Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il minimalismo si colloca tra le avanguardie europee e la lezione di John Cage. Le musiche di Young, Riley, Reich e Glass, composte di moduli minimali, chiedono all’ascoltatore di focalizzare la propria attenzione su minimi sfasamenti sonori. Si ridimensiona l’importanza del compositore tradizionale e si guarda a Oriente, cercando di creare uno spazio e un tempo diversi da quelli delle sale da concerto tradizionali. In Europa, tendenze minimaliste si riscontrano in Michael Nyman e nella ambient music di Brian Eno.
John Cage e i prototipi della musica minimalista
Il termine “minimalismo” nella storia del Novecento musicale indica l’esperienza di alcuni compositori americani, e poi anche europei, che a partire dagli anni Sessanta hanno composto musiche caratterizzate da moduli ripetitivi, inizialmente per organici ridotti, con l’intenzione di focalizzare l’ascolto del pubblico sulle minime variazioni timbriche, ritmiche, melodiche e armoniche delle composizioni. Il minimalismo nasce come reazione, da una parte al rigore dello strutturalismo europeo, dall’altra alla indeterminatezza introdotta dal compositore americano John Cage con le sue opere aleatorie. Tra questi due estremi il minimalismo trova un proprio equilibrio.
Nonostante ciò, tutti i compositori minimalisti fanno capo alla lezione di John Cage (1912-1992). In una celebre polemica, Cage contrappone la figura di Erik Satie (1866-1925) a quella di Beethoven, affermando così l’emancipazione dalla tradizione musicale romantica, che vede la storia della musica come una serie di vette espressive secondo una progressione lineare, eurocentrica e illuminista. Nel pensiero e nell’opera di Cage, il compositore mette la sordina al proprio ego in favore di nuove possibilità musicali che si aprono all’intervento del caso, perché “la musica è preesistita all’uomo ed esisterà anche dopo la sua scomparsa”, ricorda Cage. E soprattutto, “anche il silenzio è gravido di suoni”. Questa è la lezione del cosiddetto brano silenzioso 4’33”, in cui il pianista non esegue alcuna nota per la durata indicata dal titolo. Durante la prima esecuzione scoppia all’esterno dell’auditorium un provvidenziale temporale che fornisce opportuni tuoni e scrosci d’acqua alla performance.
Le composizioni di Cage per pianoforte solo degli anni Quaranta sono spesso indicate come prototipi della musica minimalista. Inoltre, l’interesse di Cage per le discipline orientali si ritrova in tutti i principali compositori minimalisti, LaMonte Young (1935-), Terry Riley (1935-), Philip Glass (1937-) e Steve Reich (1936-), seppure in diversa misura. Per loro, come per Cage, in contrasto con l’opera romantica, la focalizzazione su elementi e processi sonori minimi ha la valenza “di una cartolina postale”. È l’unicità di ogni singolo evento, attraverso cui l’intera opera si compie e acquista senso. Così l’enfasi viene posta più sul meccanismo della composizione, sul suo processo generatore, che sull’opera come espressione dell’ingegno compositivo. Ascolto, esecuzione e composizione assumono quindi pari rilevanza.
Quel che accomuna il gruppo storico dei compositori minimalisti, sul piano operativo, è poi la scelta, dettata soprattutto da questioni pratiche e poco diffusa in ambito colto, di poter eseguire la propria musica in concerto accompagnati da piccoli ensemble. Per far questo, la concomitante affermazione della musica rock, proprio verso la metà degli anni Sessanta, suggerisce soluzioni che permettono di farsi ascoltare utilizzando sistemi di amplificazione dal vivo, nonché strumenti elettrici e più tardi elettronici, quali organi e bassi elettrici, sintetizzatori, tastiere multitimbriche, e anche impianti luce. L’evoluzione, poi, del supporto fonografico, ha influenzato il lavoro di questi musicisti, che nella distribuzione discografica hanno trovato un canale di promozione importante e privilegiato piuttosto trascurato dalle musiche di ambito colto più accademico.
