La scienza in Cina: l'epoca Song-Yuan. Scienza e contesto sociale
Scienza e contesto sociale
La storia della dinastia Song (960-1279), presentata come un vero e proprio 'Rinascimento', è stata caratterizzata da importanti sviluppi economici e tecnologici, da riforme politiche e istituzionali di grande portata, dall'ascesa al potere di nuovi ceti sociali e dalla maturazione di correnti intellettuali nate dal disordine del periodo finale dei Tang (618-907). Fu una 'età dell'oro' anzitutto per i letterati-funzionari; sotto la loro autorità l'apparato politico e amministrativo si burocratizzò, trovando una giustificazione nel pensiero neoconfuciano (daoxue). A questo contesto è riconducibile quindi anche lo spettacolare sviluppo della scienza e della tecnica nel quadro della storia sociale dell'epoca. Secondo Needham (1956) la corrente neoconfuciana ha svolto un ruolo ambiguo: da una parte ha privilegiato un giudizio fondato sulla ragione e favorito ampiamente il dubbio e l'indagine basata su una curiosità enciclopedica, dall'altra ha contribuito a creare una burocrazia che ha ostacolato l'innovazione e la conoscenza oggettiva, impedendo una vera rivoluzione scientifica in una società che era stata a lungo all'avanguardia nelle scienze positive. Numerosi lavori (Chan Wing-tsit 1957; Tillman 1982; Bol 1992) hanno tuttavia mostrato che è difficile ridurre i dibattiti intellettuali del periodo Song al rifiuto di valorizzare la conoscenza oggettiva. Anche se è prevalsa l'idea di un sapere al servizio della realizzazione morale dell'individuo, ciò è avvenuto tardivamente, soltanto nel XIII sec., e per di più attraverso l'egemonia delle idee di Zhu Xi (1130-1200), secondo il quale per amministrare lo Stato (zhiguo) si dovevano riformare l'istruzione, l'amministrazione dei granai pubblici e la gestione collettiva degli affari locali. Uno degli approcci possibili è, dunque, interrogarsi sulla natura del legame fra due importanti dati storici del periodo Song, l'impegno sociale dei letterati da una parte, e la fioritura delle scienze e delle tecniche dall'altra. In questo senso, è utile indagare quali dispositivi, sia intellettuali sia istituzionali, abbiano presieduto allo sviluppo delle scienze positive e del pensiero razionale e quali condizioni sociali abbiano contribuito all'attuazione di questi dispositivi.
Molte fonti attestano la valorizzazione e la diffusione delle scienze nel periodo Song; tale ricchezza di testi coincide con i decisivi sviluppi tecnici del periodo. I letterati scrivevano molto e le fonti oggi disponibili possono essere raggruppate in alcune grandi categorie: documenti politici e amministrativi, trattati di geografia locale, enciclopedie e trattati specialistici, note personali. Le migliaia di editti (zhaoling), di memoriali al trono (zouyi) e di rapporti ci informano sui progetti tecnici proposti e discussi ai diversi livelli della gerarchia burocratica, dalla corte alle prefetture, descrivendo in alcuni casi le opere che ne sono il frutto. La maggior parte di questi testi è stata sottratta all'anonimato degli archivi di Stato perché inserita nelle centinaia di raccolte di opere dei letterati che permettono di capire meglio la mentalità e le idee degli autori alla luce dei saggi (lun), delle lettere e delle poesie in esse contenuti, e che evidenziano le tensioni, gli stati d'animo e i valori degli autori. Le monografie locali (tujing e fangzhi) furono regolarmente compilate, soprattutto dopo l'VIII sec., sotto il patronato dei funzionari locali; tuttavia, ci sono giunti soltanto trenta dei 400-500 trattati geografici redatti nel periodo Song. Ciò nonostante, è possibile seguire l'evoluzione di un genere che i letterati si sono sforzati di staccare dal modello formale dei trattati di geografia amministrativa, conferendo a essi contemporaneamente lo statuto di autentici trattati di storia locale e un orientamento pratico basato sulla conoscenza delle particolarità locali. Oltre a una descrizione propriamente geografica, al livello della prefettura o della sottoprefettura, le monografie presentano diverse rubriche dedicate alla situazione dell'insegnamento e alle realizzazioni tecniche quali ponti e opere idrauliche; in particolare, vi si trova una storia dei siti e soprattutto una descrizione dello stato contemporaneo delle opere e dei sistemi adottati. Altri capitoli, dedicati alle 'belle lettere', raccolgono in particolare cataloghi d'iscrizioni epigrafiche su soggetti edificanti, i cui testi glorificano la determinazione e il senso pratico che un funzionario ha saputo porre al servizio del bene pubblico. Queste iscrizioni s'inseriscono in un insieme letterario omogeneo, un contesto teso a offrire un discorso generale sulla regione e sui suoi luoghi significativi, il vero soggetto della monografia.
La dozzina di enciclopedie e alcuni dei trattati specialistici, più numerosi, che ci sono pervenuti hanno in comune l'obiettivo di definire, invece, uno stato sistematico delle conoscenze allora disponibili. Le enciclopedie sono redatte seguendo un duplice scopo: in primo luogo, per rispondere a un ordine imperiale, nato dall'interesse della corte a poter disporre di queste conoscenze per affrontare i problemi più disparati; in secondo luogo, per consentire la preparazione dei candidati agli esami. Anche i trattati, pur aspirando ad andare al di là dei limiti delle enciclopedie, ci danno un'immagine sistematica del sapere. Disponiamo dunque d'inventari e di descrizioni tecniche ‒ è il caso delle opere dedicate all'agronomia e alla botanica ‒, ma anche e soprattutto di definizioni di problemi accompagnate dall'esposizione della soluzione; si tratta di problemi sia teorici, come nelle opere dedicate alla matematica, sia pratici, come nel caso della gestione di opere idrauliche. In quest'ultimo ambito, per esempio, i trattati offrono competenze e metodi che permettono di valutare i progetti e la gestione dei cantieri e danno indicazioni assai precise sulla costruzione e sul mantenimento delle opere. Questi testi raccolgono differenti programmi di amministrazione idraulica, proposti in epoche diverse; è il caso dell'organizzazione dei polder del lago Taihu o di materiali e analisi che trattano problemi ricorrenti, come la gestione delle acque del Fiume Giallo.
