IMPOSTE e TASSE
Sistema tributario italiano (XVIII, p. 931; App. I, p. 722; II, 11, p. 9). - Tra il 1949 e il 1958, lo stato e gli enti territoriali minori hanno più che raddoppiato le proprie entrate tributarie che sono passate da 1223 a 3387 miliardi. Il fenomeno riflette solo in piccola parte un accrescimento di valori puramente monetarî, a seguito del lieve aumento nei prezzi di cui ha sofferto in questo periodo l'economia italiana. L'effettivo aumento del gettito tributario è dimostrato anche dagli indici di pressione fiscale, calcolata quale percentuale delle entrate tributarie rispetto al reddito nazionale. Dal 17,6% nel 1949, l'indice è andato costantemente aumentando sino a raggiungere il 23,5% nel 1958. Infatti, in questo ultimo anno gli introiti fiscali sono pari a 2,8 volte il gettito del 1949, mentre il volume del reddito nazionale presenta, tra le stesse date, un coefficiente di aumento di 2,1 volte soltanto. L'incremento delle entrate tributarie ha consentito la copertura di quote via via crescenti di spese effettive, le quali, sempre tra il 1949 e il 1958, sono passate da 1999 a 4468 miliardi. Nel 1949 il gettito fiscale dello stato e degli altri enti territoriali minori rappresentava il 61,2% delle spese effettive, mentre, elevandosi di anno in anno, esso ha raggiunto nel 1958 il 75,8%. Alla copertura della restante quota hanno provveduto le entrate extra-tributarie, i donativi e soprattutto l'indebitamento.
Se le entrate tributarie e le spese effettive dello stato sono considerate separatamente da quelle degli enti locali, si nota che, tra il 1949 e il 1958, il gettito tributario statale e quello degli enti locali sono aumentati in misura pressoché uguale (2,8 volte il primo, 2,6 volte il secondo); al contrario le spese effettive dello stato, sempre tra le due date, hanno dimostrato un incremento di 2,0 volte mentre per gli enti locali l'aumento è stato ben maggiore (3,5 volte). Lo stato è perciò risalito gradualmente nel finanziamento delle proprie spese effettive mediante tributi, dal 62,2% nel 1949 all'87,2% nel 1958, mentre gli enti locali sono scesi dal 56,0% nel 1949, quasi senza interruzione, al 42,0% nel 1958. Questa diversa tendenza che si nota tra le finanze dello stato e quelle dei comuni, delle province e delle regioni, denuncia le crescenti difficoltà in cui si dibattono gli enti territoriali minori, e la loro sempre maggiore dipendenza dalla finanza statale (contributi statali, quote di partecipazione ai tributi erariali). La dipendenza è massima per le regioni i cui tributi proprî hanno finanziato nel 1958 appena il 2,4% delle spese effettive, mentre per le province e i comuni tale quota è stata nel medesimo anno del 42,4 e del 46,9% rispettivamente.
Nonostante l'istituzione di nuovi tributi e le cure particolari che il legislatore e l'amministrazione fiscale hanno dedicato all'imposizione diretta, le imposte dirette sul reddito e quelle che comunque colpiscono il patrimonio hanno partecipato al totale gettito tributario (stato ed enti territoriali minori) con una quota oscillante intorno al 28% nel periodo descritto. L'imposizione indiretta denuncia una partecipazione in lieve diminuzione: dal 65% nel 1949 al 63% circa nel 1958; se però, l'imposizione indiretta che grava sulla produzione e sull'intermediazione dei beni è considerata separatamente da quella che colpisce direttamente il consumo, appare che la prima è aumentata a spese della seconda. Le tasse sono passate dal 7% nel 1949 al 9% nel 1958; il gettito, tuttavia, è di difficile valutazione, essendo alcuni tributi di questo tipo inclusi nella rilevazione delle imposte sulla produzione. Nell'ambito della sola finanza dello stato, la quota di partecipazione delle imposte dirette si abbassa al 23% circa; per contro la finanza locale ha tratto dallo stesso tipo di tributi, nella media del periodo, il 58% circa delle proprie entrate fiscali. Nelle entrate comunali, le imposte dirette si bilanciano con le indirette, quasi tutte sul consumo; il gettito provinciale è per la quasi totalità costituito da imposte dirette, mentre quello regionale lo è per i tre quarti. Assente è in questi ultimi due enti la sottocategoria dei tributi iudiretti sul consumo.
