DEL MONTE, Innocenzo
Nacque nel 1532 a Borgo San Donnino (l'odierna Fidenza, in provincia di Parma). Le uniche notizie sulla nascita e sulla famiglia del D. sono quelle forniteci da s. Fortumo, che lo dice figlio di "Angelino del Borgo di S. Donnino ... che andò al servitio del Sig. Baldovino di Monte nella Rocca di Furlì, e poi del fratello, cioè del Cardinale Giovanmaria, quando fu legato di Parma e di Piacenza, all'un de quali servì per bombardiere, "all'altro nella Guardia". Il suo nome al battesimo era Santino ed ebbe anche una "Sorella maritata (da lui Cardinale) al S. Antonio Salvaggiani da Bertinoro" (A. Fortunio, Cronichetta..., p. 55).
Di umilissime condizioni, il D. incontrò la sua fortuna nel periodo in cui il padre era al servizio del cardinale Giovanni Maria Ciocchi Del Monte, quando questi era legato di Parma e Piacenza (1537-1544). Il cardinale, notato questo ragazzino, si lasciò trasportare da un grandissimo affetto verso di lui. Lo volle costantemente al suo fianco. Quando nel 1545dovette recarsi a Trento come legato pontificio al concilio, portò con sé il ragazzo; solo quando questi cadde malato lo rimandò a Monte San Savino, affidandolo alle cure del suo maestro di casa Lorenzo Bartoli, e lo richiamò presso di sé una volta che fu guarito. Quando poi compì i quattordici anni gli fece conferire una prepositura nella Chiesa aretina. Volle anche che il fanciullo fosse adottato come figlio da suo fratello Baldovino col nome appunto di Innocenzo Del Monte. Il cardinale volle anche che fosse curata la sua istruzione; suo precettore fu Onorato Fascitello.
L'8 febbr. 1550 Giovanni Maria Ciocchi Del Monte fu eletto papa col nome di Giulio III. Già pochi giorni dopo l'elezione il nuovo papa manifestò il proposito, enunciato del resto già tempo addietro, di elevare alla porpora il suo favorito. Alla fine di aprile 1550 lo fece venire nella villa di Bagnaia. Nel concistoro del 30 maggio il D. fu creato cardinale diacono. Il 10 giugno venne a Roma per l'investitura. Ebbe una rendita di 12.000 ducati e il 1º settembre ricevette il titolo di S. Onofrio.
Non mancarono meraviglia e proteste per la nomina di questo diciassettenne di oscura provenienza. Protestarono il cardinal R. Pole e, in particolare, il cardinal Gianpietro Carafa che inutilmente cercò di dissuadere il papa ricordandogli "cum poenitus ignorem et genus, et patriam, et natales, et aetatem et quafitatem personae" (lettera a Giulio III del 30 maggio 1550, Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 7290, f. 1r). In effetti questa nomina, la prima del nuovo papa, destò scandalo in tutta Roma. Non mancò chi disse, e la voce fu accolta da tutta la città, che il papa aveva voluto creare cardinale il suo amante. Tale accusa sarà respinta dagli storici cattolici (per es. A. d'Aubery, Histoire..., IV, pp. 296 s.; Pastor, Storia dei papi, VI, p. 52), e, in un certo senso per motivi specularmente opposti, fu invece fatta propria dagli storici protestanti dell'epoca (ad es., Sleidan, Commentariorum..., p. 674 e Bale, Acta..., pp.511-23). Tale sospetto, comunque, non fu sviluppato soltanto nelle pasquinate: l'ambasciatore veneto Matteo Dandolo scriveva infatti che il D. era "un piccolo furfantello" e che il card. Del Monte "se lo prese in camera e nel proprio letto, come se gli fosse stato figliuolo o nipote" (Relazione di Roma, in Relazioni..., a cura di E. Alberi, II, 3, p. 355); Onofrio Panvinio, riferendosi alla vicenda del D., scriveva di Giulio III: "nimie vitae luxuriae et libidinibus intemperanter deditus" e "ad voluptarios tantum secessus ... per totum pontificatum intempestive comessando lasciviendoque ..." (HistoriaBarth. Platinae de vitis Pontificum Romanorum, Coloniae 1562, pp. 331, 333, cit. in Concilium Triden., Diaria, II, p. CXXXIV), e, ancora più esplicitamente, lo definì "puerorum amoribus implicitus" (De Iulii III vita ante pontificatum, cit. ibid. p. 147). In ogni caso tutti furono stupiti dall'eccezionale favore che il D. cominciò a godere presso il papa che lo anteponeva ai suoi stessi congiunti; annotava A. Massarelli: "ita incredibili inaestimabilique ac ineffabili amore et dilectione eum persecutus est, ut longe maiore affectu quam quosque e sanguine suo procreatos eum diligeret" (Diarium VI, in Conc. Trid., cit., p. 175; cfr. M. Dandolo, in Relazioni, cit., p. 356); l'ambasciatore imperiale D. Lasso scriveva: "nunca se ha visto persona tener tanta afecion a otro come el la tiene, y assi huelga, se tome plazer en todo lo que es de su inclinacion" (lettera a re Ferdinando d'Asburgo, 29 giugno 1550, in Briefe und Akten..., p. 423).
