, li riceva e li impieghi per instaurare e render saldo il suo regno. Dobbiamo comunque assicurare, o gente, che Iddio ha certamente e risolutamente deciso di concedere e accordare al mondo prima della sua fine - la catastrofe seguirà immediatamente tale evento - la stessa verità, luce, vita e gloria, che conobbe Adamo, il primo uomo; egli perse questi doni in Paradiso e i suoi discendenti furono costretti e trascinati con lui a vivere in miseria. Così cesserà ogni servitù, ogni menzogna e ogni tenebra che, con il lento progredire della rotazione del Grande Mondo, si sono insinuate in tutte le arti, opere e governi degli uomini, ottenebrandoli in gran parte. Perché da queste è derivato un numero considerevole di opinioni erronee d’ogni sorta e di eresie che hanno reso difficile la scelta anche a uomini assai dotti, poiché da un lato erano impastoiati, ostacolati e indotti in errore dal rispetto che tributavano ai filosofi e dall’altro vi era la verità dell’esperienza. Che se infine tutto ciò verrà rimosso, sostituendogli una regula unica e immutabile, dovremo ringraziare coloro che si sono prodigati per stabilirla, ma dovremo ascrivere tutta questa grande opera alla fortuna del nostro tempo.
F. A. Yates, L’illuminismo dei Rosa-Croce, trad. it. di M. Rovero, Torino, Einaudi, 1976
I due manifesti, che hanno rapida diffusione in Germania e in Europa, insistono sulla segretezza della confraternita, sul fatto che i suoi membri non possono apparire pubblicamente e che le sue verità non possono essere rivelate agli uomini ignoranti, disonesti o ipocriti, né alle menti grossolane: solo alcuni eletti possono partecipare della conoscenza necessaria a diffondere e a realizzare gli ideali rosacrociani.
La società giusta e illuminata che i manifesti auspicano è una società regolata dagli ideali cristiani di pace, fratellanza e carità fra gli uomini. Ciò che le menti elette devono conoscere per contribuire alla costruzione di questa società felice è fondamentalmente una filosofia della natura che, rifiutando le dottrine di Aristotele e Galeno, ritenute ormai superate, riprende l’interpretazione ermetica rinascimentale dell’universo, in cui si intrecciano suggestioni magiche, astrologiche, alchemiche e paracelsiane.
Gli appelli rosacrociani trovano un terreno fertile nell’ambito della tradizione magico-ermetica di origine rinascimentale. Secondo la filosofia della natura elaborata nell’ambito di questa tradizione, i corpi celesti esercitano influssi sulle cose terrene e sulla vita dell’uomo ed esiste un rapporto di simpatia e corrispondenza fra i movimenti, le forze, le leggi del macrocosmo costituito dall’universo e i movimenti, le forze, le leggi del microcosmo costituito dall’uomo.
Conoscendo le leggi che regolano il macrocosmo, si possono non solo prevedere, ma anche orientare gli influssi che il macrocosmo esercita sul microcosmo. L’uomo può agire su questo reticolo di forze e corrispondenze individuando i rapporti tra le cose e le entità celesti iscritti nelle segnature delle cose, vale a dire in quegli aspetti formali delle cose che corrispondono per somiglianza alle configurazioni degli astri. Il mondo è ricoperto di simboli: occorre solo saperli interpretare per giungere alle verità che nascondono e agire su di essi.
Una delle trattazioni seicentesche più complete e sistematiche della dottrina dell’armonia fra il macrocosmo e il microcosmo si trova in una serie di cinque opere del medico paracelsiano Robert Fludd, pubblicate nel 1617 e nel 1621 sotto il titolo di Storia del Micro e del Macrocosmo.
