Il testo della legge quadro sugli interporti
La novità normativa più significativa in tema di interporti è l’adozione, per l’esame da parte della IX Commissione parlamentare, del testo base unificato delle proposte di legge quadro in materia di interporti e piattaforme territoriali logistiche diretta a favorire la concentrazione dei flussi di trasporto delle merci, razionalizzando il territorio e riducendone l’impatto ambientale.
Gli interporti1 costituiscono le infrastrutture di trasporto terrestre più importanti e sono parte integrante del Sistema nazionale integrato dei trasporti (SNIT). Il regime giuridico degli interporti è disciplinato dalla l. 4.8.1990, n. 240, Interventi dello Stato per la realizzazione di interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell’intermodalità. Ai sensi dell’art. 1 della citata legge, l’interporto è «un complesso organico di strutture e servizi integrati finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comunque comprendente uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione». L’art. 2 del testo originario della citata legge prevedeva una classificazione degli interporti, suddividendoli in interporti di primo e secondo livello, e attribuiva al Comitato interministeriale per la programmazione economica e i trasporti (CIPET) l’elaborazione di un piano quinquennale per l’indicazione degli interporti a seconda della rispettiva categoria. L’art. 6, co. 3, del d.l. 1.4.1995, n. 98, convertito in l. 30.5.1995, n. 204, Interventi urgenti in materia di trasporti, ha modificato il citato art. 2 della l. n. 240/1990, eliminando a livello normativo la suddetta classificazione. Secondo la nuova formulazione dell’art. 2 gli interporti sono distinti in funzione della loro rilevanza nazionale o meno e definiti dal Piano generale dei trasporti. L’art. 24 della l. 5.3.2001, n. 57, Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati, ha poi abrogato le disposizioni sul piano quinquennale a partire dall’entrata in vigore di una legge di riforma del regime giuridico degli interporti, che ad oggi non è stata ancora emanata. Ai sensi dell’art. 3 del testo originario della l. n. 240/1990, la realizzazione e la gestione degli interporti era affidata ad enti pubblici e a società per azioni, anche riuniti in consorzi, mediante il rilascio di una concessione e la stipula di una convenzione per garantire il perseguimento delle finalità di pubblico interesse attribuite ad ogni singolo interporto. Il citato art. 6, co. 3, del d.l. n. 98/1995 ha abrogato tale regime concessorio, determinando, di fatto, la «privatizzazione» degli interporti.
Nel dicembre 2010, è stato approvato il Piano nazionale della logistica 2011-2020 elaborato dalla Consulta generale per l’autotrasporto e la logistica su iniziativa del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Detto Piano nazionale costituisce uno strumento attuativo del Piano generale dei trasporti e della logistica 2001, con la finalità di garantire un indirizzo unitario alla politica dei trasporti nonché di coordinare e armonizzare l’esercizio delle competenze e l’attuazione degli interventi amministrativi dello Stato e delle Regioni. Nel Piano nazionale della logistica sono state individuate dieci linee di intervento caratterizzate da cinquantuno azioni da intraprendere nei diversi settori dei trasporti e della logistica. La Consulta, nel ribadire il ruolo centrale dell’intermodalità e la necessità di raggiungere un’elevata integrazione comodale e intermodale, ha considerato indispensabile realizzare, attraverso l’intervento degli enti locali e un’attenta pianificazione finanziaria, infrastrutture ferroviarie e stradali idonee a garantire la loro interconnessione con le reti di trasporto transeuropee (reti TEN-T), al fine di conseguire i benefici socioeconomici, come definiti dal reg. UE del 22.9.2010, n. 913, in ordine alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo. Le più rilevanti azioni da assumere a livello normativo indicate nel Piano sono, oltre alla previsione di regimi di incentivazione per l’intermodalità, la riforma dell’ordinamento giuridico portuale, la creazione di un’autorità dei trasporti e della logistica e la riforma della legge sugli interporti. In particolare, la Consulta ha sottolineato l’opportunità di aggiornare il «quadro normativo che disciplina l’attività degli interporti, che sono parte ormai di uno schema di rete di rilievo europeo e, pur restando attori dello sviluppo regionale, servono territori secondo una geografia dei flussi che va oltre i perimetri amministrativi locali ». È dunque all’esame della IX Commissione parlamentare il testo base unificato delle proposte di legge quadro in materia di interporti e piattaforme territoriali logistiche2. Nel progetto dei presentatori l’emanazione di tale legge quadro dovrebbe incrementare il trasporto intermodale terrestre e marittimo, favorendo la competitività sui traffici di lunga distanza e creando una rete di base che favorisca lo sviluppo delle imprese del trasporto e della logistica. Nel testo della legge, nel rispetto del principio di potestà legislativa concorrente in materia di grandi reti di trasporto e di navigazione previsti ai sensi dell’art 117, co. 3, Cost., sono delineati, tra l’altro, i principi fondamentali in materia di interporti ed è definito sotto il profilo infrastrutturale il concetto di interporto. Secondo la nuova definizione riportata nell’art. 1, co. 3, del testo, per interporto si intende «il complesso organico di infrastrutture e di servizi integrati di rilevanza nazionale gestito da un soggetto imprenditoriale che opera al fine di favorire lo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, con l’obiettivo di accrescere l’intermodalità e migliorare la logistica». I nuovi interporti sono individuati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’ambiente, previo accertamento dei requisiti territoriali indicati nell’art. 3. In particolare, è richiesta la coerenza dei nuovi interporti con i corridoi transeuropei di trasporto definiti dalla decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 7.7.2010, n. 661/2010/CE. L’interporto deve essere dotato di collegamenti stradali diretti con le reti viarie di grande comunicazione, ferroviari interconnessi alla rete nazionale e funzionali con almeno un porto e un aeroporto. La progettazione, la realizzazione e la gestione di un interporto devono rispondere a criteri di unitarietà tra le sue diverse funzioni e prevedere idonei sistemi di sicurezza di controllo e risparmio energetico.
L’art. 4 del testo della legge quadro ha qualificato la gestione degli interporti come «attività di prestazione di servizio rientrante tra le attività aventi natura commerciale», per la quale i gestori agiscono in regime di diritto privato, sebbene gli statuti non prevedano il fine di lucro. I relatori di detto testo, sembrano avere accolto le indicazioni contenute nel Piano generale dei trasporti e della logistica 2001 laddove per rendere più competitivo il nostro sistema logistico, si considera necessario adeguare le modalità gestionali degli interporti alla liberalizzazione del mercato e alle privatizzazioni. Tale testo conferma l’orientamento assunto dal legislatore in occasione dell’abrogazione del regime concessorio per la gestione degli interporti fortemente condizionato dall’intervento pubblico e contrario al diritto europeo. Nel suddetto art. 4, a differenza di quanto riportato nell’abrogato art. 3 della l. n. 240/1990, non vi è alcun riferimento alla forma giuridica che dovrà assumere l’organismo autorizzato alla realizzazione e gestione dell’interporto.
1 Riguzzi, Lezioni di diritto dei trasporti, Torino, 2002, 12; Casanova-Brignardello, Diritto dei trasporti, Milano, 2004, 174.
2 Testo base unificato delle proposte di legge C. 3681 Velo e C. 4296 Nastri, coordinato con gli emendamenti Garofalo, IX Commissione permanente (Trasporti, poste e telecomunicazioni).