HUMANITAS
Questo termine astratto è stato creato nel latino dotto, come sembra, alla fine del II o ai primi decennî del I sec. a. C. Aulo Gellio ce ne dà la genesi e il significato, che partecipa della philanthropìa e della paidèia dei Greci (Noct. Att., xiii, 17), con preponderanza però del valore lessicale di paidèia che Gellio traduce con l'espressione "eruditio et institutio in bonas artes". Chi è stato istruito ed educato nelle "bonae artes " o, meglio, chi sente attrattiva per esse, costui è humanus ("quas qui percupiunt adpetuntque, hi sunt vei maxime humanissimi"). Pertanto nella comune accezione latina, "humanus" e "humanitas" non tanto si riferiscono alle arti in sé, ma alla capacità di alcuni uomini di apprezzarle, di valutarle, di ricercarle. Dice Varrone (v.) che Prassitele (v.) non è ignoto a nessun uomo "humanior" in quanto costui ha appreso dai libri chi sia stato Prassitele; non dice che lo conosce attraverso le sue opere. Cicerone (Verr., iv, 98) espone che Scipione, uomo "doctissimus atque humanissimus" capiva (intelligebat) e si dilettava dei vasi di bronzo corinzî; capacità che una persona priva di "humanitas" non avrebbe mai avuto.
Bibl.: Heinemann, in Pauly-Wissowa, Suppl. V, 1931, c. 282 ss.