L'Italia romana delle Regiones. Regio V Picenum
La regio V augustea, affacciata sul Mare Adriatico a est e chiusa dall’Appennino centrale a ovest, venne a includere solo la parte centro-meridionale delle Marche attuali, a partire dal fiume Esino (Aesis), per spingersi verso sud fino all’Abruzzo settentrionale, nel settore compreso tra i fiumi Tronto e Salino, limite meridionale della regione.
L’incentrarsi delle ricerche sulle fasi preromane, seguendo un indirizzo che risale almeno all’Ottocento, ha senza dubbio contribuito a una conoscenza più dettagliata delle varie età a partire dalla civiltà picena, senza tralasciare periodi più antichi. Nel contempo è innegabile come, nonostante la conservazione del patrimonio archeologico, generalmente l’attenzione verso la fase romana sia stata minore. In particolare poca attenzione è stata rivolta allo studio degli aspetti topografici, almeno fino agli anni Settanta del Novecento. Solo di recente sembra essersi avviato quel processo di conoscenza della fase romana che, avvalendosi delle nuove acquisizioni epigrafiche e delle ricerche sul terreno, mira a ricostruirne quanto più dettagliatamente possibile le varie componenti: è il caso di Ausculum (Ascoli Piceno), Cupra Marittima (Cupra Maritima), Firmum Picenum (Fermo), Trea (Treia) e più recentemente, Ancona e Falerone. Un ruolo determinante deve ascriversi all’attività intrapresa, a partire dall’ultimo decennio del Novecento, dalla Soprintendenza Archeologica per le Marche.
A partire dal 1980, l’ampliarsi delle conoscenze sugli aspetti storico-istituzionali, soprattutto per l’età repubblicana, si è accompagnata a nuove acquisizioni sull’impianto di centri poco noti (Cupra Montana, Numana), estendendo, purtroppo, solo più raramente la ricerca al territorio (Trea) e a nuovi dati su centri già conosciuti (Ancona, Osimo), approfondendo l’osservazione di aree funzionali specifiche. In particolare, nuovi contributi hanno arricchito le conoscenze su porti e approdi naturali (Numana, Fermano). Le ricerche sulle divisioni agrarie registrano una considerevole accelerazione dagli anni Ottanta del Novecento (zone di fondovalle di Trea, Porto Recanati, Cluana e Pausulae) e hanno rilevato come la povertà di attestazioni fosse da addebitare a un vizio della ricerca piuttosto che ai caratteri morfologici della regione. Minore, rispetto a quanto osservato per i centri urbani, è la conoscenza dei territori, solo in rari casi oggetto di studi sistematici e per i quali l’unico strumento rimane, in molti casi, l’indagine del 1981 su Forme d’insediamento nel territorio marchigiano in età romana: ricerca preliminare. Una felice eccezione costituiscono in questo ambito gli importanti contributi che hanno riguardato i territori del Fermano, di Cupra Marittima e del basso Tronto. Un notevole incremento delle conoscenze si registra per quanto riguarda la viabilità. Il congresso del 1984 su Le strade nelle Marche costituisce un importante momento di riflessione; quello nel 1997 sulla via Salaria ha consentito l’esame di settori della via o di infrastrutture fino ad allora non adeguatamente indagate. Non sono mancati altri nuovi significativi apporti, grazie alle scoperte monumentali ed epigrafiche: è il caso della rete viaria nel Piceno centrale (1983); della viabilità irradiantesi da Ancona (1982-83); della viabilità del Piceno centrale (1984); della viabilità nelle alte valli del Potenza e dell’Esino (2000).
Lineamenti storici
Convenzionalmente la romanizzazione della regione viene fatta iniziare con la sottomissione dei Piceni nel 268 a.C.; concretamente il processo può dirsi avviato con la fondazione della colonia latina di Firmum Picenum nel 264 a.C. (Vell., I, 14, 8). L’iscrizione cingolana dei magisterei (CIL IX, 5679), quella sulla patera di bronzo da Cupra Montana (ILLRP, 578) e quella sul dolio da Colbuccaro confermano come la romanizzazione di quest’area possa ritenersi avviata già alla fine del III sec. a.C., permettendo di configurare una realtà insediativa in piccoli nuclei.
Momento fondamentale di questo processo risulta la distribuzione di terre nel contesto della lex Flaminia del 232 a.C. Come è noto, tra i testi che ricordano la lex de agro Gallico et Piceno viritim dividundo (Cic., Brut., XIV, 57; Cato, IV, 11; Inv., II, 17, 52; Ac., I, 13; Leg., III, 20) i più precisi sembrano quelli di Catone (Varro, Rust., I, 2, 7), secondo cui le assegnazioni avrebbero riguardato l’ager Gallicus Romanus (...) cis Ariminum (...) ultra agrum Picentium, e di Polibio (II, 21, 7-8) che ricorda la lottizzazione del territorio occupato dai Senoni. Il processo di romanizzazione della regione trova un altro importante momento nell’apertura della via Flaminia, nel 220 a.C., che collegava Roma con la costa adriatica, raggiungendo, dopo aver attraversato l’Appennino umbro a Nocera, prima Fano, poi Rimini (Ariminum). Le successive deduzioni delle colonie romane di Potentia (Porto Recanati) e di Auximum (Osimo), nel 184 e nel 157 a.C., confermano l’interesse del potere centrale per gli scali adriatici e l’importanza strategica della regione.
Nel corso della guerra sociale soltanto Ausculum si ribella: dopo un lungo assedio la città fu presa nell’89 a.C. A omogeneizzare definitivamente il territorio concorsero in maniera decisiva le deduzioni coloniali triumvirali e augustee. La fortuna politica ed economica della regione inizia a scemare a partire dall’età traianea, come sembra dedursi dai frequenti interventi del potere centrale, in particolare in campo edilizio, nell’attestazione delle istituzioni alimentari e nell’invio di curatores rei publicae. I segni di questo iniziale decadimento avranno esito nella creazione dei distretti giudiziari intorno alla metà del II sec. d.C. e, nel IV secolo, nell’istituzione della provincia Flaminia et
Picenum. Insediamenti litoranei
Lungo il litorale adriatico, caratterizzato da una costa bassa e sabbiosa, fatta eccezione per il promontorio del Conero e per il tratto tra Pedaso e Grottammare, tutti i centri, a partire da Ancona, sembrano connotarsi per la funzione portuale, in molti casi ereditata da età più antiche. Come già suggerito da studi del Settecento e dell’Ottocento e come hanno spesso verificato i successivi rinvenimenti (ridimensionando le informazioni circa l’importuosità del litorale italico in Strab., VII, 5, 10 e Liv., X, 2, 4), le antiche foci dei diversi corsi d’acqua dovettero costituire, in molti casi, il naturale luogo di approdo. La mancanza di rinvenimenti di strutture portuali sembra trovare giustificazione nell’esistenza di un orlo litoraneo non solo più arretrato ma più articolato rispetto a quello attuale, soprattutto in virtù di profonde insenature che si sono potute ricostruire in corrispondenza delle antiche foci fluviali. Arricchiscono la documentazione sui centri litoranei i diversi rinvenimenti in mare: il relitto carico di anfore dall’area antistante Palombina Vecchia, il rinvenimento di strutture in località Torrette di Ancona, i materiali recuperati nel mare antistante Ancona, le anfore dall’area del Monte Conero, di Civitanova Marche, di Porto Sant’Elpidio, di Porto San Giorgio, di San Benedetto del Tronto e di Ascoli Piceno, i presunti resti dell’abitato nel mare di Numana.
