Monteiro, João César
Regista e attore cinematografico portoghese, nato a Figueira da Foz il 2 febbraio 1939 e morto a Lisbona il 3 febbraio 2003. Massimo esponente del cinema portoghese ed europeo, è con Manoel de Oliveira l'autore più conosciuto all'estero e più premiato nei festival internazionali. La sua opera, assolutamente autoriale e personale, è l'espressione di un cinema anarchico, moderno e rigoroso, sovversivo della morale nella sua dimensione politica e sessuale. L'eterogeneità dei materiali estetici utilizzati e l'ispirazione letteraria della sua scrittura si compongono in una forma fluida, lirica e sensuale ‒ costruita sulla durata dei piani fissi e dei piani-sequenza ‒ che mescola alchemicamente cultura alta e cultura popolare, sublime e triviale, sacro e profano. Vinse alla Mostra del cinema di Venezia del 1989 il Leone d'argento per Recordações da casa amarela (Ricordi della casa gialla) e ricevette nel 1995 il Premio speciale della giuria per A comédia de Deus (La commedia di Dio).
Cresciuto in una famiglia della borghesia rurale, repubblicana e anticlericale, si trasferì a quindici anni a Lisbona per continuare gli studi liceali, abbandonati alla morte del padre. Nel 1958 pubblicò un libro di poesie (Corpo submerso). Partecipò alla stagione dei cineclub e della cinefilia leggendo i "Cahiers du cinéma", scoprendo le nouvelles vagues e i classici del muto (Carl Th. Dreyer, Friedrich W. Murnau, Erich von Stroheim). Assistente di Perdigão Queiroga nel film O milionário (1962), l'anno successivo ricevette una borsa di studio della Fondazione Calouste Gulbenkian per la London School of Film Technique. Ritornato a Lisbona, si dedicò alla critica cinematografica, collaborando con quotidiani e riviste; parte di questi scritti, romantici e battaglieri, furono successivamente raccolti nel volume Morituri te salutant (1974). Nel 1965 ricevette dalla Fondazione Calouste Gulbenkian un finanziamento per il suo primo film, Quem espera por sapatos de defunto morre descalço (terminato nel 1970), nel quale esordì il più importante attore portoghese contemporaneo, Luís Miguel Cintra. I comportamenti anticonformisti alimentarono la sua fama di enfant terrible del cinema portoghese, e il regista venne prima allontanato dal "Diário de Lisboa", quotidiano con cui collaborava, e poi espulso dal Centro Português de Cinema.Già le prime sorprendenti opere ‒ Sophia de Mello Breyner Andresen (1968), Quem espera por sapatos de defunto morre descalço, Fragmentos de um filme esmola ‒ A sagrada família (1972) e Que farei eu com esta espada? (1975) ‒ avevano rivelato un "fondamentale lirismo e un piacere impuro dell'estetismo" (J. Bénard da Costa, Histoires du cinèma portugais, 1991, p. 24). Con i film successivi, prodotti grazie all'Instituto do Cinema, reinventò l'immaginario favolistico dei racconti popolari lusitani sovrapponendovi le proprie fantasie e ossessioni. Dalla ricerca della purezza dell'erratico Veredas (1977) ai tre Contos tradicionais portugueses (realizzati per la televisione tra il 1978 e il 1979), ogni suo film è stato al tempo stesso una riflessione sul Portogallo e sul cinema, fino a Silvestre (1981), viaggio iniziatico e rosselliniano, fra teatro e vita, paesaggi naturali e scenari dipinti. Dopo cinque anni di interruzione, riuscì a produrre à flor do mar (1986), opera su un mondo che appare rivelato dalla sua superficie, filtrata dalla luce naturale e dalla suggestione della pittura italiana del Rinascimento, che, pur avendo vinto un premio al Festival di Salsomaggiore nel 1987, non trovò distribuzione se non in televisione.
A partire da Recordações da casa amarela, e poi nei successivi film della trilogia, M. comparve nelle vesti del personaggio principale, mutante e messianico, João de Deus: il corpo magro e sottile, dai movimenti danzati e burleschi, divenne così la nuova misura del suo cinema. Attraverso l'assunzione allegorica della malattia (Recordações da casa amarela), l'elaborazione di una ritualità intima (A comédia de Deus) o il cambiamento dell'identità (As bodas de Deus, 1999), João de Deus compie la sua personale ricerca della bellezza e della grazia, della donna e della natura, in accordo con il mondo ma in opposizione alla norma sociale. Questi ultimi due film costituirono anche i suoi maggiori successi commerciali. Nel mezzo della trilogia realizzò per la televisione portoghese O último mergulho ‒ A aqua (1992), un percorso amoroso tra le luci notturne di Lisbona, e partecipò alla creazione della rivista di Serge Daney, "Trafic". E se con Le bassin de John Wayne (1997) riuscì a realizzare un suo personale adattamento, politico e coreografico, dell'Enfer di I.A. Strindberg, dovette invece rinunciare alla trascrittura di La philosophie dans le boudoir di D.-A.-F. de Sade. Una posizione radicale venne assunta con Branca de neve (2000), dal testo di R. Walser, dove la libertà dell'opera è affidata alla musicalità e alla sensualità della lingua portoghese mentre lo schermo, a parte brevissime inserzioni, rimane nero. Morì in un ospedale di Lisbona il giorno precedente la prima proiezione privata del suo ultimo, struggente capolavoro, Vai e vem (2003). Tra i suoi soggetti e le sue sceneggiature sono stati pubblicati: Que Dieu me vienne en aide (in "Trafic", 1991, 1, pp. 63-71), Le bassin de John Wayne seguido de As bodas de Deus (1997), Uma semana noutra cidade (2000), La philosophie dans le boudoir (in "Trafic", 2002, 44, pp. 42-54).
Cinema nôvo portoghese e oltre, Quaderno informativo della XXIV Mostra internazionale del nuovo cinema, Pesaro 1988, pp. 45-55.
E. Ghezzi, Cose (mai) dette, Milano 1996, pp. 147-48.
"Cahiers du cinéma", 1996, 499, pp. 23-35.
"Positif", 1996, 421, pp. 31-43.
Amori di perdizione. Storie di cinema portoghese 1970-1999, a cura di R. Turigliatto, S. Fina, Torino 1999, passim.
F. Revault d'Allonnes, Revanches du faible. Le corps dans le cinéma de Monteiro, in "Trafic", 2002, 44, pp. 55-63.
Powe João César Monteiro, éd. F. Revault d'Allones, Crisnée 2004.