Invalidità del testamento olografo e rilevabilità d'ufficio
Con riferimento alla rilevabilità d’ufficio della nullità, la Corte di cassazione estende al testamento l’orientamento inaugurato dalle Sezioni Unite con le sentenze nn. 26242 e 26243 del 2014 in materia di nullità del contratto. In assenza di una norma che preveda l’intervento officioso al ricorre di nullità testamentarie, i giudici di legittimità motivano la decisione alla luce della natura negoziale del testamento. L’orientamento è in linea con l’opinione della dottrina maggioritaria, mentre una tesi minoritaria, sulla base di alcune differenze tra la disciplina del contratto e quella del testamento, afferma la non rilevabilità d’ufficio della nullità del testamento. Alcuni problemi interpretativi si pongono in relazione all’art. 590 c.c., secondo cui la nullità non può essere fatta valere da chi ha confermato o dato esecuzione alla disposizione testamentaria, pur essendo a conoscenza della nullità.
Con la innovativa ordinanza n. 8841/2017 la Corte di cassazione estende l’orientamento delle Sezioni Unite in tema di rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto al caso della nullità del testamento olografo1. Nella specie, con un testamento olografo la defunta aveva disposto «lascio i soldi in banca ai miei nipoti
S. C. ed a mia sorella L.». Sulla base di tale testamento, un legatario agiva nei confronti degli eredi al fine di conseguire il legato. I convenuti contestavano la domanda chiedendo in via riconvenzionale di accertare la non veridicità della data apposta alla scheda testamentaria e la conseguente nullità. Il tribunale rigettava le domande riconvenzionali e condannava gli attori al pagamento delle somme richieste a titolo di legato. La corte d’appello rigettava l’impugnazione promossa dagli eredi, rilevando che le due consulenze tecniche d’ufficio disposte nel giudizio di secondo grado, finalizzate a verificare la capacità naturale della testatrice e l’eventuale falsità della data, avevano permesso di negare che la de cuius, alla data riportata nel testamento, fosse affetta da patologie tali da escluderne la capacità naturale. Le risultanze di una consulenza tecnica indicavano altresì come «altamente probabile» che la mano della de cuius fosse stata a tratti aiutata o guidata da una mano altrui. Tuttavia, ad avviso della Corte d’appello non si potevano valutare altri profili di invalidità, ad esempio la nullità per apocrifia ex art. 606, co. 1, c.c., senza incorrere nel vizio di ultrapetizione, posto che le conclusioni della parte appellante erano state sia in primo grado che in appello nel senso della proposizione della sola domanda di accertamento della invalidità per la non veridicità della data. Su quest’ultimo profilo, si concentra il ricorso per cassazione degli eredi, i quali deducevano che la previsione di cui all’art. 1421 c.c., come interpretata dalle Sezioni Unite, deve condurre alla rilevabilità d’ufficio della nullità, a prescindere dalla specifica impugnativa negoziale proposta. La Suprema Corte accoglie il ricorso, affermando che la decisione impugnata si è discostata dalle «autorevoli indicazioni» offerte dalla Suprema Corte nelle decisioni nn. 26242 e 26243 del 20142, con le quali si è chiarita l’esatta portata del potere di rilevazione d’ufficio della nullità ex art. 1421 c.c.
Giova brevemente dare conto dei contenuti della motivazione dell’ordinanza in esame e dei precedenti giurisprudenziali in tema di rilievo officioso delle invalidità testamentarie.