Approdi preromani sono noti a Numana, Castellum Firmanorum, nel tratto costiero compreso tra la foce del fosso Valloscura e Torre di Palme e a Cupra Marittima. Per Numana, nonostante le modificazioni della costa, è probabile che le funzioni recettive fossero delegate a un approdo presso l’antica foce del fosso dei Molini (forse il medesimo utilizzato da Annibale nel 217 a.C.: Pol., III, 68, 8-88, 6; Liv., XXII, 9). Per il castellum di Fermo, le testimonianze di Strabone (V, 4, 2) e Plinio (Nat. hist., III, 111; cfr. Mela, II, 4, 65) sono concordi nel ricordarne la presenza sulla costa, prima di Cupra. Allo stato delle ricerche è ancora incerta l’ubicazione dell’epineion straboniano, per il quale si oscilla tra Porto San Giorgio, secondo la proposta di Cluverio, la località di Santa Maria a Mare, alla foce dell’Ete Vivo, e infine quella del fosso Cognolo, sotto Torre di Palme. Accanto a questo approdo, segnalato nella documentazione portolanica e nautica, è possibile ve ne siano stati altri tra l’area di Santa Maria a Mare a nord e Torre di Palme a sud (San Tommaso, Pedaso, Torre di Palme). Più problematica è l’individuazione dell’approdo di Cupra Marittima, cui vengono riferite le cosiddette Mura Mignini, e per il quale si è proposta la foce del fosso Menocchia. L’unico dato al riguardo (tracce di molo con ormeggi, ricordato da G. Annibaldi) manca di riferimenti sulla localizzazione e sulle caratteristiche struttive.
L’unico caso nel quale è documentata la presenza di un porto realizzato ex novo grazie a un intervento imperiale è Ancona. Un primitivo approdo, utilizzato presumibilmente fino a età augustea, doveva sfruttare come bacino l’area costituita dalla profonda incisione della Rupe del Guasco la quale, protraendosi in mare fino agli scogli di San Clemente e della Volpe, forniva contemporaneamente un arco naturale e un molo di straordinaria efficacia a frangere le correnti di traversia: di esso i fenomeni erosivi hanno fatto scomparire quasi del tutto il protendimento roccioso che aveva costituito il molo naturale. Tuttavia la recente analisi di alcuni documenti archivistici ne consente una ricostruzione meno ipotetica. Del porto traianeo, realizzato più a sud rispetto al precedente affinché il bacino portuale risultasse maggiormente protetto dai venti e dalla corrente, non rimangono resti dei due moli: quello a nord, radicato alla lingua rocciosa, e quello a sud, sottoflutto, per il quale si sfruttarono gli scogli di Santa Lucia. Oltre all’Arco di Traiano posto all’estremità est del molo, che doveva fondere in sé motivi di ordine funzionale (segnalare l’ingresso in porto) e monumentale, sono state indagate (area di lungomare Vanvitelli, via della Loggia, via Saffi, via Giovanni XXIII) diverse strutture riferibili a banchine ed edifici commerciali.
Centri urbani
Relativamente ai centri urbani, dei quali in molti casi è possibile proporre una ricostruzione dell’impianto e definirne anche tipologie architettoniche e dislocazioni funzionali, importanti acquisizioni si registrano per Ancona, Numana, Osimo, Porto Recanati, Cupra Montana, Urbisaglia, Cingoli, Trea, San Saverino, Tolentino, Pausulae, Cupra Marittima. Numerose novità ha restituito Ancona a partire dagli anni Ottanta del Novecento, facilitando la ricostruzione dell’impianto urbano: un quartiere attivo dall’età ellenistica al Tardoantico, con attestazione di produzioni vetrarie (via Menicucci); rinvenimenti relativi alla rete viaria e a strutture di edifici pubblici (pendici del colle Guasco, piazza Stamira) e alle necropoli di età tardorepubblicana e imperiale (piazza Malatesta, via Matteotti). Anche la zona a ridosso dell’anfiteatro è più nota, dopo il rinvenimento dell’iscrizione su mosaico di Marco Ottavio pertinente a un edificio pubblico, forse un balneum (seconda metà del I sec. a.C.). Importanti novità sono offerte dall’iscrizione relativa all’erezione o al completo rifacimento di un edificio pubblico (forse il tempio di Venere sull’acropoli), da parte di un privato che fu prefetto d’Egitto. Di straordinaria importanza è la cava sotterranea per l’estrazione di pietra calcarea nel versante ovest del Monte Conero, attiva negli ultimi decenni del I sec. a.C.
Per il centro costiero di Numana, l’analisi dei pochi monumenti superstiti a partire dall’acquedotto, pur non consentendo una ricostruzione di dettaglio dell’impianto romano, ha permesso una migliore documentazione e interpretazione all’interno del tessuto urbano. Gli scavi intrapresi nel territorio di Porto Recanati hanno rilevato strutture (ambienti variamente pavimentati, posti ai lati di un corridoio centrale; un portico colonnato; il podio di un tempio), riferite, sulla base delle fonti letterarie, alla colonia maritima di Potentia. Indizi sulla vitalità del centro sono suggeriti anche dall’iscrizione di II sec. a.C., nella quale è ricordata l’attività edilizia di praitores. Dell’abitato di Cupra Montana, non coincidente con quello attuale, impiantato in età medievale in posizione più elevata, rimangono pochi resti (cisterna di cementizio e strutture di incerta interpretazione in opera laterizia). I rinvenimenti epigrafici rivelano tuttavia elementi della storia della città: la fase romana inaugurata dall’istituzione di una prefettura nel III sec. a.C. prosegue, dopo il 49 d.C. con la creazione di un municipium, di cui è esplicito ricordo nella iscrizione di L. Musetius Sabinus, a regime duovirale (CIL IX, 5707). Ancora problematica è la ricostruzione dell’impianto della città, di cui è comunque evidente la posizione strategica, e la dislocazione delle aree funzionali. L’osservazione della morfologia sembrerebbe indicare l’esistenza di un impianto a schema “fusiforme”, simile a quelli di Cingoli e Fermo.
A Urbisaglia (Urbs Salvia), città a pianta approssimativamente quadrata, sembra di poter osservare due allineamenti diversi tra i quali la Salaria Gallica avrebbe svolto la funzione di cerniera. Importanti sono i risultati delle ricerche condotte nell’area del cosiddetto Tempio - Criptoportico, dove sono stati individuati resti di un edificio di età tardorepubblicana, precedente il tempio, ed è stato possibile osservare come in età tiberiana avvenga la costruzione del complesso templare (suddiviso in un profondo pronao e in un’ampia cella quasi quadrata in opera mista). Sono stati inoltre individuati gli accessi monumentali al Tempio - Criptoportico, mentre un’indagine effettuata nell’angolo sud-est del foro ha rivelato l’esistenza di un edificio di natura templare. L’esame dell’iscrizione CIL IX, 5541, che menziona una viam ad campum, ha permesso di stabilire la presenza del campus fuori della porta nord-est. Per Cingoli l’analisi dei resti ha consentito di ubicare l’acropoli della città nell’area dell’attuale piazza Vittorio Emanuele e di ricostruire la massima estensione dell’abitato romano che verso nord-est si spingeva fino a Borgo San Lorenzo. Testimonianze epigrafiche attestano la presenza a Cingoli di una basilica (CIL IX, 5688), di un portico e di un altro edificio pubblico (iscrizioni conservate a Villa Foligno-Della Rovere).
A Trea i pochi resti, integrati dagli elementi forniti dalla cartografia storica e dalla foto aerea, sembrano alludere a tre diversi orientamenti che dovevano in qualche modo comporsi nella tessitura urbana. È accertata la presenza di un santuario nell’area a ridosso del muro ovest del convento del SS. Crocefisso (cd. Orto dei Frati). Relativamente a Septempeda e Tolentino, è stata di grande ausilio la ricerca archivistica (appunti manoscritti del Ranaldi e di A. Gentiloni Silvery, riguardanti alcuni monumenti funerari e i rinvenimenti di piazza della Libertà). L’impianto di Cupra Marittima è solo in parte noto relativamente all’area forense a nord-est del centro attuale, i cui resti più cospicui sono quelli di un tempio (cd. Capitolium). Della città di Ricina rimangono il teatro e un tratto di basolato stradale e risulta difficile comprenderne l’estensione. Nell’area retrostante il teatro furono scoperti ambienti pavimentati a mosaico, riferibili a un edificio termale restaurato da Traiano (CIL IX, 5764 = ILS, 5675). Il centro sembra aver avuto continuità abitativa dall’età repubblicana fino al IV sec. d.C. Più di recente, oltre alla strada basolata che doveva collegare Trea con Ricina, nell’area cosiddetta Ciccarelli è stato individuato un edificio a più ambienti pavimentato a mosaico, mentre nella proprietà Congregazione di Carità sono emerse strutture di età romana. Per Fermo, in assenza di indagini recenti, rimangono ampi tratti del circuito murario, resti dell’acropoli, del teatro, di un’abitazione privata e numerosi elementi relativi al sistema idrico (fogne, cisterne, fontane).
