PURCELL, Henry
Musicista, nato da una famiglia di musicisti, tra il 21 novembre 1658 e l'11 agosto 1659, morto il 21 novembre 1695; fu uno dei maggiori compositori inglesi. Il luogo della sua nascita è tradizionalmente indicato nella Little St Ann's Lane, Old Pye Street, a Westminster. Rimasto orfano del padre (anch'esso di nome Henry), prima di compiere i 6 anni, venne adottato dallo zio Thomas. Ancora giovanissimo, divenne corista della cappella reale; quando la voce gli si modificò, divenne allievo di John Blow ed ebbe impiego come copista all'abbazia di Westminster, prima dal 1676 al 1678 e poi di nuovo dal 1688 al 1690. È probabile che alcuni dei suoi inni siano stati composti in tale periodo giovanile. Nei Choice Ayres del Playford (1676) fu stampata una canzone del P., a cui ne seguirono altre nel 1679. In tale anno egli succedette al Blow come organista dell'abbazia di Westminster, ma l'asserzione che il Blow rinunziasse volontariamente in favore dell'allievo, non è dimostrata. Circa in tale epoca il P. compose parecchie fantasie (in tre, quattro e cinque parti) per strumenti a corda; talune di queste fantasie hanno la data del 1680. In questo medesimo anno egli cominciò a scrivere per il teatro: il primo saggio fu la musica scritta occasionalmente per il dramma di Nathaniel Lee, Teodosio, o La forza d'amore; nello stesso anno egli cominciò la lunga serie di odi e di canzoni augurali per nascite nella famiglia reale e per altre festività.
Nel 1683 apparvero le sue Dodici sonate a tre voci, nella cui prefazione egli dichiarò di "aver cercato fedelmente l'esatta imitazione dei più famosi maestri italiani", e nello stesso anno compose la prima delle sue odi per la festa di S. Cecilia. In quell'epoca i musicisti di Londra erano soliti tenere una celebrazione annuale della festa di S. Cecilia e la musica per tali occasioni veniva scritta da diversi compositori rinomati. Per l'incoronazione di Giacomo II (1686) egli compose il magnifico inno "My heart is inditing".
Durante questi anni, il P. aveva composto occasionalmente la musica per diverse opere teatrali, delle quali però nessuna, all'infuori della Circe di Ch. d'Avenant (1685?), aveva richiesto elaborazione musicale: nella maggior parte dei casi si era trattato solo di arie di danza per gl'intermezzi e di poche canzoni. Nella Circe invece si trova una scena d'incantesimo la quale dimostra che il P. aveva studiato l'opera barocca italiana. Non si sa per quali motivi il P. non riuscì a entrare nelle grazie del Dryden, che era il principale drammaturgo del tempo e che preferiva la musica di un compositore francese, Louis Grabu, protetto dalla corte. Il Grabu compose la musica per l'Albion and Albanius del Dryden, rappresentato nel 1685. Ma evidentemente il musicista conosceva poco la lingua inglese e l'opera cadde: non fu che un ridicolo tentativo di riprodurre in inglese la smaccata adulazione della corte, che era di moda a Parigi.
Nel 1688 o 1689 il P. produsse un'opera interamente propria: Dido and Aeneas, scritta non per i teatri pubblici, ma per rappresentazione privata in una scuola di signorine tenuta da Josias Priest che era maestro dei balletti nei teatri. La data di quest'opera fu oggetto di molte controversie e per lungo tempo si suppose che fosse scritta nel 1679; ma W. Barclay Squire dimostrò in modo definitivo che non poté essere scritta prima del 1688. Il prologo, recitato da lady Dorothy Burke, allora allieva della scuola, dimostra che l'opera comparve durante il periodo della rivoluzione (1689) o circa quell'epoca. È assai probabile che alla rappresentazione si trovasse presente anche l'attore e impresario Betterton, perché nel 1690 costui chiese al P. di comporre la musica per The Prophetess, or the History of Dioclesian che il Betterton stesso aveva adattato dal dramma di Beaumont e Fletcher. Il Dioclesian (con questo titolo l'opera è generalmente nota) richiedeva tanta musica, che si poteva chiamare quasi un'opera. L'esecuzione di essa indusse il Dryden a un migliore apprezzamento dell'ingegno del P. e nella prefazione del suo Amphitryon (1690), per il quale il P. scrisse alcune musiche, il Dryden loda "l'eccellente composizione del sig. P., nel quale abbiamo finalmente trovato un inglese che sta alla pari con i migliori stranieri. Tale almeno è la mia opinione, dopo la felice e equilibrata esecuzione della sua recente opera". La partitura del Dioclesian fu pubblicata nel 1691, evidentemente in risposta alla pubblicazione di quella dell'Albion and Albanius del Grabu; ma il P. subì in questa pubblicazione una forte perdita, a causa del basso prezzo a cui la partitura fu venduta.