Infine, più di mille fra annotazioni, spesso molto precise, su termini, procedimenti giudicati ingegnosi e quindi memorabili, o conoscenze pratiche, si trovano sparse in circa duecento opere denominate 'note in punta di pennello' (biji), un genere di cui i letterati Song furono i grandi promotori. Questi testi, spesso molto brevi ed ellittici, sono di fattura molto libera, come si osserva nei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni (Mengxi bitan) di Shen Gua (1031-1095), opera che ci fornisce una buona parte delle informazioni di cui disponiamo sulla scienza e la tecnica dei Song. In queste 'note' ciascun autore raccoglie le conoscenze accumulate grazie alla propria esperienza e alle proprie letture; esse offrono aneddoti circa episodi giudicati importanti nella cerchia dei letterati, sulle loro convinzioni, sui modi di funzionamento (tanto nell'Antichità quanto in epoca Song) dei dispositivi istituzionali e tecnici, sulle soluzioni date a enigmi che sfidavano il sapere del tempo.
Si osserva così il delinearsi di tre tendenze. In primo luogo, la stampa favorisce la rivendicazione, già presente nel periodo Tang, della paternità di un autore sul proprio testo, di fronte all'anonimato di una trasmissione operata all'interno della macchina amministrativa o più comunemente fra generazioni. In secondo luogo, lo sviluppo di un interesse 'pubblicitario', sempre più evidente, intorno ai testi incita a documentarne la stesura, rendendo espliciti i legami storici e letterari, e ricostruendo nel modo più esaustivo l'insieme di riferimenti utili a contestualizzarli; questo carattere documentario, presente con evidenza nelle enciclopedie, guida al tempo stesso la redazione delle monografie. Infine, la maggiore diffusione assicurata dalla stampa ravviva la consapevolezza dei letterati Song di essere i primi a poter assumere individualmente la responsabilità della qualità nella trasmissione dei testi e della conoscenza. Questo scrupolo si riflette sia nel dinamismo del lavoro filologico sia nell'erudizione e nella curiosità enciclopedica che caratterizzano le 'note in punta di pennello'; un'analisi dello sviluppo di questo genere letterario comporta quindi la necessità di tornare sull'evoluzione degli ambienti intellettuali fra l'XI e il XII secolo.
La preoccupazione di trasmettere il sapere accumulato si alimentava di una convinzione ampiamente diffusa dal movimento di ritorno allo stile antico, il guwen, giunto a maturità alla fine del 1030. Più che un movimento letterario, il guwen era soprattutto un movimento culturale alternativo, che fondava la sua critica alle abitudini correnti di scrivere, pensare e governare su una rilettura dei Classici confuciani. Per un ritorno ai valori essenziali della cultura classica, lontano dagli artifici letterari incoraggiati dal nuovo sistema di reclutamento nella funzione pubblica, questo movimento definiva come dovere del letterato quello di realizzarsi criticando l'eredità di cui era depositario. Per i letterati più attivi, molti dei quali sostenevano i vasti programmi politici riformisti della metà dell'XI sec., era in effetti divenuto imperativo tracciare un bilancio di una cultura politica millenaria, sforzandosi di ritrovarne la portata universale e di rifondare i valori morali per mettere termine al declino delle istituzioni imperiali, evidente dopo la metà della dinastia Tang. In altre parole, per questo movimento lo studio critico doveva permettere al letterato di ritrovare le preoccupazioni etiche e la sostanza politica del suo impegno. Questo tipo di riflessioni valorizzava il dubbio metodico e la libertà d'analisi in numerosi ambiti del sapere.
Lo scetticismo colpì in un primo tempo i commenti dei Classici confuciani, ma toccò anche diversi punti relativi alla paternità e all'integrità stessa di questi testi, sottoposti a una critica di tipo storico. Questa preoccupazione volta a rifondare l'autorità dei Classici contribuì dunque a modificare il rapporto con le fonti. Nella misura in cui si poneva in primo piano la loro validità, esse venivano esaminate dal punto di vista della verità, sia testuale, indagata dal movimento filologico che accompagnò lo sviluppo della stampa, sia fattuale, più generale, che si traduceva nell'attenzione meticolosa per le antichità, nel collezionismo di oggetti antichi e soprattutto nel rinnovamento del discorso storico. In effetti, sembrò sempre più legittimo ricercare proprio nella storia gli elementi di una nuova universalità delle azioni umane; questo fu uno dei fondamenti dello spettacolare sviluppo della storiografia critica dei Song, e una delle motivazioni della preoccupazione di documentare e inventariare, essendo ormai l'erudizione di ogni letterato sotto lo sguardo critico di tutti i lettori. La trasmissione del sapere fu dunque oggetto, fra i letterati, di un intenso dibattito che riguardava evidentemente anche le forme stesse della trasmissione. Le istituzioni incaricate della trasmissione e della valorizzazione del sapere proprio dell'ambiente dei letterati furono essenzialmente due: le scuole e gli esami pubblici. L'emergere di una meritocrazia burocratica, su cui la nuova dinastia intendeva fondare il suo potere, poggiava infatti su una rete di scuole pubbliche creata in gran parte dai riformatori dell'XI sec.; se le idee riformatrici poterono sopravvivere al di là del fallimento delle stesse riforme, lo dovettero tanto all'esistenza di questa rete quanto al cambiamento apportato dai riformatori al contenuto degli esami. Le differenti iniziative puntavano a rafforzare la preminenza delle composizioni relative agli affari pubblici e ad accertare la comprensione da parte dei candidati della portata universale dei Classici confuciani, incoraggiando anche il senso critico di fronte alle tradizioni dubbie. Questo mutato orientamento delle prove contribuì a uniformare l'insegnamento, risultato abbastanza paradossale se si considera che vari riformatori intendevano invece combattere l'uniformità dei candidati. Le riforme misero poi direttamente al centro del dibattito uno scrupolo ampiamente condiviso dopo la generalizzazione del sistema degli esami, ossia la deviazione dei valori morali e delle idee politiche dal sistema educativo.
