L'Italia preromana. I siti venetici: Este
Città in provincia di Padova, nella zona meridionale dei Colli Euganei. Nel 1882, la presentazione in Notizie degli Scavi delle prime ricerche sistematiche condotte da A. Prosdocimi a E. porta a conoscenza del mondo scientifico l’esistenza della civiltà atestina articolata in quattro fasi, dal X sec. a.C. alla romanizzazione.
L’ambito collinare e planiziario direttamente connesso a E. testimonia una frequentazione umana, reiterata nel tempo, seppure assai discontinua: presenza di strumenti litici del Paleolitico medio sulle pendici sud-occidentali dei colli; assenza di documentazione del Paleolitico superiore e Mesolitico; tracce di strutture abitative attribuibili al Neolitico antico – facies Fiorano (fine V millennio a.C.) in pianura, dove sono presenti anche aspetti tardi della cultura dei Vasi a Bocca Quadrata – “stile a incisioni e impressioni” (seconda metà del IV millennio a.C.); solo strumenti litici sporadici per l’Eneolitico. Asce di pietra levigata, riferibili a un’epoca compresa tra Neolitico ed età del Bronzo, rinvenute in tutto il territorio atestino, sono indizio di un’estesa attività di disboscamento e di dissodamento del terreno, da connettere alle colture cerealicole e all’allevamento. L’età del Bronzo è ben documentata per la fase antica dall’abitato palafitticolo di Arquà Petrarca (prima metà del II millennio a.C.) con scarsi indizi di sopravvivenza anche nel Bronzo Medio, cui fa seguito un’ampia frequentazione del territorio nel Bronzo Recente (XIII-XII sec. a.C.) i cui siti più di rilievo sono Marendole a oriente (abitato di ambiente umido) e Lozzo a occidente (abitato di sommità collinare e ripostiglio in pianura).
Una componente fondamentale per la fortuna di E. va individuata nella favorevole configurazione geografica: i colli digradanti a nord e l’Adige, che fino a epoca storica scorreva diviso in due rami ai piedi dei colli e costituiva un rilevante asse di collegamento tra Padania orientale e costa adriatica. Già a partire dal Bronzo Recente (XIII-XII sec. a.C.), nell’area che diverrà urbana durante l’età del Ferro, sono presenti scarse tracce abitative e sepolcrali che però non sembrano in continuità insediativa con le estese evidenze della fine del Bronzo Finale e della primissima età del Ferro, riproponendo modalità di popolamento comuni a tutta l’area veneta. L’abitato di X-IX sec. a.C. si estendeva a sud del ramo meridionale del paleo-Adige con due nuclei distinti, più concentrato quello occidentale (Morlungo-Scarabello- Pelà), a insediamento più diffuso quello orientale (via Restara-Canevedo). Molto scarsa la documentazione funeraria che si riferisce solo al nucleo occidentale (via Scarabello e Lachini-Pelà), oltre all’isolato piccolo sepolcreto meridionale di Prà. Queste aree vengono abbandonate verso l’inizio dell’VIII sec. a.C. e l’insediamento si sposta a nord, tra i due rami del fiume, sviluppandosi poi su se stesso fino all’epoca moderna. È individuabile in questo spostamento un processo di sinecismo, che presumibilmente non investe solo gli abitati meridionali di E., ma anche quelli collinari, come Lozzo e M. Rovalora, e di pianura, come il vicino centro di Montagnana che sembra perdere di rilevanza appunto in questa fase.
A partire dall’VIII sec. a.C. nell’area dei precedenti abitati e ai piedi delle colline sorgono, e si svilupperanno fino alla romanizzazione, le necropoli. L’assenza di scavi sistematici nel settore abitativo non permette di fornire alcuna informazione riguardo alle caratteristiche urbanistiche del centro preromano, se non la netta distinzione tra città dei vivi, città dei morti e luoghi di culto suburbani. L’evoluzione della complessità sociale risulta invece deducibile soprattutto dalle testimonianze funerarie delle oltre 1500 tombe a incinerazione scavate dall’Ottocento ai giorni nostri. Già dalla seconda metà dell’VIII sec. a.C. le associazioni sepolcrali indicano l’esistenza di élites che si manifesteranno nel secolo successivo come aristocrazia preurbana, con aggregazioni di tombe in recinti e tumuli di famiglie estese, che cresceranno su loro stessi fino alla romanizzazione. La distribuzione spaziale connessa alla tipologia delle strutture e le associazioni funerarie testimoniano il progressivo formarsi di una stratificazione sociale: al centro del tumulo le tombe a cassetta più ricche, più periferiche le tombe a cassetta meno ricche e/o tombe in fossa semplice; all’esterno, qualora presenti, gli inumati. Già a partire dall’VIII sec. a.C. è praticata la riapertura delle cassette per deposizioni multiple, che diventerà consuetudinaria e porterà in fase tarda alla costituzione di vere e proprie tombe di famiglia.
Alla fine del VII sec. a.C., il nascere dell’“arte delle situle” conferma non solo un preferenziale rapporto con il mondo etrusco, ma anche l’adozione di un linguaggio aristocratico ideologicamente proto-urbano. L’evolversi di E. verso una struttura urbana in senso proprio è evidente dalla seconda metà del VI sec. a.C.: lo attestano la nuova articolazione dei corredi funerari, il diffondersi di una produzione ceramica standardizzata, la nascita dei luoghi di culto, l’introduzione della scrittura, il cui insegnamento è documentato nel santuario principale di Reitia. Sintomo di evoluzione urbana è anche l’allargarsi dei mercati, evidenziato tra l’altro dall’acquisizione di ceramica greca e di precoci manufatti celtici. La presenza romana, attestata già dalla prima metà del II sec. a.C. da interventi di arbitrato territoriale (cippi confinari tra E. e Padova e tra E. e Vicenza), porta a una progressiva “pacifica” integrazione, sanzionata da matrimoni misti di élites, come si evince da alcune tombe, dove l’onomastica funeraria è “mista” e spesso bilingue.
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