GIORGI, Ignazio
Nacque a Roma il 10 sett. 1849, da Giuseppe, di una famiglia da più generazioni romana e un tempo ricca, e da Angela Boscarini.
Il bisavolo, Carlo, ricco mercante di campagna, aveva finanziato le spese per il monumento sepolcrale di papa Clemente XIV eretto dal giovane A. Canova nella chiesa romana dei Ss. Apostoli e contribuito, con 193.000 scudi, al prestito forzoso imposto dai Francesi per la pace di Tolentino (19 febbr. 1797). Ma le fortune della famiglia erano in seguito rapidamente declinate, al punto che il padre dovette accontentarsi di un grado militare nell'esercito pontificio: sposatosi cinquantenne con la figlia dello scultore forlivese G. Boscarini, Giuseppe Giorgi morì lasciando il G., unico figlio, orfano all'età di sedici anni.
Dopo gli studi nel seminario romano di S. Apollinare, coronati dalla laurea in filosofia nel 1866, il G. passò all'Università romana, ove ebbe per maestri I. Alibrandi e C. Re e si laureò in giurisprudenza nel 1870. Sin dagli anni della giovinezza strinse profonda amicizia con U. Balzani, E. Monaci, O. Tommasini; con loro, abbandonata la carriera forense, si dedicò allo studio della storia, della paleografia e alla critica dei testi medievali (nella Rivista di filologia romanza, II [1875], fu pubblicato il suo primo articolo, in collaborazione con G. Navone, dedicato al Ritmo cassinese). Con Monaci, Tommasini e con altri studiosi di diverso orientamento, il 5 dic. 1876, nella casa di P.E. Visconti, il G. fu tra i fondatori della Società romana di storia patria, della quale fu nominato segretario già nella riunione tenutasi il successivo 14 dicembre. E nell'ambito e sullo sfondo della Società si svolse buona parte dell'attività del G., il quale, nel 1886, assunse anche l'insegnamento della bibliografia nel secondo corso pratico di metodologia della storia.
Diversi dei suoi non numerosi studi - centrati sulla storia del Medioevo romano e del monastero imperiale di Farfa - videro la luce nelle pubblicazioni della Società, sin dal suo secondo articolo, Il regesto del monastero di S. Anastasio ad Aquas Salvias, in Archivio della R. Società romana di storia patria, I (1877), pp. 49-77.
Già prima del 13 apr. 1877 al Balzani e al G. era stata affidata l'edizione del Regestodi Farfa compilato da Gregorio di Catino, perché in quella data i due chiesero che la pubblicazione fosse sorvegliata da una commissione (poi composta da C. Corvisieri, che aveva invitato i due all'impresa e ne agevolò gli sforzi, da G.B. De Rossi e dal Monaci); l'edizione, compiuta sulla base del codice autografo (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 8487), vide la luce nell'arco di trentacinque anni in cinque volumi della Biblioteca della R. Società romana di storia patria (I, 1914; II, 1879; III, 1883; IV, 1888; V, 1892), superando non lievi problemi finanziari (denunciati già nella seduta del 20 dic. 1877) anche grazie a contributi del Comune di Roma, patrono della Società, e dello stesso Balzani.
Nel primo volume, ultimo a uscire, il G. firmò la seconda parte della Prefazione, dedicata alla paleografia farfense, alla biblioteca e all'archivio, e alla descrizione del codice del Regesto (pp. XXX-XLVII), mentre Balzani ne preparò la parte più propriamente storica (Le antiche memorie storiche di Farfa e Gregorio di Catino, pp. VII-XXX). Nel suo complesso (1324 atti dal 705 al sec. XII), l'opera mise a disposizione "un materiale documentario di primaria importanza, specialmente per gli studi di diritto" (Morghen), costituendo "una svolta nello studio delle condizioni giuridiche delle persone private e della proprietà della terra nelle epoche longobarda e franca" (Petrucci). Ancora di argomento farfense furono gli articoli: Il Regesto di Farfa e le altre opere di Gregorio di Catino (in Archivio della R. Società romana di storia patria, II [1879], pp. 409-473); Biografie farfensi di papi del X e dell'XI secolo (ibid., XXXIX [1916], pp. 513-536); Ancora delle biografie farfensi di papi del X e dell'XI secolo (ibid., XLIV [1921], pp. 257-262, in discussione con L. Duchesne).