Giulio III investi il D. di ricchissime rendite e numerosi benefici; tra i principali le abbazie di San Michele in Normandia, di S. Saba e di Miramondo, nell'estate 1550, di S. Zeno, presso Verona, nel marzo 1551, il vescovato di Mirepoix nel settembre 1553, che detenne fino al 1555, e ancora, nel 1554, l'abbazia di Grottaferrata.
Il 3 giugno 1552 lo nominò legato di Bologna, carica che il D. mantenne fino all'agosto 1555. Divenne poi protettore del collegio dei catecumeni. Nel novembre 1551 Giulio III ordinò ai nunzi di indirizzare a lui le loro lettere invece che al primo segretario di Stato G. Dandino o al papa stesso; il D., comunque, che fu segretario di Stato finché fu in vita Giulio III, in questa sua attività "si limitava a firmare i dispacci redatti in suo nome ed a riscuotere le entrate dell'alta sua carica" (Pastor, VI, p. 53). Divenne così uno dei cardinali più ricchi della Curia.
Morto Giulio III nel marzo 1555, nel conclave che vide eletto Marcello II si schierò dapprima con le altre creature di Giulio III in favore di G. Dal Pozzo e poi si unì al cardinale di Ferrara Ippolito d'Este; similmente nel successivo conclave che elesse Paolo IV fu con il cardinal d'Este e con A. Farnese, per il Carafa.
Il D. cominciò a distinguersi per la sua vita dissoluta e sempre più fitta di episodi scandalosi. Nel gennaio 1559 partecipò a una zuffa scoppiata in casa di A. Lanfranchi, segretario di G. Carafa duca di Paliano, durante una cena, a causa dell'allora famosa cortigiana Martuccia. Paolo IV ne fu adirato e minacciò di togliergli il cappello cardinalizio. Morto il papa, al conclave che portò all'elezione di Pio IV il D. si unì al partito di C. Carafa, seguendo A. Farnese, e contribuì all'elezione del Medici. Durante la sede vacante seguita alla morte di Paolo IV, nel tornare a Roma da Venezia, aveva ucciso un oste e suo figlio per una lite sorta forse in merito al cambio dei cavalli, presso Nocera Umbra; il 27 maggio 1560 fu fatto rinchiudere in Castel Sant'Angelo da Pio IV, ma, probabilmente, non era questo omicidio la causa del provvedimento, perché "i questo li fu perdonato da questo Papa alla creation sua, per il favor datoli in quella" (Avvisodi Roma, 1ºgiugno 1560, in Bibl. ap. Vat., Urb. lat. 1039, f. 162V). Il motivo reale era la condotta sempre più dissoluta del D., che girava costantemente in abiti laici e armato; nei giorni precedenti era stato coinvolto in varie risse notturne; il 24 maggio aveva partecipato a una rissa in casa della Martuccia e poi a un'altra con il gentiluomo Giacomo Malatesta; aveva, inoltre, ucciso un proprio servitore. Il D. rimase in prigione per più di un anno. In suo favore si adoperarono molto il cardinal G. Ricci e il duca di Toscana Cosimo I. Fu liberato il 20 sett. 1561, dietro il pagamento di una ingentissima somma e la rinuncia a tutti i suoi benefici. Fu relegato a Tivoli.
Il 4 maggio 1562 prese il titolo di S. Callisto; l'avrebbe lasciato il 17 nov. 1564 per quello di S. Maria in Portico; il 3 dic. 1568 passò infine a quello di S. Maria in via Lata. Continuavano intanto le sue imprese. Nell'autunno del 1564, a Bagnaia, volle far liberare, con un atto di violenza, alcune persone fatte arrestare dal podestà. Nell'agosto 1565 "fuggi a Firenze non tenendosi troppo sicuro là; di nuovo è fuggito et venuto a Venetia" (Avvisodi Roma, 14 ag. 1565, ibid. 1040, f. 68r).