Lo sforzo del legislatore e dell'amministrazione fiscale italiana dopo il 1949, è stato diretto ad affrontare e, in qualche caso, a risolvere i problemi del riordinamento tributario. L'economia di guerra e l'inflazione postbellica avevano lasciato in eredità un sistema di imposte dirette sperequato e con elevate aliquote e un insieme di imposte indirette (tra cui veniva acquistando sempre maggiore rilevanza l'imposta generale sull'entrata) farraginoso ed eccessivamente regressivo. Pertanto l'azione tributaria si è sviluppata lungo tre direttrici fondamentali: 1) riforme di struttura del sistema volte ad adeguarlo alle mutate esigenze economiche e sociali; 2) reperimento di nuove entrate per ridurre il disavanzo e finanziare le crescenti spese; 3) sgravî fiscali per particolari settori economici bisognosi di aiuto. Si danno qui di seguito brevi cenni sui principali provvedimenti legislativi che hanno modificato il sistema fiscale.
Nel campo della imposizione diretta sul reddito, va anzitutto ricordata la legge 11 gennaio 1951, n. 25, detta anche legge Vanoni che è il primo atto legislativo di perequazione tributaria. Suo scopo è stato quello di instaurare, attraverso la dichiarazione del contribuente e l'implicita abrogazione della conferma per silenzio, un nuovo clima nei rapporti tra fisco e contribuente; la dichiarazione deve essere annuale, analitica ed unica, permettendo, così, allo stesso ufficio di conoscere la situazione complessiva del contribuente. Integrandone l'opera, la legge Tremelloni del 5 gennaio 1956, n. 1, ha disposto l'analiticità e la necessità di motivazione negli accertamenti e introdotto l'istituto del giuramento fiscale e severe sanzioni amministrative e penali. In particolare, poi, in materia di i. sui fabbricati, la legge n. 1219 del 1951 ha determinato la base imponibile provvisoria fino alla messa in atto del nuovo catasto edilizio urbano, ha fissato l'aliquota al 5% e ha abolito il contributo erariale di guerra sui canoni non soggetti a blocco. La legge n. 131 del 1960 ha disposto che con l'entrata in vigore del catasto edilizio urbano il reddito imponibile dei fabbricati sia determinato, salvo casi particolari, rivalutando le rendite iscritte in catasto con coefficienti fissati amministrativamente. In materia di i. di ricchezza mobile la legge Vanoni ha introdotto per le imprese soggette a registrazione la possibilità di tassazione in base alle scritture contabili; ha fissato i criterî per la valutazione delle scorte, ed ha esteso il minimo esente di 240.000 lire, già vigente per la categoria C2, ai redditi di categoria B e C1 intestati a persone fisiche; esso fu riconosciuto, l'anno dopo, anche alle ditte e alle società di persone insieme ad alcune moderazioni delle aliquote per i redditi di categoria B e C1. La legge Tremelloni ha introdotto ulteriori obblighi circa le scritture contabili per la più esatta determinazione del reddito imponibile; tra questi vi è quello stabilito dall'art. 17 per le operazioni a termine e i riporti su titoli, che dovrebbe permettere la tassazione dei redditi derivanti dalla speculazione di borsa (v. borsa). Un'altra serie di norme riguarda la valutazione di alcune componenti attive e passive del reddito d'impresa, tra cui le plusvalenze derivanti dal corso dei titoli e da altre attività aziendali. Altri principî importanti sono la possibilità di compensare le perdite di un esercizio con gli utili dei successivi 5 anni, e l'esenzione delle liberalità sino al 5% del reddito. Nel 1959 è stata aumentata al 23% l'aliquota sui redditi di cat. A e al 20% su quelli di cat. B, limitatamente per questi ultimi alla parte che eccede i 4 milioni; infine si è accordata una riduzione a metà dell'imposta sul reddito di alcune obbligazioni.
