PARMIGIANINO, Il
Francesco Mazzola, detto il P., pittore e incisore, nacque a Parma l'11 gennaio 1503, morì a Casalmaggiore il 24 agosto 1540. Fu figlio di Filippo Mazzola, imitatore, come un altro parmense, Cristoforo Caselli detto il Temperello, di forme belliniane a lui giunte attraverso gl'insegnamenti di Francesco Tacconi. Nulla si sa dalle fonti circa l'educazione di Francesco, nelle cui opere non è traccia di ricordi dell'arte paterna. Certo egli si formò sul Correggio, come dimostrano gli affreschi in S. Giovanni Evangelista di Parma, sue pitture giovanili più note, da ascriversi circa al 1521, e anche i suoi disegni antecedenti al 1523. Nel 1523, a Roma, è presentato a papa Clemente VII, allora eletto, e in quello stesso anno dipinge la Sacra Famiglia degli Uffizî, con la Maddalena, ove appaiono sintomi di manierismo raffaellesco. Mentre stava lavorando alla Madonna Bufalini, tra i più notevoli esempî di trasfigurazione stilistica d'elementi romani e correggeschi, nel 1527 venne fatto prigioniero durante il sacco di Roma. Riacquistata la libertà, in quello stesso anno si reca a Bologna, ove dipinge per la cappella Gamba in S. Petronio la Madonna con Bambino e Santi, ora nella Pinacoteca Civica, ove il suo stile trova l'espressione più tipica nelle forme allungate e flessibili, nelle tortuosità di una linea ondulata e labile. Nell'agosto del 1529 è collocata nella chiesa di S. Margherita la pala della Madonna detta appunto di S. Margherita, ora nella pinacoteca di Bologna. Nel 1530 ritrae l'imperatore Carlo V durante il suo soggiorno in quella città, forse nel cartellone allegorico tutto sottigliezze di trame lineari, ora appartenente alla galleria Cook a Richmond. Il 10 maggio si stringe il contratto per gli affreschi di vòlta e catino della cappella maggiore di S. Maria della Steccata, lavoro interrotto per il malcontento causato dalla lentezza con cui procedeva. Nel 1531, nella rocca di Fontanellato, affresca la volta di una stanza terrena con scene del mito di Diana e Atteone, su fondo di pergole fiorite, tra motivi di fiori e frutta, d'un correggismo deliziosamente raffinato e capriccioso. Il 23 dicembre del 1534 riceve da Elena Baiardo, sposa di Francesco Tagliaferri, il pagamento per quella pala della Madonna detta dal collo lungo, che è come la sigla del manierismo parmigianinesco. Il 27 settembre del 1535 stringe contratto col cavalier Baiardo per iI Cupido che prepara l'arco, ora nel museo di Vienna. Nel 1540, a Casalmaggiore, dipinge per la chiesa di S. Stefano la pala della Madonna con i Santi Stefano e Giovanni Battista, ora a Dresda, nella Galleria.
Sopra motivi correggeschi della camera di S. Paolo e della chiesa di S. Giovanni, il P. ha composto la decorazione ad affresco nella stessa chiesa, derivando dal Correggio la fluidità delle immagini rese leggiere da una densa atmosfera e il mobile chiaroscuro, che anima i fondi marmorei e accende nell'ombra le corolle dei fiori. Ma già la maniera elegante del P. si afferma nel profilo tenue e inarcato di S. Lucia, come nella sagoma svelta di un'anfora tra le panoplie dei sottarchi; e la vita erompe con impeto dinamico ignoto al Correggio dal gruppo di S. Isidoro col cavallo inalberato, dove tutte le linee sono trasverse e ardite, e tutto fiammeggia: la criniera del cavallo, le strisce dell'armatura del santo, la stoffa arrovellata dello stendardo. L'effetto illusionistico delle masse erompenti dall'arcata, l'effetto decorativo violento e fantastico, ci presentano qui il P. nell'aspetto di un Pordenone emiliano. La prima opera dove s'insinua qualche elemento raffaellesco è la pala d'altare con S. Maddalena agli Uffizî di Firenze, ove si vedono in pose statuarie le figure della Madonna e della Santa. Spunta il manierismo in queste due figure e nell'altra, di detestabile gusto, del Santo tronco dalla cornice; ma l'originalità stilistica del Parmigianino s'imprime nella sinuosa eleganza di una linea labile, che scivola sulla forma, suggerendola con leggerezza estrema, e nel segno arricciato e nervoso, che vibra alla luce, e si diffonde dalle figure al paese vario, pittoresco, tutto scabrosità e inuguaglianze, minuto e rapido. Raffaello insieme con il Correggio è presente al P. anche nella Visione di S. Girolamo della Galleria Nazionale di Londra, ma i baleni infondono vita impetuosa e fugace all'immagine del Battista come sospesa nell'ombra, in equilibrio instabile; e i contorni agili e leggieri