Nel gennaio 1566, nel conclave che elesse Pio V si fece scoprire con un biglietto di comunicazione con l'esterno, nonostante le rigidissime disposizioni decise in contrario dai cardinali. Nel gennaio 1568 fu protagonista di uno scandalo a Siena. Aveva rapito due donne di umili condizioni di Rapolano e le aveva tenute vari giorni nella sua casa. Il 30 gennaio Pio V incaricò il gesuita V. Rodriguez di indagare sul fatto, ma Cosimo I intervenne personalmente in difesa del D., che se la cavò con una severa ammonizione e poté rimanere in Toscana. Tornato a Roma verso la fine del 1568, gli fu però proibito di tornare nuovamente a Firenze e gli fu assegnata una stanza in Vaticano con due teatini per la sua istruzione. Nel maggio 1569 il D. andò nuovamente sotto processo: nella sua carrozza erano state scoperte due meretrici e si appurò che esse avevano frequentato la casa dei cardinale per tutta la quaresima e la settimana santa. Pio V, adirato, gli ricordò "che al tempo di Paolo Quarto l'haveva agiutato, et similmente in tempo di Pio Quarto favorito acciò non fosse degradato, et ancora nel tempo del suo Pontificato gli havea perdonato li debiti commessi al Monte in Fiorenza et in Siena, raccoltolo in Roma come un figliuolo, più volte admonito con dargli di pensione 100 scudi al mese, et hora vedendo che è incorregibile, era risoluto mandarlo in Castello" (Avviso di Roma, 18 maggio 1569, ibid. 1041, f. 80rv).
Il D., imprigionato, si raccomandò a molti altri cardinali; egli, del resto, "tenendo li peccati carnali per molto leggieri, et per li quali non possa esser deposto, ne tormentato de supplicij corporali, ha confessato et confessa ogni cosa senza difficultà alcuna" (Avvisodi Roma, 28 maggio 1569, ibid. 1041, f. 84v) e confessò così apertamente, oltre all'omicidio del 1559 e ad altre cose, di praticare "diverse donne meretricij e tenerlemi in casa per concubine e nondimeno cortighiane" (Confessione del D. in Arch. di Stato di Roma, Tribunale del governatore, Processi, n. 116, fasc. 16). La commissione di cardinali creata per giudicarlo si mostrò effettivamente benevola e "non si trovando, che egli habbia commesso altro delitto che simplice fornicationem" (Avvisodi Roma, 18 giugno 1569, Bibl. ap. Vaticana, Urb. lat. 1041, f. 90r), lo condannò a rimanere chiuso nel monastero di Montecassino, con pochi servitori e sorvegliato da due gesuiti. Nel luglio l'abate testimoniò il suo ravvedimento e il D. fu fatto trasferire a Bergamo. Per precedente disposizione di Pio V non poté prendere parte al conclave successivo, nel 1572. Il nuovo papa Gregorio XIII lo volle riabilitare e lo richiamò a Roma.
