Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’anarchismo si definisce attraverso elementi teorici e movimenti reali non omogeneizzabili, in quanto relativi a un’ideologia non codificata nell’opera di un autore o in una scuola di pensiero, né storicamente riconducibili a vicende nazionali o locali. Frammentarietà e riformulazioni teoriche caratterizzano l’anarchismo più di ogni altra prospettiva politica. Le diverse forme di anarchismo sono accomunate da una critica radicale al principio di autorità e dall’esaltazione della piena necessità per l’individuo di raggiungere la propria realizzazione liberandosi da qualsivoglia forma di dominio.
Michail Bakunin
Stato e anarchia
Noi, rivoluzionari-anarchici, fautori dell’istruzione generale del popolo, dell’emancipazione e del più vasto sviluppo della vita sociale e di conseguenza nemici dello Stato e di ogni statalizzazione, affermiamo, in opposizione a tutti i metafisici, ai positivisti e a tutti gli adoratori scienziati o non della scienza deificata, che la vita naturale precede sempre il pensiero, il quale è solo una delle sue funzioni, ma non sarà mai il risultato del pensiero; che essa si sviluppa a partire dalla sua propria insondabile profondità attraverso una successione di fatti diversi e mai con una serie di riflessi astratti e che a questi ultimi, prodotti sempre dalla vita, che a sua volta non ne è mai prodotta, indicano soltanto come pietre miliari la sua direzione e le varie fasi della sua evoluzione propria e indipendente.
In conformità con questa convinzioni noi non solo non abbiamo l’intenzione né la minima velleità d’imporre al nostro popolo, o a qualunque altro popolo, un qualsiasi ideale di organizzazione sociale tratto dai libri o inventato da noi stessi ma, persuasi che le masse popolari portano in se stesse, negli istinti più o meno sviluppati dalla loro storia, nelle loro necessità quotidiane e nelle loro aspirazioni coscienti o inconsce, tutti gli elementi della loro futura organizzazione naturale, noi cerchiamo questo ideale nel popolo stesso; e siccome ogni potere di Stato, ogni governo, per la sua medesima essenza e per la sua posizione fuori del popolo o sopra di esso, deve necessariamente mirare a subordinarlo a un’organizzazione e a fini che gli sono estranei, noi ci dichiariamo nemici di ogni governo, di ogni potere di Stato, nemici di un’organizzazione di Stato in generale e siamo convinti che il popolo potrà essere felice e libero solo quando, organizzandosi dal basso in alto per mezzo di associazioni indipendenti e assolutamente libere e al di fuori di ogni tutela ufficiale, ma non fuori delle influenze diverse e ugualmente libere di uomini e di partiti, creerà esso stesso la propria vita.
M. Bakunin, Stato e anarchia, Milano, Feltrinelli, 1979
Sebbene sia possibile riscontrare, anche in alcuni orientamenti filosofici dell’antichità e della prima età moderna, alcune tracce di pensiero anarchico, inteso come tensione politica e ideologica verso una vita sociale orfana, a suo beneficio, di un capo o di un governo, le più significative elaborazioni di un vero e proprio progetto politico anarchico, fondato su presupposti teorici asseriti con vigore, risalgono al XIX secolo. A partire dalle opere dei pensatori utopisti francesi François Fourier e Pierre-Joseph Proudhon, l’anarchismo si sviluppa principalmente nelle sue manifestazioni più radicali negli scritti del filosofo tedesco Max Stirner, figura di spicco della sinistra hegeliana, e del rivoluzionario russo Michail Bakunin. Nella prospettiva di Stirner, espressa nella sua opera più celebre, L’Unico e la sua proprietà (1845), gli individui, perfettamente realizzati nel proprio egoismo, riuscirebbero a convivere solidalmente senza governo alcuno, in quanto accomunati da un interesse analogo. Se la teoria di Stirner si presenta come una forma di anarco-individualismo, dal pensiero e dall’azione politica di Bakunin discende invece un orientamento identificabile come anarco-comunismo, in base al quale ogni autorità risulta strumentale all’esigenza del gruppo sociale egemone di preservare un potere fondato sull’ineguaglianza. La legge e le istituzioni statali rappresentano la violenza organizzata, e pertanto viene perseguito il progetto politico dell’abbattimento dello Stato, congiuntamente all’edificazione di un sistema federale e libertario basato sul libero contratto tra cittadini, organizzati in libere associazioni di produttori. La prospettiva ribellistica anarchica si distingue dalla rivoluzione per il comunismo di fondamento marxiano, della quale viene respinta la fase transitoria della dittatura del proletariato. La conflittualità tra marxismo e anarchismo si è storicamente rinnovata senza esitazione nel corso dell’Ottocento, in particolare a opera di Marx ed Engels, i quali hanno strenuamente combattuto le tesi di Proudhon prima e di Bakunin poi; quest’ultimo viene infatti espulso nel 1872 dal Congresso della prima Internazionale (Bakunin e James Guillaume fondano nello stesso anno un’Internazionale Anarchica, che resiste fino al 1878).