Tipologie monumentali. - Recenti contributi hanno permesso una migliore conoscenza di alcuni circuiti murari (Ausculum, Trea, Firmum, Cingulum, Urbs Salvia, Auximum). Resti cospicui rimangono delle mura di Firmum, in opera quadrata e in un caso in opus testaceum, articolate in tre circuiti e da riferire all’impianto della colonia latina (264 a.C.). A un ampliamento augusteo vanno riferiti i tratti verso il versante est del colle. Le mura di Auximum, in opera quadrata, edificate dai censori del 174 a.C. (Liv., XLI, 27, 10), comprendevano l’altura del Gomero e il rilievo orientale. Tra i tratti meglio conservati è quello nord, dove alcuni conci hanno contrassegni di cava (N, A, P). Anche Urbs Salvia conserva resti delle mura, costruite con laterizi a parete piena, che si sviluppano per tratti rettilinei, disegnando un tracciato approssimativamente quadrangolare, con un sistema di torri a catena, poligonali (fine I sec. a.C.).
In opera quadrata di blocchi di arenaria sono le mura di Ausculum (metà III - seconda metà I sec. a.C.), realizzate lungo il lato ovest della città, l’unico non difeso naturalmente, dalla sponda destra del Tronto fino alla sommità del colle dell’Annunziata e, forse, fino alla riva del Castellano. Alle mura più antiche venne addossata una nuova struttura, in opera quasi reticolata (I sec. a.C.). L’unica porta del circuito antico conservato è la Porta Gemina, a due fornici in opera quadrata. In opera quasi reticolata di blocchetti calcarei di varie dimensioni e di fattura rozza sono i resti del circuito di Trea, relativi alla porta occidentale, databili, soprattutto su considerazioni di ordine storico, oltre la metà del I sec. a.C. In opera vittata di blocchetti parallelepipedi sono i pochi resti (Borgo San Lorenzo) del circuito di Cingoli, di età augustea. A questi vanno aggiunti i resti di Ancona, da riferirsi forse al IV sec. a.C., e quelli di Septempeda. Del circuito a pianta quadrangolare, in opera quadrata di grossi blocchi di arenaria locale, rimangono le due porte (est e sud-ovest) a mesopirgo concavo. Controversa è la datazione, oscillante tra IV sec. a.C. ed età augustea e solo di recente circoscritta tra fine I sec. a.C. e I sec. d.C.
Significativi contributi hanno interessato gli edifici per spettacolo: in particolare i teatri di Fermo, Falerone, Helvia Recina e Ascoli. Quello di Falerone, tra i meglio conservati della regione, è realizzato in terreno pianeggiante e datato al I sec. d.C. È interamente di muratura, con cavea sorretta da sostruzioni a volta. Di quello di Fermo, addossato al pendio nord della collina, sono visibili le strutture della cavea e dell’area pone scaenam. In base a considerazioni storiche e tecniche se ne è proposta una datazione nel I sec. d.C. Il teatro di Ascoli, completamente addossato al pendio nord del colle dell’Annunziata, conserva le sostruzioni della gradinata della cavea, in opera quasi reticolata, qualche nucleo del corridoio in summa gradatione e un ambiente absidato, all’estremità nord-ovest. È datato agli ultimi decenni del I sec. a.C., con restauri nella prima metà del I sec. d.C. Tipologicamente simile a quello di Falerone è il teatro di Helvia Ricina, interamente costruito in terreno pianeggiante, a due ordini di gradinate. L’edificio è stato recentemente datato al I sec. d.C., con una risistemazione in età severiana. Un nuovo esame dei resti del teatro di Urbisaglia, nella parte alta della città e appoggiato al pendio naturale del terreno, ha consentito la ricostruzione dei criteri progettuali individuati in quattro fasi.
Degli anfiteatri variamente noti, oltre a quello di Urbisaglia, in buono stato di conservazione rimangono quello di Ancona e solo in parte quello di Falerone, mentre risultano interrati quelli di Fermo e Ascoli Piceno. Quello di Urbisaglia, fuori dalla porta urbica in direzione di Ricina, è realizzato in opera cementizia con paramento di laterizio. Quello di Ancona, nella sella fra il colle dei Cappuccini e il colle Guasco, è databile, per la fase d’impianto, all’età augustea, con una ristrutturazione in età traianea. L’anfiteatro di Falerone (via dell’Anfiteatro) è costituito da pochi resti: un tratto del muro esterno del settore nord-est, alcuni muri radiali di sostegno della cavea, l’ingresso orientale e tracce dell’ingresso settentrionale oltre a tratti della parte occidentale. Si è ipotizzato che il monumento (seconda metà del I sec. d.C.) non sia mai stato completato oppure che fosse in parte costruito di legno.
Importanti sono le acquisizioni sulle strutture di approvvigionamento idrico. Il caso meglio noto è quello di Fermo che, presumibilmente in relazione con la colonia augustea di veterani, fu dotata di un vero e proprio sistema idrico (due cisterne realizzate su terrazzi ricavati nel pendio del colle, cunicoli). Accanto a quelle di Fermo, sono note altre cisterne a uno o più ambienti. Tra le prime quelle di Ancona, in via Giovanni XXIII (cd. Casa del Boia), di Cupra Marittima, Falerio e Falconara. Tra quelle a pianta composita va ricordata quella di Ancona sulle rupi del Guasco (cd. Casa di Ferro); di Falerio (via dell’Anfiteatro, via del Pozzo); di Cupra Montana (extraurbana); di Urbisaglia (via G. Bovio). Recenti studi sugli acquedotti hanno affinato le conoscenze su una infrastruttura nota da iscrizioni a Trea, Cingoli, Fermo, ai quali va aggiunto l’acquedotto di Porto Recanati (Liv., XLI, 27, 11-13). I resti sono di diverse tipologie: a tubi di laterizio (Trea); interamente scavato (Numana). In parte scavato nella roccia, in parte nel terreno è quello di Ascoli Piceno; dello stesso tipo e con pozzetti doveva essere uno dei due noti a Cupra Montana (l’altro sembra avesse tratti in muratura).
Territorio
Le caratteristiche del territorio piceno e le sue potenzialità agricole, più volte ricordate dagli antichi, dovettero favorire un popolamento diffuso, organizzato in piccoli centri (pagi o vici) e capillarizzato in una serie di insediamenti rurali o ville (spesso con settore lavorativo e residenziale), la cui ampia diffusione può essere messa in relazione con le assegnazioni agrarie triumvirali e augustee. Infatti se il passo di Polibio (III, 86-88; cfr. Liv., XXIII, 9) solo in maniera indiretta attesta la feracità del territorio, più esplicite risultano le testimonianze di Strabone (V, 4, 2), Plinio (Nat. hist., XV, 16, 5; XIV, 4, 37; XV, 4, 16; XVIII, 27, 106), Orazio (Sat., II, 3, 270; 4, 70), Giovenale (IV, 11, 74) e Columella (III, 2, 25) sulla coltivazione dei cereali, alberi da frutta (mele e pere), vite, olivo. Le indagini intraprese – con il rinvenimento degli edifici rustici di Castelfidardo, Porto Recanati e di San Benedetto del Tronto – hanno consentito di verificare la presenza di numerosi insediamenti, in parte riferibili a ville, impiantati dove possibile in posizione eminente, esposta a mezzogiorno, presso un corso d’acqua. Il rinvenimento di materiali bollati consente di ipotizzare l’esistenza di figline annesse all’impianto, come nel caso delle ville di Monterubbiano e di contrada Girola, nella valle dell’Aso, ager firmano, da dove provengono un bollo di Titus Arusius e un bollo su anfora di Lucius Livius Ocella.