In effetti, a partire dall'XI sec. agli occhi di tutti i pensatori influenti, gli esami, centrati sulla prestazione intellettuale del candidato, lo incitavano a trascurare la sua educazione morale; erano dunque accusati di spingere il funzionario al carrierismo, privilegiando gli interessi personali a scapito della sua vocazione di letterato al servizio del bene pubblico. La controcultura del guwen si definì in un primo momento proprio contro questa destabilizzazione degli antichi valori educativi; essa raccomandava che la critica dell'eredità classica fosse allo stesso tempo il prodotto e la guida all'impegno del letterato nell'azione pubblica. Di fatto, il guwen privilegiava il problema di sapere quale fosse il tipo di conoscenza adatta a sostenere al meglio l'opera di riorganizzazione sociale svolta dai letterati. Quest'obbligo di riformulare simultaneamente, sia le vie morali d'accesso ai principî dell'ordine, sia gli elementi pratici di tale ordine, che i letterati stessi erano incaricati di costruire, spiega la vitalità e l'apertura dei dibattiti intellettuali nel periodo Song. Lo spirito critico doveva non soltanto guidare il lavoro sui testi del letterato ma anche orientare l'azione del funzionario. Per illustrare questo legame, si può ricordare la figura emblematica di un maestro quale fu Hu Yuan (993-1059); l'immagine che i suoi contemporanei e la posterità hanno costruito di Hu raccoglie infatti l'insieme dei valori, fra scienze positive e conoscenza morale, che i letterati si sforzavano di combinare e di ordinare gerarchicamente. Hu Yuan insegnò più di vent'anni nella regione del lago Taihu, dove si legò al prefetto Fan Zhongyan (989-1052), prima di divenire, piuttosto tardi, nel 1052, uno dei principali professori dell'Università imperiale, fondata da Fan durante la prima riforma degli anni 1043-1044. I suoi metodi ispirarono direttamente i riformatori in ambito educativo:
I punti del suo programma erano delineati in maniera dettagliata ed esaustiva. Aveva aperto due studi, uno dedicato al significato dei Classici, l'altro all'amministrazione degli affari pubblici. Per quello sul significato dei Classici, scelse coloro la cui disposizione d'animo era aliena da ambiguità e che, per la loro levatura, potevano assumersi la responsabilità delle grandi questioni, chiedendo loro di spiegare i Sei Classici. Per quello sull'amministrazione degli affari pubblici, ognuno doveva amministrare un certo ambito e dare il suo aiuto in un altro: si trattava, per esempio, di amministrare il popolo in modo da assicurargli la pace, di dibattere sugli affari militari per fornirgli protezione, di gestire i corsi d'acqua a vantaggio delle terre coltivate, di effettuare i calcoli del calendario per comprendere i numeri. (Song Yuan xue'an, 1, p. 17)
Convinto che lo studio dovesse rendere comprensibile il significato universale dei Classici, Hu preparava i suoi discepoli all'azione, cioè all'amministrazione degli affari pubblici. S'impose anche come uno dei più eminenti rappresentanti del guwen, ispirando i riformatori che erano convinti, come disse Wang Anshi (1021-1086), del fatto che "il mondo non può fare a meno neppure un solo giorno del governo e dell'educazione" (Quan Song wen, 1408, pp. 33-50). Hu era però attento anche all'altra vocazione del letterato, ossia la ricerca del senso morale delle azioni. È questa l'esigenza che Hu apprezzava in Cheng Yi (1033-1107), il quale, ancora studente, diede questa fiera risposta a una domanda del maestro sul senso dello studio: "La via della conoscenza consiste senza dubbio nel mettere per prima cosa in luce quello che abbiamo nel cuore, nel sapere ciò che deve essere nutrito" (Songshi, 36, p. 12.718). Hu era quindi anche il maestro nel quale potevano riconoscersi coloro i quali, sulla scia di Cheng Yi, proponevano una via d'accesso al senso originale di tutto l'essere e di tutto il pensiero, che permettesse di tornare alle fonti stesse dell'azione nel mondo, lontano dalle preoccupazioni dei letterati che "considerano loro compito accrescere le loro conoscenze, rafforzare la loro memoria, limare la loro prosa e abbellire le loro parole, che esaltano e infiorano i loro propositi, ma non giungono che raramente alla Via" (ibidem).
Al di là delle divergenze, tuttavia, i letterati Song condividevano la stessa certezza: il mondo ha un senso che lo rende conoscibile e l'esistenza di una fonte unica e ultima dei valori rende possibile la loro ricerca dell'ordine, dà legittimazione ai passi che mirano a farne i saggi del mondo presente, come aveva già formulato il pensatore e filosofo Mencio (372-289 a.C. ca.). Intorno a questa visione comune sui fondamenti della loro legittimità sociale si svilupparono le divergenze dei letterati; se alcuni sostenevano un discorso molto critico sull'istituzione delegata ad assicurare la preminenza del sapere, cioè degli esami, essi si guardavano bene, però, dal rimettere in questione il cuore del dispositivo, cioè la selezione dei migliori; allo stesso modo, se altri, sempre più numerosi a partire dal XII sec., denunciavano l'azione istituzionale mettendo l'accento sulla realizzazione morale, nessuno pensava di contestare la necessità di un impegno sociale. In altre parole, i letterati si percepivano come un'entità aggregata intorno a valori comuni, ma la consapevolezza di una tensione fra la vocazione del letterato e gli obblighi del funzionario variava considerevolmente in funzione delle situazioni politiche e sociali, cioè del posto che questo gruppo occupava in seno alla società.
