FERRARI, Iacopo Antonio
Nacque a Lecce il 24 luglio 1507, in una famiglia della nobiltà cittadina da sempre impegnata negli affari pubblici del Regno di Napoli. Un suo avo, Francesco Ferrari, cavaliere dello Speron d'oro, era eminente cittadino di Lecce all'inizio del sec. XV.
Seguendo una tradizione ben consolidata, il F. compì i suoi studi universitari di giurisprudenza nell'università di Bologna, dove ebbe per maestro I. Marsilio. Nel 1528 conseguì il dottorato in diritto civile. Gli anni trascorsi a Bologna gli permisero di stringere amicizia con A. Castriota, rampollo di una delle famiglie più eminenti della nobiltà leccese. Sarà proprio alla madre del giovane amico che il F. dedicherà una delle sue prime opere elogiative, nella quale unirà alle lodi per la donna l'esaltazione della storia di una delle famiglie più nobili del Regno.
Insieme con Antonio Castriota il F. intraprese un lungo viaggio che gli avrebbe permesso, come egli stesso ci riferisce, di conoscere gli usi e i costumi di alcuni possedimenti spagnoli. Napoli, Milano, le Fiandre e di seguito Bruxelles ed alcune tra le più importanti città tedesche furono le tappe principali di questo itinerario. A Spira assistettero all'investitura del gran maestro dei cavalieri teutonici conferita dall'imperatore Carlo V. In alcuni capitoli dell'Apologia paradossica, l'opera più importante del F., egli ricorderà i momenti più interessanti di questo viaggio soffermandosi su alcune caratteristiche proprie al governo degli Stati degne di attenzione.
Così un avvenimento marginale, come era appunto la cerimonia di Spira, sarà motivo per permettere al giurista di riflettere sul valore reale di alcune forme simboliche del potere regio. Il mondo della corte, lo spazio tangibile della maestà dell'imperatore saranno motivo di riflessione del F. intorno al concetto di sovranità. La costruzione del potere politico s'iscrive nell'universo dei gesti e delle pratiche quotidiane in cui il re afferma l'autorità delle sue funzioni. A lo stesso F. nell'Apologia a sottolineare come la sopravvivenza di cerimonie di vassallaggio, proprie del mondo feudale, esalti le emozioni popolari, creando quei vincoli di dipendenza, di appartenenza necessari al mantenimento di uno Stato.
Dalla Germania il F. fece ritorno a Napoli. Qui, impegnato in alcune cariche civiche, trascorse gran parte della sua vita. La sua preparazione giuridico-amministrativa e l'appoggio di alcuni governatori regi gli permisero infatti di essere nominato uditore di campo presso Ferdinando Alarcón de Mendoza, capitano generale del Regno di Napoli. Nel 1533 il viceré don Pedro de Toledo lo volle uditore delle province di Calabria.
Il F. rivolse gran parte della sua attenzione letteraria ad alcuni problemi di ordine storico-giuridico. Fu seguendo quest'interesse che nacquero i suoi primi scritti in onore della casa d'Austria, in difesa della funzione del viceré di Milano, sull'antichità della città di Napoli. L'opera che gli permise però di raggiungere una certa notorietà fu certamente l'Apologia paradossica della città di Lecce.
In forma di allegazione giuridica, lo scritto ebbe origine dalla contesa sorta tra le città di Capua e Cosenza sulla pretesa di stabilire quale fosse la più antica città del Regno. Si disputava cioè quale di queste due città dovesse nella persona del suo rappresentante partecipare ai Parlamenti generali del Regno ed avere quindi la possibilità di avanzare proprie richieste. Il F., ritenendo Lecce la più antica e importante città dopo Napoli, tentò con l'Apologia di convincere il duca d'Alcalá, in quegli anni viceré del Regno, a conferire alla città salentina l'ambito privilegio. Non abbiamo notizie certe sull'esito e sulla data del dibattimento. I tempi della stesura dell'opera furono piuttosto lunghi e dovettero impegnare l'autore dal 1576 al 1586, ultimo anno del governo dei duca d'Ossuna, a cui il F. dedicò infine l'Apologia. La stampa avvenne per la prima volta nel 1710, oltre un secolo dopo la composizione, a cura dell'Accademia degli Spioni per volere del principe dell'Accademia, il nobile leccese Giusto Palma.
L'opera, così come fu concepita dall'autore, è un repertorio incredibilmente ricco di tutte quelle fonti storiche che avrebbero attestato la tesi sostenuta; l'immagine della città che lo scritto ci consegna scaturisce da una lunga e complicata genealogia: le origini di Lecce, lo splendore della sua corte nel Medioevo, l'ampiezza dei poteri sul contado, l'antichità della nobiltà dei suoi patrizi sono il passato che giustifica nel presente il ruolo di capitale che la città chiede di svolgere nel Regno.
Il F. morì a Napoli nel 1588.
Le poche notizie sulla attività letteraria del F. si possono dedurre dalla lettura dell'Apologia paradossica. Sette almeno sono gli scritti storico-encomiastici ancora inediti a cui l'autore fa riferimento: Storiadell'abbattimento dei tredici campioni italiani e tredici francesi; Storia di casa d'Austria; Trattato dell'audacia umana; Apologiamedicea in favore di Cosimo de' Medici duca di Firenze; Dell'antichità della città di Corinto; Apologiain difesa del viceré di Milano; Dell'antichità della città di Napoli, e due di carattere storico-religioso: De die natali Christi Dei; Trattato dell'uffizio della badessa.
A stampa, oltre all'Apologiaparadossica (Lecce 1707) si hanno: Raccolta di poesie latine e volgariin morte di Ippolita Gonzaga, Napoli 1564, e Rime e versi inlode dell'illustrissima ed eccellentissima signora D. Giovanna Castriota Carafa duchessa di Nocera e di Civita S. Angelo, ibid. 1585.
L'Apologiaparadossica è stata riedita a cura di A. Laporta, Cavallino-Lecce 1977.
Bibl.: D. De Angelis, Vitede' letterati salentini, II, Napoli 1713, pp. 78-103; G. Grimaldi, Istoria delle leggi e magistrati del Regno di Napoli, continuata da G. Grimaldi, Napoli 1768, pp. 39-56; G. Petraglione, G. A. F., Lecce 1898; C. Villani, Scrittori ed artisti pugliesi, Trani 1904, p. 346; A. Laporta, Introd. a Apologia paradossica, 1977, cit.; M. Fagiolo - V. Cazzato, Lecce, Bari 1984, ad Indicem.