Accanto ad altri contributi sulla storia medievale e moderna di Roma, sull'antica biblioteca di Nonantola (Rivista delle biblioteche e degli archivi, VI [1895], pp. 54-60), su documenti terracinesi (Bullettino dell'Istituto storico italiano, XVI [1895], pp. 55-92), vanno poi segnalati gli articoli sulla Storia esterna del codice vaticano del Diurnus Romanorum pontificum (in Archivio della R. Società romana di storia patria, XI [1888], pp. 641-689) e Appunti intorno ad alcuni manoscritti del Liber pontificalis (ibid., XX [1897], pp. 247-312).
Nell'articolo del 1897 il G. avanzò l'ipotesi dell'origine romana della minuscola carolina sulla base di un confronto tra il frammento laurenziano, Acquisti e doni 195, del Liber pontificalis, datato alla seconda metà del sec. IX, e l'esemplare vaticano del Liber diurnus, localizzato a Roma e datato all'800 circa da Th. von Sickel. Secondo tale ipotesi, la nuova scrittura sarebbe quindi arrivata in Francia con i codici romani recativi al tempo di Pipino e di Carlo Magno. Sostenuta nel 1908 da V. Federici, confutata da L. Traube ma ancora rilanciata nel 1917 da A. Gaudenzi, la tesi non è più sostenibile ma si inserì allora in un fervido e fecondo slancio di ricerche sull'area grafica romana e romanesca.
Dopo il matrimonio, nel 1877, con Adele Boscarini, sua cugina materna, il G. entrò nel 1878 come supplente straordinario nel ruolo di assistente, nella Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele II di Roma, inaugurata due anni prima da R. Bonghi. Nel 1880 vinse il posto di vicebibliotecario nell'Universitaria di Pavia, ove lavorò sino al 1882, quando tornò come bibliotecario alla Nazionale di Roma; nel 1884 ottenne, nell'Università romana, la libera docenza di paleografia e diplomatica.
Alla Nazionale si occupò della catalogazione dei manoscritti dei vari fondi confluiti nella biblioteca, in modo particolare del fondo Sessoriano (comprendente i manoscritti provenienti dal monastero cistercense romano di S. Croce in Gerusalemme), del quale recuperò numerosi codici sottratti alla consegna (cfr. Relazione sui manoscritti Sessoriani ricuperati dalla Biblioteca nazionale centrale Vittorio Emanuele di Roma, in Appendice del Bollettino ufficiale dell'Istruzione pubblica, XL, 12, Roma 1885, pp. 1293-1296).
La catalogazione dei manoscritti Sessoriani fu compiuta dal G. a più riprese, fra il 1878 e il 1880 e tra il 1882 e il 1885; portato a termine presumibilmente entro il 1889, il catalogo, "piuttosto accurato, soprattutto per quanto riguarda la parte testuale" (Jemolo-Palma), costituisce ancora oggi il principale strumento di accesso al fondo.
Promosso prefetto della Biblioteca nazionale di Palermo nel 1889 (ma già nel 1886 aveva rifiutato l'incarico per non lasciare Roma e per lo stesso motivo aveva tentato, inutilmente, un concorso alla Biblioteca del Senato), vi rimase per quattro anni, sino al 1893, quando ottenne (anche grazie a P. Villari) di tornare a Roma, col grado di bibliotecario, per dirigere la Biblioteca Casanatense.
Il trentennio di direzione alla Casanatense si contraddistinse per i molteplici sforzi spesi nel miglioramento dell'organizzazione della biblioteca nel nuovo scenario della Roma italiana. Con G. Biagi, G. Bonazzi, G. Calcagno e P. Fedele, il G. partecipò nel 1921 alla commissione che stese le Regole per la compilazione del catalogo alfabetico (1922), primo codice italiano di norme catalografiche. Accanto al prioritario impegno di bibliotecario, il G. continuò, tuttavia, a coltivare gli studi e a dedicare i suoi sforzi alla promozione e all'organizzazione delle ricerche, in particolare: nell'Istituto storico italiano (sorto nel 1883), del quale fu segretario dal 1887 al 1888 e, senza interruzione, dal 1894 al 1924; nella Commissione colombiana, della quale fu segretario nel 1888; e nella Commissione leopardiana, di cui fu segretario dal 1897 al 1907.
Come segretario dell'Istituto storico italiano, per oltre un trentennio il G. si occupò precipuamente delle pubblicazioni, seguendo personalmente e portando alla stampa numerosi volumi delle Fonti per la storia d'Italia, dei Regesta chartarum e del Bullettino dell'Istituto storico italiano (testimonianza dell'alacrità del suo impegno è nelle lettere da lui indirizzate al Villari, che dal 1898 al 1911 fu presidente dell'Istituto).