La pratica politica prevalentemente invocata all’interno dei movimenti anarchici per sovvertire l’ordine costituito è lo spontaneismo, traducentesi in azioni dirette esemplari, come attentati terroristici o sabotaggi. Nella sua variante pacifista e non-violenta, l’anarchismo si esprime invece mediante la pratica della disobbedienza civile e della resistenza passiva. L’anarchismo è un’ideologia caratterizzata dalla centralità dell’azione, che non sostituisce del tutto la propaganda ideale ma la esemplifica e la rafforza. Nel passaggio cruciale dal XIX secolo al successivo, gli anarchici europei e statunitensi inanellano alcuni celebri attentati, come quelli al presidente francese Marie-François Carnot (1894), al re Umberto I in Italia (1900), e al presidente americano William McKinley (1901).
All’inizio del XX secolo si costituisce un indirizzo di pensiero basato su presupposti anarchici, noto come “anarcosindacalismo”, il cui obiettivo politico di lungo termine prevede la sostituzione dello Stato con un’organizzazione federale di sindacati produttori e distributori di beni. In Francia, dove il movimento anarcosindacalista è particolarmente forte, gli anarchici controllano nel 1902 la Confédération Générale du Travail, e acquisiscono grande prestigio tra i lavoratori francesi, ma anche spagnoli e italiani. L’incisività degli anarchici tra le pieghe del proletariato industriale non dura tuttavia a lungo, a causa dell’egemonia comunista favorita dal successo della rivoluzione bolscevica in Russia. L’eredità più significativa dell’anarcosindacalismo è raccolta poi negli Stati Uniti e in Canada con la costituzione, nel 1905, dell’Industrial Workers in the World (IWW), che perde tuttavia la sua influenza alcuni anni dopo la prima guerra mondiale, a seguito di una rigorosa repressione che tra il 1917 e il 1920 mira a contrastare la campagna anti-interventista messa in atto dall’organizzazione.
Nei primi venti anni del Novecento sono Spagna e Russia a concentrare nel proprio territorio la parte più dinamica del movimento anarchico internazionale. In Ucraina, tra il 1917 e il 1920, un movimento di ispirazione anarchica, guidato da Nestor Machno (1884-1934), contribuisce con numerosi successi militari alla guerra civile in Russia, schierandosi a fianco dell’Armata Rossa, e sperimentando nei territori liberati forme di autogoverno di impronta libertaria, contrapponendosi in tal guisa agli stessi bolscevichi. Nella penisola iberica l’anarchismo si radica in maniera più strutturata. Nel 1907 nasce la Solidaridad Obrera, l’organizzazione sindacale spagnola che nel 1909 scatena la famosa protesta per l’arruolamento di giovani catalani da inviare in Marocco, alla quale segue la semana trágica, una settimana di violenze dirette contro l’alleanza tra cattolicesimo e potere aristocratico-conservatore che si conclude con il bilancio di 200 morti tra i lavoratori, circa 50 chiese bruciate e numerosi linciaggi di sacerdoti. Nel 1910 a Siviglia le organizzazioni anarchiche più attive fondano la Confederacion Nacional del Trabajo. Nel 1927 si forma la Federación Anarquista Ibérica (FAI), che durante la guerra di Spagna prende parte alla lotta al fascismo. Nel triennio 1936-1939 in Andalusia si costituiscono centinaia di comunità agricole anarchiche, nelle quali viene abolito l’uso del denaro, la terra è collettivizzata e la distribuzione dei beni è proporzionata ai bisogni, sperimentando nella prassi alcuni elementi cardine dell’ideologia anarchica.
