Vedi KENCHREAI dell'anno: 1973 - 1995
KENCHREAI (Κεγχρεαί, Κεγχρειαί, Cenchreae)
Porto dell'antica Corinto sul Golfo Saronico sul lato orientale dell'Istmo di Corinto a circa 3 km a S dell'estremità orientale del moderno canale e a 7 km ad E della Corinto antica.
La città è ricordata incidentalmente da storici antichi che non ci dànno una chiara testimonianza delle vicende della città. È ricordata nel Nuovo Testamento, negli Atti degli Apostoli (xviii, 18) e nell'Epistola ai Romani (xvi, 1), che attesta l'esistenza di una chiesa nella città al tempo dell'apostolo Paolo. Pausania (ii, 11, 3) dice che c'era un santuario di Afrodite ad una estremità del porto, santuarî di Iside e di Asklepios all'altra estremità e una statua bronzea di Posidone al centro. Apuleio nelle Metamorfosi (xi), descrive K. come il luogo del santuario di Iside, dove il suo eroe Lucio fu trasformato da asino in uomo e fu iniziato al culto della dea.
A partire dal 1963 si sono svolte campagne di scavo promosse dalle Università di Chicago e di Indiana in accordo con la Scuola Americana di Studi Classici, ma non sono ancora terminate e si conoscono soltanto dei risultati parziali.
In genere gli scavi hanno mostrato che il livello del terreno si è abbassato di circa 2 m rispetto a quello del periodo di Augusto e che i resti più antichi di quest'epoca vicini al mare si trovano ora sotto il livello dell'acqua, di modo che quasi nulla di anteriore a questo periodo è stato scavato in questa regione. Scavi in alcune zone ad un livello superiore sopra al porto hanno messo in luce resti di edifici di uso comune risalenti fino al IV sec. a. C., costruiti su un terreno che è stato sfruttato come cava non molto tempo fa. Indizî in superficie in altre zone in terreno più elevato attestano l'esistenza di resti di più grandi edifici antichi, il cui scavo non è attualmente possibile.
Gli scavi vicino alla spiaggia hanno rivelato grandi complessi di costruzioni a ciascuna estremità del porto e tracce di altri lungo la spiaggia intermedia. All'estremità NE del porto era un grande edificio di mattoni della fine del I sec. d. C., di cui la maggior parte è stata erosa dall'azione del mare; quella che resta comprende un vasto peristilio con spaziosi ambienti che si aprono su di esso a ciascuna estremità. Si conservano vasti pavimenti a mosaico con disegni geometrici in opus tessellatum. Questo edificio è rimasto in uso fino al V o VI sec. d. C. Si trova sopra a resti mal conservati di strutture, di cui alcune risalgono fino al IV sec. a. C.
Lungo la parte mediana della spiaggia del porto erano semplici costruzioni, probabilmente di carattere commerciale, di periodo imperiale e alcune case del primo periodo cristiano. Poche di queste sono state usate con modifiche nel XII sec. d. C. Esistono anche rovine di due o tre edifici di periodo turco.
All'estremità SO del porto era un esteso complesso di strutture che si datano dal periodo augusteo fino al VI sec. d. C. Alcuni di questi resti, visibili sotto l'acqua del mare, su un molo e una diga artificiali, costruiti per racchiudere il porto, sono stati investigati da varie persone. Parti degli stessi edifici o di altri ad essi connessi sono state scavate nel terreno retrostante. La diga e il molo sono stati fatti gettando in mare terra e pezzi di pietre. All'estremità verso il mare il molo raggiunge i 30 m di altezza sopra al livello dell'imboccatura del porto. Alla estremità opposta del molo verso il porto, estendentesi verso O nell'entroterra, era una serie di magazzini fronteggianti una banchina pavimentata. In un periodo più tardo l'estremità del molo verso il mare fu sistemata con una "piscina", cioè una serie di bacini per mantenervi il pesce. A S dei magazzini era un complesso di strutture che è stato ipoteticamente identificato come appartenente al santuario di Iside. Sopra ad una parte dei magazzini e del santuario fu costruita una antica chiesa cristiana.
