Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La predicazione è un genere letterario centrale nell’Europa cristiana del Medioevo: si tratta di un genere didattico e persuasivo che ha per contenuto la fede e la morale ed è basato su un testo sacro. Ciò che contraddistingue lo sviluppo del sermone medievale è il passaggio dal sermone patristico e monastico a quello moderno o tematico, codificato nelle artes praedicandi: tale cambiamento avviene tra XII e XIII secolo in concomitanza con la nascita delle Università e degli ordini mendicanti.
La predicazione è un genere letterario centrale nell’Europa cristiana del Medioevo in quanto rappresenta il mezzo di comunicazione principale tra il clero e i laici per la trasmissione delle verità della fede. Diversamente da altri generi letterari medievali, è un genere vivo, tuttora esistente, anche grazie alla fluidità che da sempre lo contraddistingue. Nel periodo medievale esso risulta correlato soprattutto a generi affini, quali la lettera, il trattato e il commentario biblico, ma presenta legami anche con altri generi letterari contemporanei come il teatro, la novella, il discorso politico e la poesia. Ciò che lo contraddistingue da altre forme di scrittura religiosa è tuttavia la presenza di segni dell’oralità, ovvero quelle indicazioni intra ed extratestuali che testimoniano la possibilità che il sermone sia stato predicato. In questa direzione si possono interpretare i frequenti appelli in seconda persona plurale all’uditorio, i riferimenti personali, la relativa lunghezza del sermone, i richiami al momento in cui si svolge l’evento predicatorio, il ricorso alla finzione di dialogo o sermocinatio e l’utilizzo di elementi mnemonici che facilitano tanto la memoria del predicatore quanto quella degli ascoltatori.
La predicazione è in effetti una comunicazione orale che si stabilisce tra due testi scritti, la Bibbia e la redazione del sermone; è una forma di performance che trova nel testo scritto un riflesso inesatto. Questo risulta evidente in alcuni casi per i quali possediamo doppie registrazioni delle medesime prediche, ma occorre sempre chiedersi quale fase della trasmissione rappresenti il testo che ci è giunto. Si possono distinguere quattro forme o fasi: la reportatio, ovvero la registrazione della predica fatta da un ascoltatore, il semplice schema – spesso definito sententia –, il sermone modello e il sermone completo, arricchito da tutti quegli elementi narrativi ed esplicativi che nelle due tipologie precedenti sono di solito omessi. Quel che importa maggiormente è insomma capire se il testo scritto si situi “a monte” o “a valle” dell’evento predicatorio, ovvero se lo preceda o lo segua, tenendo tuttavia presente che si possono verificare casi nei quali un sermone composto da un autore dopo la propria performance orale può costituire un modello per un altro predicatore. Ulteriore aspetto connesso alla natura ibrida del sermone, a cavallo tra oralità e scrittura, è quello linguistico: se infatti a partire dai concili ecclesiastici convocati da Carlo Magno nell’813 si stabilisce di usare i volgari romanzo e germanico nella predicazione, bisogna attendere il XIII secolo per avere le prime testimonianze scritte in volgare di sermoni, ma il latino continua di fatto a essere la lingua di trasmissione prevalente sino al Cinquecento. Ciò significa che probabilmente a partire dall’inizio del IX secolo la predicazione si svolge nella lingua comprensibile all’uditorio, ma tanto gli autori quanto gli eventuali riportatori preferiscono utilizzare per la versione scritta il latino, in quanto lingua diffusa in tutta Europa e più codificata rispetto al volgare.