Tra i territori indagati con più accuratezza figura quello di Urbisaglia (ville di Santa Lucia di Pollenza, di Passo San Ginesio, di Morico di Pollenza e di villa Magna). Campagne di scavo nella frazione di Case Nuove (Osimo) hanno portato alla luce i resti di un impianto produttivo (frantoi per vino e olio) di una grande villa rustica. All’impianto, utilizzato tra fine del I sec. a.C. e I sec. d.C., nel corso del V sec. d.C. si sovrapposero ambienti di abitazione, realizzati con materiali di reimpiego. Indagini sistematiche sul territorio sono state avviate oltre che nel territorio di Ascoli e di Trea, nel territorio a nord di Urbisaglia, nella bassa valle del Chienti e più specificatamente nel territorio di Cluana, nell’ager Firmanus. È stata indagata la fascia costiera tra la foce dell’Ete Vivo e contrada Aprutina e due ampi settori dell’interno, corrispondenti alle due direttrici stradali che dalla valle dell’Aso conducono a Fermo. Le perlustrazioni hanno rilevato la presenza di villae (aree di frammenti fittili e più raramente strutture in elevato, nella maggior parte dei casi cisterne: contrade Camera, Aprutina e Casa Fortuna).
Il recupero di materiale di superficie presso San Giovanni in Strada, nel comune di Offida, ha permesso di confermare l’esistenza di un insediamento rurale con impianto di torchiatura (I sec. d.C.). La conoscenza del territorio di Cupra Montana, delimitato verso nord dal fiume Esino e verso sud-est confinante con quello di Cingoli, è affidata quasi interamente agli scritti settecenteschi di F. Menicucci. Una buona conoscenza preliminare si ha invece del popolamento del territorio di Cupra Marittima. Delle ville esistenti rimangono diversi resti in elevato di strutture in opera cementizia nelle località San Michele (in parte riutilizzati dalla chiesetta omonima), con pavimenti in opera spicata e a mosaico oltre a uno specus di acquedotto, a Santa Maria in Colle Bona, a Montecantina-Massignano e a San Vincenzo, mentre aree di frammenti fittili sono state individuate nelle località Folignano, Montecantina-Massignano, Castelluccio-Ripatransone, Colle Bruno, San Silvestro. Importanti contributi hanno approfondito la conoscenza della vallata del Tronto, in particolare sulla divisione agraria e sul popolamento del territorio di San Benedetto (e di parte di quello di Monteprandone).
Centuriazione
Nel campo della centuriazione nuovi contributi hanno individuato tracce dell’antica maglia agraria: nella valle del Tenna; nella zona compresa tra il corso del Tenna e Amandola a sud, Sarnano e il corso del Tennacola a nord, la catena dei Sibillini a ovest, il torrente Carognetto e il fosso delle Piane a est e infine ancora nella valle del Tenna, nella campagna a sud e sud-ovest di Fermo. Impianti centuriali sono stati riconosciuti anche nei territori di Ricina, Cluana, Pausulae e Trea, grazie anche al rinvenimento di cippi centuriali come quello di Amandola.
Viabilità
Grande è il contributo offerto dalla documentazione epigrafica alla ricostruzione della rete viaria antica. La documentazione più cospicua è relativa ai miliari, recuperati in diversi esemplari. Tre, provenienti dalle Marche centrali, sono inquadrabili cronologicamente al IV sec. d.C. Si tratta di quello della cripta di S. Maria alle Macchie di San Ginesio, di Costanzo II (352-361 d.C.) e riferibile alla Salaria Gallica; di quello di Magno Massimo (387-388 d.C.) conservato a Loro Piceno, forse riferibile alla medesima viabilità; di quello, conservato soltanto in parte e riutilizzato nella chiesa di S. Marone a Civitanova Marche, nel quale vi è un riferimento a un ignoto v(ir) c(larissimus), cons[ularis Flamin]iae e[t Piceni ---], probabilmente da riferirsi alla Salaria Picena ricordata dal lapis Aesinensis. Degli altri tre, provenienti dal settore meridionale del Piceno, due vanno ricondotti ai collegamenti tra Firmum e Falerio, l’altro a una strada che da Asculum e dalla Salaria si dirigeva verso Firmum Picenum. Se i primi due sono databili al IV sec. d.C. dal momento che l’uno, conservato a Montegiorgio, reca i nomi degli imperatori Valentiniano, Valente e Graziano (367-375 d.C.) e l’altro, proveniente da Falerone, ricorda Costantino, Licinio, Flavio Crispo e Costantino II (317-324 d.C.), l’ultimo, rinvenuto fuori contesto nella Valle Fiorana, va datato presumibilmente al II sec. a.C., sulla base della menzione del Cn(aeus) Statius, M(ani) f(ilius), praif(ectus) III.
Altri testi epigrafici contribuiscono a delineare il quadro della rete viaria della regio. È il caso del cippo confinario di Tolentino, nel quale è ricordata una via ad aquam et fonte(m) l(at)a pedes IIX, aperta in un praedium a est della città, di dimensioni tali (2,36 m) da consentire il transito dei carri e, soprattutto, del lapis Aesinensis di M. Octavius Asiaticus, recuperato nel fiume Esino, nel tratto tra Iesi e Ancona. Nonostante la difficile lettura di singoli problemi testuali, il testo è di straordinaria importanza per la conoscenza della viabilità regionale. Si ricordano innanzitutto i nomi di due tracciati viari (Salaria Picena e Salaria Gallica) – i quali attraversavano longitudinalmente il Piceno, dalla valle del Tronto fino almeno a quella dell’Esino e presumibilmente, fino a Sena Gallica (Senigallia), la prima seguendo la costa fino ad Ancona, la seconda percorrendo l’interno della regione – e soprattutto la costruzione di una strada, verso la fine del I sec. a.C., da parte di Marco Ottavio, che assicurava il collegamento tra Iesi e Ancona, proseguendo poi nell’agro gallico. Circa i rinvenimenti di tratti di strade vanno segnalati: quello in località Ponte di Pitino a est di Septempeda; un tratto extraurbano della cosiddetta Prolaquense; quello fuori da Sanseverino, presso Santa Maria della Pieve, relativo alla via che staccandosi dalla Flaminia si collegava a Porto Recanati. È stata inoltre ricostruita la viabilità tra Ascoli e Fermo, grazie al rinvenimento del miliario repubblicano di Porchiano. Importanti contributi hanno interessato i ponti (Casa dell’Arco, presso Santa Maria a Potenza, a sud di Porto Recanati; ponti cosiddetti di Cecco e di Porta Solestà, in relazione con il tratto della Salaria a sud-est e nord di Ascoli).
Luoghi di culto
Strutture di un santuario ellenistico-romano sono state rinvenute a Monterinaldo, nella media valle dell’Aso. Rimangono in vista la parte nord-occidentale della terrazza sostruita da un poderoso muro di grandi blocchi squadrati, dove si sono scoperti i resti più cospicui del crollo delle strutture. Le ricerche hanno permesso di rilevare come sulla terrazza furono realizzati almeno due monumenti: un ampio portico a due navate, al margine settentrionale, e un tempio di tipo etrusco italico al centro. Presumibilmente dopo l’abbandono del santuario, una struttura realizzata con materiali di reimpiego fu costruita nell’area tra il portico e il tempio. Un altro luogo di culto (Fanum Apollinis) è documentato presso Morrovalle (Macerata). Dopo il riesame della dedica ad Apollo da parte di Maxima Nasia e la sua datazione alla metà del II sec. a.C., se ne è proposta la localizzazione nel corridoio compreso tra il fosso delle Cervare e i paraggi di Santa Lucia, dove la ricognizione ha permesso di rilevare una certa quantità di frammenti fittili sporadici. Sul colle della Guardia in località Macchie, nel territorio di Offida (Ascoli Piceno) deve ubicarsi un tempio dal quale provengono frammenti di terrecotte architettoniche, databili tra fine II e inizi I sec. a.C.