Quest’opera monumentale era stata preceduta da alcuni scritti in difesa dei Rosacroce (Apologia del 1616, riedita e ampliata nel Tractatus apologeticus del 1617) e verrà seguita da una serie di trattati altrettanto voluminosi sulla medicina, sulla filosofia mosaica, sull’alchimia (l’intero corpus fluddiano comprende una ventina di opere, celebri soprattutto per le spendide e suggestive incisioni). La Storia dei due cosmi costituisce, in generale, una presentazione della magia e della cabala rinascimentali, dell’alchimia, come era stata elaborata da Paracelso, e degli sviluppi introdotti da John Dee in queste tradizioni.
Le reazioni in Europa alla pubblicazione
L’apparizione dei manifesti rosacrociani scatena in tutta Europa un profluvio di pubblicazioni, spesso anonime, da parte di intellettuali, religiosi ed eruditi che fanno appello ai Rosacroce, ora invitandoli a uscire dalla segretezza, ora chiedendo di essere accettati nella loro confraternita, ora proponendo modifiche e miglioramenti dei loro programmi.
Nessuno dichiara pubblicamente di far parte dei Rosacroce, anche se molti, come per esempio i medici paracelsiani Robert Fludd e Michael Maier, chiedono di essere ammessi alla confraternita. Nessuno di questi appelli, tuttavia, riceve mai alcuna risposta da parte dei Rosacroce. Alcuni sospettano che i due manifesti siano stati scritti nell’ambito di un cenacolo protestante, di cui fa parte Johannes Valentin Andreae, autore delle Nozze chimiche di C. Rosencreutz, considerato quasi un terzo manifesto dei Rosacroce, e di un’utopia. I presunti autori, tuttavia, o negano la paternità dei manifesti o lasciano capire che si tratta di un gioco letterario.
Alle adesioni entusiastiche si alternano, soprattutto in Francia, critiche feroci, accuse di eresia, stregoneria, pericolosità per la morale e per la religione. Fra i più famosi detrattori dei Rosacroce ci sono il gesuita Garasse, il libertinoNaudé, i filosofi Mersenne e Gassendi.
Nel clima creatosi a Parigi nel 1623 in seguito all’affissione da parte di anonimi di manifesti che annunciano la presenza in città dei Rosacroce, lo stesso Cartesio è accusato di essere rosacrociano. Con molta sottigliezza, egli smentisce tale accusa mostrandosi pubblicamente a Parigi : per Cartesio, poiché i Rosacroce sono notoriamente “invisibili”, il fatto stesso di essersi fatto vedere in città prova che non è membro della confraternita.
L’attesa della grande riconciliazione
Il programma utopista e illuminato dei manifesti dei Rosacroce presenta due aspetti degni di rilievo. Da un lato, come s’è visto, esso riprende i saperi magici e occulti del neoplatonismo rinascimentale; dall’altro, il programma rosacrociano esprime la speranza in una riconciliazione generale dei popoli e delle religioni, e ciò assume un particolare rilievo in un secolo in cui le guerre di religione e di conquista (basti pensare alla guerra dei Trent’anni), dilaniano tragicamente l’Europa.
L’aspirazione rosacrociana a una concordia universale che possa dissolvere i conflitti religiosi, moralizzare i costumi e metter fine alle guerre, si inserisce in un clima generale di attese irenistiche (le tendenze teologiche miranti alla riconciliazione di tutte le chiese cristiane) e millenaristiche in cui si moltiplicano, sul modello della Città del sole di Campanella (1602), le utopie di repubbliche ideali.
Lo stesso Andreae, che è fra i probabili autori dei manifesti rosacrociani, pubblica nel 1619 la Descrizione della Repubblica di Cristianopoli in cui, lamentando l’attuale oppressione della chiesa di Cristo da parte dell’Anticristo, auspica una nuova riforma religiosa dopo quella di Lutero, considerandola base imprescindibile della costituzione dello stato ideale di Christianopolis. Lo stesso ideale pansofico di Comenio è profondamente e direttamente influenzato da questi principi. La conoscenza completa e integrale cui secondo Comenio deve aspirare l’umanità, conoscenza che comporta la fusione e integrazione di tutti i rami del sapere (filosofia, teologia, medicina, alchimia ecc.), tradizionalmente distinti e tenuti separati, è una base imprescindibile per raggiungere la concordia degli uomini nel mondo e la pace universale. Nel Labirinto del mondo Comenio espone gli ideali rosacrociani e descrive il clamore suscitato dalla pubblicazione dei due manifesti, quindi le reazioni e le accuse contro i Rosacroce, il conseguente venir meno degli entusiasmi iniziali e la delusione di coloro che credevano di essere, grazie ai Rosacroce, all’inizio di una nuova epoca.