Nel corso del XX secolo l’influenza che gli anarchici continuano a esercitare sulla vita politica internazionale, se non decisiva su molte questioni, si rivela comunque significativa non solo in Europa. Le tesi dell’anarcosindacalista Ricardo Flores Magon (1873-1922) accompagnano imprese e prospettive del rivoluzionario messicano Emiliano Zapata; Gandhi definisce se stesso anarchico esercitando la disobbedienza civile e auspicando per l’India una gestione cooperativa della terra e della produzione agraria.
L’anarchismo si riaffaccia in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone negli anni Sessanta, in concomitanza con le lotte studentesche, riproponendosi in forme sotto molti aspetti rinnovate. Nuovi contenuti contaminano l’impostazione originaria: femminismo, lotte per i diritti civili, antimilitarismo, difesa dei diritti degli animali, autoproduzione. La più significativa peculiarità dell’anarchismo degli ultimi decenni consiste in un’attenzione specifica alle tematiche dell’ambientalismo e del pacifismo.
L’ecoanarchismo nasce e si sviluppa nei Paesi anglosassoni. Negli anni Ottanta si affermano i movimenti Earth First!, una delle principali organizzazioni anarchiche ecologiste, ed Earth Liberation Front, entrambe dirette ad azioni di sabotaggio. L’ecologismo entra nel pensiero anarchico grazie soprattutto all’opera di Murray Bookchin (1921-2006), sostenitore dell’universalità del principio anarchico che considera repellente alla natura umana ogni forma di dominio. Si ritiene necessario dunque che l’uomo si faccia carico di una responsabilità etica di gestione della complessità, di mantenimento dell’equilibrio naturale e sociale: soltanto una volta raggiunto l’equilibrio ecologico sarà possibile conseguire anche gli obiettivi “classici” dell’anarchismo. Tra i più autorevoli pensatori anarchici contemporanei, anche in virtù della significativa eco dei suoi scritti, è certamente annoverabile il filosofo Noam Chomsky il quale ipotizza una struttura originaria immutabile della natura umana, caratterizzata da una “infinita perfettibilità”, ossia dalla possibilità di migliorare progressivamente le proprie condizioni di libertà individuale, senza compromettere la convivenza sociale, la quale viene a costituirsi come vero fondamento per una piena autorealizzazione dell’individuo.
L’anarchismo contemporaneo si inscrive in parte nell’alveo dei movimenti pacifisti e critici nei confronti della globalizzazione. Nel 1999 movimenti anarchici internazionali partecipano a Seattle alla contestazione del Meeting del WTO (World Trade Organization), così come dei successivi summit del G8 (Group of Eight), proponendosi come componente di quel composito movimento di critica nei confronti della gestione delle politiche globali.
Per altro verso nell’ultimo ventennio del secolo scorso alcuni elementi originari dell’anarco-individualismo, unitamente alla parziale accettazione di alcuni fondamenti del sistema capitalistico, come la libera iniziativa, la sovranità del consumatore, la concorrenza, hanno favorito lo sviluppo, in particolare negli Stati Uniti, di una variante molto singolare dell’anarchismo, nota come “anarco-capitalismo”, che propone come suoi maggiori teorici Murray Rothbard (1926-1995) e David Friedman (1945-), i quali associano a un drastico attacco all’istituzione statale l’esaltazione della proprietà privata e del libero mercato.