Necropoli e monumenti funerari
Notevoli acquisizioni si sono avute riguardo necropoli e monumenti funerari con caratteri monumentali, sia singoli che raggruppati in aree di necropoli e posti ai lati delle strade presso gli abitati. Un’area sepolcrale, riferibile a una villa (o a un vicus), costituita da tombe a fossa coperte con tegole, fu individuata e scavata a nord-est di Osimo (via Pignocco). Nell’agro settempedano sono variamente note diverse aree sepolcrali documentate da tombe a inumazione (località Massacciolo), a cappuccina (località Berta), iscrizioni funerarie (località Casette di San Lazzaro) e almeno due monumenti funerari (località Fontenuova). Nei pressi di Porto Recanati è stata scavata una necropoli con tombe a fossa chiuse da tegole in piano o a cappuccina, riferita all’abitato di Potentia, il cui utilizzo è stato determinato dalla fine del II sec. a.C. al IV sec. d.C. In località Sant’Antonio Vallesina (Monteroberto) una necropoli estesa su un’area di 3500 m2 è stata riferita all’abitato di Planina. Monumenti sepolcrali, di cui si conserva quasi sempre il solo nucleo in opera cementizia, sono stati riconosciuti nel territorio di Urbisaglia (località La Maestà, Fiastra e Colle Vasari), in quello di Fermo (via Pompeiana, contrada Salvano e località Campolegio), in quello di Falerone, a sud di via Faleriense e a est di piane di Falerone, in località Piane di Monteverde e a ridosso delle mura di Cupra Marittima.
Non di rado il riesame dei resti di blocchi, riferibili al rivestimento esterno di queste strutture, ha permesso la loro ricostruzione: è il caso, ad esempio, del monumento di Osimo con pompa di magistrati, conservato nel portico del palazzo comunale, dell’elemento con fregio dorico e iscrizione Unius teget hic oss[a], proveniente da San Donato di Monteprandone, di quelli a tamburo e a edicola, nell’area compresa entro gli attuali confini comunali di Ascoli Piceno, con particolare riguardo a quelli dislocati lungo la via Salaria e i suoi diverticoli. Tra questi ultimi, in particolare, va segnalato il monumento a tamburo, in località Caveceppo, con iscrizione di un magistrato municipale. Non di rado alcuni elementi si trovano variamente utilizzati in edifici successivi, specialmente nelle chiese, come nel caso dell’architrave e della cornice impiegate nella facciata di S. Zenone ad Ascoli Piceno. In un unico caso, sono stati individuati resti in situ della decorazione: si tratta del basamento di un monumento circolare, sulla riva destra del Lago di Polverina.
Monumenti sepolcrali a tamburo e a edicola sono noti anche nel territorio di Ricina: due tombe a edicola su podio, di cui una monumentale, una a pianta circolare su basamento quadrato. Un’indagine nel duomo di Tolentino ha portato alla scoperta di alcune parti del mausoleo, a pianta circolare con tre nicchioni absidati (panteum cum tricoro) di Flavio Giulio Catervio, noto dall’iscrizione sul sarcofago, conservato nella cattedrale.
Produzioni ceramiche
Diverse sono state le ricerche sui materiali di Cupra Marittima: accanto a quelle più tradizionali sull’instrumentum domesticum inscriptum (bolli laterizi e su ceramica da mensa), che permettono di conoscere meglio la loro produzione e commercializzazione, va segnalata quella sugli opercula. A ciò si aggiunga il rinvenimento di due fornaci: una per la fabbricazione di anfore del tipo Dressel 6A, in località Montecantino, e un’altra rinvenuta non lontano dal sito in cui è stato trovato un gruppo di anfore del tipo Dressel 6A alcune delle quali recanti il bollo THB. Un altro impianto di fabbricazione di anfore tipologicamente affini alle Lamboglia 2 e alle Dressel 6A, attivo tra seconda metà del I sec. a.C. e il I sec. d.C., è stato indagato in località Ponte San Biagio.
In generale, contributi e notizie di scavi e scoperte sono in: Picus, Studi Maceratesi, AnnMacerata, BA.
si veda inoltre:
C. Delplace, Rapporto preliminare sulle due prime campagne di scavo (1976-1977) condotte ad “Urbs Salvia” (Urbisaglia), in Atti e Memorie della Deputazione di Storia patria per le Marche, 85 (1980), pp. 7-33.
Ead., Rapporto preliminare sulla terza campagna di scavo (1978) condotta ad “Urbs Salvia”, in NSc, 1981, pp. 37-59.
P. Fortini, Cupra Marittima. Origini, storia, urbanistica, Ascoli Piceno 1981.
U. Moscatelli, Per la topografia storica di Pausulae (Macerata), in RdA, 5 (1981), pp. 44-53.
C. Delplace, La colonia augustea di Urbs Salvia e la sua urbanizzazione nel I sec. d.C., in MEFRA, 95 (1983), pp. 761-84.
S. Sebastiani, Sulle fasi urbane di Ancona antica, in ArchCl, 35 (1983), pp. 287-96.
P. Quiri, Rassegna di scoperte in alcune località del territorio marchigiano, in Atti del VI Congresso Nazionale di Archeologia Cristiana (Pesaro - Ancona, 19-23 settembre 1983), II, Ancona 1985, pp. 595-608.
Cingoli dalle origini al sec. XVI. Contributi e ricerche, Macerata 1986.
L. Polverini et al. (edd.), Firmum Picenum, Pisa 1987.
L. Vettorazzi, Ricerche topografiche nel territorio a nord di Urbs Salvia, in Studi Maceratesi, 23 (1987), pp. 107-19.
U. Moscatelli, Trea, Roma 1988.
E. Catani, Scavi pontifici del 1777 nella Marca anconetana: Marano, Recina, Falerone, Urbisaglia, in L’antichità classica nelle Marche tra Seicento e Settecento. Atti del Convegno (Ancona - Pesaro, 15-17 ottobre 1987), Ancona 1989, pp. 191-274.
G. Paci, Vent’anni di studi e ricerche urbisalviensi, in Picus, 10 (1990), pp. 71-97.
L. Bacchielli, Echi urbanistici metropolitani nel foro di Cupra Marittima, in S. Stucchi - M. Bonanno Aravantinos (edd.), Giornate di studio in onore di Achille Adriani, Roma 1991, pp. 267-80.
M. Luni (ed.), Scavi e ricerche nelle Marche. Introduzione alla mostra, Urbino 1991.
G. Paci (ed.), Cupra Marittima e il suo territorio in età antica. Atti del Convegno di Studi (Cupra Marittima, 3 maggio 1992), Ancona 1991-93.
M.A. Amucano, Il teatro romano di Urbs Salvia: inserimento urbanistico e proporzioni modulari, in RTopAnt, 2 (1992), pp. 109-24.
M. Landolfi, Dalle origini alla città del tardo impero, in Ankon. Una città tra Oriente e Europa, I, Jesi 1992, pp. 15-35.
P.L. Dall’Aglio - N. Frappicini Alfieri - G. Paci, Contributi alla conoscenza di Ancona romana, in Picus, 12-13 (1992-93), pp. 7-77.
Civitanova Romana. Archeologia e storia della Bassa Valle del Chienti, Capodarco di Fermo 1993.
C. Delplace, La romanisation du Picenum. L’exemple d’Urbs Salvia, Rome 1993.
E. Percossi Serenelli, Potentia: fonti letterarie e fonti archeologiche, in Studi Maceratesi, 29 (1993), pp. 27-55.
L. Bacchielli et al., Studi su Urbisaglia romana, Ancona 1995.
F. Cancrini, Il municipio truentino: note di storie e di epigrafia, in G. Paci (ed.), Archeologia nell’area del basso Tronto, Ancona 1995, pp. 147-72.
