JUNNĀR
Città dei Ghāṭ occidentali, a c.a 90 km da Puna nello stato indiano del Maharashtra; nelle immediate vicinanze si trovano diversi gruppi di monumenti rupestri buddhisti scavati sulle alture di Manmodi, Shivaneri e Sulayman tra il I sec. a.C. e il II-III sec. d.C.
J., da Jūrṇa-nagara («città vecchia»), si trovava tra Kalyāṇa sulla costa (ricordata come Kalliena nel Periplus Maris Erythraei, risalente alla metà del I sec. d.C.), a cui è collegata dal passo di Nānāghāṭ, e le diverse località dell'altopiano del Deccan, in particolare la capitale dei Satavāhana o Āndhra, Paithan. I monasteri erano importanti clienti delle carovane, da cui acquistavano stoffe, metalli e incenso, costituendo al tempo stesso luoghi di sosta e veri e propri banchi. A J., le cui comunità è opinione comune abbiano esclusivamente aderito al buddhismo hīnayāna, i gruppi rupestri sono separati tra loro poiché ciascuno godeva del patrocinio di gruppi diversi di mercanti, che avevano spesso interessi particolari e divergenti.
La maggior parte degli ambienti rupestri - alcune centinaia - è costituita da celle monastiche prive di qualunque tipo di ornamentazione, o da cisterne per l'acqua; ma tutti i tipi di vihāra (monasteri) e caityagṛha (ambienti che racchiudono uno stūpa) noti dagli altri siti rupestri del Deccan sono rappresentati, a volte con particolari varianti. Vi si trovano caityagṛha voltati e absidati, ma anche uno circolare e uno quadrato, sale rettangolari a tetto piatto, ecc. Taluni gruppi hanno ciascuno più di un caityagṛha, per la maggior parte non finiti. Le numerose iscrizioni documentano esclusivamente donazioni di devoti, senza alcun patrocinio regio (i Sātavāhana erano d'altronde d'osservanza brahmanica).
Dei gruppi rupestri sull'altura di Manmodi sono da ricordare i tre caityagṛha. Quello di Bhīma Śankar, non finito, è preceduto da un portico a due pilastri ottagonali tra lesene e con parapetto, e ha pianta rettangolare e soffitto piatto; quello di Ambikā, anch'esso non finito a causa di una grossa crepa prodottasi nella roccia, avrebbe dovuto essere absidato e voltato; sull'entrata rettangolare, oltre il portico, ha un arco «a caitya» e finestre. Questi due monumenti sono all'incirca contemporanei, e possono essere datati alla prima metà del II sec. d.C. Il caityagṛha di Bhutling è uno dei più antichi di J. e del Deccan, anche se le date proposte variano molto. Sulla facciata, definita in alto e sui lati da serie di archi «a caitya» in miniatura, sono scolpiti, ai lati della cuspide del grande arco «a caitya» centrale, due figure maschili, ciascuna accanto a uno stūpa: il primo personaggio, alato, rappresenta probabilmente Garuda; il secondo, con un cappuccio di serpente sulla testa, un nāga o serpente. Sotto l'arco è scolpita la metà superiore di un fiore di loto nel cui petalo centrale è iscritta un'immagine di Śrī, simbolo benefico di complessa lettura. Ai suoi lati, due elefanti le versano acqua sulla testa.
Nei gruppi rupestri sulla collina di Shivaneri si ricordano un caityagṛha quadrato preceduto da un portico a due pilastri tra lesene (tipo ricorrente a J.), e il più grande caityagṛha a pianta rettangolare con soffitto piatto che conserva una decorazione dipinta a carattere geometrico (cerchi concentrici entro quadrati). Dalla parete d'ingresso, in origine adorna di due finestre, si passa in un vestibolo, oltre il quale alcuni alloggiamenti sul pavimento mostrano che l'ambiente era forse diviso in navate da due file di pilastri lignei. A O della collina si apre il piccolo gruppo di Tulja Lena, dove si trova un piccolo caityagṛha a pianta circolare (meno di 8 m di diametro), diverso da ogni altro e possibile testimonianza di tipi arcaici altrimenti non documentati. Lo stūpa al centro, sotto una cupola, non ha decorazione alcuna, e in origine era probabilmente sormontato da harmikā e ombrello lignei. Intorno a esso corre un deambulatorio delimitato da dodici pilastri a sezione ottogonale con tracce di pitture. Questo monumento è probabilmente contemporaneo al grande caityagṛha di Bhājā, risalente al I sec. a.C., e, secondo alcuni, è anteriore a quello di Guntupalli (esso pure a pianta circolare), nel Deccan orientale.
Nel complesso rupestre sulla collina di Sulayman (o Ganesh Pahar; il nome antico è Leṇadrī) spicca l'ambiente n. 6, secondo alcuni il più perfetto esempio di caityagṛha in India. Lungo c.a 13 m e di tipo absidato, è preceduto da uno stretto portico con pilastri in antis, ed è diviso all'interno in tre navate da pilastri a sezione ottagonale con grandi capitelli sormontati da figure animali addorsate (elefanti, leoni). Unico committente del monumento, fatto eseguire nella prima metà del II sec. d.C., fu - secondo quanto dice un'iscrizione - Sulasadata, figlio di Heranika di Kalyāṇa. Accanto sorge il monastero, il più grande di Junnār. Esso risponde all'usuale modello che vede le singole celle aprirsi su una corte quadrangolare. Lungo c.a 17 m, è preceduto da un portico a sei pilastri sormontati da figure di leoni, tigri, tori ed elefanti, e presenta, in particolare, strette analogie con il vihāra n. 10 di Nāsik (v.).
A J. è stata inoltre rinvenuta una piccola scultura in calcare di Eros all'interno di un uovo, unica rappresentazione figurata della versione del mito tramandata da Aristofane, che testimonia del legame di J. con il Mediterraneo.
Nānāghāṭ. - Località a 30 km a O di J., allo sbocco della ripida via che tagliando i Ghāt sale dalla costa. Il sito conta un piccolo numero di ambienti rupestri, tra cui spicca per importanza il n. 11. Si tratta di un ambiente quadrangolare di c.a 9 m di lato con basso soffitto piatto (m 2,50), interamente aperto su uno dei lati. Lungo le tre pareti corre un banco di 60 cm.
Sulle pareti laterali si trova una lunga iscrizione - un'eulogia o prāsasti - dovuta alla regina Nāyanikā in cui vengono ricordati i meriti della famiglia reale dei Sātavāhana in relazione ai sacrifici richiesti dall'ortodossia brahmanica.
Sulla parete di fondo, in una sorta di incavo poco profondo, si vedono le tracce di tre immagini regali (erano otto in origine), ancora ben riconoscibili alla fine dell'Ottocento. Su ciascuna di esse erano scritti i nomi di tutti i personaggi rappresentati. I sei nomi superstiti sono quelli di Simuka, capostipite della casa dei Sätavähana, della coppia reale Nāyanikā-Śātakarṇi, del principe ereditario Bhāyala (?), dell'alto funzionario Traṇakayira e dei principi Hakusiri e Sātavāhana.
Le intricate questioni dell'identificazione di questi personaggi e della data delle iscrizioni, problemi tutti di estrema importanza per· la storia della dinastia Sätavähana e del Deccan antico, non sono giunte, a tutt'oggi, a scioglimento. Il monumento può comunque essere datato intorno alla metà del I sec. a.C., benché non manchi chi preferisce, assegnando ai Sätavähana la c.d. cronologia lunga, considerarlo della prima metà del II sec. a.C.
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