BAUDISSON, Innocenzo Maurizio
Nacque in Torino il 19 nov. 1737 dall'avvocato Bernardino e da Maria Bogino, sorella del ministro. Avviatosi al sacerdozio, conseguì il 14 ag. 1761 la laurea in teologia e il 25 apr. 1764 la laurea in leggi. Il 10 sett. 1768 fu nominato professore di istituzioni canoniche nell'università di Torino e mantenne la cattedra fino al 1793 quando venne sospeso l'insegnamento all'università. Il B. continuò allora le sue lezioni nella casa delle Missioni dei Santi Martiri dove si era data una sistemazione provvisoria alle cattedre di "legale".
Nel suo insegnamento si ispirò a quel giurisdizionalismo regalista che si era andato affermando nell'università di Torino nella seconda metà del sec. XVIII, e che si distingueva dalle correnti più tipicamente filogianseniste. Nonostante qualche accenno di giansenisti piemontesi ad amicizia col B. e l'uso del suo nome storpiato "Baudissona" per indicare una giansenista in una commedia tradotta dal francese (I Giansenisti. Commedia di cinque atti in versi sctolti, traduz. dal francese di Basilio Grazioso, Torino 1794), egli pare piuttosto legato alla corrente regalista. Delle sue lezioni canoniche resta un'esposizione latina inedita di Institutiones (conservata a Torino, Bibl. Naz., e studiata da P. Stella). In essa, in un contesto tradizionale si colgono accenti regalistici. Il B. sostiene fra l'altro che il potere dei sovrani, di origine divina, è inalienabile e imprescrittibile e che ad essi spetta sulle chiese uno ius protectionis.Circa il problema dell'autorità e dell'infallibilità pontificia il B., seguendo le opinioni prevalenti nella facoltà teologica torinese, si mantiene in una posizione equidistante fra le tendenze gallicane e la tradizione ortodossa (un timido semi-conciliarismo e semi-antinfallibilismo, secondo P. Stella). L'autorità del papa è un'autorità di giurisdizione che deve però rispettare i diritti delle singole chiese particolari; circa l'assenso da darsi all'insegnamento pontificio in materia di fede, il B. fa esplicito riferimento a Gerson e, pur adducendo argomenti a favore dell'obsequium mentis intale materia, non sembra adottare quelli più intrinsecamente decisivi.
A causa delle sue dottrine, vicine alle idee del collega Agostino Bono, fu insieme con questo rimosso dall'insegnamento il 20 ott. 1797 da Carlo Emanuele IV (nella cui politica ecclesiastica si era andato accentuando il curialismo): questa "persecuzione" costituì per lui, come per il Bono, uno dei maggiori titoli per la sua nomina, da parte del generale Joubert, a membro del governo provvisorio istituito in Piemonte il 9 dic. 1798, dopo la partenza della corte.
Nella decade 19-20 gennaio 1799 cadde il suo turno di presidente del governo provvisorio. In questa veste, il 21 genn. 1799, "primo anniversario della libertà in Piemonte" e sesto anniversario della decapitazione di Luigi XVI, esaltò, in un discorso pronunciato ai piedi dell'albero della libertà eretto in piazza Castello, divenuta piazza Nazionale, la "nuova giocondissima luce" che il "rovesciamento dei troni fece balenare sulla faccia di tutti i popoli". In vista della votazione per l'unione del Piemonte alla Francia, si adoperò con il Bono a guadagnare i consensi dei collegi universitari e della guardia nazionale, sulla quale si sospettava facesse affidamento il partito propugnatore dell'unione del Piemonte con la Repubblica cisalpina. Il 3 apr. 1799, in conseguenza del plebiscito, il commissario Musset sciolse il governo provvisorio. Occupato il Piemonte dagli Austro-Russi, il B. patì il carcere. Arrestato il 15 giugno, fu rinchiuso nel Collegio dei nobili e più tardi nel castello di Vigevano. Ma al ritorno dei Francesi fu nominato dal Berthier (23 giugno 1800) membro della commissione