La ipotesi di nullità che viene in considerazione nel caso deciso dalla Suprema Corte è prevista dall’art. 606, co. 1, c.c., secondo cui il testamento olografo è nullo quando manca l’autografia o la sottoscrizione. La disciplina del codice civile concernente l’invalidità del testamento, ritenuta di recente «lacunosa e spesso deviante da quella contrattuale»3, non contiene una norma dedicata alla rilevabilità d’ufficio della nullità. Diversamente, nel libro IV del codice civile il menzionato art. 1421 c.c. stabilisce che la nullità contrattuale può essere rilevata d’ufficio dal giudice. L’assenza di una norma che consenta al giudice di rilevare ex officio la nullità del testamento non appare ai giudici di legittimità un ostacolo all’estensione delle argomentazioni sviluppate dalle Sezioni Unite. Pur non approfondendo la questione, la Suprema Corte sembra attribuire rilievo decisivo alla natura negoziale del testamento4, dimostrando di ritenere esistente, nel libro IV del codice civile, uno statuto generale del negozio giuridico che comprenderebbe la disciplina della nullità. Peraltro, i giudici di legittimità, rifacendosi alla sentenza delle Sezioni Unite, sottolineano che, a fronte di una richiesta di adempimento del legato, ancorché contrastata da una riconvenzionale di annullamento del testamento, deve ritenersi consentito al giudice, anche laddove la diversa impugnativa negoziale si riveli infondata, di poter verificare d’ufficio l’eventuale esistenza di una causa di nullità, sebbene al solo fine di pervenire al rigetto di una domanda fondata su di un titolo negoziale affetto da nullità. Nonostante la presenza dell’art. 345 c.p.c., che non permette la proposizione di domande nuove in grado di appello, alla parte convenuta è quindi consentito di giovarsi del rilievo officioso per chiedere l’accertamento della nullità. Le argomentazioni della sentenza in esame si presentano pertanto in linea con quelle delle Sezioni Unite del 2014. Le due sentenze delle Sezioni Unite, pur avendo offerto una ricostruzione esaustiva della fattispecie della rilevabilità d’ufficio, non contengono alcun riferimento alla disciplina del testamento. In molti punti la corposa motivazione si riferisce al negozio, ma il dato non sembra deporre necessariamente in favore dell’idea che i giudici di legittimità nel 2014 avevano voluto estendere il dictum oltre al regime del rilievo d’ufficio della nullità del contratto.
Negli ultimi anni non si rinvengono precedenti specifici in merito alla possibilità di rilevare d’ufficio la nullità del testamento5. Tuttavia, in relazione al problema dei poteri officiosi del giudice in caso di invalidità, è necessario segnalare che prima del suddetto intervento delle Sezioni Unite, la Suprema Corte ha “riqualificato” una domanda di accertamento della nullità di un testamento pubblico in domanda di annullamento in base agli artt. 603, co. 3, e 606, co. 2, c.c.6 Nella motivazione i giudici di legittimità adducevano che la domanda giudiziale tendente ad ottenere una pronuncia dichiarativa di nullità di un testamento, al fine di poterne disconoscere gli effetti, comprende anche una ipotetica domanda di annullamento, ponendosi la prima, rispetto alla seconda, in termini di maggiore a minore, con la conseguenza che il giudice, in presenza di una domanda di nullità, può pronunciarne l’annullamento, ove fondato sui medesimi fatti, senza incorrere nel vizio di ultrapetizione. L’argomentazione era parsa criticabile in virtù della circostanza che l’annullamento non è rilevabile d’ufficio e al fine di pervenire al medesimo risultato la Suprema Corte avrebbe potuto interpretare e riqualificare il petitum7. Una certa assonanza, con riferimento ai poteri attribuiti al giudice, si rinviene anche in una sentenza delle Sezioni Unite di poco successiva, con la quale è stata ritenuta rilevabile d’ufficio la circostanza che l’erede avesse accettato l’eredità con beneficio d’inventario8. La qualificazione del fatto non specificamente allegato come eccezione in senso lato ha un notevole impatto sull’estensione della responsabilità patrimoniale dell’erede. Si è sostenuto che il filo conduttore che lega tale sentenza a quella relativa al rilievo incidentale di una nullità è dato dall’esigenza di assicurare un risultato conforme a giustizia9. L’incertezza in merito alla possibilità di estendere tout court al testamento le soluzioni accolte dalle Sezioni Unite nel 2014 in materia contrattuale e l’esiguo numero di precedenti non consentono di considerare consolidato l’orientamento inaugurato dalla sentenza in esame. Da un punto di vista metodologico si pone la questione se le lacune presenti nella disciplina dell’invalidità del testamento possano essere colmate mediante norme che il codice civile prevede per il contratto.
