LECLAIR, Jean-Marie
Musicista, nato a Lione il 10 maggio 1697, morto a Parigi il 23 ottobre 1764. Il L. studiò assai per tempo il violino e la danza (era tradizione in Francia che i violinisti dovessero anche essere maestri di danza). Nel 1722 egli è a Torino come maestro di ballo e primo ballerino al Teatro dell'opera. L'anno dopo egli pubblica a Parigi il suo primo libro di Sonate. Dal '26 al '28 lavora a Torino a intermezzi per la Semiramide di Orlandini e studia il canto con il violinista G. B. Somis. Di ritorno a Parigi nel 1728 esordisce ai Concerti spirituali ottenendo grande plauso e nello stesso anno pubblica il suo secondo libro di Sonate, molto superiore al primo. Nel '30 seguono sonate a due violini (senza basso) e alcuni trii. Sposava in quell'anno Louise Roussel, buona musicista, che ebbe cura da allora in poi di incidere ella stessa su rame tutte le opere di lui. La grande reputazione di virtuoso che i suoi successi ai Concerti spirituali gli avevano procacciato, determinò la sua ammissione (1733) nell'orchestra reale, nella quale egli non restò che due anni, scontento dell'opposizione fattagli dal suo rivale G. P. Ghignone. Dopo alcuni viaggi lo troviamo alla corte della principessa D'Orange a Leuwarden (1738), poi violino solista ai concerti privati del Du Liz a L'Aia dov'egli incontra P. Locatelli (1740) e finalmente a Chambéry (1743) alla corte di D. Filippo infante di Spagna: A Parigi ritorna nel gennaio 1745, e vi fa rappresentare, l'anno dopo, Scilla e Glauco, cui tennero dietro diversi libri di Sonate. Morì assassinato, in circostanze assai misteriose.
Il L. può essere considerato come il capo della scuola violinistica francese: seppe giovarsi delle notevoli innovazioni tecniche della scuola italiana senza per questo ledere il carattere proprio dell'arte francese. La sua produzione, assai copiosa, comprende due raccolte di concerti, quattro libri di sonate per violino e basso, due libri di sonate per due violini, cinque libri di trii. Al teatro non diede che l'opera, già citata, Scilla e Glauco.
In queste musiche si notano caratteri di nobiltà e di grazia, ricchezza e vigoria d'invenzione melodica, spesso spinta al patetico; la scrittura armonistica, meno ricercata di quella di un Duval, è però elegante e sempre espressiva.
Bibl.: L. de La Laurencie, L'École franç. de Violon, Parigi 1922.