I ritmi delle conquiste assire
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, edizione in 75 ebook
L’espansione assira, che nella lunga durata appare come un processo costante e regolare, conosce in realtà fasi di stallo e di ripresa, in seguito alle quali si determinano sostanziali trasformazioni a livello politico e militare tali da garantirne la continuità. Partita come consolidamento del controllo nelle aree di colonizzazione medio-assira, la conquista riguarda le terre oltre i confini storici del regno solo in una seconda fase e acquisisce una fisionomia imperiale con la provincializzazione, alla metà del VII secolo a.C.
Alla metà del X secolo a.C. l’Assiria è ancora un regno di raggio regionale. La formazione dell’impero e il raggiungimento delle sue pretese egemoniche non sono né un processo continuo sul piano cronologico né tantomeno un processo lineare. Infatti, quella che sul lungo periodo appare come un’irresistibile espansione, cui uno alla volta sono costretti a cedere sia grandi regni sia piccole formazioni statali, conosce di fatto un andamento frenato, ovvero spezzato da periodi di stallo e di ridimensionamento della capacità di successo e di controllo. In effetti, piuttosto che attraverso un progresso ininterrotto, l’Impero va costituendosi secondo un processo evolutivo all’interno del quale i momenti di ristagno o persino di arretramento e i successivi salti qualitativi rivestono una funzione importante nel determinare i cambiamenti a livello organizzativo nella struttura.
La prima fase si configura come una riaffermazione e stabilizzazione del controllo assiro nelle aree di colonizzazione medio-assira, immediatamente a ridosso del Paese. Solamente in un secondo momento la supremazia assume la fisionomia di un impero, con la macchina bellica assira costantemente ed efficacemente proiettata oltre quei limiti. Al “salto” spaziale va necessariamente aggiunto un fondamentale mutamento qualitativo nelle forme dell’assoggettamento, che soltanto dalla metà dell’VIII secolo a.C. assumono un carattere distintamente imperialistico attraverso l’estensione della provincializzazione alle regioni al di là dei confini storici. Una simile evoluzione del sistema del controllo, unita a uno sforzo nel senso della centralizzazione dell’apparato statale, apre alla fase dell’apogeo dell’Impero.
I primi re del periodo neoassiro si preoccupano fondamentalmente di recuperare al regno i vecchi confini: la ripresa e il consolidamento delle posizioni già raggiunte in epoca medio-assira si collocano cronologicamente nella seconda metà del X secolo a.C. e, in particolare, sembrano già avviate durante il regno di Ashur-dan (sovrano dal 934 al 912 a.C.), le cui iscrizioni rivelano esplicitamente l’intento di riguadagnare i territori in cui dilagavano gli Aramei. Geograficamente, gli obiettivi delle ripetute campagne risultano essere le alte terre settentrionali, il pianoro alto-mesopotamico e il confine babilonese, aree determinanti anche per riappropriarsi di sbocchi a importanti vie commerciali.
Fin da questa fase la conquista va attuandosi come avendo già un respiro imperiale: i pretenziosi toni delle iscrizioni reali, che narrano e celebrano le campagne militari, tradiscono un disegno di dominio universale attraverso la legittimazione di un preteso mandato divino. La titolatura e gli epiteti esibiti dai sovrani non lasciano adito a dubbi circa il proposito di inserirsi nel solco della precedente fase espansionistica.
Il successore, Adad-nirari II, dirige le sue mire sulle alte pianure settentrionali, dove ottiene il vassallaggio di Nairi, garantendosi l’approvvigionamento di cavalli e legname, e al confine con la Babilonia, con cui stipula un trattato, segno che in questa fase l’Assiria non è ancora in condizioni di prevalere né politicamente né militarmente. Le campagne militari contro gli Aramei consentono il consolidamento dei territori di Nasibina, Guzana e Khuzirina. Essi valgono il controllo della via commerciale che taglia il Khabur e il Balikh e della direttrice che da Nasibina discende il Khabur fino al medio Eufrate.
Tukulti-Ninurta II (890-884) continua l’attività sugli stessi fronti. Egli è capace di penetrare fino a Dur-Kurigalzu e Sippar, nel cuore del territorio babilonese, per poi risalire lungo il medio Eufrate e il Khabur fino a Nasibina.
Con Assurnashirpal II gli eserciti d’Assiria compiono le prime puntate al di là dei confini storici del Paese, e i dettagli di queste spedizioni sono raccontati in Annali assai particolareggiati.
Inoltre Assurnashirpal usa tutti gli elementi nodali attorno ai quali si impernia l’espressione celebrativa e “propagandistica” dell’imperialismo assiro, compresa la costruzione di una capitale (Kalkhu, l’attuale Nimrud) e la realizzazione dei cicli scultorei palatini. Ma alle campagne militari di questa fase non fanno seguito conquiste stabili: anche la celebrata sortita fino alle rive del Mediterraneo sembra avere piuttosto una valenza simbolica e un’importante contropartita economica, che un effettivo intento di dominio.
Dagli Annali di Assurnasirpal
Il testo seguente è tratto dagli Annali che raccontano le campagne belliche di Assurnasirpal II che, tentando la conquista di territori fuori dai confini dell’impero, si spinge fino alle coste del Mediterraneo.