Qui il D. morì il 3 nov. 1577.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Arm., 44, 13, ff. 139v-140r, 161r-162r; Ibid., Principi, 17-21, passim;Archivio di Stato di Roma, Tribunale del governatore, Processi, 116, fasc. 16; Bibl. ap. Vaticana, Urb. lat. 1039, ff. 162r-163r, 166v-167r, 171v, 176r, 286v, 291v, 300r; 1040, ff. 68r, 161v, 615r, 619v; 1041, ff. 69v, 76rv, 80r-81r, 83rv, 84v, 90r, 91v, 95v, 125v; Vat. lat. 7290, f. 1r; J. Sleidan, Commentariorum de statu religionis & Reipublicae, Carolo Quinto Caesare, libri XXVI, Argentorati 1559, p. 674; J. Bale, Acta Romanorum pontificum, s.l. 1559, pp. 511-23; A. Fortunio, Cronichetta del Monte San Savino di Toscana, Firenze 1583, pp. 54 ss.; Relaz. degli ambasciatori veneti al Senato, a cura di E. Alberi, II, 3, Firenze 1846, pp. 347, 355 s.; II, 4, pp. 76, 79, 208; P. Nores, Storia della guerra di Paolo IV sommo Pontefice contro gli spagnuoli, a cura di L. Scarabelli, in Arch. stor. ital., s. 1, XII (1847), pp. 258 s.; Legazioni di Averardo Serristori ambasciatore di Cosimo I a Carlo Quinto e in corte di Roma (1537-1568), a cura di G. Canestrini, Firenze 1853, pp. 243 s., 275, 290, 318; Calendar of State papers, foreign series of Reign of Elizabeth 1560-1561, a cura di J. Stevenson, London 1865, ad Indicem; Calendar of State papers and manuscripts, relating to English affairs, existing in the Archives and collections of Venise, and in other libraries of Northern Italy, V, 1534-1554, a cura di R. Brown, London 1873, ad Indicem; Calendar of letters, despatches, and State papers relating to the negotiations between England and Spain, Edward VI, 1550-1552, a cura di R. Tyler, London 1914, XI, ibid. 1916, ad Indices;A. v. Druffel, Briefe und Akten zur Gesch. des Sechzehnten Jahrhunderts, in Beiträge zur Reichsgeschichte 1546-1551, I, München 1873, pp. 398 s., 401, 405, 416, 423; Briefe von Andreas Masius und seinen Freunden. 1538 bis 1573, a cura di M. Lossen, Leipzig 1886, p. 75; Nuntiaturberichte aus Deutschland. 1553-1559, XII, a cura di G. Kupke, Berlin 1901 ad Indicem;XIV-XV, a cura di H. Lutz, Tübingen 1971-1981, ad Indices;XVIXVII, a cura di H. Goetz, ibid. 1965, ad Indices; Corresp. politique de M. De Lanssac (Louis De Saint-Gelais) 1548-1557, a cura di C. Sauzé De Lhoumeau, Poitiers 1904, ad Indicem; Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, Diaria, II, a cura di S. Merkle, Friburgi Brisg. 1911, ad Indicem; Id., Epistulae, II, a cura di J. Buschbell, ad Ind.; Pasquino. Cinquecento pasquinate, a cura di R. e F. Silenzi, Milano 1932, p. 227; Pasquinate romane, a cura di V. Marucci-A. Marzo-A. Romano, Roma 1983, ad Ind., sub voces Del Monte, Innocenzo e Giulio III; P. Sarpi, Ist. del Concilio Tridentino, a cura di C. Vivanti, I, Torino 1974, ad Indicem;A. d'Aubery, Histoire génér. des cardinaux, IV, Paris 1647, pp. 296-302; A. Oldoinus, Vitae et res gestae pontificum Romanorum et S.R.E. cardinalium, III, Romae 1677, coll. 759 s.; P. Bayle, Dictionnaire histor. et critique, III, Amsterdam 1734, pp. 497 s.; L.A. Muratori, Annali d'Italia..., X, Milano 1749, pp. 339 s.; C. Bromato, Storia di Paolo IV, II, Ravenna 1753, pp. 158 s., 507; O. Raynald, Annales ecclesiast., XIV, Lucae 1765, p. 405; S. Pallavicini, Historia del concilio di Trento, III, Faenza 1793, pp. 158-160, 371, 409; L. Cardella, Mem. stor. de' cardinali, IV, Roma 1793, pp. 297-301; F. Petruccelli Della Gattina, Histoire diplomatique des conclaves, II, Paris 1864, pp.66 ss., 71, 75, 80, 82, 91, 105, 126, 133, 177; G. De Leva, Storia di Carlo V in correlazione all'Italia, V, Bologna 1894, pp. 117 ss.; A. Pieper, Die päpstlichen Legaten und Nuntien in Deutschland, Frankreich und Spanien, Münster 1897, pp.41 s., 122, 135; R. Lanciani, Storia degli scavi di Roma, III, Roma 1908, pp. 32-36; E. Rodocanachi, Le château Saint-Ange, Paris 1909, p. 165; G. M. Monti, Ricerche su papa Paolo IV Carafa, Benevento 1925, ad Indicem;L. von Pastor, Storia dei papi, VI-IX, Roma 1922-1955, ad Indices;A. Mercati, Icostituti di Niccolò Franco, Città del Vaticano 1955, p. 194; R. De Maio, Alfonso Carafa, cardinale di Napoli (1540-1565), Città del Vaticano 1961, ad Indicem;M. E. Cosenza, Biographical and Bibliographical Dict. of the Italian Humanists..., II, Boston 1962, ad vocem Innocentius de Monte.