ISTIGAZIONE A DELINQUERE
. L'espressione comprende, in senso generico, ogni attività diretta alla formazione della volontà criminosa altrui, e si riferisce a una forma del concorso di più persone nell'esecuzione del reato: la cosiddetta partecipazione morale, diversamente disciplinata a seconda della qualità, grado e tempo della partecipazione. Essa comprende l'ipotesi della correità, e cioè di determinazione in altri a commettere un reato (mandato, comando, coazione morale), la quale deve esplicarsi in guisa da risultare causa morale, primaria ed efficace della consumazione del reato. Comprende inoltre le ipotesi di complicità morale e cioè d'incitamento, esortazione, rafforzamento in genere della volontà criminosa già in altri esistente. Condizione della punibilità di ciascuna forma di partecipazione morale si è che essa deve essere seguita dalla esecuzione (anche incompleta) del reato istigato.
Ma l'espressione ha anche assunto una significazione speciale e determinata, riferentesi a taluni particolari delitti, con cui si reprime l'istigazione generica alla delinquenza, che determina un pericolo per la tranquillità del consorzio civile o per la sicurezza dello stato e diffonde allarme e inquietudine nei cittadini. Si tratta di ipotesi delittuose autonome, con obiettività giuridica propria, disciplinate in modo indipendente dalle norme sulla partecipazione criminosa, e per la sussistenza delle quali sono indifferenti la concreta efficacia causale dell'istigazione e il comportamento delle persone istigate.
Nel diritto romano non è cenno di un delitto di pubblica istigazione e anche nel diritto intermedio non è traccia di un delitto autonomo d'istigazione a delinquere. Solo in alcuni statuti e nel diritto canonico sorgono, quali eccezioni, casi di punibilità della nuda istigazione non seguita da atti di esecuzione materiale, ma la nozione di questi fatti è ancora assai diversa dal moderno delitto d'istigazione pubblica a delinquere.
Nei codici moderni, anche per effetto di una più esatta determinazione scientifica del tentativo, viene precisandosi la distinzione tra istigazione accolta e seguita da atti di esecuzione, e istigazione rimasta senza alcun effetto. La prima costituisce una forma di concorso nel reato effettivamente commesso ed è regolata dalle norme generali sulla partecipazione criminosa. La seconda si distingue in istigazione pubblica e privata. In questo secondo caso era rimasta prevalentemente impunita, salvo eccezioni (p. es., codice toscano, codice germanico).
Nel caso d'istigazione pubblica, atteso il turbamento della pubblica tranquillità che ne deriva, si ha un delitto sui generis, diversamente punito alla stregua della gravità dei reati istigati, o della natura di essi (delitti comuni distinti da alcune determinate figure di delitti politici o sociali).
L'istigazione a delinquere come delitto autonomo è stata più gravemente punita se commessa con la stampa. Infine, in epoca recente, sono state considerate quali forme particolari d'istigazione delittuosa l'incitazione presso i militari alla disobbedienza e all'indisciplina.
Il codice penale italiano del 1889 contemplava varie ipotesi d'istigazione a delinquere, punibili indipendentemente dall'efficacia causale di essa, con disposizioni che avevano carattere di eccezione rispetto alla disciplina generale del concorso di persone e ai principî sul tentativo. Disposizioni particolari erano contenute nell'editto sulla stampa 26 marzo 1848, n. 695, nella legge 20 giugno 1858, n. 2876, nella legge 19 luglio 1894, n. 315, nella legge 19 luglio 1894, n. 314, e infine nella legge sulla difesa dello stato 25 novembre 1926, n. 2008 erano contenute nuove norme che derogavano a tutte le precedenti.
Il nuovo codice penale del 1930 fissa (art. 115) il principio della non punibilità dell'istigazione a commettere reato non accolta, e dell'istigazione accolta ma non seguita da atti di esecuzione del reato istigato. In tali casi, ove l'istigazione o l'accordo riflettano un delitto, può essere applicata una misura di sicurezza. A tale principio il codice porta tuttavia varie deroghe, prevedendo come delitti ipotesi particolari d' istigazione, analoghe alcune a quelle del codice abrogato, e altre nuove ispirate al fine di un'intensa repressione delle forme più pericolose di eccitamento alla delinquenza. L'art. 414 prevede la pubblica istigazione a delinquere generica, diretta e indiretta, consistente rispettivamente nel fatto d'istigare a commettere reati (delitti o contravvenzioni), ovvero di fare l'apologia di delitti. L'art. 415 contempla invece l'istigazione pubblica alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico ovvero all'odio fra le classi sociali. L'istigazione pubblica, diretta o indiretta, a commettere delitti contro la personalità internazionale o interna dello stato è punita dall'art. 303. Carattere comune di tutti questi delitti è la pubblicità costituita (art. 266) dal fatto che l'istigazione sia commessa: col mezzo della stampa o con altro mezzo di propaganda; in luogo pubblico, o aperto al pubblico e in presenza di più persone; in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degl'intervenuti, o per lo scopo e oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata. Deve quindi trattarsi d'istigazione al pubblico.
Vi sono invece altre ipotesi d'istigazione, la punibilità delle quali non è subordinata alla condizione della pubblicità. Nell'art. 266 è prevista l'istigazione di militari a disobbedire alle leggi, o a violare il giuramento dato o i doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al proprio stato; nell'art. 302 l'istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dai capi 1° e 2° del titolo I (contro la personalità internazionale o interna dello stato). Entrambi questi delitti sono puniti anche se commessi in privato e nei confronti di una o più persone determinate. Sono anche punibili indipendentemente dall'estremo della pubblicità: l'istigazione alla corruzione (art. 322); l'eccitamento al dispregio e al vilipendio delle istituzioni, delle leggi o degli atti dell'autorità commesso da pubblico ufficiale, o da impiegato incaricato di pubblico servizio o da un ministro del culto (art. 327); e la subornazione di periti, testimoni o interpreti (art. 377).
Una differenza notevole nel trattamento delle varie ipotesi di istigazione si ha nel caso in cui sia stato effettivamente commesso il reato ovvero uno dei reati istigati. Nel caso di pubblica istigazione, che costituisce un reato autonomo, l'istigatore dovrà rispondere anche di concorso nel delitto eventualmente commesso dall'istigato. Nell'ipotesi di istigazione privata a singole persone è invece a ritenere che l'istigatore sia punibile per il solo fatto della partecipazione alla consumazione del reato istigato. A ciò tuttavia sembra che il codice abbia inteso porre un' eccezione nell'art. 266 circa l'istigazione a militari: l'istigatore in questi casi dovrebbe rispondere così dell'istigazione, come di concorso nel reato consumato.
Bibl.: F. Carrara, Programma del corso di dir. crim. Parte speciale, Firenze 1911-12; V. Manzini, Trattato di diritto penale, IV, Torino 1911; C. Saltelli e E. Romano-Di Falco, Commento teorico-pratico del nuovo codice penale, Roma 1930; V. Vescovi, in Digesto italiano, s. v.