Il Dryden cercò allora la collaborazione del P. per il King Arthur. In origine il poeta aveva considerato Albion and Albanius soltanto come prologo al King Arthur, prologo che seguiva l'esempio di quelli mitologici preposti alle opere del Lulli. Ideato come glorificazione di Carlo II e riscritto sette anni dopo con la speranza di ottenere il favore di Guglielmo III, il King Arthur era un romantico dramma patriottico, anzi così aggressivamente patriottico, da riuscire un poco ridicolo per il pubblico inglese moderno. La scena finale, in cui si celebrano le maggiori industrie inglesi dell'epoca: l'agricoltura, la pesca e il commercio della lana, sembra invero che dia dell'Inghilterra l'immagine d'una "nazione di bottegai". L'opera venne rappresentata nel 1691. L'anno seguente fu seguita da The Fairy Queen, adattamento del Sogno d'una notte di mezza estate di Shakespeare. La commedia è rappresentata (senza musica) in una forma molto mutilata e in ogni atto sono interpolate lunghe scene musicali, con canzoni, cori e danze. Non si sa chi fosse l'autore delle parole di tali scene. Non si trova musicato neanche un verso di Shakespeare; una o due delle liriche possono essere state scritte dal Dryden. L'opera ebbe tanto successo, che l'anno seguente venne ripresa.
Al 1694 appartengono: l'ode per la celebrazione del centenario del Trinity College di Dublino; la revisione della Introduction to the skill of Musick del Playford; il grande Te Deum e lo Iubilate per la festa di S. Cecilia. Nel marzo del 1695 il P. compose la musica per il funerale della regina Maria II, nella quale musica è compreso l'inno "Thou knowest, Lord, the secrets of our hearts" nonché una marcia e una canzone per "flatt trumpets" che indubbiamente erano sackbuts o tromboni. La marcia è un adattamento della musica scritta due anni innanzi per la commedia The Libertine dello Shadwell. Probabilmente allo stesso anno 1695 appartiene la musica per la versione che lo Shadwell fece della Tempesta di Shakespeare, e anche la musica per The Indian Queen di Howard e Dryden. Sembra che la malattia impedisse al P. di terminare quest'ultima composizione, il cui finale venne scritto da suo fratello Daniel. L'ultima opera di Henry P. per il teatro fu la terza parte di The Comical History of Don Quixote, commedia di Th. D'Urfey, nella quale si trova la canzone "From rosy bowers" di cui nell'Orpheus Britannicus si parla come "dell'ultima canzone composta dal sig. P. quando già era malato". Il P. morì, come si è detto, il 21 novembre 1695, probabilmente nella sua casa in Marsham Street a Westminster e fu sepolto sotto l'organo dell'abbazia di Westminster.
Lo stile musicale del P. deriva principalmente dalla tradizione inglese degli elisabettiani, continuatasi attraverso i due Lawes, il Colman, M. Locke e Pelham Humfrey. Il Locke subì in certo grado l'influsso degli Italiani, quale Luigi Rossi, e lo Humfrey studiò a Parigi sotto G. B. Lulli. Il P. fu indubbiamente sotto l'influsso diretto tanto del Lulli quanto degl'Italiani, come G. B. Bassani, G. B. Vitali e A. Stradella. Ma, considerato nel complesso, il suo stile è profondamente originale. Aveva straordinaria ricchezza d'invenzione melodica; il suo contrappunto è magistrale e la sua armonia spesso audace per quel tempo. Come interprete delle parole inglesi, specialmente della Bibbia inglese, non è stato mai superato. Come il Verdi raccomandava ai giovani compositori lo studio di B. Marcello per la declamazione della lingua italiana, così ogni compositore inglese dovrebbe studiare il P. per apprenderne il modo di musicare la propria lingua.
Le prime opere del P. furono di carattere ecclesiastico e per giudicarle bisogna tenere conto del gusto dei tempi. L'inno (anthem) inglese è un mottetto le cui parole sono fornite dalla Bibbia inglese, per lo più dai Salmi. Il re Carlo II amava lo stile francese del Lulli, con interludî spesso poco diversi dalla musica di danza, per volini. Questa appunto è la forma di molti dei migliori inni del P. Secondo il gusto moderno, essi appaiono spesso troppo allegri nell'espressione e nuoce loro l'abuso degli assolo per alto, per tenore, e per basso; l'alto (o contra-tenor) è l'alto in falsetto, tuttora principalissimo in un moderno coro di cattedrale. Dopo la guerra civile vi fu grande scarsità di buoni giovanetti cantori; questa è la ragione per cui, nei primi inni del Locke e del P., ai giovanetti è assegnato quasi soltanto il compito di intonare lieti Alleluia alla fine, mentre il resto è affidato alle voci dei solisti uomini. Una volta accettato il peculiare stile del P., bisogna riconoscere che la sua interpretazione dei testi sacri è profondamente commossa e ha grande virtù chiarificatrice per quanto riguarda il significato delle parole. I suoi inni più noti sono: My beloved spake (dal Cantico dei Cantici); They that go down to the sea in ships, con i suoi notevoli assolo per basso, scritto per la voce eccezionale del rev. John Gostling; Rejoice in the Lord alway, noto con la designazione di Inno della campana a causa del basso ostinato che somiglia a un suono di campane; My heart is inditing, composto per l'incoronazione di Giacomo II, opera condotta su larghissima scala. Per i funerali della regina Maria II, il P. scrisse il commovente Remenber not, Lord, our offences e le Frasi funebri. Il notevole mottetto latino Iahvé, quam multi sunt hostes fu indubbiamente composto per la cappella cattolica di Giacomo II.