La legge Vanoni ha inoltre disposto per l'i. complementare una nuova tabella di aliquote, che va da un minimo del 2% ad un massimo del 50%, riconoscendo al tempo stesso il minimo esente di 240.000 lire e la detrazione di 50.000 lire per ogni membro a carico del contribuente, incluso il coniuge. Un minimo imponibile di 480.000 lire fu stabilito nel 1952, portato dalla legge Tremelloni a 540.000 lire e a 720.000 lire nel 1959. Infine nel periodo considerato un nuovo importante tributo è entrato a far parte del nostro sistema di imposizione diretta sul reddito: l'i. sulle società di cui alla legge 6 agosto 1954, n. 603. Essa grava sulle società di capitali e sugli altri enti tassabili in base a bilancio e si commisura congiuntamente al patrimonio netto, costituito dal capitale versato più le riserve, con l'aliquota dello 0,75%, e al reddito, che ecceda il 6% del patrimonio, con l'aliquota del 15%. Nel caso di gestione in perdita viene concessa una riduzione di i. pari a 10 volte il rapporto tra la perdita e il patrimonio imponibile. Molte sono le esenzioni e le facilitazioni: le cooperative che rispondono a determinati requisiti e le aziende pubbliche che gestiscono servizî di pubblico interesse in regime di monopolio ne sono esenti; gli istituti di credito, le società finanziarie o prevalentemente tali godono di aliquote speciali, minori, ecc. La stessa legge ha soppresso l'i. di negoziazione e quella sul capitale delle società estere e ha istituito l'i. sulle obbligazioni, che colpisce con aliquota del 5‰ i titoli emessi nello stato da enti pubblici e privati, prendendo a base la media dei prezzi di compenso di borsa nei dodici mesi relativi all'esercizio sociale o il valore nominale se il titolo non è quotato. L'imposta si riduce ad un quarto per gli enti pubblici e le società che hanno diritto alla riduzione dell'aliquota nell'applicazione dell'imposta sulle società.
Nel 1958 è stato emanato un testo unico che ha coordinato l'intera imposizione diretta sul reddito e codificato i principî generali che regolano la materia.
Natura mista d'imposta diretta ed indiretta ha l'i. unica sui giochi di abilità e concorsi pronostici, sostitutiva sia delle imposte indirette, che dovrebbero corrispondere gli enti che li gestiscono, sia delle imposte dirette che dovrebbero colpire i vincitori dei concorsi stessi; l'aliquota che si applica sul totale delle giocate può elevarsi dal 1959 sino al 45% (23% secondo la legge istitutiva, aumentata al 35% nel 1955).
Nell'ambito delle i. sul patrimonio si distinguono le imposte che colpiscono la sostanza del contribuente direttamente da quelle che ne effettuano il prelievo all'atto del trasferimento ad altro soggetto. Per le imposte dirette sul patrimonio si è avuto nel 1950 il testo unico che disciplina tutta l'imposizione straordinaria del dopoguerra. Fanno parte della seconda categoria le i. successorie e buona parte dei tributi di registro. Per l'i. di successione la legge n. 206 del 1949 ha ridotto le aliquote; varie modificazioni di aliquote si sono avute anche per il registro, tra cui, nel 1959, quelle riguardanti i trasferimenti immobiliari. Surrogatoria di questi tributi era l'imposta di manomorta, abolita nel 1954.
Tre le imposte indirette, importanza sempre crescente ha assunto l'i. generale sull'entrata o IGE. L'evoluzione di questo tributo non è stata rettilinea; se si tiene conto delle recentissime modificazioni, si deve riconoscere che vi è stato un ritorno verso la cessata tassa sugli scambî con aggravî particolari per i beni e i servizî di lusso. Dal punto di vista tecnico, ancor oggi, si hanno multiformi criterî di commisurazione dell'i., la quale di volta in volta è i. plurifase (sistema normale), i. monofase ad aliquote condensate (sistema una tantum), i. sul reddito lordo (sistema dell'abbonamento). Con legge del 1949 si maggiorarono, tra l'altro, le aliquote per beni e servizî di lusso, mentre i cereali e le paste alimentari vennero esonerati qualche mese più tardi. Nel 1950, ferma restando nel 3% l'aliquota dell'i. prelevata col sistema normale, si ridusse al 2% quella riscossa in abbonamento, ulteriormente ridotta all'i % nel 1952. Intanto l'imposizione col sistema una tantum ad aliquote condensate venne autorizzata per un sempre maggior numero di prodotti. Di notevole importanza è la legge n. 570 del 1954, che disciplina legislativamente la restituzione dell'i. sui prodotti esportati e istituisce un'i. di conguaglio all'importazione pari all'IGE, che teoricamente i prodotti avrebbero scontato se fabbricati in Italia, in aggiunta all'IGE all'importazione già esistente. Nuovi aggravî per i consumi di lusso sono stati previsti con legge n. 359 del 1959, che ha disposto inoltre l'istituzione di una addizionale sui proventi lordi del 2% ed in alcuni casi del 3% a carico di alcune categorie di esercizî. Una profonda trasformazione nel sistema dell'IGE si è avuta con la legge n. 1070 del 1959 che ha esentato le vendite al minuto, eccettuate quelle effettuate dagli esercizî di lusso e di prima categoria, le cui aliquote, ferme rimanendo le addizionali, sono state ridotte, ed ha aumentato, in compenso, di 30 centesimi le aliquote che colpiscono gli stadî intermedî. Per la prestazione della maggior parte dei servizî l'i. si applica nella misura dell'1% e si può corrispondere oltre che per abbonamento anche con versamento in modo virtuale agli uffici del registro.