M. Luni, L’età classica. Dagli insediamenti preromani all’età imperiale, in Architettura nelle Marche, Firenze 1995, pp. 18-62.
Id., Firmum Picenum in età augustea, in E. Catani (ed.), I beni culturali di Fermo e territorio. Atti del Convegno di studio (Fermo, 15-18 giugno 1994), Fermo 1996, pp. 65-76.
S. Sebastiani, Ancona, Roma 1996.
M. Destro, Osservazioni sull’impianto urbanistico di Osimo in età romana e altomedievale, in Architettura e pianificazione urbana nell’Italia antica, Roma 1998, pp. 105-15.
R. Perna, Note di urbanistica urbisalviense, in Picus, 18 (1998), pp. 193-206.
G. Ciarrocchi, Cupra Maritima, la campagna e la città, ritrovamenti, schizzi e annotazioni sulle strutture antiche, 1969-1999, Grottammare 1999.
G. Paci, Indagini recenti e nuove conoscenze sulle città romane del territorio marchigiano, in AnnMacerata, 32 (1999), pp. 201- 44.
G. De Marinis - G. Paci (edd.), Atlante dei Beni Culturali dei territori di Ascoli Piceno e di Fermo. Beni Archeologici, Cinisello Balsamo 2000.
C. Gobbi, La Fonte Magna di Auximum, in Campagna e paesaggio nell’Italia antica, Roma 2000, pp. 185-96.
M. Lilli, Ricerca topografica sull’antica Cupra Montana, in Picus, 20 (2000), pp. 187-222.
F. Cancrini - C. Delplace - S.M. Marengo, L’evergetismo nella regio V (Picenum), Ancona 2001.
G.M. Fabrini, Nuovi contributi storico-archeologici dall’area del Tempio-Criptoportico e del Foro di Urbs Salvia, in Picus, 21 (2001), pp. 9-35.
G. Paci, Potentia (Porto Recanati): l’iscrizione dei praetores, ibid., pp. 191-97.
E. Percossi Serenelli (ed.), Potentia. Quando poi scese il silenzio. Rito e società in una colonia romana del Piceno fra Repubblica e Tardo Impero, Milano 2001.
L. Maraldi, Falerio, Roma 2002.
M. Lilli, Appunti di topografia per la storia di Numana, in ArchCl, 53 (2003), pp. 465-98.
I porti e gli approdi:
N. Alfieri, Insediamenti litoranei tra il Po e il Tronto in età romana, in Picus, 1 (1981), pp. 7-39.
Id., I porti delle Marche nei portolani e nelle carte nautiche medievali, in Le strade nelle Marche. Il problema nel tempo. Atti del Convegno (Fano - Fabriano - Pesaro - Ancona, 11-14 ottobre 1984), Ancona 1987, pp. 669-97.
Id., I porti e gli approdi, in Vie del commercio in Emilia, Romagna, Marche, Cinisello Balsamo 1990, pp. 51-62.
M. Lilli, Sui tappi d’anfora del Museo Archeologico di Fermo (AP). Spunti per una riconsiderazione delle possibilità di approdo del litorale fermano in età romana, in Picus, 14-15 (1994-95), pp. 233-82.
Id., Note sull’apprestamento portuale di Numana durante l’antichità, in StPic, 60 (1995), pp. 21-41.
Id., Il porto di Ancona in età romana: documentazione archeologica e dati di archivio, in Atti del Secondo Congresso di Topografia Antica. La città romana, in RTopAnt, 7 (1999), pp. 49-76.
Ricerche di archeologia subacquea:
L. Mercando, Relitto di nave romana presso Ancona, in Forma maris antiqui, 11-12 (1975-81), pp. 69-78.
G. Baldelli, Quattro “pietre forate” dal porto di Ancona, in Archeologia subacquea, 3, Roma 1986, pp. 49-52.
M.C. Profumo, Rinvenimenti sottomarini lungo la costa marchigiana, ibid., pp. 39-48.
R. Perna, Archeologia subacquea: una nota, in Picus, 14-15 (1994-95), pp. 294-300.
M.C. Profumo, Ricognizioni subacquee nel mare di Numana e Sirolo, in BASub, 1-2 (1995- 96), pp. 167-72.
M.C. Profumo - S. Medas - L. Delbianco, I relitti romani lungo la costa marchigiana: i dati dell’archeologia subacquea, in C. Zaccaria (ed.), Strutture portuali e rotte marittime nell’Adriatico di età romana. Atti della XXIX settimana di studi aquileiesi (20-23 maggio 1998), Trieste 2001, pp. 312-41.
Le mura:
R. Perna, Le mura di Urbs Salvia: note preliminari, in Picus, 7 (1987), pp. 197-204.
M. Lilli, La riscoperta ottocentesca della cd. Porta Gemina di Asculum, in BdA, 107 (1999), pp. 69-82.
V. Baldoni, Le mura romane di Osimo, in Fortificazioni antiche in Italia. Età repubblicana, Roma 2001, pp. 29-38.
Popolamento del territorio:
L. Mercando, Marche. Rinvenimenti di insediamenti rurali, in NSc, 1979, pp. 89-296.
L. Mercando - L. Brecciaroli Taborelli - G. Paci, Forme d’insediamento nel territorio marchigiano in età romana: ricerca preliminare, in A. Giardina - A. Schiavone (edd.), Società romana e produzione schiavistica. L’Italia: insediamenti e forme economiche, Roma - Bari 1981, pp. 311-47.
G. Conta, Il territorio di Asculum in età romana, in Asculum, II, Pisa 1982.
E. Percossi Serenelli, Frequentazione ed insediamenti nel territorio di Recanati dalla preistoria all’età romana, in Picus, 5 (1985), pp. 99-135.
L. Pupilli, Il territorio del Piceno centrale in età romana. Impianti di produzione. Villae rusticae. Villae di otium, Ripatransone 1994.
P. Palestini, Contributo alla carta archeologica del territorio sambenedettese, in G. Paci (ed.), Archeologia nell’area del basso Tronto, Tivoli 1995 pp. 181-204.
L. Pupilli, Il territorio firmano in età romana: nuove indagini archeologiche, in E. Catani (ed.), I Beni culturali di Fermo e territorio. Atti del Convegno di studio (Fermo, 15-18 giugno 1994), Fermo 1996, pp. 99- 122.
R. Virzì Hagglund, La villa rustica di Monte Torto. Gli impianti produttivi, Osimo 1996.
G. Pignocchi, Individuazione di un insediamento rustico presso S. Giovanni in Strada di Offida (AP), in Picus, 18 (1998), pp. 207-17.
E. Giorgi, La bassa valle del Chienti: il territorio di Cluana in età romana, in Campagna e paesaggio nell’Italia antica, Roma 2000, pp. 165-84.
M. Pasquinucci - S. Menchelli - W. Scotucci, Viabilità e popolamento tra Asculum e Firmum Picenum, in E. Catani - G. Paci (edd.), La Salaria in età antica. Atti del Convegno di Studi (Ascoli Piceno - Offida - Rieti, 2-4 ottobre 1997), Roma 2000, pp. 353-70.
L. Neroni, Poleografia e popolamento nel territorio di Acquaviva Picena, in Orizzonti, 3 (2002), pp. 107-17.
F. Vermeulen - P. Monsieur - C. Boullart, The Potenza Valley Survey: Preliminary Report on Field Campaign 2001, in BABesch, 77 (2002), pp. 49-71.
Centuriazione:
U. Moscatelli, Resti di divisione agraria romana nella bassa valle del Chienti, in AnnMacerata, 19 (1986), pp. 377-87.
G. Pagnani, Origine e sviluppo di un comune nelle Marche, I. La centuriazione del territorio di Sarnano nel quadro di quella del Piceno, Camerino - Pieve Torina 1987.
U. Moscatelli - L. Vettorazzi, Aspetti delle divisioni agrarie romane nelle Marche, in Marche, 1 (1988), pp. 7-84.
U. Moscatelli, Studi di topografia antica. Appunti su alcuni antichi catasti del Picenum, in AnnMacerata, 21 (1988), pp. 233-51.
