AVYŽIUS, Jonas
Scrittore lituano, nato a Medginai il 16 maggio 1922. Compiuti gli studi ginnasiali a Joniškis, presta servi zio nell'esercito e, dopo la guerra, lavora nella rivista della gioventù Jaunimo gretos ("Le file della gioventù") e nel quotidiano Tiesa ("Verità").
Fin dai primi racconti e romanzi − Pirmosios vagos (1948, "I primi solchi"), Žmogus lieka žmogum (1960, "L'uomo resta senza uomo"), I̧ stiklo kalna̧ (1961, "Verso il monte di vetro"), Kaimas kryžkelėje (1964, "Il villaggio al bivio") − A. si mantiene fedele a una sua poetica: "La vita e gli uomini della campagna sono il tema principale della mia arte". A quest'assunto s'informa anche la sua opera più conosciuta e apprezzata, Sodybu̧ tuštėjimo metas (1970, "Il tempo delle fattorie abbandonate").
Con una prosa forgiata sul vocabolario d'uso colloquiale, vigoroso e colorito, l'autore rappresenta un tema tra i più delicati e scabrosi della storia recente lituana: le esitazioni della intellighentia rurale durante gli anni dell'occupazione nazista (1941-44). I suoi personaggi sono chiamati a dare risposta a quesiti fondamentali riguardanti la sopravvivenza della piccola nazione lituana e la lotta di classe in un periodo di conflitto globale e di profonde trasformazioni. Più recenti sono i due romanzi Chamaleono spalvos (1978, "I colori del camaleonte") e Degimai (1982, "Incendi"), in cui A. pare staccarsi dai suoi temi consueti per farsi interprete delle conseguenze della perdita dei valori spirituali nel mondo sovietico contemporaneo.