Gli esami, che erano considerati la più prestigiosa via d'accesso alla funzione pubblica, imposero al mondo del sapere un dispositivo peraltro ampiamente diffuso nella società civile: la valutazione a partire dalle prestazioni. Una prestazione di alto livello era, infatti, l'obiettivo dichiarato sia del candidato che competeva negli esami sia del funzionario, la cui carriera dipendeva dalla verifica dei risultati ottenuti nel suo incarico. Se aveva la responsabilità di una circoscrizione, doveva sforzarsi di accrescere la registrazione e le rese fiscali, di aumentare la superficie di terre utilizzate e di gestire i corsi d'acqua. Se aveva la responsabilità di uno dei monopoli pubblici ‒ sale, tè, allume, alcool e per alcuni periodi anche ferro ‒ istituiti dall'amministrazione per limitare l'azione degli 'accaparratori' sapeva di dover trovare il modo di raggiungere le quote stabilite e di valutare con precisione le variazioni di prezzo e dei costi di ritorno, compresi i costi di produzione e di trasporto. Se occupava una posizione a corte, contribuiva a determinare le scelte politiche riguardanti l'organizzazione strategica del territorio; era responsabile dell'efficacia della rete di canali di approvvigionamento della capitale e delle sue truppe di soldati e funzionari; era altresì responsabile della gestione delle acque del Fiume Giallo e doveva saper assicurare la coerenza finanziaria e fiscale della politica di acquisti pubblici di cereali, appoggiandosi a operatori privati; si occupava così di creare gli strumenti (contabilità e carte geografiche) che gli permettessero di rappresentare correttamente la geografia economica e politica dell'Impero, per adeguarsi alle esigenze militari o diplomatiche.
La pressione della competizione politica che seguiva quella degli esami era accentuata dalla presenza di fazioni; questo fenomeno caratterizzò la vita politica dei Song. I funzionari agivano in gran parte sotto la sorveglianza e la critica di partigiani delle fazioni avverse, che si occupavano di denunciare gli errori degli uomini deputati ai vari incarichi, di cui erano pronti a prendere il posto. Un funzionario doveva saper argomentare per difendere il proprio punto di vista e la propria posizione, sia che si trattasse di un progetto presentato nei suoi memoriali e nei suoi rapporti sia di un dibattito all'interno dell'apparato centrale, in presenza ‒ molto spesso nelle nostre fonti ‒ di un sovrano che esigeva dalla sua amministrazione una delucidazione sui problemi a lui sottoposti. Ora, questa competizione si fondava esplicitamente sulla pratica della concorrenza, ampiamente accettata dalla nuova società urbana, dove operavano funzionari, letterati, mercanti e artigiani. La consultazione di mercanti del tè e del sale per definire la regolamentazione dei monopoli pubblici, il sostegno tecnico dei mercanti delle gilde di Kaifeng per monetizzare i beni distribuiti nel quadro di questi monopoli, e l'appello sistematico ai mercanti per raccogliere i cereali in un piano di acquisti pubblici costituiscono altrettanti esempi di questi legami tra funzione pubblica e ambienti commerciali, evidentemente organizzati in una logica di concorrenza. Questi contatti fra diversi ambienti sociali non si limitavano a occasioni specifiche. Il candidato agli esami doveva spesso, semplicemente per sopravvivere fra una bocciatura e un risultato positivo, appoggiarsi a coloro che lo circondavano. Così, durante gli anni difficili, egli accettava di far parte d'imprese lucrative e soprattutto di rispondere a sollecitazioni matrimoniali; la prospettiva di un successo agli esami era un autentico capitale e gli ambienti dei nuovi ricchi consideravano queste alleanze come investimenti. Attraverso una letteratura pronta a raccogliere, a fianco dei racconti fantastici, le avventure edificanti, burlesche o tragiche di questi letterati, si viene a conoscere questa realtà sociale. Il racconto ‒ che, come il teatro, era ansioso di accontentare i gusti di un pubblico capace di assaporare la novità di questi aneddoti, di apprezzare la molla drammatica e il pittoresco ‒ privilegiava d'altra parte sempre più uno scenario urbano, la cui organizzazione spaziale, come si è già detto, riconosceva queste nuove promiscuità sociali.