Id., Resti di divisioni agrarie nel territorio tra Amandola e Sarnano, ibid., 24 (1991), pp. 529-48.
P. Paoloni, Contributo alla conoscenza dell’agro tolentinate, ibid., 27 (1994), pp. 331- 62.
U. Moscatelli, Condizionamenti ambientali e divisioni agrarie d’età romana lungo la valle del Tronto, in G. Paci (ed.), Archeologia nell’area del basso Tronto, Ancona 1995, pp. 173-80.
Toponomastica:
G.B. Pellegrini, Appunti di toponomastica marchigiana, in Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche, 86 (1983), pp. 217-300.
G. Paci, Schede per l’identificazione di antichi predii in area picena, in P. Janni - E. Lanzillotta (edd.), Gewgrafia. Atti del Secondo Convegno Maceratese su Geografia e Cartografia antica (Macerata, 16-17 aprile 1985), Roma 1988, pp. 163- 98.
Viabilità:
L. Gasperini, Il milliario delle Macchie di S. Ginesio, in Filiaj carin. Miscellanea di studi classici in onore di Eugenio Manni, III, Roma 1980, pp. 1041-1053.
L. Gasperini, Scoperta di un milliario in territorio di Ascoli Piceno, in Picus, 1 (1981), pp. 175-77.
Id., Spigolature epigrafiche, ibid., pp. 61-64.
L. Pupilli - G. Paci, Un poco noto milliario falerionense nel Museo archeologico di Fermo, ibid., pp. 145-50.
C. Delplace, Le réseau routier du Picenum central d’après les itineraires antiques, in Caesarodunum, 18 (1983), pp. 352-59.
U. Moscatelli, Studi di viabilità antica: ricerche preliminari nelle valli del Potenza, Chienti, Fiastra, Roma 1984.
N. Alfieri - L. Gasperini - G. Paci, M. Octavii lapis Aesinensis, in Picus, 5 (1985), pp. 7-50.
G. Paci, Nuovi milliari dal Piceno romano, in Le strade nelle Marche. Il problema nel tempo. Atti del Convegno (Fano - Fabriano - Pesaro - Ancona, 11-14 ottobre 1984), Ancona 1987, pp. 495- 514, 1371-376.
N. Alfieri, La viabilità dall’Esino al Tronto, in Vie del commercio in Emilia, Romagna, Marche, Cinisello Balsamo 1990, pp. 63- 66.
M. Lilli, Caratteristiche tecniche e strutturali di alcuni ponti tra V e VI regio, in Picus, 19 (1999), pp. 107-38.
E. Catani - G. Paci (edd.), La Salaria in età antica. Atti del Convegno di Studi (Ascoli Piceno - Offida - Rieti, 2-4 ottobre 1997), Roma 2000.
Iid., La viabilità romana nelle Marche, in RTopAnt, 9 (2001), pp. 175-92.
Luoghi di culto:
U. Moscatelli, Sulla localizzazione del “fanum Apollinis” presso Morrovalle (Macerata), in Picus, 4 (1984), pp. 169-78.
E. Catani, Il santuario ellenistico-romano presso Monterinaldo: un’emergenza archeologica e monumentale dell’ascolano, in Il Piceno in età romana, dalla sottomissione a Roma alla fine del mondo antico. Atti del 3° Seminario di Studi (Cupra Marittima, 24-30 ottobre 1991), Teramo 1992, pp. 47-58.
G. Pignocchi, Le terrecotte architettoniche del Colle della Guardia (Offida - AP), in Picus, 16-17 (1996-97), pp. 203- 29.
Tombe e monumenti funerari:
R. Virzì Hagglund, Una necropoli romana a Pianello Vallesina (Monteroberto), in Picus, 2 (1982), pp. 177- 82.
L. Mercando - L. Bacchielli - G. Paci, Prime scoperte della necropoli di Ricina, in BdA, 28 (1984), pp. 11-52.
E. Catani, Monumenti funerari dell’agro urbisalviense, in La valle del Fiastra tra Antichità e Medioevo. Atti del XXIII Convegno di Studi Maceratesi (Abbadia di Fiastra, Tolentino, 14- 15 novembre 1987), Macerata 1990, pp. 121-62.
Produzione ceramica:
L. Brecciaroli Taborelli, Contributo alla classificazione di una terra sigillata chiara, in RStMarch, 1 (1978), pp. 1-38.
Ead., Una produzione di anfore picene ed il vino palmense, in Picus, 4 (1984), pp. 55-93.
P. Fortini, Cupra Maritima: aspetti di vita economica di una città romana del Picenum attraverso l’esame dell’instrumentum domesticum, in Civiltà contadina e civiltà marina nella marca meridionale e nei rapporti fra le due sponde dell’Adriatico. Atti del 7° Seminario di studi per il personale direttivo e docente della scuola (Cupra Marittima, 26 ottobre - 11 novembre 1995), Grottammare 1998, pp. 39-170.
M. Lilli, Opercula da Cupra Maritima e Ripatransone (AP): appunti sulle aree di produzione e commercializzazione, ibid., pp. 171-244.
Produzione artistica:
C. Delplace, Portraits d’Urbisaglia, in MEFRA, 93 (1981), pp. 805-22.
R. Virzì Hagglund, Due ritratti giulioclaudi nel Museo Archeologico statale di Ascoli Piceno, in Picus, 1 (1981), pp. 163-72.
S. Diebner, Frühkaiserzeitliche Urnen aus Picenum, in RM, 89 (1982), pp. 81-102.
G. Paci, La raccolta archeologica presso l’Abbazia di Fiastra, Urbisaglia 1986.
L. Musso, Frammento di statua iconica di Urbisaglia. Importazione di modelli urbani di età repubblicana in area picena, in Picus, 7 (1987), pp. 47-65.
G.M. Fabrini, Materiali archeologici nel Museo Civico di Macerata, in AnnMacerata, 22-23 (1989-90), pp. 833- 53.
E. Catani, Un monumento equestre a Marco Aurelio a Firmum Picenum, in Picus, 19 (1999), pp. 53-67.
G.M. Fabrini, Fregi funerari di tipo ionico dal Piceno Romano, ibid., 21 (2001), pp. 83-112.
La conquista romana dell’ager Praetutianus (e di quello sabino) nel 290 a.C. a seguito della campagna di Manio Curio Dentato (Vir. ill., 33, 1-2; Flor., I, 15, 3), costituì l’episodio conclusivo della terza guerra sannitica. Il territorio confiscato, oltre ad accogliere una colonia di diritto latino, Hatria (Atri), e una colonia romana, Castrum Novum (Giulianova), tra il 289 e il 286 a.C. (Liv., Per., XI), fu assegnato viritim a cives Romani optimo iure. In cambio i Pretuzi ottennero la civitas sine suffragio e al momento dell’istituzione della tribù Velina, nel 241 a.C., vennero ascritti sia gli occupanti delle terre confiscate sia gli indigeni promossi al rango della civitas optimo iure. In questo quadro Interamnia Praetuttiorum (Teramo) oltre a essere conciliabulum fu anche sede della praefectura iure dicundo istituita per l’intero territorio pretuzio a esclusione delle colonie di Hatria e di Castrum Novum. Connessa con la romanizzazione dell’ager Praetuttianus deve ritenersi l’apertura della via Caecilia. È probabile che dopo la guerra sociale Castrum Novum e Hatria siano divenuti municipi, analogamente a quanto documentato per Interamnia Praetuttiorum, che nel decennio successivo alla municipalizzazione accolse una colonia sillana. Probabile è l’invio di coloni sillani anche ad Hatria (CIL IX, 5020). Assegnazioni di terre sono ricordate per l’età triumvirale e augustea per l’ager Hadrianus e per i territori di Truentum e Castrum Novum.