Come segretario della Commissione leopardiana, ebbe per dieci anni la consegna dei manoscritti di G. Leopardi provenienti dall'eredità di A. Ranieri, espropriati dallo Stato e depositati temporaneamente nella Casanatense a disposizione della Commissione - presieduta prima da G. Carducci, poi da F. Mariotti - incaricata di prepararne la stampa. E il G. si occupò della stampa dei sette volumi (1898-1907) nei quali fu pubblicata una scelta delle carte leopardiane.
Nella sua veste di segretario dell'Istituto storico italiano, il G. svolse un ruolo saliente nelle trattative per acquisire allo Stato italiano la biblioteca della famiglia Chigi. Già alla fine del 1912, il ministero della Pubblica Istruzione, al quale era giunta da parte del principe Chigi la proposta dell'acquisto della biblioteca, aveva incaricato il G. di esaminare l'importanza e la consistenza dei suoi fondi manoscritti e stampati, di studiarne la condizione giuridica e di prepararne la stima. L'impegno occupò il G. per quasi due anni, sino alla metà del 1914, quando presentò la sua relazione; ma solo nel 1916, quando si temette l'intervento dell'antiquario fiorentino Tammaro de Marinis, gli interventi di Monaci, del G. e di P. Boselli fecero apporre il fermo tramite la direzione generale delle Antichità e Belle Arti. La questione dell'acquisto governativo fu così risollevata, anche per merito del G., il quale, ottenuto l'assenso del principe e deciso l'acquisto, si occupò della ricognizione e della consegna della raccolta. Per preservare i cimeli più preziosi da possibili incursioni aeree negli anni di guerra e per renderli subito disponibili agli studiosi, il G. prese in consegna 500 fra manoscritti e incunaboli, che trasportò alla Casanatense, ove rimasero sino al luglio 1922.
Contemporaneamente, prima della fine di luglio 1918, il G. elaborò un piano di riordinamento della Chigiana e di adattamento dei suoi locali alle nuove esigenze che il passaggio nelle mani governative avrebbe comportato (il Disegno di ordinamento della R. Biblioteca Chigiana del G. è in Biblioteca apostolica Vaticana, ms. Chig. T.IV.1, fasc. 3, cc. 1r-9v). Ma, quando ormai la biblioteca sembrava definitivamente acquisita allo Stato (cfr. Cenni sulla Biblioteca Chigiana recentemente acquistata dallo Stato, in Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, s. 5, XXVII [1918], 3-4, pp. 151-156; la Convenzione con i principi Chigi per l'acquisto da parte del ministero della Pubblica Istruzione della Biblioteca Chigianae di quadri, sculture ed altri oggetti d'arte esistenti nel palazzo Chigi…, datata 11 apr. 1918, è in Bibl. apost. Vaticana, ms. Chig. T.IV.1, f. 1, n. 3), le vicende presero improvvisamente un corso diverso da quanto il G. aveva sperato e predisposto per l'"interesse degli studi" e il "decoro nazionale". Il 28 dic. 1922, il Consiglio dei ministri decise l'"aggregazione" della Chigiana alla Biblioteca apostolica Vaticana "per ragioni di ordine pubblico e culturale", come scrisse nello stesso giorno al Boselli B. Mussolini, allora presidente del Consiglio ma anche presidente dell'Istituto storico italiano; e la biblioteca fu trasferita in Vaticano fra il 25 genn. e il 9 febbr. 1923.
Il fallimento del suo progetto di acquisizione della Chigiana (appena compensato da assicurazioni e garanzie offerte per la sede dell'Istituto storico italiano) fu causa di grave delusione per il G. e, forse, un aggravante per il suo stato di salute, già compromesso. Di fatto, dopo la morte della moglie, avvenuta nel maggio 1923, e il collocamento a riposo dal suo incarico di direttore della Casanatense, nel dicembre dello stesso anno, il G. visse un veloce declino.
Il G. morì a Roma il 24 giugno 1924.