I letterati trovavano appoggio presso altri ambienti sociali, in particolare quello dei mercanti, perché questi riconoscevano la pertinenza dei loro valori. L'avvio di una vera impresa pubblica, come quella del monopolio del tè nel Sichuan a partire dalla fine degli anni 1070, indica dove l'attivismo economico dello Stato trovasse la sua ispirazione. Il monopolio puntava esplicitamente a reclutare, nei differenti strati sociali, gestori per i posti di responsabilità in funzione delle loro sole competenze pratiche. Questa politica era la naturale conseguenza di un'indagine conoscitiva, avviata dieci anni prima, all'inizio delle riforme, nella prospettiva di valorizzare sistematicamente i luoghi ove si rendeva necessaria un'opera di gestione delle acque dell'Impero; ogni individuo competente, funzionario o no, era stato allora invitato a presentare il suo programma di valorizzazione alle autorità centrali. Tali riforme politiche furono sostenute e portate avanti da funzionari provenienti da ambienti sociali più modesti di quelli dei loro avversari, spesso originari delle regioni in espansione del Sud dove la commercializzazione dei prodotti caratterizzava il dinamismo dell'economia locale. Questi legami con gli ambienti mercantili, esclusi in un primo momento dal sistema degli esami, se non dalla funzione pubblica, e tradizionalmente disprezzati dal mondo intellettuale, si trovavano così a divenire stabili. Parlare di un allargamento della nozione stessa di sapere è forse azzardato, ma è chiaro che la mobilitazione di competenze diverse, al servizio di progetti valorizzati e diretti dai letterati, divenne una costante. La novità è che le innovazioni tecniche, spesso opera di artigiani anonimi, interessavano sia il letterato, che le giudicava degne di essere trasmesse, sia il funzionario, che le poteva rivendicare come elementi di una razionalizzazione della pratica politica, in funzione di una scala di valori fra i quali l'efficienza amministrativa. D'altra parte, proprio questa efficienza fu denunciata dagli avversari delle riforme, perché ai loro occhi opporsi agli intrighi degli 'accaparratori' portava a mettersi al loro stesso livello, a disputare il profitto a quelli che ne facevano una professione e dunque a confondere il ruolo di un letterato, incaricato del governo degli uomini, con quello di un semplice amministratore di ricchezze. Queste critiche, che alimentavano tensioni e provocavano lotte e divisioni politiche, erano anche il sintomo di un'ansia ricorrente e legittima agli occhi di tutti i letterati-funzionari, quella di una definizione della loro identità sociale, ansia tanto più evidente proprio perché si confondevano i ruoli tradizionali. Il letterato-funzionario costruì la sua legittimità sociale nella valorizzazione del ruolo di organizzatore e nella elaborazione di una politica razionale, che egli soltanto era in grado di guidare. Un esempio in tal senso è offerto dalle iscrizioni letterarie che celebrano i successi di un prefetto, o di un sottoprefetto, nella sua attività di gestore delle opere idrauliche. L'esposizione dei fatti è quasi stereotipata. Il funzionario ‒ che sollecitava lui stesso l'iscrizione ‒ partendo da un problema che turbava la vita locale e rendeva soprattutto impossibile la sua missione (per es., cattiva organizzazione della rete idrica, squilibri fra l'utilizzazione delle terre e la gestione delle acque), tanto che la circoscrizione si trovava nell'incapacità di dare il suo contributo all'insieme dell'Impero (debole rendimento fiscale, interruzione delle comunicazioni), faceva il punto della situazione; a ciò seguivano la valutazione della soluzione applicata, la procedura impiegata per mobilitare i mezzi, una descrizione dell'opera da ripristinare o da realizzare ‒ un ponte, una diga, un canale ‒ e l'elogio del progetto che, realizzato al servizio del bene pubblico, diveniva un'opera edificante per le generazioni future, degna delle opere di civiltà inscritte nella tradizione dei saggi dell'Antichità. A parte l'enfasi letteraria, questi stessi elementi si ritrovano nelle memorie indirizzate dai funzionari alla corte.
L'autorità dei letterati dipendeva dunque non soltanto da una tradizione scritta prestigiosa, di cui essi assicuravano la trasmissione e l'adattamento ai tempi, ma anche dalla loro capacità, del resto antica, di porre il loro sapere al servizio dell'azione pubblica. Inoltre, l'attitudine critica favoriva il ricorso a nuovi modi di avvicinarsi alla realtà; l'imitazione degli antichi, che pure restava un tratto retorico, non era più semplice riproduzione dei vecchi schemi, quanto piuttosto ricerca di soluzioni ai problemi contemporanei; definire la realtà in senso problematico e da qui proporre una soluzione: è questo l'atteggiamento mentale, attribuito ai saggi dell'Antichità, che veniva valorizzato.
Valorizzazione delle conoscenze pratiche e teoriche
In questa retorica dell'azione efficace, alle conoscenze pratiche veniva attribuito un grande valore; ne è un buon esempio il Trattato generale sulla gestione del fiume (Hefang tongyi), pubblicato nel 1321. L'opera fu compilata da Samsu (in cinese Shansi o Shakeshi, 1278-1351), nipote di un emigrato dal Medio Oriente, a partire dai testi che due funzionari Song avevano redatto dopo i cambiamenti di corso del Fiume Giallo sopravvenuti verso la metà dell'XI secolo. Diversamente dai funzionari dello Stato, Samsu fu un grande sapiente che accettò soltanto in tarda età gli onori e le responsabilità di una posizione nella funzione pubblica, dopo aver dedicato la maggior parte della sua vita allo studio di discipline quali l'astronomia e la geografia, la scienza dell'armonia e dei numeri, e certamente l'idraulica. L'esempio tardivo di Samsu ci permette in primo luogo di ricordare che i Song furono in contatto con altre civiltà; le grandi città dei Song, contemporanee ai grandi conglomerati urbani dell'Oriente musulmano, ai quali esse erano legate dalle rotte marittime del Sud ‒ essendo quelle del Nord controllate da dinastie ostili ‒, dovettero la loro prosperità anche agli scambi internazionali. Legami e influenze reciproche tra il mondo intellettuale cinese e quello arabo furono cospicui, sia negli sviluppi speculativi delle conoscenze scientifiche in matematica e astronomia sia nella sistematizzazione delle scienze applicate. Nella misura in cui la dominazione mongola si tradurrà nell'unificazione dei vasti territori dell'Eurasia, la dinastia Yuan (1279-1368) segnerà l'apogeo di questo movimento. L'ambizione esplicita di Samsu era quella di estrarre dall'insieme di testi che aveva ereditato le rubriche adatte a presentare sistematicamente le conoscenze acquisite sulle evoluzioni del fiume, perché "chi gestisce le acque deve conoscere i vantaggi della topografia, la causa della circolazione o dell'ostruzione del corso del fiume, le costrizioni legate al numero dei lavoratori, la compattezza dei suoli, prima di poter parlare di operazioni relative alle acque" (Hefang tongyi, I, Heyi).