Campagne di scavo sono state condotte a Giulianova e Atri; accanto a queste va ricordato lo scavo della villa in località Muracche di Tortoreto e le ricerche sul Teramano nell’ambito della collana Documenti dell’Abruzzo teramano. Saggi di scavo condotti nel comune di Martinsicuro hanno permesso importanti scoperte riguardanti non solo l’antico abitato, ma la morfologia e l’idrografia della zona. Infatti è stato possibile osservare come la linea di costa antica si trovasse a circa 1200 m da quella attuale e come l’alveo antico del fiume Tronto corresse a circa 60-80 m dall’attuale. Dell’abitato, sul tratto finale della Salaria all’incrocio con la via litoranea, documentato in un arco cronologico compreso tra il V-IV sec. a.C. e il VII sec. d.C., è stato individuato un asse nord-sud inizialmente glareato e poi basolato, sul quale doveva organizzarsi l’impianto, mentre di un altro, parallelo a esso e glareato, ne è stata rintracciata soltanto una parte.
A Giulianova saggi di scavo realizzati lungo il perimetro del cimitero comunale hanno permesso di individuare resti del quartiere commerciale della città. Maggiori le novità riguardanti Interamna, dove sono state identificate: fasi d’abitato riferibili al IV-III sec. a.C. (via di Porta Carrese; corso Michetti); pavimenti di cocciopesto con decorazioni geometriche databili fra II e inizi del I sec. a.C. (vico Corto; vico dell’Ariete; via del Baluardo; largo Madonna delle Grazie); le prime fasi di un impianto, forse di natura pubblica, in via di Porta Carrarese - angolo vico Tribunali, datato al II sec. a.C.; i resti di alcune domus della prima metà del I sec. d.C. (vico delle Ninfe; via di Porta Carrarese). Di Atri è stato riesaminato il complesso sotto la cattedrale, comprendente la grande cisterna e le strutture al di sopra di essa, con mosaici raffiguranti animali marini reali e fantastici. L’identificazione con un complesso termale sembrerebbe superata a favore di quella di un macellum, come indizierebbero la destinazione pubblica, lo schema a pianta centrale di parte dell’organismo architettonico, la possibilità di un uso non continuo della conserva d’acqua sottostante e la stessa ubicazione a poca distanza dal complesso forense. Indagini sono state condotte nel tratto di mare antistante l’attuale Torre di Cerrano, nell’area del porto di Atri. Sono state identificate strutture portuali, blocchi di pietra di Istria di notevoli dimensioni allineati con andamento nord-est, insieme a magazzini in laterizio. L’impianto portuale sfruttava la foce fluviale e doveva essere costituito da due banchine.
Per quanto riguarda le tipologie monumentali, scarsa è la documentazione archeologica riguardante le fortificazioni. A parte Giulianova per la quale mancano elementi, pochi se ne hanno per Teramo e Atri. Delle mura di Teramo, esistenti presumibilmente lungo il lato ovest, l’unico a non essere difeso naturalmente, è nota solo la Torre Bruciata, una costruzione in opera quadrata irregolare. La fortificazione che difendeva Atri, di blocchi squadrati di puddinga di dimensioni variabili, è conservata per un solo tratto, a mezza costa lungo il versante nord-ovest del colle (via della Circonvallazione), e ne risulta problematica la ricostruzione del tracciato, a eccezione del versante sud dove potrebbe coincidere con le fortificazioni postantiche. Del tempio italico di Colle San Giorgio, in provincia di Teramo, oltre a un muro sul lato nord del complesso medievale che gli si è sovrapposto, rimangono le terrecotte architettoniche e la coroplastica frontonale raffigurante un’assemblea di divinità. Un altro tempio con alcune strutture adiacenti (tra cui otto basi di colonne in doppia fila relative forse a un portico o a un edificio a peristilio), intorno al quale si sviluppò un vicus a partire dalla metà del I sec. a.C., si trova in località San Rustico di Basciano, forse nel territorio di Atri. Lo scavo della villa di Muracche di Tortoreto ha permesso di conoscerne nel dettaglio caratteristiche planimetriche e diverse fasi; le ricerche di superficie nelle vallate del Salinello, della Vibrata e del Vomano hanno accresciuto la conoscenza del loro popolamento non solo in età romana ma anche in quella medievale. Sono documentati resti di abitato e, più raramente, resti di cisterne riferibili a esso, nel territorio dell’attuale Tortoreto, di Alba Adriatica, di Corropoli, di Penna Sant’Andrea e di Roseto degli Abruzzi.
W. Mazzitti, Teramo archeologica, repertorio di monumenti, Teramo 1983.
G. Azzena, Atri, Roma 1987.
A.R. Staffa, Teramo: nuovi dati per la ricostruzione dell’assetto antico della città, in Xenia, 19 (1990), pp. 19-30.
Id., Cinque anni di ricerche archeologiche in Abruzzo: 1989-1993, in Le Marche. Archeologia, storia, territorio, 3 (1991-93), pp. 193-202.
G. Iaculli, Il tempio italico di Colle S. Giorgio (Castiglione Messer Raimondo), Penne 1993.
L. Migliorati, Coloniae maritimae: riflessioni urbanistiche, in La ciudad en el mundo romano. Pre-actas. XIV Congreso International de Arqueologia Clásica (Tarragona, 5-11 septiembre de 1993), Tarragona 1994, pp. 281-82.
S. Agostini, Gli acquedotti ipogei nel territorio di Atri, in BASub, 1 (1995-96), pp. 167-72.
M.P. Guidobaldi, La romanizzazione dell’ager Praetutianus (secoli III-I a.C.), Perugia 1996.
A.R. Staffa, Resti dell’antica città di Truentum-Castrum Truentinum. Martinsicuro, Località Case Feriozzi, in Le valli della Vibrata e del Salinello, Teramo 1996, pp. 332-54.
Id., Città romane dell’Abruzzo adriatico, in RTopAnt, 8 (1998), pp. 7-78.
L. Migliorati, Giulianova, in Abruzzo, Roma 1999, pp. 38-42.
Ead., Interamnia Praetuttiorum, ibid., pp. 23-37.
P. Sommella, Atri, ibid., pp. 69-80.
G. Iaculli, Il tempio italico di Colle S. Giorgio, in Dalla valle del Piomba alla valle del basso Pescara, Sambuceto 2001, pp. 104-11.
G. Messineo, Il complesso sotto la Cattedrale di Atri, ibid., pp. 112-14.
Popolamento del territorio:
A. Candeloro, Un gruppo fittile da Tortoreto con rappresentazione di tema omerico, in QuadChieti, 3 (1982-83), pp. 121-62.
G. Messineo - A. Pellegrino, Il vicus di S. Rustico, in La valle del medio e basso Vomano, Roma 1986, pp. 136-66.
A. Pellegrino - G. Messineo, Note sul vicus di San Rustico di Basciano (Teramo), in XVI Miscellanea Greca e Romana, Roma 1991, pp. 269-86.
Le valli della Vibrata e del Salinello, Teramo 1996.
Dalla valle del Piomba alla valle del basso Pescara, Sambuceto 2001.
Ricerche di archeologia subacquea:
L. Migliorati, Insediamenti costieri del Piceno meridionale: primi risultati della campagna di ricerca, in BASub, 2-3 (1995- 96), pp. 229-36.
G. Angeletti, Ricerche archeologiche nel Porto di Cerrano, in Dalla valle del Piomba alla valle del basso Pescara, Sambuceto 2001, pp. 160-62.
Viabilità:
E. Catani - G. Paci (edd.), La Salaria in età antica. Atti del Convegno di Studi, Roma 1999.
V. Savini - V. Torrieri, La Via Sacra di Interamnia alla luce dei recenti scavi, Teramo 2002.
Produzione ceramica:
A.R. Staffa, Economia ed insediamenti fra l’età repubblicana e la prima età imperiale: le produzioni vinarie, in F. Bologna (ed.), La valle del medio e basso Vomano, I, Roma 1986, pp. 244-50.
Id., Note preliminari sulle produzioni ceramiche comuni fra la tarda Repubblica e l’età Imperiale, ibid., pp. 224-43.