GOEDENHUYZE (Benincasa, Casabona), Joseph (Giuseppe)
Nato nelle Fiandre, probabilmente verso la metà del Cinquecento si trasferì presto, forse ancora adolescente, a Firenze, dove fu conosciuto con il cognome Casabona (la variante Benincasa, usata dal Del Riccio, ebbe minor fortuna). Nulla si sa dei genitori e della prima educazione che, al di fuori di un sapiente e appassionato apprendistato di erborista, deve essere stata poco curata dal punto di vista letterario.
Probabilmente verso il 1570 il G. entrò al servizio di Niccolò Gaddi, che possedeva a Firenze un museo di antichità e un fornitissimo orto botanico. Attese ad arricchire quest'ultimo con ricerche di piante sul monte Pisano, nel Livornese e a Barga; poi, al più tardi nel 1578, per interessamento del Gaddi il G. passò al servizio del granduca Francesco I de' Medici, venendo impiegato con altri nel giardino del casino di S. Marco e in quello dei semplici, o delle stalle. Per accrescere le collezioni granducali il G., cercatore appassionato e sprezzante dei pericoli, iniziò una lunga serie di viaggi che lo portarono a erborizzare sugli Appennini e le Alpi e, nel 1590, a Creta; documentò sempre queste ricerche con interessantissime lettere dirette ai granduchi e agli amici scienziati. Nell'estate-autunno del 1578 cercava piante sulle Apuane, spingendosi sino ai confini della Liguria e del Piemonte; tra il maggio e il giugno 1579 visitò il territorio grossetano, l'Argentario, Piombino e l'isola d'Elba, tornando poi di nuovo sulle Apuane, vicino a Seravezza. Nella primavera 1581 erborizzò nei territori di Padova, Bassano e Vicenza, e fino al Trentino. All'inizio dell'estate 1583 percorse, giungendovi dalla Garfagnana, le montagne del Parmense; si recò poi sui colli Euganei e sul monte Summano nel Vicentino, e di qui, nell'agosto, a visitare i giardini di Padova e Venezia.
Nell'ottobre 1587 morì il granduca Francesco I, che, come nota Olmi, "negli ultimi anni di vita aveva accentuato la sua scontrosità, la sua propensione alla solitudine", trascurando "il Giardino in favore della nuova Galleria e della Tribuna o delle segrete sperimentazioni nelle fonderie del Casino di S. Marco". Di questo atteggiamento del sovrano aveva risentito anche il G., che più tardi si lamentò del povero stipendio e degli scarsi fondi riservati agli orti botanici. Il nuovo granduca Ferdinando I - fautore di un "progetto scientifico più razionale, concreto e solare […] di quello contorto, esoterico e venato di magia di Francesco I" (Olmi) - lo confermò nel ruolo di semplicista ducale, gli aumentò lo stipendio, gli assegnò un terreno più grande a Firenze e cominciò a costruirgli una "bellissima casa, insieme con una bellissima sala adornata per far il mio studiolo overo museo naturale".
A questi anni risalgono anche i contatti del G. con scienziati e semplicisti italiani e stranieri, quali Ulisse Aldrovandi, Gian Vincenzo Pinelli, Karl Clusius (direttore dell'orto botanico di Leida), Joachim Camerarius jr. Nell'estate 1588, raccomandato dal granduca al vicentino conte Leonardo Valmarana e a Girolamo Cappello, fratello della defunta granduchessa Bianca, tornò a Padova per poi partire per un lungo giro di erborizzazioni sui monti del territorio veneto (monti Lessini, monte Summano, Rosà - dove fu ospite del Cappello - Bassano, Cividale del Friuli, Fiera di Primiero e Agordo), culminato con una ascensione al monte Baldo, nella quale il conte Agostino Giusti - padrone del più bel giardino di Verona - lo fece scortare da uomini armati per proteggerlo dai contadini che lo credevano un negromante. Da Cividale dovette scrivere a Firenze per impedire l'azione di alcuni ufficiali granducali, che volevano cacciarlo dal suo alloggio del casino di S. Marco. Nell'ottobre 1589 - anno nel quale fu eletto camerlingo della Compagnia di S. Barbara dei Fiamminghi a Firenze - si recò a Venezia per tentare di imbarcarsi per Creta, ma il viaggio fu rimandato; il G. ne approfittò per fare ricerche di erbe nel Veronese e nel Mantovano.