Le scoperte più notevoli sono avvenute nella costruzione che è stata considerata parte del Santuario di Iside. Essa giace subito fuori della riva ed è quasi interamente sommersa nel mare. Comprende una fondazione ipoteticamente identificata come un tempio, il cui pavimento si sarebbe dovuto trovare in origine a circa 1 m sopra l'attuale livello del mare; sotto il pavimento c'era un sotterraneo. Annesso al lato settentrionale del "tempio" era un vano o recinto absidato; la parte rettangolare misura m 7,70 × 9,30 e ha un pavimento a semplice mosaico geometrico di opus tessellatum, che ora giace a circa m 0,75 sotto il livello del mare. L'abside è pavimentata con opus lithòstroton e con due pannelli di opus sectile in marmo; questo pavimento è circa m 0,15 più alto di quello della parte rettangolare dell'ambiente e vi è incassato un bacino ottagonale rivestito di marmo che funzionava come fontana con zampillo verticale. La parte rettangolare era comunicante con il sotterraneo del "tempio" attraverso una porta, ma l'accesso principale era attraverso una scalinata di quattro gradini al centro del lato opposto all'abside, che scendeva da una grande sala stendentesi attraverso la parte retrostante allo spazio abbassato e al "tempio". I muri della struttura absidata sono di blocchi solidi di pòros; alla base corre una zoccolatura di lastre di marmo, ma non v'è alcuna traccia della rifinitura della parte superiore delle pareti ancora aderente ad esse, sebbene in uno scarico si siano trovati alcuni pezzi di marmo di un opus sectile che possono aver appartenuto al rivestimento delle pareti.
Sul pavimento dello spazio rettangolare, contro le pareti, si sono rinvenuti nove gruppi di pannelli di opus sectile di pasta vitrea. I pannelli si sono trovati ingabbiati, due a due, entro intelaiature lignee. In ogni gruppo c'erano approssimativamente da quattro ad otto gabbie, cosicché sembrerebbe che in origine ci fossero almeno una cinquantina di gabbie, ossia un centinaio di pannelli immagazzinati nell'ambiente. Sembrerebbe che fossero stati consegnati per esser montati a decorazione di qualche edificio, ma mai usati. Non tutti i pannelli sono peraltro ben conservati; alcuni sono stati erosi nell'antichità o nel Medioevo, ma altri sono quasi intatti. Sembra che siano stati almeno di due dimensiom: una di circa m 1 × 1,90, l'altra di m 1,35 nella lunghezza e di una indeterminata larghezza.
I pannelli consistono di un solido strato di grandi frammenti di terracotta grezza su cui era steso uno spesso strato di argilla, lisciato in superficie. Su questa superficie sono montati i pezzi di pasta vitrea opaca, spessi circa mm 2, fissati per mezzo di una specie di resina come adesivo. I pezzi di pasta vitrea sono tagliati come opus sectile, in varie dimensioni e forme e di varî colori, disposti in modo da creare motivi geometrici o floreali o scene figurate. Queste ultime, per quanto si può stabilire, erano di almeno tre categorie. Ci sono due figurazioni di immagini umane a metà del vero, stanti su piedistalli, e delle quali una è identificata come Omero, per mezzo di un'iscrizione lavorata in opus sectile; dell'iscrizione dell'altra restano soltanto due lettere, ma probabilmente si tratta di Platone. Un'altra categoria include molti pannelli, ciascuno diviso longitudinalmente in due fasce orizzontali nelle quali sono raffigurati fiori di loto, di papiro e di altre piante affini, in mezzo a cui stanno uccelli acquatici e di palude. In almeno una di queste appare una figura umana di proporzioni corte e tozze, che porta un uccello. Una terza categoria rappresenta vedute di edifici lungo il mare. Ci sono porti circondati da colonnati, dietro i quali appaiono altre costruzioni a cupola, fontane e templi; navi di varie specie sono in mezzo all'acqua; molte specie di pesci e altri elementi di vita marina sono rappresentati nelle onde; pescatori stanno cercando di prendere il pesce. Alcuni pannelli meno conservati sembrano raffigurare mandrie in un paesaggio collinoso e altri soggetti non identificati.
È stata avanzata l'ipotesi che i pannelli appartengano tutti ad un unico schema decorativo, destinato ad essere composto in fasce con le vedute architettoniche sopra alle scene di palude e i pannelli decorativi sopra, sotto e intorno ad essi. I ritratti di Omero e di Platone presumibilmente erano destinati a fiancheggiare un'apertura o qualche altro punto focale.
Le qualità stilistiche dei pannelli rendono perplessi. Le vedute architettoniche richiamano più direttamente alle scene pompeiane con porti. I pescatori ed i pesci trovano il più stretto confronto con i mosaici del periodo imperiale nord-africani, sebbene almeno una delle figure maschili sembri più vicina stilisticamente alla tradizionale maniera egizia di rappresentare l'immagine umana. Le scene di palude sono di un trattamento classico ma di soggetto egizio, e il nano in una di esse trova i migliori paralleli nell'arte copta. I ritratti di Omero e di Platone in generale hanno un aspetto bizantino, ma sono classici nel panneggio e nello stile, tenendo presente l'effetto dato dalla particolare tecnica.
La gamma dei colori della pasta vitrea comprende il bianco, il carnicino, il rosso rubino, il verde smeraldo, l'azzurro chiaro, il giallo chiaro e forse altri. Qualche pasta vitrea è a molti colori, come i piedistalli marmorei su cui stanno Omero e Platone, e alcuni dei pesci sono fatti in una specie di tecnica millefiori, in modo che le scaglie spiccano in diversi colori contro il fondo. Alcuni dettagli sono messi in risalto o chiarificati da linee incise o forse fuse o impresse.