L’estensione della regola della rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto al testamento potrebbe altresì fondarsi sull’aspirazione della giurisprudenza ad elaborare un regime unitario della nullità. Avverso questa ricostruzione si pone l’orientamento dottrinale secondo cui la disciplina del testamento è caratterizzata da peculiarità che non consentono l’applicazione di norme previste per il contratto.
Nell’affermare che la nullità del testamento è rilevabile d’ufficio la sentenza in esame non affronta alcuni problemi di carattere sistematico messi in luce dalla dottrina e si limita a specificare che, in quanto negozio, anche il testamento deve essere sottoposto al regime delineato dalle Sezioni Unite del 2014, in tema di rilevabilità d’ufficio della nullità. Il descritto risultato, oltre che sul riferimento al negozio giuridico, potrebbe essere fondato su alcuni passaggi significativi delle sentenze delle Sezioni Unite. In particolare, sulla parte della motivazione in cui i giudici di legittimità sostengono che la nullità è comminata per l’utilità generale nel tentativo di sviluppare una concezione unitaria che (oltre a inglobare le cd. nullità speciali) si ripercuote sulla disciplina della rilevabilità d’ufficio10. Il ragionamento delle Sezioni Unite può riassumersi nel modo seguente: se a protezione di interessi generali “sovraindividuali” è necessario che un contratto nullo non produca alcun effetto, la nullità deve essere rilevata dal giudice anche nei casi in cui la parte abbia chiesto l’annullamento, la rescissione del contratto, o l’accertamento di una diversa ipotesi di nullità11. Movendo dalla descritta impostazione, appare plausibile sostenere che anche i casi di nullità del testamento sono rilevabili d’ufficio e la soluzione potrebbe essere corroborata dall’ampia legittimazione ad agire che la disciplina dell’invalidità del testamento prevede non solo per le ipotesi di nullità, ma anche per quelle di annullamento (art. 606, co. 2, c.c.)12. A ben vedere, alcuni autori non mettono neppure in dubbio che le ipotesi di nullità previste dall’art. 606 c.c. sono rilevabili d’ufficio13. Da una prospettiva più ampia, la rilevabilità d’ufficio è financo considerata uno dei caratteri generali della nullità14.
In tempi recenti la questione ha nuovamente suscitato interesse e, movendo dalla norma dell’art. 590 c.c. – secondo cui la nullità testamentaria non può essere fatta valere da chi, conoscendo la causa della nullità, ha, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione o dato ad essa volontaria esecuzione – è stata sostenuta la tesi della non rilevabilità d’ufficio della nullità testamentaria15. Il meccanismo di conservazione del testamento invalido costituisce certamente una peculiarità della disciplina testamentaria rispetto a quella contrattuale, poiché al ricorrere delle condizioni indicate dall’art. 590 c.c. l’atto nullo è idoneo a produrre effetti nei confronti di determinati soggetti16. Nel risultato la tesi si adegua a un precedente orientamento dottrinale, espresso nel contesto di una ricerca più ampia che riteneva tendenzialmente inapplicabile la disciplina delle invalidità contrattuali al testamento17. Avverso il descritto indirizzo si è obiettato che l’art. 590 c.c. non ha l’effetto di sanare la nullità, bensì di impedire alla parte che ha confermato la disposizione di farla valere18. Ne deriva che il giudice e altre parti potrebbero rilevare la nullità. Dall’art. 590 c.c. consegue soltanto che la rilevabilità d’ufficio non può operare rispetto al confermante19. Pertanto, in presenza di conferma del testamento nullo ricorrerebbe un caso di nullità relativa20. Inoltre, occorre tenere conto della circostanza che la conferma non è possibile in relazione ad alcune ipotesi di nullità, ad esempio in caso di apocrifia. Da un punto di vista sistematico, l’art. 590 c.c. non sembra dunque precludere il rilievo officioso della nullità del testamento.