Moltissime sono state le modificazioni alle i. di fabbricazione, soprattutto sugli olî minerali e sugli alcoli, ma, forse, anche più numerose sono state le istituzioni di nuovi tributi. Nel 1953 si ha l'i. sugli olî e grassi animali destinati all'alimentazione; nel 1954 quelle sui minerali di mercurio e suoi derivati (sospesa nel 1959), sui cementi e agglomerati cementizî (assorbita dall'IGE nel 1956), sui gas incondensabili resi liquidi mediante la compressione e su alcuni olî vegetali liquidi; nel 1955 l'i. sul gas metano, cui verrà aggiunto un diritto erariale per quello confezionato in bombole nel 1959; nel 1956 l'i. sul melasso destinato alla dezuccherazione e quella sugli acidi grassi di origine animale e vegetale con punto di solidificazione inferiore a 48 °C; ed infine nel 1959 l'i. sulla margarina.
L'inflazione monetaria aveva reso inoperanti quasi del tutto i dazî specifici di cui era composta la nostra tariffa doganale del 1921; si emanò, perciò, nel 1950 una tariffa composta per la quasi totalità di dazî ad valorem; suo criterio informatore è stato quello di discriminare tra materie prime, prodotti finiti e semilavorati. I dazi convenzionati, la politica di liberalizzazione, autonoma e concordata, nonché l'entrata in vigore del MEC hanno fortemente mitigato la nuova tariffa, destinata nei prossimi anni ad annullarsi nei confronti dei paesi della Comunità europea.
Frequenti variazioni si sono avute nei tributi automobilistici e in quelli sugli spettacoli; da ricordare è l'i. sulla pubblicità, enucleatasi dall'ambito delle tasse di bollo nel 1954; essa colpisce ogni manifestazione di pubblicità comunque posta in essere.
Nel campo delle tasse, quelle di bollo, dopo l'istituzione dell'i. sulla pubblicità, sono ritornate ad essere tributi che colpiscono determinate scritture pubbliche e private e soprattutto gli effetti commerciali; la tariffa allegata al testo unico del 1953 ne è risultata fortemente semplificata. Anche le tasse sulle concessioni governative sono state razionalizzate col testo unico del 1953, e successivamente aumentate nel numero e inasprite.
Nella finanza locale si è avuto un solo provvedimento di un certo respiro: la legge n. 703 del 1952, la quale ha attribuito quote di tributi erariali agli enti locali e ha introdotto sensibili variazioni agli elenchi dei beni assoggettabili a i. di consumo, nonché alle aliquote di varî tributi comunali, tra cui l'i. di famiglia. Tra le più recenti disposizioni sono da ricordare quelle contenute nella legge n. 1014 del 1960.
I problemi fiscali del futuro si possono riassumere: a) nella necessità di riorganizzare l'imposizione indiretta - opera già iniziata con la recente riforma dell'IGE - e di cercare un migliore equilibrio con quella diretta. Tuttavia, sempre che la ricerca di un nuovo equilibrio non sia attuata a spese del gettito tributario, è dubbio che lo squilibrio strutturale tra i due tipi di imposizione possa essere colmato, come dimostra la recente esperienza; b) nell'opportunità di armonizzare nei limiti del possibile e della convenienza economica il nostro sistema fiscale con quello degli altri paesi aderenti alla Comunità europea; c) nell'imperativo di riorganizzare il sistema tributario degli enti locali che presenta molti rami secchi mentre altri sono di serio impedimento all'accrescersi degli scambî e dei consumi.
Bibl.: L. Einaudi e F. Repaci, Il sistema tributario italiano, Torino 1954; A. D. Giannini, Istituzioni di diritto tributario, Milano 1956; cfr. inoltre A. D. Giannini, S. Scoca e G. Buzzetti, Codice delle leggi tributarie, Milano 1949 e successivi aggiornamenti.