incaricata, con una consulta di 30 membri, di "provvedere all'amministrazione del Piemonte finché fosse organizzato il suo governo". Quando il 4 ott. 1800 il Jourdan riformò la commissione di governo, il B. ne fu estromesso, ma fu chiamato a far parte della consulta. Il 24 dicembre fu compreso tra 17 membri del consiglio di governo stabilito presso la commissione esecutiva al posto della disciolta consulta. Nell'aprile 1801, soppressi questi organi in vista dell'annessione del Piemonte alla Francia, fu uno dei sei notabili piemontesi invitati dal Jourdan a recarsi a Parigi per ringraziare Napoleone della decisione di riunire il loro paese alla Francia e per esporgli le condizioni dell'amministrazione in Piemonte. Divenuto quest'ultimo la 27ª divisione militare della Francia, il B. fu eletto membro del Consiglio generale del compartimento del Po. Il 12 genn. 1803 fu poi chiamato a far parte di una commissione straordinaria istituita dallo Charbonnière con lo scopo di indagare sull'amministrazione dell'ateneo. Prima che la commissione portasse a termine il suo compito (4 marzo) il B. fu, con O. Falletti di Barolo e C. Saluzzo, nominato membro del giurì della Pubblica Istruzione in sostituzione di Giraud, Braida e Botta. Per le presunte sue responsabilità nella costituzione e nell'operato della Cominissione e nel rinnovamento del consiglio della Pubblica Istruzione, il B. fu fatto oggetto, da parte di Gaspare Morardo, di critiche feroci estese alla famiglia, al carattere e alle capacità professionali.
Il B. morì il 12 sett. 1805.
Sono rimaste di lui, oltre alle Institutiones,alcune Orationes pronunciate nell'università di Torino (Pro Comite Prospero Balbo Cheriensi, Pro nobilissimo comite Carolo Victorio Ferrerio a Marmora Tauriniensi, In solemni inauguratione clarissimi prolytae Danielis Platzaert Taurinensis Comitis a Saxiis, In solemni inauguratione spectantissimi prolytae Iosephi Francisci Scarron)e la prefazione alle Institutiones iuris ecclesiastici del suo maestro Carlo Sebastiano Berardi, mentre alcune proposizioni di storia ecclesiastica contenute in un manoscritto della Biblioteca Reale di Torino (Proposizioni sulla povertà iniziale della Chiesa, ms., in Varie 247. 1), a lui attribuite da qualche studioso, possono sì appartenergli per il contenuto, ma recano in margine il nome di Ottavio Felice Baudisson.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Carte Epoca Francese, serie I, Commissione di Governo del Piemonte, Messaggi alla Consulta, m. 12; Ibid., serie 1ª, Consiglio Supremo, mazzi 3 e 9; Ibid., serie 2ª, Governativa, Governo Provvis., mazzi 1 e 2; Ibid., serie 2ª, Amministrativa, Istruzione Pubblica, m. 10; Ibid., Carte Ranza; Ibid., Carte Alfieri, m. 98; G. Morardo, Memoria ragionata di fatti memorandi relativi all'Ateneo di Torino, Torino 1804, passim; C. Dionisotti, C. Botta a Corfù, Torino 1875, pp. 87, 94; N. Bianchi, Storia della monarchia piemont., III, Torino 1879, pp. 3, 85 s., 94, 109, 432, 441, 467; IV, Torino 1885, p. 187e passim; D. Carutti, Storia della corte di Savoia durante la Rivoluzione francese e l'Impero, Torino-Roma 1892, II, pp. 6, 29, 91, 95, 118, 360e passim; C. Sforza, L'indennità ai giacobini piemontesi, Torino 1908, vedi Indice; A. C. Jemolo, Stato e Chiesa negli scrittori politici italiani del Seicento e del Settecento, Torino 1914, pp.102, 121, 123, 142; M. Gorino, G. V. Spanzotti. Contributo alla storia del giansenismo in Piemonte, Torino 1931, passim; A.Bersano, L'abate Francesco Bonardi e i suoi tempi, Torino 1957, v. Indice; P. Stella, Giurisdizionalismo e giansenismo alla università di Torino nel sec. XVIII, Torino 1958, pp. 29-32 e passim; F. Cognasso, Vita e cultura in Piemonte, in Storia del Piemonte, II(1960), pp. 684, 697.