Il sermone è un genere didattico e persuasivo che ha per contenuto la fede e la morale ed è basato su un testo sacro (solitamente la Bibbia ma anche fonti liturgiche e patristiche). Il sermone medievale traduce la cultura clericale, fondata sulle Sacre Scritture, nelle categorie mentali e nelle forme linguistiche dei laici. Le sue finalità principali sono quelle di insegnare, proclamare la parola divina ed esortare, tuttavia in esso vengono toccati argomenti appartenenti alle discipline più diverse, dall’astronomia alla botanica, dalla geografia alle innovazioni tecnologiche. Proprio per questo esso costituisce uno specchio della società medievale, oltre che il principale mass-media dell’epoca. Occorre poi prestare attenzione ai termini utilizzati per definire le diverse tipologie di testi: la distinzione principale è tra omelia e sermone. Dalla fine del IV secolo sermo è il nome più comune per la predicazione ed è sinonimo di tractatus, che indica principalmente un’esposizione erudita; homilia invece indica un discorso rivolto a un ampio pubblico e non un testo studiato in privato. L’omelia è normalmente inserita in un contesto liturgico, mentre il sermone è pensato per fornire istruzioni morali e per insegnare la dottrina base della Chiesa ed è quindi organizzato attorno a un tema piuttosto che a un passaggio della Scrittura come l’omelia.
Tra IX e XIII secolo la predicazione è intesa sostanzialmente come un semplice volgarizzamento delle omelie dei Padri della Chiesa, come è ben testimoniato da Umberto di Romans, il quale propone la predicazione di papa Innocenzo III come modello: “Ho saputo che papa Innocenzo [...], uomo di grande cultura, una volta, mentre predicava il giorno della festa della Maddalena, tenne presso di sé un diacono che reggeva un’omelia di Gregorio su quella festa, e parola per parola traduceva in volgare ciò che vi era scritto in latino” (Humberti de Romanis, De eruditione praedicatorum). Nel corso del IV concilio lateranense, svoltosi nel 1215 per iniziativa di Innocenzo III, si afferma con forza la necessità di predicare e il legame tra predicazione, confessione e uso dei sacramenti. Con l’obbligo della confessione annuale e della comunione per Pasqua si realizza una vera e propria “rivoluzione pastorale” che mette al centro il ruolo dei predicatori, ai quali è affidato l’invito alla penitenza e alla riconciliazione. Prima di quest’epoca la predicazione si svolgeva principalmente in ambiente monastico dove, durante l’Ufficio, venivano letti sermoni patristici. A questo scopo, oltre che per la meditazione privata e la predicazione al popolo, si formarono omeliari e sermonari, ovvero raccolte di sermoni e omelie dei Padri della Chiesa ordinate secondo l’ordine liturgico. Il tipico sermone monastico del XII secolo era un discorso religioso diretto all’uditorio monastico dall’abate o dalla badessa, ovvero da un monaco o una monaca da essi designati. Il sermone serviva per la predicazione e per la lettura ed era parte della liturgia della comunità; frequenti erano pure i sermoni in forma epistolare. Diversamente dall’omelia patristica, nella quale viene commentato in modo continuativo il brano biblico suggerito dalla liturgia, il tipico sermone monastico sviluppa, a partire da una lezione scritturale o liturgica, un motivo o un tema: l’aspetto narrativo comunque continua a essere dominante, anche se comincia ad affacciarsi l’uso di parole chiave della pericope per sviluppare il sermone. Ci si avvicina in questo modo, anche grazie all’affermarsi delle grandi scuole monastiche, al cosiddetto sermo modernus o scolastico o tematico, strettamente connesso alla nascita delle università e degli ordini mendicanti.
L’affermarsi di questo tipo di sermone particolarmente complesso, paragonabile per certi aspetti “costruttivi” alle contemporanee cattedrali gotiche, fa sentire la necessità di codificare precise regole retoriche in appositi manuali detti artes praedicandi. Occorre distinguere questo tipo di opera da altri sussidi per la predicazione come le raccolte di exempla, i florilegi, le collezioni di sermoni modello o le raccolte di concordanze bibliche e di distinctiones, utili per fornire al predicatore tutti i passi biblici correlati a un determinato lemma o i diversi sensi a esso attribuibili.
Ciò che caratterizza le artes praedicandi è il fatto che vi si dice come si debba predicare e non tanto la presenza di materiali pronti per l’uso, che pure vi si possono trovare.