Ma il più importante contributo musicale del P. è costituito dalle sue opere per il teatro. A cominciare da Theodosius (1680), egli compose musica, a commissione, per un gran numero di produzioni drammatiche, spesso erroneamente dette "opere". In taluni casi queste rappresentazioni non comportavano altra musica all'infuori d'una serie d'intermezzi orchestrali. Circe e Dioclesian hanno invece lunghe scene musicali che per solito rappresentano cerimonie religiose o magiche; era anche uso frequente nel teatro inglese dell'epoca, d'introdurre masques nelle commedie con musica. Questi masques offrivano al P. ottime occasioni per dimostrare la sua capacità d'invenzione drammatica, tanto tragica quanto comica. Nel 1689 egli compose Dido and Aeneas, da rappresentare in una scuola di giovanette. La piccola opera dura appena più di un'ora, ma percorre un larghissimo campo emotivo. Tra le composizioni del P., Dido and Aeneas rappresenta un caso unico, perché essa è musicata tutta, dal principio alla fine, come un'opera italiana. Essa fu evidentemente modellata sulla Venus and Adonis del Blow, composta per una rappresentazione privata a corte. Per piccola che sia, l'opera del P. supera di molto in invenzione lirica ed espressività l'opera di G. B. Lulli e secondo alcuni ha un potere drammatico più intenso che non l'opera di A. Scarlatti. Dal secondo centenario della morte del P. (1895) essa è stata rappresentata spesso in Inghilterra, specie in scuole, e non ha mai mancato di suscitare la commozione degli spettatori.
King Arthur costituisce la più felice soluzione del problema teatrale per l'opera inglese di quell'epoca, cioè una mescolanza di dramma eroico con la musica. Quest'ultima è usata per le scene e i personaggi di carattere soprannaturale, come anche per i cori di guerrieri con le loro battaglie e i loro sacrifici religiosi. The Fairy Queen contiene la migliore musica teatrale del P., ma sotto l'aspetto drammatico è da considerare, come s'è accennato, una profanazione dell'originale.
Il P. compose un numero enorme di canzoni, talune per il teatro, altre per essere cantate privatamente. Le sue scene, scritte in stile di bravura per l'esibizione di cantori professionali, sono magnifiche, specie quelle per voce di basso. Le canzoni minori hanno un fascino individualissimo. La sua musica strumentale comincia con le fantasie per strumenti a corde, scritte nell'antico stile contrappuntistico inglese, sebbene con più audace senso armonistico. Nel 1683 il P. pubblicò la sua prima serie di 12 sonate a tre parti (2 violini e basso), nella cui prefazione dichiarò la propria dipendenza dalla scuola italiana. Le didascalie sono in italiano, ciò che costituì una novità nella musica inglese di quel tempo. Le dieci sonate a quattro parti (che sono in realtà a tre parti come le precedenti, perché vi è considerato come quarta parte il basso continuo) appartengono probabilmente al medesimo periodo della vita del P. La sua musica per arpicordo e organo è in massima parte leggiera, ma vi è una bella toccata in la che ebbe l'onore di essere ricopiata da J. S. Bach, col risultato che venne pubblicata come opera di questo maestro dalla Bach-Gesellschaft e accettata come sua, fino a quando venne scoperto l'autografo del P. nella biblioteca musicale del re. Le poche composizioni per organo sono di grande dignità e originalità.
Le numerose odi composte per genetliaci di membri della famiglia reale e per altre occasioni festive, come la festa dei musicisti nel giorno di S. Cecilia, contengono molta bella musica; ma sono oggi eseguite di rado. In queste odi il P. si vale spesso di antiche canzoni e danze popolari inglesi. L'antica canzone Cold and raw si trova inclusa nell'ode per il genetliaco della regina Maria come basso per un assolo; si dice che il P. la introducesse nella propria musica perché una volta la regina aveva chiesto alla signora Hunt di cantare quella piuttosto che una canzone del P., mentre il P. medesimo accompagnava la cantatrice.
Dal tempo della pubblicazione delle opere complete del P., fatta dalla Purcell Society (fondata nel 1876), la musica di questo maestro ha avuto una notevole ripresa in Inghilterra, sicché essa è popolare in tutto il paese. Le sue opere teatrali sono state rappresentate, per solito da amatori; Ie sue canzoni e la sua musica strumentale sono eseguite spesso, specie nelle scuole e nelle società di amatori. La sua musica sacra tiene ancora un posto nelle cattedrali inglesi, sebbene non sia eseguita con la frequenza che merita.
Bibl.: J. Marshall, Scott and P., in Musical Times, 1882, p. 74; J. Fuller-Maitland, H. P., in Riv. Mus. Italiana; D. Arundell, H. P., Londra 1927; H. Dupré, P., Parigi 1927. Per le opere teatrali, v. E. J. Dent, Foundations of English opera, Oxford 1928.