Il recupero dei testi fondamentali
L’ispirazione politico-riformistica del programma rosacrociano si innesta sulla ripresa di temi tipici dell’ermetismo rinascimentale. L’ermetismo è un complesso di credenze magiche e religiose che risale all’epoca del tardo ellenismo (II-III secolo d.C.)e che nel Cinquecento si era riaffermato e diffuso in seguito alla scoperta o riscoperta di alcuni testi greci di quel periodo: fra i più noti, gli Oracoli Caldaici, gli Inni Orfici e il Corpus hermeticum. Questi testi, scritti da diversi autori sconosciuti vissuti fra il II e il III secolo d. C. negli ambienti egizi ellenizzati che facevano capo ad Alessandria d’Egitto, erano stati considerati fin dall’epoca ellenistica documenti di un’antichissima sapienza precedente il cristianesimo e proveniente da un’originaria rivelazione divina. In particolare, il Corpus hermeticum era stato attribuito al dio egizio Toth, inventore della scrittura, identificato con il dio greco Ermete.
Pervenuto a Firenze nel 1490 e tradotto in latino da Marsilio Ficino, il Corpus hermeticum, che espone una mescolanza di dottrine religiose e metafisiche di ascendenza platonica, aristotelica e stoica, era stato nel Cinquecento uno dei testi di riferimento per il neoplatonismo rinascimentale. Ermete, che per gli antichi greci era il messaggero degli dei, nella versione ermetica è considerato l’inventore della magia, dell’astrologia e dell’alchimia e prende il nome di Ermete Trismegisto, che vuol dire “Ermete tre volte grandissimo”. A seconda delle versioni della leggenda, Ermete Trismegisto avrebbe trasmesso il suo sapere agli antichi egizi, agli antichi cinesi o genericamente alla prima umanità.
Nel 1614 il filologo Isaac Casaubon pubblica il saggio De rebus sacris et ecclesiasticis, in cui dimostra per la prima volta, sulla base di un’attenta indagine stilistico-filologica, che il Corpus hermeticum non è antichissimo, come voleva la tradizione ermetica, ma risale all’età ellenistica e che, presentando numerose incongruenze, è stato molto probabilmente scritto non da uno solo ma da più autori. È l’inizio della crisi per il sapere ermetico. Tuttavia, molti elementi dell’ermetismo rinascimentale vengono frequentemente ripresi anche nel Seicento da cultori di saperi magici e occulti del tutto indifferenti alle confutazioni filologiche.
Kircher, l’Egitto, la Cina
Oltre che nel Corpus hermeticum, la tradizione ermetico-rinascimentale aveva cercato le verità di Ermete Trismegisto anche nei geroglifici egizi.
Nel Cinquecento erano stati più volte riediti e tradotti in varie lingue gli Hieroglyphica, un testo greco firmato da un certo Orapollo egiziano, che era stato trovato nel 1419 nell’isola greca di Andros ed era stato immediatamente creduto di origine antichissima. Si tratta di un manuale di interpretazione dei geroglifici che risale in realtà all’età ellenistica (o, secondo analisi più recenti, al V sec. d. C.) e che descrive erroneamente i geroglifici come espressioni puramente ideografiche che rinviano simbolicamente a significati mistici e a verità universali ed eterne di origine divina. Per l’ermetismo cinquecentesco gli Hieroglyphica di Orapollo diventano un libro sacro che spiega i molteplici significati occulti dei geroglifici.