La fioritura improvvisa di questo genere letterario è legata al passaggio da uno stile di predicazione che ricorda l’omelia a un altro più complesso, rappresentato dal sermone tematico, formulato dai maestri parigini di teologia del XII secolo, come Stefano Langton, Alano di Lilla e Pietro Cantore, consapevoli che i loro allievi passavano la maggior parte del loro tempo predicando. La più famosa e una delle più antiche tra queste opere – databile, insieme al De artificioso modo praedicandi di Alessandro di Ashby, tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII – è la Summa de arte praedicatoria del cistercense Alano di Lilla, un maestro parigino morto nel 1203: sua è la più nota definizione di predicazione, tuttora utilizzata dagli studiosi, dove si afferma che essa è essenzialmente un’istruzione pubblica relativa alla morale e alla dottrina della Chiesa. La sua opera è definita ars solo a posteriori poiché il primo che usa questo termine in un lungo trattato sulla natura della predicazione è un chierico inglese, Thomas di Chobham, noto anche come Tommaso di Salisbury: la sua Summa de arte praedicandi, scritta tra il 1227 e il 1228, riprende la teoria delle circumstantiae propria della retorica classica.
Secondo tale teoria, occorre esaminare dove, quando, perché, come e a chi è rivolto il discorso: questa riflessione comporta un’attenzione particolare per la varietà dell’uditorio, caratteristica del contesto urbano nel quale si svolge per lo più la predicazione, e spiega il costituirsi delle raccolte ad status, ovvero indirizzate alle varie categorie di persone. Il predicatore è considerato come un semplice veicolo della verità, un intermediario tra Dio e gli uomini, al quale è affidato il compito di procedere all’istruzione dell’uditorio utilizzando tre elementi principali: rationes, auctoritates ed exempla, ovvero servendosi di argomenti logici e facendo ricorso ad autorità scritturali o patristiche o liturgiche e ad esempi storici o fittizi che confermino quanto detto.
La predicazione del XII secolo risulta dominata dalla figura di Bernardo di Chiaravalle, autore di sermoni dall’alto valore letterario come i Sermones super Cantica Canticorum, destinati alla lettura piuttosto che alla predicazione effettiva. Nello stesso periodo emerge anche il problema delle prediche degli eretici, al quale si cerca di porre rimedio con la Dieta di Verona del 1184, con la quale si proibisce di predicare a chi non ha l’autorizzazione ecclesiastica: si mira in questo modo a colpire soprattutto i catari, che propugnano la credenza in un radicale dualismo tra bene e male, e i valdesi (detti anche Poveri di Lione), così chiamati da Valdesio, un ricco mercante di Lione che tra il 1174 e il 1176 aveva deciso di aderire al modello di vita apostolico. Non sono rimaste testimonianze dirette della predicazione catara, ma si sa che essi privilegiavano la spiegazione letterale della Sacra Scrittura; i valdesi invece promuovevano le traduzioni bibliche essendo incapaci di accostarsi al testo latino.
Se per l’Italia le prime attestazioni di predicazione volgare si hanno nel XIII secolo con i Sermoni subalpini e l’Omelia volgare padovana, negli altri Paesi europei già nella seconda metà del XII secolo vi sono esempi di sermoni in volgare: il vescovo di Parigi Maurice de Sully scrive una raccolta di sermoni modello tra il 1161 e il 1171, dei quali fornisce dapprima la versione latina e poi quella volgare. Tra i sermoni in middle English sono molto importanti quelli dei Lollardi, raro esempio di reportatio di sermoni in inglese medievale, non a caso appartenente all’ambiente ereticale; così nella penisola iberica le Homelies d’Organyà sono uno dei più antichi testi in prosa catalana, databili alla fine del XII secolo. Il sermone è dunque uno strumento privilegiato per studiare la nascita delle lingue europee, come pure per approfondire la conoscenza della cultura non solo religiosa dell’epoca. Naturalmente non si può prescindere dallo statuto retorico di questo genere letterario che in epoca medievale conosce un particolare sviluppo, come dimostrano i numerosi generi a esso correlati sorti in questo periodo, quali i manuali di predicazione, le raccolte di materiale predicabile, ma anche le laudi o le lettere di direzione spirituale.