Il Trattato generale distingue diciotto qualità di terreni in funzione della natura e del colore della terra delle rive, ritenendo che soltanto tre di essi permettano la costruzione di dighe. Le regole di trasferimento dell'acqua nei differenti canali sono esaminate nel capitolo che riguarda i Nomi delle onde, di cui l'autore descrive diciotto tipi, sforzandosi di spiegarne le cause. La regolamentazione che codificava le responsabilità amministrative in materia di sorveglianza del corso di un fiume e di gestione della manodopera è registrata nel primo capitolo, ma è nel secondo, attraverso le tre voci 'Lavori', 'Instradamenti' e 'Metodi di calcolo', che sono affrontate la standardizzazione e la quantificazione dei lavori. Questi elementi relativi all'organizzazione razionale dei cantieri idraulici saranno d'altra parte rilevati dall'amministrazione mongola nella prospettiva di un'estensione dei risultati ad altri siti, in particolare del delta dello Yangzi. La voce 'Lavori' dà una descrizione precisa dei diversi cantieri, fornendo allo stesso tempo criteri quantitativi di valutazione dei 'compiti'. L'interesse maggiore del Trattato generale sta nondimeno nel progetto di dare a chi era responsabile delle opere idrauliche nozioni di matematica che potessero guidarne l'azione. Di fatto, Samsu trasferì in un trattato tecnico gli strumenti teorici elaborati già da tempo nelle opere di matematica, utilizzandoli in molte delle operazioni coinvolte quali, per esempio, il calcolo dei costi d'instradamento dei materiali, dei volumi delle pietre e dei materiali vegetali da utilizzare nella costruzione delle dighe e dei terrazzamenti; i calcoli relativi al volume delle fascine di trattenimento e alla quantità dei materiali necessari alla loro costruzione; la formula matematica del volume di un canale. Tuttavia, questo sforzo per formalizzare, grazie alla matematica, un certo numero di problemi, rinviava più all'amministrazione che alla tecnica; il modo di esporre i problemi restava nell'ordine di una valutazione suscettibile di fornire a chi sovrintendeva gli elementi per un arbitrato tra interessi eventualmente contraddittori. Così, prima di prendere decisioni, il funzionario si doveva assicurare dell'equità fiscale, di cui egli era responsabile, nel momento in cui mobilitava i mezzi indispensabili alla realizzazione di un progetto, o doveva valutare le conseguenze che lo scavo di un canale avrebbe avuto sul terreno e sull'organizzazione del lavoro. In definitiva, il Trattato generale è un'opera in cui la gestione delle opere idrauliche segue un obiettivo propriamente politico; le indicazioni tecniche sono subordinate alla logica della valutazione e delle scelte razionali proposte all'apparato amministrativo.
La stessa preoccupazione si ritrova apparentemente nella retorica di un trattato matematico come gli Scritti sui numeri in nove capitoli (Shushu jiuzhang), terminato nel 1247 da Qin Jiushao (1202-1261 ca.), alla base del quale sono la contabilità dei cereali e la valutazione dei prezzi o dei costi di un cantiere. La familiarità di Qin nei confronti della società, dell'economia e della contabilità non poteva evidentemente essere dissociata dall'esperienza che egli aveva acquisito nella funzione pubblica, segnatamente nella carica di 'amministratore generale' (tongpan) di Jiankang (l'odierna Nanchino), la seconda città dell'Impero per importanza. Oggi si può concludere che le sue ricerche matematiche avessero un fine pratico, ma l'autore stesso ha prima di tutto insistito, nella sua prefazione, sulla capacità della matematica d'investire l'insieme degli ambiti della conoscenza. Qin si dice in effetti capace di ritrovare l'unità delle conoscenze matematiche ‒ perduta, secondo lui, dopo la grande tradizione Han ‒ poiché, "avendo i numeri e la Via una sola e identica radice, a tutto l'essere sono legati dei numeri" (Shushu jiuzhang, prefazione); ricorda così l'unità profonda fra le grandi regole, quelle che "danno accesso al divino e permettono di conformarsi alla Natura e al destino", e quelle piccole, grazie alle quali è possibile "dare ordine agli affari del mondo e classificare i diecimila esseri" (ibidem).
La tradizione numerologica, ravvivata nel periodo dei Song settentrionali da Shao Yong (1011-1077) e Zhou Dunyi (1017-1073), intendeva pervenire alla "via del Grande centro e della rettitudine estrema" (dazhong zhizheng zhi dao), proponendo una conoscenza formalizzata dalle cifre delle relazioni interne alla società o dei "principî di mutazione dell'Universo e degli esseri" (tiandi wanwu zhi li; Cheng 1997). Qin scelse di riaffermare l'unità teorica di questa ricerca prestigiosa nonché della tradizione originata dai Nove capitoli sui procedimenti matematici (Jiuzhang suanshu). Questo testo fondatore aveva, agli occhi di tale tradizione, già fissato le "nove sezioni relative alla matematica nel Zhouli", concentrando la riflessione sul rapporto fra i numeri e l'organizzazione canonica degli affari pubblici. Per Qin, che affermava l'unità dell'ordine matematico, quest'ordine si rivelava nello studio delle procedure attraverso cui l'amministrazione intendeva regolare razionalmente il calendario, le superfici, le valutazioni, la tassazione, le finanze, le costruzioni, l'organizzazione militare e gli scambi. Ci si può quindi domandare se questo lavoro sistematico nell'ambito dei problemi amministrativi, che a prima vista sembra rispondere soltanto alla preoccupazione di soddisfare esigenze pratiche, non costituisse, a un livello più profondo, lo sviluppo di uno spazio tradizionale di ricerca teorica in un contesto applicativo distinto dalla ricerca speculativa sulle figure e sui numeri (xiangshu xue).
