Ibn Ṭufayl, Abū Bakr Muḥammad ibn ̔Abd al-Malik ibn Muḥammad (noto nel mondo occidentale come Abubacer) Medico, scienziato, poeta e filosofo arabo di Spagna (Guadix, Granada, 1100 ca
Marrakesh 1185). Fu attivo presso la corte almohade, alla quale avrebbe introdotto Averroè. Delle sue opere, l’unica rimastaci è il romanzo filosofico Ḥayy ibn Yaqẓān («Il Vivente figlio del Desto») che riprende nel titolo uno scritto di Avicenna. In esso è descritto il percorso conoscitivo dell’uomo attraverso la metafora di Ḥayy ibn Yaqẓān che, cresciuto sin da fanciullo in un’isola deserta (e nato forse per generazione spontanea), arriva da solo alla verità suprema. Nell’arco della propria vita (in sette tappe, ciascuna di sette anni), non solo egli scopre, piegandole al proprio bisogno, le forze della natura, ma attraverso logica e intuizione, giunge a cogliere la necessità dello stesso Creatore e l’armonia del mondo celeste. Quando il musulmano Absāl, fratello di Salamān (anche questi nomi sono avicenniani), giunge nella sua isola in cerca di isolamento, Ḥayy viene in contatto con la religione rivelata. Egli constata allora il sostanziale accordo della rivelazione con la visione dell’Universo da lui originalmente acquistata, ma comprende anche la necessità del messaggio religioso che nasconde la verità attraverso immagini e allegorie: quando, con Absāl, vorrà comunicare agli uomini la sua scoperta, Ḥayy non incontrerà negli altri che diniego. La legge religiosa è dunque la sola via per salvare tutti gli uomini ignoranti. L’opera fu tradotta in ebraico nel sec. 14° e in latino solo nel 1671 da E. Pocock (Philosophus autodidactus). L’Illuminismo europeo apprezzò molto quest’operetta (ritenuta ispirazione del Robinson Crusoe).