Nell'aprile 1590, come si apprende da una lettera al Clusius, era a Pisa intento a lavori nel vecchio orto botanico, diretto allora da Lorenzo Mazzanga da Barga. Finalmente nella tarda estate di quell'anno, dopo aver visitato in luglio e agosto i monti della Liguria, di Monaco e di Nizza, il G. poté realizzare la progettata visita a Creta. Dopo aver inutilmente tentato di farsi accompagnare nel viaggio da Joachim Jungerman, nipote del Camerarius e studente a Padova, salpò da Venezia il 17 sett. 1590 con la galea di Girolamo Cappello, nominato governatore dell'isola. Dopo aver esplorato vari luoghi costieri in Istria, Dalmazia e Albania, approdò il 22 novembre a Candia. Per quasi un anno il G. percorse in lungo e in largo l'isola in una frenetica raccolta di piante, di alcune delle quali fece eseguire disegni da un artista tedesco, Georg Dyckman, semplice soldato al servizio della Serenissima (le 35 tavole del Dyckman sono in Pisa, Biblioteca universitaria, cod. 462; di 17 tavole furono tratte copie per l'Aldrovandi, ora in Bologna, Biblioteca universitaria, Mss. Aldrovandi, Tavole di piante, fiori e frutti, VII). Documenti vividissimi di queste erborizzazioni cretesi, che fruttarono agli orti fiorentini e pisani parecchie essenze e piante esornative mai viste, sono le lettere del G. al Clusius, all'Aldrovandi, al duca di Mantova, al granduca e al suo segretario Belisario Vinta, al quale egli scrisse con commozione che "questo viaggio illuminerà de molti errori della medicina et introdurrà molte piante non più viste in Italia".
Gli scritti noti del G. sono: le lettere al Clusius (quattro nella Biblioteca di Leida); 37 al Camerarius in Erlangen, Universitäts-bibliothek, Briefsammlung Trew; molte a granduchi e funzionari medicei indicate e parzialmente pubblicate nei lavori del Battistini e dell'Olmi; quelle all'Aldrovandi, incluse le odeporiche bellissime del viaggio a Creta (in Bologna, Biblioteca universitaria, Mss. U. Aldrovandi, Observationes variae, XVII, cc. 61v; 68v-69r, e soprattutto XVIII, cc. 38r-60r; ne sono editi estratti in L. Tongiorgi Tomasi, L'isola dei semplici, in Kos, I [1984], 5, pp. 61-84), regestate, con altri documenti riguardanti il G., in Catalogo dei manoscritti di Ulisse Aldrovandi, a cura di L. Frati, Bologna 1907, ad indicem. La lettera da Creta al duca Vincenzo I di Mantova è pubblicata in La scienza a corte. Collezionismo eclettico, natura e immagine a Mantova tra Rinascimento e Manierismo, Roma 1979, p. 125; una missiva del 1590 al langravio Guglielmo IV di Assia è in Marburg, Hessisches Staatsarchiv (P.O. Kristeller, Iter Italicum, III, p. 608). Introvabili tre lettere al Gaddi, che G. Targioni Tozzetti (Prodromo della corografia e della topografia della Toscana, Firenze 1754, p. 105) lesse presso Rosso Martini, riordinatore delle carte gaddiane. Perduti sono due libri manoscritti visti dal Del Riccio, indicati ciascuno come Libro detto il Repertorio che chiama ciascuna pianta per ordine, che nel giardino delle stalle (dei semplici) e nell'orto botanico pisano aiutavano il visitatore a riconoscere le piante. Smarrito è anche l'album di disegni di piante dell'orto pisano che secondo Del Riccio il G., negli ultimi anni della sua vita, aveva fatto eseguire dal miniaturista Daniel Froeschl di Augusta. Il volume è citato come "libro di mano di Daniel di diversi fiori, piante ed uccelli" in un inventario dell'orto botanico pisano del 1626 (Arch. di Stato di Pisa, Università, 531, 5, c. 31). Sopravvive invece nel cod. 464 della Biblioteca universitaria di Pisa un Libro di compartimenti di giardini, probabilmente disegnato o fatto disegnare verso il 1588 dal G., vero e proprio prontuario per il disegno artistico delle aiuole, usato forse per il primo riordino dell'orto pisano. È difficile dire se fosse un trattato o un album figurativo un Libro del semplicista Casabona del 1595 citato nel 1623 da G. Sommaia, provveditore dello Studio di Pisa, nell'inventario dei propri libri (Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., XV, 15), che ricorda anche delle "Lettere del Casaboni in un mazzo". Un ritratto del G., forse di mano del Froeschl, è conservato nel dipartimento di scienze botaniche dell'Università di Pisa.