L'importanza attribuita ai numeri nel periodo Song si espresse dunque non soltanto nella riattivazione della grande tradizione numerologica e della riflessione sul Classico dei mutamenti (Yijing), ma anche nell'attenzione alla razionalità matematica che operava nell'organizzazione delle attività quotidiane della società. In queste condizioni, il lavoro sviluppato coscientemente da Qin potrebbe essere una voce originale della ricerca sui limiti del conoscibile, preoccupazione dei primi sostenitori del guwen come Ouyang Xiu (1007-1072) che sottolineava: "Il saggio studia il conoscibile e lascia da parte l'inconoscibile, ecco cosa significa la via del Grande centro" (Jushi ji, Guaizhu bian). Precisando che la conoscenza dell'essere è difficile e non costituisce l'essenziale del compito del letterato, Ouyang relegava l'osservazione e lo studio dei fenomeni naturali in una posizione ausiliaria. Due secoli dopo, lo studio della razionalizzazione dell'attività burocratica veniva rivendicato da un letterato-funzionario come mezzo per ritrovare un ordine matematico capace di "dare ordine agli affari del mondo e classificare i diecimila esseri". La profonda convinzione che la matematica contribuisse al sapere, tuttavia, si era già manifestata all'inizio del XII sec., attraverso i titoli, gli appannaggi e i sacrifici regolari che, al pari di divinità, i sessantasei matematici più grandi dell'Antichità avevano ricevuto.
Nei fatti, anche se i matematici del periodo Song svilupparono le loro teorie a partire da questioni relative essenzialmente a problemi di organizzazione, il favore ufficiale di cui ha goduto la loro disciplina va ricollocato in un contesto intellettuale molto più ampio. Le tradizioni rivendicate da Qin rimasero in effetti vive al di fuori delle istituzioni ufficiali; egli stesso riconosceva di avere avuto per maestro un letterato che aveva scelto di vivere in ritiro (yinshi). Questi uomini di talento, che rifiutavano spesso di servire lo Stato, erano i depositari riconosciuti di conoscenze importanti, spesso d'ispirazione taoista, e divennero dunque interlocutori estremamente ricercati. Anche la corte raccomandava regolarmente il loro reclutamento; alcuni, come Chen Tuan (m. 989) o Chong Fang (955-1015), i maestri di cui Shao Yong riprendeva la tradizione, avevano rifiutato di lasciare i loro monti, ma i matematici e gli astronomi Liu Xisou o Wei Pu, per esempio, rispettivamente raccomandati da Ouyang Xiu e Shen Gua, avevano accettato di mettere le proprie conoscenze al servizio della dinastia; in questo modo, il matematico e specialista di meccanica Han Weilian costruì l'orologio ad acqua legato al nome di Su Song (1020-1101), il letterato che aveva riconosciuto tutte le sue competenze.
I letterati-funzionari dei Song, che lavoravano nella macchina burocratica, erano dunque ben consapevoli del fatto che la società rappresentava anche una fonte di conoscenze e un eventuale mezzo per rafforzare le loro capacità di organizzazione. Nell'ambito della produzione del sale si aprì una nuova era a partire dal 1040 con la messa a punto, nel Sichuan, dei lunghi tubi di bambù muniti di una valvola ad apertura e chiusura automatica sotto pressione, che permisero la trivellazione di pozzi stretti e lo sfruttamento dei giacimenti in profondità. I profitti realizzati dai grandi proprietari dei pozzi sollecitarono la popolazione ad adottare rapidamente questa innovazione. Il progresso delle tecniche nel settore assai lucroso della protoindustria attirò così, ovviamente, l'attenzione dell'amministrazione. È noto, per esempio, che i metodi di valutazione della salinità delle aree saline marittime guadagnarono sensibilmente in precisione fra l'inizio e la fine della dinastia e tale miglioramento permise alle autorità di definire le quote di vendita per zona, in funzione dell'acidità del suolo e del tasso salino delle diverse aree.
Questa logica del profitto, conseguenza del progresso dell'economia mercantile, operò anche nello sviluppo del settore della metallurgia. È probabile che proprio per far fronte agli investimenti necessari per il drenaggio delle miniere i maestri forgiatori, a Nord dell'odierno Jiangsu, si associarono tra loro, e la moltiplicazione dei piccoli altiforni nella regione portò, alla fine dell'XI sec., a sostituire il carbone di legna con l'antracite. Queste associazioni produssero molteplici innovazioni. Dalla fine del X sec., alcuni grandi mercanti sichuanesi stamparono e utilizzarono a titolo privato la prima cartamoneta, invenzione di cui l'amministrazione si appropriò facendo dell'Impero Song il primo Stato dotato di banconote. La fabbricazione dei biglietti non fu priva di conseguenze sul piano puramente tecnico, è in questo quadro privato, infatti, che apparve la stampa a due colori (rosso e nero) e, circa ottant'anni più tardi, la nascita dei primi caratteri mobili, inventati da un 'semplice cittadino', Bi Sheng. A questo proposito, è interessante notare che le tecniche di stampa si svilupparono anche grazie ad alcuni falsari, come il grande mercante del Zhejiang, Yan Xun, che alla fine dell'XI sec. sosteneva di avere utilizzato 'pozioni correttive' per cancellare i timbri ufficiali, annullando così la validità dei certificati di commercializzazione del sale!
Anche nel settore agricolo si ebbe apparentemente un legame analogo fra lo sviluppo della commercializzazione e le innovazioni. Ne è un esempio celebre l'attribuzione della diffusione delle tecniche relative alla lavorazione del cotone alla dama Huang (Huang Daopo), che aveva appreso la sua arte nell'isola di Hainan, prima di diffonderla nella regione del basso Yangzi. Benché oggi sia stato sottolineato che il grande periodo di diffusione della pianta del cotone si ebbe durante la dinastia Yuan ‒ poiché l'occupazione del territorio da parte dei Mongoli aveva favorito una serie di prestiti tecnologici ‒, è comunque assai significativo che la prima apparizione delle macchine per sgranare le capsule o per l'annoccatura, costruite per ammorbidire le fibre corte che le donne cinesi non sapevano ancora lavorare, sia stata segnalata proprio nella regione di grande commercializzazione dei prodotti tessili.