Come è stato già ricordato, un’ulteriore differenza tra la disciplina del contratto e quella del testamento attiene alla legittimazione ad agire in caso di annullamento. In ambito testamentario, diversamente rispetto a quanto statuito in materia contrattuale dall’art. 1441 c.c., alcune ipotesi di annullamento possono essere fatte valere da chiunque ne abbia interesse. In proposito, occorre comprendere se l’esistenza di ipotesi di annullamento della disposizione testamentaria (a legittimazione estesa) siano rilevabili d’ufficio dal giudice, in virtù della pronuncia delle Sezioni Unite del 2014. In assenza di riferimenti normativi precisi nel codice civile tale soluzione potrebbe fondarsi sulla diversa regola della legittimazione ad agire, che potrebbe testimoniare un intenso interesse dell’ordinamento alla rilevazione dell’invalidità della disposizione testamentaria. Tuttavia, come di recente messo in luce dalla Suprema Corte, il rilievo d’ufficio non è «una conseguenza necessitata dalla regola della legittimazione assoluta alla proposizione della domanda di nullità»21. Pertanto, sembrano decisive le differenze tra nullità e annullamento relative alla disciplina della prescrizione per sostenere che, nonostante l’estesa legittimazione ad agire, l’invalidità della disposizione testamentaria derivante da annullamento non è rilevabile d’ufficio, salvo il caso in cui l’interessato abbia chiesto di accertare la nullità del testamento22.
1 Cass., ord. 5.4.2017, n. 8841, reperibile in www.rivistafamilia.it, con osservazioni di F. Mezzanotte. In dottrina, nello stesso senso, già Pagliantini, S., La c.d. forza di legge del testamento. Itinerari odierni della libertà testamentaria tra regole e principi, Napoli, 2017, 27.
2 Cass., S.U., 12.12.2014, nn. 26242 e 26243, in Nuova giur. civ. comm., 2015, I, 299 ss. con nota di Rizzo, N., Il rilievo d’ufficio della nullità preso sul serio.
3 Così Benedetti, A.M.Pagliantini, S., Le stagioni dell’invalidità testamentaria, in Profili sull’invalidità e la caducità delle disposizioni testamentarie. Saggi, a cura di A.M. Benedetti e S. Pagliantini, Napoli, 2013, IX.
4 In Cass. n. 8841/2017 cit. si legge: «apparendo al Collegio che le affermazioni contenute nelle menzionate sentenze debbano estendersi, attesa la natura negoziale, anche al testamento». Sulla problematica della disciplina applicabile al testamento, in quanto negozio giuridico, cfr. Lipari, N., Autonomia privata e testamento, Milano, 1970, spec., in tema di invalidità, 357 ss.
5 Si era pronunciata a favore della rilevabilità d’ufficio della nullità testamentaria Cass., 18.9.1956, n. 3232, in Giust. civ., 1957, I, 1110. Secondo Cass., 4.12.2015, n. 24755, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 594, con nota di Ballerini, L., Effetti e pubblicità della sentenza di riduzione, la divisione testamentaria che escluda un legittimario dal riparto è affetta da nullità, la quale può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse ed è rilevabile d’ufficio dal giudice.
6 Cass., 25.5.2012, n. 8366, in Giur. it., 2013, 829 ss., con nota di Caradonna, G., Testamento pubblico privo dell’indicazione dell’ora: è annullabile anche a fronte di domanda di nullità senza che ricorra vizio di extrapetizione. Nella specie, nel testamento pubblico mancava l’indicazione dell’ora della sottoscrizione.
7 Così Caradonna, G., op. loc. cit. V. anche infra, § 3.3.
8 Cfr. Cass., S.U., 7.5.2013, n. 10531, in Fam. dir., 2013, 853 ss., con nota di Arceri, A., La limitazione di responsabilità dell’erede accettante con beneficio di inventario tra eccezione in senso lato ed eccezione in senso stretto.