LaMonte Young
Tra i precursori del minimalismo, dopo studi musicali regolari LaMonte Young incontra Cage a Darmstadt nel 1959, subendone fortemente l’influenza. Questa risulta evidente ai tempi della sua partecipazione al movimento artistico Fluxus, di cui fanno parte molti allievi di Cage. In questo periodo Young esplora diverse situazioni performative particolarmente in sintonia con il pensiero di Cage. Liberando delle farfalle durante una performance, per esempio, egli suggerisce che esistano dei suoni anche quando il nostro orecchio umano non è in grado di rilevarli.
Young è il compositore che più a fondo ha spinto la leva della sperimentazione, lasciando che il suono liberasse la propria essenza costitutiva, quasi indipendente dal lavoro del compositore. Interessato alla musica tradizionale indiana, Young collabora con il maestro di canto indiano Pandit Pran Nath, e i suoi lavori rinunciano a qualunque intenzione ornamentale, riducendo la composizione a una lenta e dilatata mutevolezza armonica, costruita su elementi minimi del tessuto sonoro, bordoni e armonici che assumono una funzione rituale. Come nei mantra della tradizione indiana, dove la musica smette di essere intrattenimento e diventa veicolo per la meditazione.
Terry Riley
Terry Riley dopo aver collaborato con LaMonte Young raggiunge un rilevante successo discografico con In C e con A rainbow in curved air, che agli inizi degli anni Settanta attraggono un vasto pubblico per via della loro piacevolezza timbrica, per l’andamento ipnotico e per la suggestione vagamente psichedelica, assai in voga in quegli anni. Anche la musica di Riley è molto influenzata dalla tradizione indiana. Nei suoi lavori, sia per strumenti acustici tradizionali che per sintetizzatori e strumenti della tradizione non occidentale, si aprono ampi spazi per l’improvvisazione, per il recupero del blues, e anche per l’utilizzo di organici più tradizionali, come nel caso del Kronos Quartet, quartetto d’archi per il quale Riley scrive Cadenza on the Night Plain.
Steve Reich
Nato a New York nel 1936, dopo aver studiato con Darius Milhaud (1892-1974) e con Luciano Berio (1925-2003), Reich fa parte del gruppo che esegue la registrazione di In C con Terry Riley. Tra i più autorevoli e interessanti compositori minimalisti, egli lavora inizialmente a pionieristiche sperimentazioni su nastro magnetico (It’s Gonna Rain, Come Out, Violin Phase), che si basano su lievi ma sensibili sfasamenti temporali di materiali sonori semplici (un frammento di parlato, una frase eseguita al violino). L’evoluzione di questa tecnica porta a composizioni più complesse e affascinanti, con organici composti prevalentemente da percussioni. La musica ripetitiva di Reich non cerca alcun effetto ipnotico, ma vuole sollecitare la percezione dell’ascoltatore sulle minime variazioni del tessuto sonoro. Con l’avvento dei campionatori, che consentono di introdurre nella musica elementi non armonici (quali rumori e voci catturate dalla vita quotidiana) Reich compone Different Trains, per voci campionate e quartetto d’archi. In seguito Reich si è dedicato a opere di teatro musicale che al suono abbinano l’utilizzo dei video.
Philip Glass
Forse il più popolare tra i compositori minimalisti, Philip Glass è celebre autore di musiche per la danza (con le coreografie di Lucinda Childs e Twyla Tharp), per il teatro di Bob Wilson (Einstein on the Beach), per il cinema di Paul Schrader (Mishima), Martin Scorsese (Kundun), Peter Weir (The Truman show), Stephen Daldry (The Hours), e per il cinema documentaristico di Goffrey Reggio nella trilogia “Qatsi”. Glass è autore di molti album a proprio nome, di produzioni discografiche pop-rock, di opere di teatro musicale. La sua produzione si divide tra musica strumentale, eseguita con un proprio ensemble di fiati, tastiere elettroniche, piano e archi, l’opera contemporanea (Einstein on the Beach, The Civil Wars, Sathyagraha e Akhnaten), le collaborazioni pop-rock con Brian Eno (1948-) e David Bowie (1947-), la musica di scena per danza e teatro. Gli organici cambiano e così pure la durata dei lavori, dalle maratone delle opere fino alla miniatura dei suoi pezzi brevi, come nel caso dei brani contenuti in Glassworks oppure in Songs from Liquid Days, interessante connubio di nuova musica e forma canzone, con testi di Laurie Anderson, David Byrne, Paul Simon e Suzanne Vega.