del gruppo divino sembrano dissolversi e continuarsi nei brividi di luce di un alone sulfureo. Le ombre s'addensano nello Sposalizio di S. Caterina della Pinacoteca civica di Bologna, esempio tipico di manieristiche eleganze; la figura affusata della Santa s'avvolge nel manto come in una guaina; le capigliature crespe son tutte un brulichio di luce. Prossimo di tempo agli argentini affreschi del palazzo Sanvitale a Fontanellato è un gruppo di quadri che ci presentano l'arte del P. nel momento della più perfetta attuazione del suo stile pittorico: il Presepe della galleria Cook a Richmond, delizioso capriccio decorativo, dove l'eleganza fiorisce spontanea dal fresco gruppo delle figure, dalle acque di seta chiara, dalle ombre verdi del fogliame, a contorni indecisi e leggieri, a chiazze impressionistiche. I chiari predominano, con piumosa morbidezza; e i radi scuri intensi, le chiome di Maria, le ombre sotto l'arco del ponte, le chiazze del fogliame, vi acquistano vivezza di macchia. La Natività della Galleria Doria è una delizia di contorni instabili, di forme che s'accentuano e dileguano con l'ombra e la luce, di linee che s'annodano e si snodano nella lieve ghirlanda umana. Come in un cocchio di fiori che scorra per le vie del cielo, passa la Vergine con Gesù, la piccola S. Caterina e gli Angioli, nel quadro dello Sposalizio di S. Caterina, a Parma, sogno di eleganze parmigianinesche espresso mediante linee fluenti, deliziosa instabilità di contorni, delicatezza di vesti velate, di teste ricciute, di mani fogliacee. Non risponde a tanta grazia di trame compositive la Madonna col Bambino e Angioli della Galleria Pitti, che è il punto d'arrivo del più artificioso e perfetto manierismo parmigianinesco, l'applicazione più studiata del suo formulario estetico, tanto che la colonna fortemente rastremata dietro il seggio e l'anfora tenuta fra le braccia da un'angelo, appaiono come simboli della forma muliebre, che sboccia ovoidale nel contorno dei fianchi e si restringe all'estremo.
Mirabile ritrattista fu il P. La cosiddetta cortigiana Antea del Museo di Napoli si disegna sul fondo verde come incisa nel marmo da un contorno penetrante e adamantino, che preludia alle castigate eleganze di un Ingres, pure essendo tipicamente parmigianinesco per il segno vibratile e deciso, la sinuosità dei lineamenti, la sottigliezza delle armonie cromatiche, il contorno preciso e conciso. Raffinata espressione di eleganze lineari e di sottigliezze pittoriche è l'autoritratto degli Uffizî, veduto traverso il velo di un liquido e trasparente chiaroscuro, come riflesso da specchio. Bello, raffinato nella cravatta a punte lanceolate, nella posa della mano aristocratica, sotto le falde mobili di un cappello nero, si presenta l'aristocratico signore, il sovrano delle cinquecentesche eleganze. Sinché, nel ritratto di giovanetta a Napoli, prossimo, per nerveggiata linea e snellezza di sagoma, ai ritratti del Pontormo, sembra che il gran nodo di stoffa bizzarramente formi la persona slanciata e acuta come un fioretto, nella sua mossa nervosa, di tutta tensione.
Meglio che nei quadri, il valore pittorico del P. si esprime nelle incisioni, che più delle pitture contribuirono a crear la moda artistica parmigianinesca in Italia. Gran signore, perfetto aristocratico è il P., che ama soprattutto l'eleganza di un contorno, la purezza di sagoma delle forme modellate come in stampi preziosi da un sapiente vasaio: le anfore, che egli predilige quali ornamenti, sino dagli affreschi giovanili di S. Giovanni, appaiono come simboli del suo ideale estetico. Egli è un raffinato, un principe della moda, un esteta che giunge per sottili ragionamenti all'arte, piuttosto che un pittore nato, un pittore d'istinto, quale fu il suo contemporaneo Correggio. Padre dell'acquaforte italiana, le sue incisioni diffusero stilistiche eleganze dall'Emilia alla Toscana, a Roma, all'Italia settentrionale: raggiunsero il Pontormo nel mondo inquieto del manierismo toscano; raggiunsero Paolo Veronese, nel suo regno di colore.
V. tavv. CXVII e CXVIII. E v. anche grembiule, XVII, tav. CXCIX.
Bibl.: L. Fröhlich-Bum, P. u. d. Manierismus, Vienna 1921; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, ii, Milano 1926, pp. 623-691; L. Fröhlich-Bum, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIV, Lipsia 1930 (con ampia bibl.); B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Oxford 1932; G. Copertini, Il P., Parma 1932.