9 Così Benedetti, A.M.Pagliantini, S., op. cit., XVIII, i quali si riferivano alla decisione Cass., S.U., 4.9.2012, n. 14828.
10 V. spec. Scognamiglio, C., Il pragmatismo dei principi: le sezioni unite ed il rilievo officioso delle nullità, in Nuova giur. civ. comm., 2015, I, 201 ss.; Pagliantini, S., Spigolando a margine di Cass. 26242 e 26243/2014: le nullità tra sanzione e protezione nel prisma delle prime precomprensioni interpretative, in Pers. merc., 2014, 213 ss.
11 Il contratto annullabile o rescindibile può infatti produrre degli effetti, in primo luogo, nei confronti dei terzi ma anche tra le stesse parti.
12 Per una simile prospettiva, v. Perlingieri, G., Invalidità delle disposizioni mortis causa e unitarietà della disciplina degli atti di autonomia, in Dir. succ. fam., 2016, 119 ss.
13 V. ad esempio Branca, G., Dei testamenti ordinari, in Comm. c.c. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1986, 127, il quale con riferimento all’annullabilità ex art. 606 c.c., afferma: «Questa, e non vi sarebbe bisogno di ricordarlo, non può essere fatta valere d’ufficio (a differenza della nullità)»; Tamburrino, G., Testamento (dir. priv.), in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, 496; più di recente, Di Fabio, M., Nullità del testamento per difetto di forma, in Delle successioni, II, a cura di V. Cuffaro e F. Delfini, in Comm. c.c. Gabrielli, Torino, 2010, 392.
14 Così, nell’ambito delle trattazioni non limitate alla materia del contratto, Tommasini R., Nullità (dir. priv.), in Enc. dir., XXVIII, Milano, 1978, 889.
15 In questo senso, Landini, S., Le invalidità del negozio testamentario, Napoli, 2012, 126: «In ambito testamentario il silenzio del legislatore, sul punto, ci pare debba essere letto in combinato con quanto previsto in termini di conservabilità del testamento invalido. Sembrerebbe invero difficile ammettere la rilevabilità di ufficio della invalidità, laddove si riconosca in capo agli interessati e legittimati ad agire la possibilità di rendere definitivamente efficace il testamento». In argomento, v. anche Toti, B., La rilevanza delle cause di invalidità nell’applicazione dell’art. 590 c.c., in Riv. dir. civ., 1995, I, 215 ss., 435 ss.
16 Secondo la tesi dottrinale più accreditata, l’art. 590 c.c. prevede un impedimento soggettivo, che preclude a determinati soggetti di far valere la nullità del testamento: v. per tutti Auricchio, A., La conferma del testamento nullo e la sua forma, in Foro it., 1956, I, 122.
17 Lipari, N., op. cit., 390: «L’ambito del riferimento alla disciplina del contrattuale si riduce perciò alla norma sull’imprescrittibilità dell’azione».
18 Pagliantini, S., Gli statuti normativi del testamento annullabile e la pratica delle Corti, in Profili sull’invalidità e la caducità delle disposizioni testamentarie. Saggi, cit., 120 ss. (le argomentazioni sono svolte anche in Pagliantini, S., La c.d. forza di legge, cit., 27 ss., ma questa volta con riferimento alle decisioni delle Sezioni Unite del 2014).
19 Pagliantini, S., op. ult. cit., 123.
20 Cfr. ancora Pagliantini, S., op. loc. ult. cit., il quale precisa che la riserva di legge prevista per i casi di nullità a legittimazione ristretta stabilita dall’art. 1421 c.c. sarebbe soddisfatta in via interpretativa.
21 Così Cass., 18.1.2016, n. 698, in Rep. Foro it., 2016, voce Procedimento civile, n. 18 (segnalata da Pagliantini, S., La c.d. forza di legge, cit., 32 s.).
22 Come è stato di recente affermato da Cass. n. 8366/2012 cit.