Meredith Monk e la Lovely Music
La cantante, performer, coreografa e compositrice americana Meredith Monk (1942-) rappresenta un caso a parte nel panorama minimalista e contemporaneo in generale. La sua specificità è data soprattutto dall’aver creato una forma di teatro musicale che accosta aspetti coreografici a sperimentazioni vocali, insieme a musiche di chiara matrice minimalista. Monk ha fondato una compagnia (The House) con la quale produce ed esegue le proprie opere che, pur focalizzate sull’espressività vocale, fanno uso di pianoforte, tastiere elettroniche, fiati e, più recentemente, anche di una grande orchestra.
L’etichetta discografica Lovely Music, diretta dal compositore americano Robert Ashley, ha pubblicato diversi lavori dello stesso Ashley, come pure di Meredith Monk, David Behrman, Peter Gordon, Blue “Gene” Tyranny, Joan La Barbara, Pauline Oliveros e molti altri musicisti sperimentali, tra elettronica, musica concreta e minimalismo. Si tratta di esperienze confinanti con il minimalismo, spesso con accenti di sperimentazione più estrema.
Il minimalismo europeo
Presto la corrente minimalista si è spinta Oltreoceano. Sono molti in Europa i compositori domiciliabili all’indirizzo minimalista. Innanzitutto Michael Nyman (1944-), critico musicale e compositore inglese che ha conosciuto un’affermazione internazionale grazie alla colonna sonora del film di Jane Campion Lezioni di piano (The piano). Ma il suo lavoro, che attinge spesso a fonti classiche, per rielaborare i materiali con pressanti formulazioni iterative, ha accompagnato numerosi altri film, di Peter Greenaway (Il mistero dei giardini di Compton House, Lo zoo di Venere, Giochi nell’acqua, Il ladro, il cuoco, sua moglie e l’amante), di Patrice Leconte (Monsieur Hire) e di altri registi. Nyman è anche l’autore del volume Experimental music: Cage and beyond (Cambridge University Press, 1974), cui si deve il primo resoconto organico sulla nuova scena sperimentale di derivazione americana.
Ricordiamo qui anche il belga Wim Mertens, pianista e compositore che ha trovato una sua originale via al minimalismo, e l’italiano Ludovico Einaudi (1955-).
Brian Eno, l’Ambient Music e la collana Obscure
Sebbene il musicista e produttore discografico Brian Eno venga raramente incluso tra i minimalisti, sono numerosi gli elementi che permettono di associare il suo nome a quelli fin qui trattati. Eno non è per nulla estraneo alla lezione di Cage, innanzitutto. Ma se la musica di Cage appare multiforme e attraversata da correnti sperimentali che non sfuggono il confronto con le avanguardie musicali storiche, soprattutto per l’aspetto notazionale, la musica di Eno predilige pattern ripetuti, timbriche elettroniche, e soprattutto presta una particolare attenzione al formato discografico quale mezzo privilegiato di ascolto e diffusione della musica.
Eno nasce come musicista extracolto, nel gruppo rock dei Roxy Music, e presto si interessa di sintetizzatori, sperimentazione tramite montaggio su nastro magnetico, tecniche di registrazione multitraccia. Nella seconda metà degli anni Settanta teorizza una Ambient Music che rimanda direttamente alla “musica d’arredamento” suggerita da Erik Satie ai primi del Novecento. A questa musica per ambienti Eno dedica una serie di lavori discografici che avrebbero lo scopo di sonorizzare, fornendo un adeguato sfondo musicale, diversi spazi delle città contemporanee (aeroporti, gallerie d’arte). In queste produzioni Eno collabora con il bassista e produttore americano Bill Laswell, con il trombettista californiano Jon Hassell, con il compositore inglese Harold Budd, con il produttore e chitarrista canadese Daniel Lanois (produttore di U2, Peter Gabriel e Bob Dylan, fra gli altri). Inoltre, nella collana discografica Obscure, Eno raccoglie per la prima volta lavori di nuovi compositori sia di area minimalista (Michael Nyman, Gavin Bryars) che sperimentale (David Toop, Max Eastley).