di Antonella Mori
Alle ultime elezioni, i brasiliani hanno votato per la continuità e non c’è motivo per pensare che Dilma Rousseff, il nuovo presidente, non cercherà di accontentare i suoi elettori: gli anni del governo Lula hanno garantito al paese una crescita economica forte, con la diminuzione della povertà e della disuguaglianza, e un importante ruolo sulla scena internazionale. Le prime indicazioni sulla direzione della politica economica e la scelta del nuovo governo indicano che la Rousseff punti sulla continuità. Tuttavia, il nuovo contesto politico ed economico pone delle sfide importanti. Il governo ha un’ampia maggioranza nel congresso, ma la coalizione di dieci partiti richiederà notevoli capacità negoziali al fine di approvare progetti chiave, come la riforma tributaria. Inoltre, l’opposizione controlla dieci stati, inclusi stati importanti quali San Paolo, Minas Gerais e Paranà, che corrispondono a circa il 55% del pil brasiliano. Il governo dovrà affrontare anche alcune sfide sul piano economico: in primo luogo, realizzare una politica fiscale che migliori i conti pubblici senza pregiudicare gli interventi di redistribuzione; in secondo luogo, appoggiare una politica monetaria che consenta una riduzione dei tassi d’interesse reali, senza creare inflazione; infine, aumentare l’investimento in capitale fisso, senza gravare sulla finanza pubblica e limitando l’indebitamento estero.
Nel suo primo discorso dopo la vittoria, la Rousseff ha sottolineato che il suo impegno fondamentale sarà quello di sradicare la miseria e creare migliori e più eque opportunità per tutti i brasiliani e le brasiliane. Ha dichiarato che intende continuare a difendere la democrazia, la libertà di stampa, il rispetto dei diritti umani e religiosi. Sul piano economico, la Rousseff vuole mantenere i tre pilastri della politica economica precedente: una politica fiscale responsabile, che generi avanzi primari di bilancio, una politica monetaria indipendente basata sull’inflation targeting, e un regime flessibile del tasso di cambio. La Rousseff è contraria al protezionismo, ma sicuramente si impegnerà ad appoggiare lo sviluppo dell’industria nazionale con una politica industriale attiva, che miri all’internalizzazione della catena produttiva, ovvero a produrre in Brasile tutto quello che può essere prodotto in Brasile – per esempio, aumentando il contenuto di prodotti brasiliani nell’industria cantieristica e petrolifera. Sul fronte della politica fiscale, si è impegnata a promuovere una maggiore efficienza sia dal lato della spesa pubblica che dal lato del sistema tributario. È a favore della costituzione del ‘Fondo sociale pre-sal’, alimentato con i ricavi dall’esplorazione dei nuovi giacimenti petroliferi ‘pre-sal’. Le risorse di questo Fondo dovrebbero essere distribuite in progetti di medio-lungo periodo per il miglioramento dell’istruzione e della cultura, per la lotta alla povertà, per lo stimolo all’innovazione tecnologica e per la protezione dell’ambiente. Il nuovo governo è a favore di una riduzione dei tassi d’interesse, che servirebbe anche a frenare il forte afflusso di capitali esteri e il conseguente apprezzamento della valuta nazionale. Questo obiettivo, però, potrebbe ostacolare quello della bassa inflazione, dato che l’economia è in forte crescita.
Per la sostenibilità della crescita in futuro il paese ha bisogno di nuovi investimenti fissi e in particolare di migliorare le infrastrutture, soprattutto nel settore dei trasporti – porti, strade e ferrovie. Il governo Lula aveva già avviato importanti piani d’investimento (Pac1 e Pac2), ma ancora oggi gli investimenti rappresentano solo il 19% del pil, rispetto al 44% in Cina e al 40% in India. Se il paese vuole continuare a tenere basso l’indebitamento estero – come durante l’amministrazione Lula – diventerà allora necessario generare un aumento del risparmio nazionale, sia privato che pubblico.
Eleggendo Dilma Rousseff gli elettori brasiliani hanno votato per la continuità, ma il nuovo governo dovrà affrontare numerose sfide per rispettare il mandato popolare, ovvero per realizzare una crescita economica sostenuta con un forte miglioramento degli indicatori sociali.