Vedi Honduras dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
L’Honduras è una repubblica presidenziale dell’America Centrale. Dal 1982, con il ritorno alla democrazia dopo un ventennio di regime militare, la competizione politica si è svolta all’interno di una cornice bipartitica, con il potere conteso tra il Partido Liberal de Honduras (Plh) e il Partido Nacional de Honduras (Pnh). Sebbene entrambi abbiano una base rurale, il Plh ha posizioni più riformiste, che hanno raccolto vasto consenso sia tra i contadini che tra la popolazione urbana. Altra caratteristica del sistema politico sono i sindacati, molto potenti: un quinto della forza lavoro è iscritta a un sindacato, la cifra più alta dell’intera America Centrale. L’influenza dei proprietari terrieri e dei sindacati si spiega considerando che il sistema economico honduregno è uno dei meno sviluppati dell’America Latina. I prodotti destinati all’export sono principalmente banane e caffè, e il paese dipende dall’estero per molti prodotti finiti e per le sue necessità energetiche. Gli alti deficit commerciali dell’Honduras hanno causato l’accumulo di un considerevole debito estero, ridotto ma non colmato dai profitti generati dal turismo e dalle rimesse degli emigrati. Anche per questo, poco meno di due terzi della popolazione honduregna vive al di sotto della soglia di povertà. Dal punto di vista sociale, inoltre, le difficoltà economiche aggravano un contesto caratterizzato da alti tassi di criminalità connessi al traffico internazionale di stupefacenti: nel 2009 l’Honduras era il secondo paese più violento al mondo.
L’Honduras è stato l’epicentro di una delle più gravi crisi politico-istituzionali occorse in America Centrale nell’ultimo decennio. Nel 2009, infatti, il presidente Manuel Zelaya (del Plh) è stato estromesso dal potere ed esiliato a seguito di un golpe appoggiato dai militari e dalla Corte costituzionale, dopo aver tentato di proporre un referendum per una nuova Assemblea costituente che, tra l’altro, avrebbe dovuto abrogare il limite dell’unico mandato quadriennale concesso alla presidenza. Dopo un turbolento tentativo di rientro in Honduras, appoggiato dalla comunità internazionale, Zelaya si è infine rassegnato all’esilio, mentre al suo posto veniva eletto in novembre l’attuale presidente, Porfirio Lobo (del Pnh). La transizione e il conseguente ritorno alla stabilità del paese non sono state senza conseguenze. Durante il suo mandato, infatti, Zelaya aveva appoggiato apertamente politiche riformiste. Con ciò si era guadagnato il sostegno dei sindacati, ma aveva contribuito a deteriorare ulteriormente le finanze del paese. Anche dal punto di vista dei rapporti internazionali il cambiamento è stato netto. Zelaya era infatti divenuto uno stretto alleato del presidente del Venezuela, Hugo Chávez, e aveva stabilito l’ingresso del paese nel progetto di Alternativa bolivariana (Alba), in funzione dichiaratamente anti-statunitense, ventilando anche l’ipotesi di chiudere la base militare statunitense che ha sede nel paese. Con uno dei primi atti del nuovo Congresso, invece, l’Honduras ha lasciato l’Alba e ha ribadito la sua alleanza con gli Stati Uniti, d’altronde già sancita nel 2006 dall’ingresso del paese nel Dr-Cafta (Dominican Republic – Central America Free Trade Agreement), il sistema di accordi bilaterali di libero scambio con gli Usa.