Lo stato di conservazione della pasta vitrea dipende dal processo di fabbricazione delle varie specie e dalle circostanze di esposizione all'azione marina. Alcuni pezzi sono ancora apparentemente come quando furono eseguiti; altri si sono più o meno disintegrati; altri ancora sembra che siano scomparsi interamente.
Dai dati ricavati con il radio carbonio sperimentato sul legno delle intelaiature entro le quali furono racchiusi i pannelli e da altre considerazioni sembra che i pannelli stessi appartengano alla metà o alla prima parte del IV sec. d. C. Pare che siano stati abbandonati in seguito a qualche catastrofe che ha interrotto il lavoro della costruzione alla quale erano stati destinati. Nel sotterraneo del "tempio" si sono trovate grandi quantità di impalcature lignee, due porte di legno e altri pezzi di falegnameria e varî strumenti e materiali da costruzione.
Nello scarico che copriva i pannelli erano molti pezzi di avorî lavorati e di suppellettile lignea. Gli avorî lavorati comprendono due placche di cm 4 × 7, raffiguranti uomini seduti in posa didattica, uno sbarbato, uno barbato; molte cornici scolpite, capitelli e basi di colonna, colonne, tutto in scala ridotta come per una cassetta. La suppellettile lignea comprende gambe di varî letti e di sedie, e molte sedie del tipo "curule" complete o quasi complete. In gran parte, se non tutta, la suppellettile era intarsiata a quanto pare con tartaruga, che è stata, nella maggioranza dei pezzi, incisa. I pezzi meglio conservati, incisi, comprendono molte figure di putti - maschili e femminili - alcuni con cesti; questi richiamano figure delle pitture pagane e cristiane, dei mosaici e dei sarcofagi. Appaiono anche alcuni animali e piante.
Fra l'altro nello scarico sono state trovate molte tessere provenienti da un opus tessellatum di pasta vitrea chiara, di cui alcune rivestite di sfoglia d'oro.
Questo scarico includeva anche materiale databile nella prima parte del V sec. d. C. e ricopriva l'originario pavimento a mosaico, raggiungendo lo spessore di quasi un metro. Su di esso era stato steso un secondo pavimento di cemento rozzo, che può rappresentare un adattamento della costruzione absidata per un uso in relazione con la chiesa cristiana adiacente ad O.
La chiesa stessa può risalire fino al IV sec. nel suo impianto originario, ma subì molti rinnovamenti ed ingrandimenti. Nella ultima fase consisteva di una navata con un nartece, fiancheggiata da ciascun lato da due vani (non si direbbero navate laterali nel senso usuale); trasversalmente alla fronte di tutto il complesso corre un esonartece di forma irregolare. Ad O era un complesso di ambienti appartenenti verosimilmente alla chiesa, includenti un baldacchino che copriva un bacino impermeabile, che può essere stato un battistero o una phiàle, e una stanza con una banchina e un pavimento impermeabile, che può anche esser servito come battistero o phiàle. Il primo ed il secondo vano a S della navata erano in origine separati da un colonnato sebbene in un periodo più tardo gli spazî fra le colonne furono riempiti con muratura fino ad una indeterminata altezza. Il secondo vano a S della navata, pavimentato in una seconda fase con un opus sectile marmoreo a semplice disegno geometrico, dà l'impressione di essere stato la via processionale che portava alla rinnovata costruzione absidata dove è stato trovato l'opus sectile vitreo. In una fase indeterminata si impiantò ancora un terzo stretto vano, adiacente a quello con pavimento marmoreo, verso S. Durante questi molti rinnovamenti furono costruite delle banchine lungo molte delle pareti del complesso.
La navata e il nartece della chiesa, l'esonartece e l'area in cui stava il baldacchino, furono pavimentati a mosaico di opus tessellatum con disegni ornamentali. Quello nella area con baldacchino tuttavia appartiene ad un periodo più antico della chiesa. I mosaici nell'esonartece erano disegnati a forma di molti piccoli tappeti. Nello scarico che copriva l'area del baldacchino si è trovato un frammento di affresco rappresentante due figure, una stante, una rovesciata a capo all'ingiù e sanguinante.
Il complesso della costruzione continuò nel suo insieme ad essere usato attraverso il VI sec., quando probabilmente subì qualche distruzione. Dopo di questa alcune parti sopravvissute o ricostruite possono essere state in funzione.
A circa un km a N del porto sono i resti di un monumento romano forse di periodo imperiale. È un quadrato di circa m 10 ornato di fini cornici scolpite nel marmo.
Bibl.: Hesperia, XXXIII, 1964, pp. 134-145; XXXVI, 1967, pp. 124, 186; Archaeology, VIII, 1965, pp. 191-200; XX, 1967, pp. 163-173.