La Habanera
(Germania 1937, Habanera, bianco e nero, 98'); regia: Detlef Sierck [Douglas Sirk]; produzione: Bruno Duday per UFA; sceneggiatura: Gerhard Menzel; fotografia: Franz Weyhmayr; montaggio: Alex von Werner; scenografia: Anton Weber, Ernst Albrecht; costumi: Annemarie Heise; musica: Lothar Brühne, Detlef Sierck.
Durante una crociera nei mari del Sud insieme alla zia Ana, Astrée, ragazza svedese, si lascia sedurre dalla sensualità dei luoghi e si innamora a prima vista di don Pedro de Avila, ricco fazendero dell'isola di Portorico. Dopo due settimane lo sposa. Ma il fuoco della passione si spegne a causa di due diverse visioni del mondo, e mentre gli anni passano il matrimonio procede stanco. Nemmeno la nascita di un bambino riscatta il ménage dall'infelicità: piuttosto acuisce la distanza tra Pedro, che vorrebbe crescere il figlio nell'antica cultura della sua terra, e Astrée, che persegue un'ideale d'educazione razionale e moderna. A seguito di un'improvvisa febbre infettiva che miete vittime tra la popolazione, arriva sull'isola una missione scientifica svedese, osteggiata dai possidenti che vedono messi a rischio i propri interessi commerciali. Sven, il medico che la dirige, è un antico amore di Astrée, e Pedro, testimone dell'affinità tra i due e forse d'un sentimento che rinasce, impazzisce di gelosia e boicotta duramente il lavoro degli scienziati. Così morirà lui stesso colpito dalla febbre, solo e senza che nessuno possa più intevenire in suo soccorso, dopo aver cacciato la missione dall'isola e aver visto Astrée partire insieme a Sven.
Nella Germania nazista degli anni Trenta, Detlef Sierck realizzò una serie di splendidi e profondi melodrammi, declinazioni del genere non meno 'pure' di quanto saranno i film hollywoodiani che firmerà con il nome di Douglas Sirk. La Habanera, ultimo film tedesco, è il punto culminante di questa prima serie sier-ckiana. Protagonista una donna, una moglie, interpretata dall'attrice e cantante svedese Zarah Leander (massima stella del cinema del Terzo Reich), presa nel turbine della scelta fra il vero amore e il dovere coniugale: sullo sfondo esotico di una misteriosa epidemia e di un feroce contrasto culturale-economico, si disegna una figura femminile sulla quale, secondo la poetica di Sierck, cade il discredito sociale e l'ombra del sospetto.
Da un lato c'è il Sud, con i suoi toreri e le sue habaneras; dall'altro Stoccolma, il paesaggio delle nevicate e dei freddi rapporti umani. L'incontro è pieno di promettenti seduzioni, ma il sogno si trasforma in incubo, il 'paradiso' tropicale in un inferno, le note romantiche dell'habanera contrappuntano un matrimonio fatto d'estraneità e rassegnato cinismo. Il nodo centrale del film si situa in un orizzonte dominato dalla contrapposizione tra amore e intrigo economico; come nel film Notorious (Notorius ‒ L'amante perduta, 1946) di Hitchcock, l'innamorato (il medico svedese) cerca la sua eletta tra i misteri d'un potere oscuro, d'un matrimonio minaccioso. Sierck è in questo senso inequivocabile, concreto: mentre gli sbirri del fazendero falsificano il certificato di morte di una vittima dell'epidemia in una miserabile camera d'albergo, il bel mondo festeggia e Zarah Leander canta per la prima volta in pubblico dopo nove anni.
Il personaggio di Zarah Leander, bruna valchiria, ha una qualità solida ed essenziale. I ruoli di questa attrice (amante fervente, bella madre devota) erano stati fin qui piuttosto sciropposi, ma per Astrée sa trovare la giusta durezza interna, la fibra fredda che la situazione richiede. Mancano, alla sua performance come alla definizione del personaggio, gli abbandoni, i languori, gli spasmi che il melodramma autorizza: Leander canta canzoni che parlano del vento invernale, o di baci ormai gelidi. La sua è un'immagine 'tedesca', nel modo più ortodosso, ma il senso della rappresentazione appartiene completamente a un Sierck già maturo, un cineasta che nella Germania del 1937 sa ricavarsi singolari margini di libertà creativa.
Il film venne girato a Tenerife, sul suolo franchista e in piena guerra civile, a pochi passi da campi di prigionia. Pur innervandosi in un'ironica 'critica sociale' sierckiana, lo spirito anticapitalista dell'opera andava d'accordo anche con la linea della Germania nazista: don Pedro, che possiede tutto sull'isola, prospera in accordo con un grande trust americano della frutta, e tenta di occultare l'epidemia perché i suoi affari ne risentiranno. Sierck stesso paragona il suo personaggio al console Bernick descritto da Ibsen in I pilastri della società: il controllo della vita altrui, la menzogna sistematica e le frodi distruggono lui e il suo mondo. Come nel caso del console Bernick, il mondo di quest'uomo crolla a causa dei suoi accomodamenti capitalistici e della sua frode, dei suoi tentativi di negare la realtà. La Habanera è un film in cui la minaccia e la presenza della morte mettono alla prova tutti i valori (in un tragico paradosso, il fazendero muore perché gli strumenti del medico sono appena stati distrutti su suo ordine). La cruda rappresentazione del conflitto tra dovere e sentimento, della perdita, infine della morte apparterranno ai grandi, futuri scenari sirkiani; qui, la poetica di Sierck incrocia lo scenario più propriamente leanderiano, fondato su una specifica presenza d'attrice e sulla sua voce, grande spettacolo delle emozioni rese chiare e distinte e di drammatizzazione dei sentimenti occulti.
Interpreti e personaggi: Zarah Leander (Astrée Sternhjelm), Julia Serda (Ana Sternhjelm), Ferdinand Marian (don Pedro de Avila), Karl Martell (Dr. Sven Nagel), Boris Alekin (Dr. Luis Gomez), Paul Bildt (Dr. Pardway), Edwin Jürgensen (Shumann), Michael Schulz-Dornburg (Juan), Rosita Alcaraz (ballerina spagnola), Lisa Hellwig (infermiera), Geza von Földessy (autista), Carl Kuhlmann (governatore).
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