Al comando di Assur, il grande signore, il mio signore, e di Ninurta, che ama il mio sacerdozio, ho marciato verso il monte Libano. Ho raggiunto il Grande Mare (= il Mediterraneo). Ho lavato le mie armi nel Grande Mare. Ho fatto sacrifici ai miei dèi. In quel tempo, ho ricevuto tributi dai sovrani della costa, dalle terre della gente di Tiro, da Sidone, Amurru, Biblo Makhallatu, Kaizu, Maizu, dalla città di Arvad che è in mezzo al mare – oro, argento, stagno, bronzo, calderoni di bronzo, abiti di lino con ornamenti variopinti, avorio di nakhiru, animali marini. A quel tempo ho ricevuto col loro tributo, grandi femmine di scimmia e piccole femmine di scimmia.
A.K. Grayson, Assyrian Rulers of the Early First Millennium BC I (1114-859), Toronto, 1991
La prima espansione si ha con il successore, Salmanassar III (sovrano dal 858 al 824 a.C.), che indirizza principalmente le sue conquiste verso la Siria occidentale, una regione appetibile per le sue ricchezze e relativamente semplice da dominare per la sua frammentazione politica.
I regni dei diretti successori segnano un’involuzione, dovuta in primo luogo ad una crisi politica interna che dà spazio a rivendicazioni di potere, e talvolta di vera e propria autonomia, da parte dei funzionari regi dislocati sul territorio conquistato. Questi pubblicano iscrizioni a proprio nome utilizzando gli stessi modelli autocelebrativi dei sovrani assiri e tradendo tendenze centrifughe che incrinano la coesione politica dell’impero. Lo Stato ne esce estremamente indebolito soprattutto sul fronte esterno, dove le soluzioni fluide e diversificate del controllo, con governatori a volte assiri a volte locali, facilitano la disgregazione. Il regno di Urartu, sulle alture intorno al Lago di Van, nell’Anatolia orientale, può allora avvantaggiarsi della crisi interna assira riuscendo ad estendere la propria influenza nell’area siriana e intraprendendo delle strategie antiassire.
La vigorosa espansione assira riprende solo in seguito all’attuazione di un processo di rafforzamento dell’autorità centrale associato ad una riorganizzazione dell’esercito. A preparare e ad avviare la conquista è il consolidamento dell’autorità monarchica e del suo prestigio. Nel concreto essa è favorita e resa stabile mediante l’estensione della provincializzazione, che rende omogenee le conquiste in funzione di un più efficace controllo, nel segno di una continuità con Salmanassar III. Di questa politica si fa propugnatore Tiglat-pileser III (sovrano dal 744 al 727 a.C.), che, come usurpatore, pone fine alla precedente linea dinastica. Con lui è l’intera impalcatura politica e organizzativa dello Stato a cambiare fisionomia, trasformandosi in dominio imperiale.
Dopo la Transeufratene e il Levante, la presenza assira diventa in breve più pressante, infine, stabile anche nell’arco montano a nord e nord-ovest e, oltre gli Zagros, a est.
Solo dopo Sargon II (sovrano dal 721 al 705 a.C.) si schiude il disegno, tutt’altro che agevole da realizzare e mantenere, di controllare i tre grandi regni dell’Elam, di Urartu e d’Egitto, rimasti indipendenti. Oltre si estende teoricamente il vuoto, costituito dalle terre che non rientravano nell’interesse dell’Assiria per l’impossibilità di un effettivo controllo, o a causa della distanza, o per il tipo di organizzazione politica. Se le realtà urbane e statali presentavano delle strutture socio-politiche facilmente inglobabili nel sistema imperiale, le popolazioni nomadi e seminomadi sono invece attratte nell’orbita assira mediante lo strumento giuridico dei patti (ade), deputati a formalizzare dei rapporti che non si risolvono in una subordinazione piena, ma in forme di vassallaggio, che spesso risultano instabili.
In questo contesto la Babilonia fa caso a sé, come se si trattasse di una sorta di regione a statuto speciale. Con difficoltà e attraverso diverse modalità di ingerenza politica e di controllo militare (dal protettorato, all’assunzione della doppia regalità – assira e babilonese – da parte di uno stesso re, dall’imposizione di un sovrano fantoccio fino alla distruzione della stessa capitale, Babilonia) i re neoassiri tentano senza soluzione di continuità di includerla nell’Impero. La difficoltà è quella di assumere pieno controllo in una regione dalla tradizione culturale augusta e condivisa, ma animata da forti e pressanti istanze di indipendenza soprattutto da parte della componente caldea della popolazione, di origine alloctona ma capace a più riprese di imporre un proprio rappresentante sul trono di Babilonia. La completa pacificazione di questo territorio diventa d’altra parte una condizione necessaria per la sua sottomissione.
Durante il regno di Assurbanipal (sovrano dal 681 al 631 a.C.), ultimo dei grandi re assiri, si raggiunge una certa stabilizzazione delle conquiste, ormai saldamente in mano assira. L’esaurimento della spinta espansionistica apre progressivamente ad una fase difensiva rispetto alla minaccia proveniente da forze esterne ai confini delle terre sottomesse. Da questo momento in poi l’Impero risulta essere in sostanza inerte, privo di obiettivi espansionistici: per questo, dopo il raggiungimento dell’apogeo segue un repentino e verticale declino. L’ampia portata delle terre assoggettate e la mancanza di successori all’altezza del loro compito appaiono determinanti nel condizionare negativamente le sorti dell’Impero.
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, Antichità, Il Vicino Oriente Antico, Storia