Fu ascritto a numerose società e accademie scientifiche: corrispondente della Société de l'Orient latin (1876), socio di diverse società di storia patria (siciliana, 1890; umbra, 1894; ligure, 1900), membro della Società bibliografica italiana (1897), fu infine nominato, il 17 febbr. 1916, socio corrispondente e, il 29 sett. 1921, socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, per la storia e la geografia storica.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. dell'Istituto storico italiano per il Medio Evo, Carte I. Giorgi (con lettere, fra gli altri, di P. Boselli, C. Cipolla, D. Comparetti, I. Del Lungo, G. Falco, P. Fedele, V. Federici, R. Morghen, E. Monaci, F. Novati e P. Villari; ma documenti riconducibili al G. sono anche nelle sezioni istituzionali dell'Archivio); Ibid., Carte E. Monaci, fasc. 31 (lettere del G. a Monaci, dal 1887 al 1890); Ibid., Carte R. Morghen, U.A. 154 (lettere del G. a Morghen, 1923-24); Biblioteca apostolica Vaticana, Carteggi Villari, 22, cc. 342-415 (33 lettere e 2 telegrammi del G. a P. Villari, dal 16 giugno 1887 al 31 marzo 1908); Ibid., Vat. lat. 14260, cc. 10, 40; 14261, cc. 65 s., 160; 14262, cc. 57, 79-83, 88 s., 328, 353, 379, 601, 692; 14263, cc. 434 s.; 14264, cc. 125 s.; 14266, c. 413; 14267, cc. 375 s.; 14268, cc. 219, 228; 14269, cc. 70 s.; 14270, c. 324; 14271, cc. 258, 515; 14272, c. 390; 14273, c. 531; 14274, c. 145; 14275, cc. 9, 19 s., 99, 109 s., 168, 280, 316; 14276, cc. 170, 404; 14277, c. 25; 14278, c. 265; 14280, c. 316; 14281, c. 386; 14282, cc. 74, 80, 132; 14283, cc. 348 s.; 14285, c. 213; 14286, c. 269 (50 lettere del G. a G.B. De Rossi dal 2 genn. 1879 al 1° ag. 1890). Un cospicuo numero di lettere fra il G. e Pietro Fedele è pubblicato in Pietro Fedele storico e politico. Atti della tavola rotonda nel cinquantenario della scomparsa di Pietro Fedele (Gaeta… 1993), a cura di F. Avagliano - L. Cardi, Montecassino 1994, pp. 121-155.
L. De Gregori, I. G., in Arch. della R. Società romana di storia patria, XLVIII (1925), pp. 413-420 (alle pp. 419 s., bibliografia); Bull. dell'Istituto storico italiano, XLIII (1925), p. 179; La Cultura, V (1926), p. 528; Lettere a R. Morghen, 1917-1983, a cura di G. Braga - A. Forni - P. Vian, introduzione di O. Capitani, Roma 1994, pp. XVII n. 29, 58 n., 62 e n.; V. Carini Dainotti, La Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele al Collegio romano, I, Firenze 1956, pp. 65, 68, 103, 119; G. Cencetti, Lineamenti di storia della scrittura latina, Bologna 1956, pp. 168-171; R. Morghen, Il rinnovamento degli studi storici in Roma dopo il 1870, in Arch. della Società romana di storia patria, C (1977), pp. 40 s.; A. Pratesi, La Società romana di storia patria scuola di critica diplomatica, ibid., pp. 193, 197; M. Palma, Sessoriana. Materiali per la storia dei manoscritti appartenuti alla biblioteca romana di S. Croce in Gerusalemme, Roma 1980, pp. XXIV s.; V. Jemolo - M. Palma, Sessoriani dispersi. Contributo all'identificazione di codici provenienti dalla biblioteca romana di S. Croce in Gerusalemme, Roma 1984, pp. 16 s.; F. Bartoccini, Roma nell'Ottocento, Bologna 1985, pp. 229, 291; P. Supino Martini, Roma e l'area grafica romanesca, Alessandria 1987, pp. 7-14 e passim; A. Forni, L'Istituto storico italiano, in Speculum mundi. Roma centro internazionale di ricerche umanistiche, a cura di P. Vian, Roma [1992], pp. 604 s., 609, 616 e n., 627, 629, 632 e n., 634 s.; G. Battelli, La Società romana di storia patria, ibid., pp. 737-739; A. Petrucci, Breve storia della scrittura latina, Roma 1992, p. 110; F. Cristiano, Figure dell'antiquariato librario e dell'editoria romana tra Otto e Novecento, Manziana 1995, p. 22; M.C. Misiti, "Strena ad Petrum". (La Chigiana e il Vaticano). Storia e documenti inediti, in Miscellanea Bibliothecae apostolicae Vaticanae, VII, Città del Vaticano 2000, pp. 245-302; Chi è?1908, s.v.; C. Frati, Diz. bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani dal sec. XIV al XIX, Firenze 1934, s.v.; M. Parenti, Aggiunte al Diz. bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani di C. Frati, Firenze 1959, p. 129.