Sia l’interpretazione misterica dei geroglifici, sia le dottrine ermetiche sono elementi fondamentali del particolare tipo di erudizione misterica e occulta del padre gesuitaAthanasius Kircher. Affascinato da ogni forma di misticismo, Kircher scrive numerose opere in cui intreccia saperi esoterici e credenze ermetiche a informazioni più recenti e documentate sulle lingue, scritture e culture extraeuropee, informazioni principalmente tratte dalle relazioni dei missionari gesuiti, di ritorno dai loro viaggi in Oriente.
Kircher è autore di opere ponderose sulla scrittura e la cultura egizia che, anche se presentano un’interpretazione fondamentalmente sbagliata dei geroglifici, lo consegnano alla posterità come il padre dell’egittologia, se non altro per la mole di dati e per la notevole quantità di trascrizioni di geroglifici che contengono: Il Messaggero copto, ovvero egizio del 1636, La lingua egizia ricostruita del 1643, e il monumentale Edipo egizio, che esce in quattro volumi fra il 1652 e il 1654. In questi lavori Kircher, riprendendo la lettura ermetico-rinascimentale dei geroglifici, commette l’errore fondamentale di considerarli una scrittura puramente ideografica, fatta cioè soltanto di ideogrammi, o segni scritti che rappresentano direttamente concetti o idee, e completamente priva di fonogrammi, o segni che stanno per i suoni della lingua parlata. Come mostrerà nell’Ottocento Champollion, in realtà i geroglifici non sono affatto una ideografia pura, ma usano spesso le immagini come semplici segni fonetici.
Inoltre, sempre in linea con l’ermetismo rinascimentale, Kircher ritiene che attraverso i geroglifici Ermete Trismegisto abbia voluto comunicare le sue verità sacre ed eterne all’umanità, e cerca pertanto di interpretare la scrittura egizia in modo tale da ritrovarvi i significati arcani e originari che in tempi antichissimi vi infuse Ermete Trismegisto.
Altro grande tema cui Kircher si applica è l’antichità e il mistero della cultura cinese, che già appassiona esploratori e missionari da più di un secolo.
La Cina è per gli Europei oggetto di grande interesse perché testimonia di una cultura che, pur non essendo cristiana, è civile e progredita e per di più ha alle spalle una storia che precede di molto le cronologie bibliche tradizionali. Su questo problema si esercitano all’epoca molti studiosi, teologi, filologi ed eruditi. Nello scritto I monumenti della Cina Kircher risolve la questione a modo suo: la cultura cinese deriva da quella egizia, dalle cui colonie è stata fondata in tempi antichissimi.
Ogni suo sapere discende perciò dalla rivelazione originaria di Ermete Trismegisto. Per Kircher inoltre (come sostiene ne L’Arca di Noè), la stessa scrittura ideografica cinese (altro grande tema dibattuto nel Seicento nell’ambito delle discussioni sulle lingue universali) discende dai geroglifici egizi, e questi sono stati introdotti in Cina da Cam, figlio di Noè, che non è altri che Zoroastro, inventore della scrittura e della magia.
Assieme alla passione per i saperi ermetici Kircher manifesta molteplici interessi scientifici e razionali che lo portano a occuparsi delle più svariate discipline: di geologia (Il mondo sotterraneo), di musica (Musurgia universale), di macchinari e strumenti scientifici nuovi (è probabilmente il primo a usare regolarmente il microscopio per studiare la peste), di astronomia, fisica (Arte del magnetismo, La grande arte della luce e dell’ombra), medicina (Indagine fisico-medica sulla lue contagiosa). In contatto con i più grandi scienziati del suo tempo, aperto a molte scoperte fisiche e astronomiche, Kircher resta tuttavia legato per molti aspetti a concezioni scientifiche del secolo precedente: in astronomia per esempio non accetta l’eliocentrismo di Galileo e Keplero, ma solo l’ipotesi di Tycho Brahe.