di Antonio Missiroli
Della sua possibile creazione si era già parlato nella Convenzione sul futuro dell’Europa (2002-03), i cui lavori erano stati alla base del Trattato costituzionale, varato nell’estate 2004 ma poi respinto dagli elettori francesi e olandesi nei referendum dell’anno successivo. È stato perciò soltanto con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009, che il cosiddetto EEAS ha potuto essere prima discusso in dettaglio, e poi lanciato in concreto - esattamente un anno dopo.
Il testo del Trattato (TEU versione consolidata, art. 27, comma 3) dice che «nell’esecuzione delle sue funzioni, l’Alto rappresentante si avvale di un servizio europeo per l’azione esterna. Il servizio lavora in collaborazione con i servizi diplomatici dei paesi membri ed è composto da funzionari dei servizi competenti del segretariato generale del Consiglio e della Commissione e da personale distaccato dei servizi diplomatici nazionali. L’organizzazione e il funzionamento del servizio sono fissati da una decisione del Consiglio. Il Consiglio delibera su proposta dell’Alto rappresentante, previa consultazione del Parlamento europeo e previa approvazione della Commissione».
L’articolo non fissa scadenze temporali per il lancio dell’EEAS, né cita quote precise o cifre assolute per la sua composizione. Ma l’urgenza di mettere a disposizione di Catherine Ashton, nominata Alto rappresentante il 19 novembre 2009, un servizio di cui potesse appunto ‘avvalersi’ per svolgere le sue nuove e difficili funzioni ha portato fin dall’inizio del 2010 alla creazione di un gruppo di lavoro misto Consiglio-Commissione per metterne a punto le principali modalità organizzative e operative. Ashton ha così presentato una prima bozza già nel marzo 2010, sulla base della quale è stata condotta una serrata trattativa con il Parlamento europeo, escluso dalla prima fase ma deciso a far valere fino in fondo le proprie prerogative, soprattutto in materia di bilancio e stato giuridico (per cui vale la procedura di ‘codecisione’).
Alla fine, il ‘quadrilogo’ fra le istituzioni EU ha portato a uno ‘storico’ accordo a fine giugno, poi ratificato a grande maggioranza dal Parlamento europeo e approvato all’unanimità dal Consiglio il 26 luglio. Infine, la codecisione sui due regolamenti è stata adottata dal Parlamento e dal Consiglio, rispettivamente, il 20 e il 25 ottobre 2010.
Il risultato di questa lunga, insolita e delicata procedura è un servizio ad hoc, di natura un poco ibrida, che incorpora al proprio interno: a) la vecchia Direzione generale E e l’Unità politica del Consiglio (che si occupavano di sicurezza e difesa per l’Alto rappresentante); b) quasi tutta la vecchia DG Relex della Commissione, e una buona parte della vecchia DG Sviluppo; c) l’insieme delle oltre 135 delegazioni EU in paesi terzi e nelle organizzazioni internazionali (ma con uno status particolare per i funzionari della DG Commercio, che non sono sotto l’autorità dell’Alto rappresentante); d) una quota significativa, e in prospettiva crescente (l’obiettivo è il 40% del totale entro il 2013), di diplomatici dei paesi membri, scelti e reclutati attraverso procedure concorsuali specifiche.
Alla testa dell’EEAS si trova un segretario generale esecutivo (Pierre Vimont), affiancato da due vice (Helga Schmid e Maciej Popowski) e da un direttore generale per il bilancio e l’amministrazione (David O’Sullivan), che è alla guida appunto dell’intera ‘macchina’ organizzativa. Al di sotto di questo vero e proprio corporate board si trovano le varie Direzioni (cinque geografiche e una tematica), i servizi e le agenzie specializzate che fanno pure capo all’Alto rappresentante. Al momento del lancio effettivo, il 1° gennaio 2011, l’EEAS era composto in via provvisoria di circa un migliaio di funzionari a Bruxelles (senza cioè contare le delegazioni, che associano funzionari di carriera e staff temporaneo e/o locale) e di un bilancio annuale di poco inferiore al 500 milioni di euro (oltre metà del quale copre le delegazioni). Ma sia l’assetto che il bilancio dell’EEAS saranno soggetti a una verifica e a una revisione - alla luce anche dell’esperienza fatta nei primi due-tre anni di attività - entro la fine del 2013.