Ai primi di novembre 1591 il G. era di ritorno a Venezia, da dove subito rientrò a Firenze vivamente preoccupato per la salute dei suoi - da tempo aveva sposato una Marucelli, dalla quale aveva avuto più figli -, ma anche ansioso di riprendere il lavoro nel giardino, curato in sua assenza dalle fidate mani del cognato Giulio Marucelli, pure al servizio del granduca come botanico. Dall'inizio del 1592 il G. fu a Pisa come nuovo prefetto di quell'orto botanico, curando il trasferimento delle piante dal vecchio giardino presso la chiesa di S. Marta all'attuale sede di via S. Maria; i lavori di sistemazione e riordino durarono almeno sino al 1595. Portata a termine questa fatica, il G. morì negli ultimi mesi del 1595, forse anche in seguito alle fatiche sostenute in un viaggio autunnale in Corsica, per il quale l'Aldrovandi, nell'agosto, aveva composto Avvertimenti […] circa certi minerali, piante e animali che si possono ritrovare in Corsica (Bologna, Biblioteca universitaria, Mss. Aldrovandi, 21, IV, cc. 161r-172r). Nel febbraio 1596 la vedova vendette al granduca i pochi oggetti preziosi appartenuti al marito (un piccolo museo mineralogico e zoologico e parecchi disegni di piante e animali); il figlio Francesco continuò a collaborare a Pisa con Francesco Malocchi, nuovo prefetto dell'orto pisano.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Targioni Tozzetti, 56/2, I: A. Del Riccio, Agricoltura sperimentale, cc. 75r-77r; G. Targioni Tozzetti, prefazione a P.A. Micheli, Catalogus plantarum horti Caesarei Florentini, Florentiae 1748, pp. XX-XXX; G. Grazzini, Le condizioni di Pisa alla fine del sec. XVI e sul principio del sec. XVII, Empoli 1898, pp. 13 s., 131 s.; O. Mattirolo, Le lettere di U. Aldrovandi a Francesco I e Ferdinando I granduchi di Toscana e a Francesco Maria II duca d'Urbino tratte dall'Archivio di Stato di Firenze, in Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino, LIV (1904), pp. 354-401; M. Battistini, Un botaniste flamand à la cour de Toscane (J. Goedenhuyse), in Revue de l'Université de Bruxelles, XXXI (1925-26), pp. 427-435; Id., Giuseppe Casabona botanico fiammingo a servizio dei Medici e le sue relazioni con Carlo Clusio, in Arch. botanico per la sistematica fitogeografica e genetica, III (1927), pp. 191-202; Il giardino dei semplici dello Studio pisano. Collezionismo, scienza e immagine tra Cinque e Seicento, a cura di L. Tongiorgi Tomasi, in Livorno e Pisa: due città e un territorio nella politica dei Medici (catal.), Pisa 1980, passim; G. Olmi, "Molti amici in varii luoghi": studio della natura e rapporti epistolari nel secolo XVI, in Nuncius. Annali di storia della scienza, VI (1991), 1, pp. 3-31; L. Tongiorgi Tomasi, Arte e natura nel giardino dei semplici: dalle origini alla fine dell'età medicea, in Giardino dei semplici. L'orto botanico di Pisa dal XVI al XX secolo, Pisa 1991, pp. 121-212 e passim; Biographie nationale… de Belgique, VIII, p. 23.