I mulini ad acqua o le macchine agricole multifunzionali, con ingranaggi azionati dall'acqua, capaci a un tempo di decorticare, frantumare e macinare differenti cereali, sembrano essersi sviluppati, a causa delle possibilità del mercato locale, nei bacini dei fiumi Han (nell'odierno Hubei) e Wei (nell'odierno Shaanxi), dove le competenze idrauliche erano antiche. L'esistenza di queste macchine viene rivelata da una poesia di Zou Hao (1060-1111) e, successivamente, nel Trattato di agricoltura (Nongshu) di Wang Zhen (1271-1330 ca.), che attesta la loro presenza nel Jiangxi durante il periodo Yuan, ignorando che si trattasse di un'invenzione risalente al periodo Song, come invece risulta dall'annotazione di un letterato. In altre parole, la nostra conoscenza delle innovazioni tecniche è spesso dovuta alla coscienza che i letterati hanno avuto delle loro origini e della loro diffusione; d'altra parte in queste condizioni, è assai probabile che più di un'invenzione nata dagli ambienti popolari sia stata del tutto dimenticata.
L'opera di Su Shi (1037-1101), uno dei più grandi poeti della dinastia, è anche una fonte importante per la storia della tecnologia di questo periodo. Originario del Sichuan, Su è stato uno dei primi autori a menzionare l'esistenza dei pozzi dotati di tubi (che egli poté osservare di persona), ne fece infatti una descrizione precisa in una semplice 'nota in punta di pennello'. E fu ancora lui, questa volta in occasione di una poesia, a testimoniare l'uso dell'antracite nelle fonderie della prefettura industriale di Liguo (nord del Jiangsu), dove sono "prodotte armi eccezionalmente affilate". In un lungo memoriale indirizzato all'imperatore, Su Shi perorò l'abolizione di una decisione amministrativa che danneggiava la prefettura con il divieto di esportare il ferro lì estratto nello Hebei. L'importanza degli argomenti tecnici è d'altronde pienamente confermata in una serie di memoriali dove lo stesso Su rifiuta un progetto di messa in acqua del Canale degli Otto Zhang che porterebbe all'inondazione della prefettura di Ying (l'odierna Fuyang nello Anhui) di cui è in quel periodo responsabile. Su spiegava che l'attuazione del progetto avrebbe reso impossibile il drenaggio dei surplus d'acqua al momento delle piene annuali del fiume Huai, di cui il fiume Ying è uno degli affluenti. Il prefetto basava il suo discorso sui dati di un'indagine tecnica da lui stesso ordinata per misurare in modo preciso il livello dello Ying in due differenti punti del suo letto, e in più periodi; egli dimostrava così una conoscenza precisa della topografia, delle relazioni fra l'aumento di livello delle acque del fiume Ying e quello dello Huai, e dei limiti del drenaggio in caso di piena. Spirito enciclopedico, Su testimonia in tal modo l'equilibrio di cui i migliori letterati dei Song furono capaci, fra conoscenze pratiche, scrupolo amministrativo e impegno sociale.
In conclusione lo sviluppo della scienza e della tecnica nel periodo Song appare come il risultato di un processo di accumulazione e di diffusione delle conoscenze, favorito dalla formazione di un gruppo numeroso e rispettato di 'letterati'. Questi ultimi erano tanto più attenti a questo sviluppo in quanto esso giustificava il loro impegno e rafforzava la loro posizione in seno alla società. Certamente la loro autorità e il loro prestigio dipendevano in primo luogo da un sapere libresco, ma il gruppo dei letterati fu anche capace di utilizzare, al servizio dei propri interessi, le conoscenze accumulate da tutta la società. In effetti, è possibile distinguere almeno due altre categorie sociali che hanno permesso questo sviluppo delle scienze positive nel periodo Song, da un lato, gli uomini di talento, che rinunciavano alla carriera per consacrarsi all'insegnamento o spesso alla compilazione di opere specialistiche; dall'altro, gli artigiani e i commercianti, le cui invenzioni restavano legate ai bisogni pratici delle loro attività. In queste condizioni, i letterati ebbero buon gioco a considerare le conoscenze come il prodotto d'interessi diversi, se non addirittura divergenti, che loro stessi erano chiamati a unificare. Il carattere sparso delle informazioni contenute nelle 'note in punta di pennello' attesta così sia l'interesse dei letterati per la circolazione e la padronanza di queste conoscenze sia il loro rifiuto di unificarle in un insieme sistematico.
La frammentazione della conoscenza permise in effetti ai letterati di rivendicare una legittimità sociale senza equivalenti, in quanto offriva la prova di una società scissa, la cui coesione poteva essere assicurata soltanto dalle loro 'reti'. Valorizzando questo ruolo centrale d'intermediari nella società, i letterati-funzionari riaffermarono il loro obiettivo esplicito, ossia rigenerare uno spazio politico di cui intendevano certo occupare il centro. Lo sviluppo dello Stato burocratico rimaneva ai loro occhi essenziale; in ogni caso, però, non sembra possibile vedere nella burocrazia conquistatrice dei Song l'organizzazione sclerotizzante che avrebbe per sempre ostacolato lo sviluppo della tecnica e della scienza cinesi. I letterati-funzionari di quest'epoca hanno dovuto affrontare mutamenti sociali e politici, trasformazioni economiche e tecniche, che hanno sia permesso loro di conquistare posizioni di potere sia imposto di ridefinire il proprio sapere. Anche se le loro conoscenze miravano nella maggior parte dei casi alla regolazione delle attività sociali, che rimaneva l'obiettivo principale della macchina burocratica, essi si sono sforzati di adattare il proprio bagaglio intellettuale a queste mutazioni rapide e profonde. Senza dubbio fu questo un elemento non trascurabile della 'modernità' Song.
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