ḤASHEPSOWE ("colei che sta sopra le nobili"; forse confusa da Manetone con la madre Aahmes, donde i nomi greci ᾿Αμενσίς, "Αμεδδις, ᾿Αμέσση)
ASHEPSOWE Sovrana egiziana (1529-1484 a. C.), figlia di Thutmosis I, sorella e sposa di Thutmosis II; fu associata al trono dal padre ed esercitò la reggenza durante i primi anni del regno di Thutmosis III, suo figliastro e nipote. In realtà essa usurpò il potere, ponendo completamente in ombra il giovane re, facendosi chiamare "re" e rappresentare con vesti e attributi maschili. Alla sua morte Thutmosis III, salito finalmente al trono, fece cancellare ogni ricordo del suo regno, scalpellando le iscrizioni e distruggendo le statue.
Il regno di Ḥ., che non è ricordato dalle fonti reali, fu essenzialmente pacifico (dato che gli unici avvenimenti notevoli furono le spedizioni commerciali, famose soprattutto quelle al paese di Punt), ed estremamente fecondo sul piano artistico. Oltre al santuario di Karnak, Ḥ. fece costruire lo splendido tempio funerario di Deir el-Baḥrī, opera dell'architetto Senmut. In tale tempio appunto esistevano numerose statue raffiguranti la regina (forse più di duecento), che vennero distrutte o mutilate subito dopo la sua morte. La maggior parte di esse fu ritrovata dalla missione archeologica del Metropolitan Museum of Art di New York, sotto la direzione di H. Winlock, negli anni 1922-23 e 1926-28, per quanto alcuni frammenti si trovassero fin dal secolo scorso in musei e collezioni europee. Tali statue, siano esse le sfingi che fiancheggiavano le vie di accesso alle rampe dei due cortili, le statue osiriane addossate ai pilastri o poste sul fondo delle nicchie ai lati del santuario o le statue stanti, sedute o inginocchiate che generalmente (esclusi due soli esempî) rappresentano la regina in abiti maschili, presentano tutte, nonostante vi si possano agevolmente riconoscere le mani di più scultori, alcune caratteristiche comuni, consistenti essenzialmente nella rappresentazione dei tratti più tipici della fisionomia di Ḥ.: viso triangolare, naso lungo e arcuato, mento leggermente rientrante. Non si può però parlare sempre di veri e proprî ritratti, soprattutto per le statue osiriane che, facendo parte della stessa muratura del tempio, sono anteriori a quelle a tutto tondo, da cui si discostano anche per l'accentuata triangolarità dei volti, posta in evidenza dall'estrema raffinatezza di un linguaggio fondato soprattutto sulla linea. In esse, nonostante la presenza delle caratteristiche fisionomiche di Ḥ., l'eccessiva genericità e idealizzazione, del resto spiegabile in opere che avevano soprattutto una funzione architettonica, impediscono di parlare di ritratti. Un secondo gruppo è costituito dalle due colossali figure stanti in granito rosso (Il Cairo 52458 - Metropolitan Museum 28.3.18), dalla grande sfinge in granito del Metropolitan Museum e dalle otto grandi statue inginocchiate che fiancheggiavano il passaggio tra la corte superiore e la porta del santuario, ed è caratterizzato da un modellato semplificato che ricorda ancora, per qualche verso, la massiccia rudezza dei prototipi del Medio Regno, mentre l'arrotondamento dei torsi e la voluta stilizzazione dei volti sono caratteristici delle statue templari del Nuovo Regno. Un tentativo di ritratto più personale è forse visibile nelle cinque statuette inginocchiate (di proporzioni minori delle precedenti) che pare si trovassero nel peristilio della corte superiore.
Più interessante è certo la statua seduta ricomposta a New York (N. 29.3.2) con la testa trovata dal Winlock e il corpo appartenente fino dal 1845 al museo di Berlino. Ḥ., per quanto in vesti maschili e col capo ricoperto dal nemes (copricapo formato da una banda di stoffa che, dopo aver avvolto la testa, ricadeva, svasandosi, ai lati del volto), con l'ureo, non porta la falsa barba, caratteristica di molte delle statue sopra nominate, e presenta, anche nel modellato del corpo, una forma snella e piena di grazia, essenzialmente femminile. Il volto, molto idealizzato, è caratterizzato dalla estrema eleganza formale tipica della tradizione tebana precedente Tell el-῾Amārnah, qui non più espressa, come nelle migliori tra le statue osiriane attraverso l'esclusivo prevalere della linea, ma anche con il morbido arrotondarsi delle superfici sulle guance, cui contrasta la linea netta e convenzionale degli occhi e delle sopracciglia (caratteristica comune di quasi tutti i ritratti egiziani esclusi i migliori esemplari di Tell el-῾Amārnah e dell'età saita - cui non sfugge nemmeno questo bellissimo ritratto - è la genericità degli occhi che vengono sempre trattati in modo convenzionale, cosicché in essi si riconosce sempre la parte meno rivelatrice dei tratti fisionomici). La grazia femminile di questo ritratto è ancora accentuata nel viso della piccola sfinge a criniera leonina n. 31.3.94 del Metropolitan Museum, in cui il modellato morbido e mosso produce un lento digradare di luci ed ombre, posto maggiormente in evidenza dalle masse pesanti della criniera leonina e della falsa barba.
Un ritratto meno idealizzato, e forse più aderente alla realtà, ci è invece fornito dalla statua seduta del Metropolitan Museum, il cui torso si trova in Olanda, nella quale il volto più stretto, gli occhi più piccoli e vicini tra loro, il mento più accentuatamente rientrante, compongono una espressione più dura e volitiva.
Alcuni ritratti poi, di provenienza incerta, che si trovavano in musei europei precedentemente alle scoperte del Winlock (come la testa 986 del British Museum, la sfinge a parrucca hathorica del Museo Barracco in Roma, la testa n. 2005 del museo di Berlino - quest'ultima assai simile alla sfinge n. 2299 dello stesso museo, ricomposta con il corpo trovato dal Winlock) presentano alcune caratteristiche che potrebbero far pensare a Ḥ. ma che in realtà sono comuni a tutta la famiglia dei Thutmosidi, per cui non è possibile assegnarli definitivamente a tale regina.
Altre rappresentazioni di Ḥ., autenticate queste dalle iscrizioni, provengono da bassorilievi: da un obelisco di Karnak, da una base di statua, dalle raffigurazioni scolpite del tempio di Deir el-Baḥrī; ma tali volti, visti sempre di profilo, sono molto generici e non vi si riconoscono neppure le caratteristiche fisionomiche che, sia pure a grandi linee, accomunano i ritratti delle statue.
Monumenti considerati. - Statue osiriane: H. E. Winlock, Excavations a. D. el Bahari, New York 1942, figg. 54-56; W. C. Hayes, The Scepter of Egypt, Cambridge Mass. 1959, figg. 49, 50. Il Cairo n. 52458: J. Vandier, Manuel, iii, tav. xcviii, 1. Metropolitan Museum 28.3.18: H. E. Winlock, op. cit., fig. 51; W. C. Hayes, op. cit., fig. 52. Sfinge colossale in granito rosso: H. E. Winlock, op. cit., figg. 49, 50; W. C. Hayes, op. cit., fig. 51. Statue colossali inginocchiate: H. E. Winlock, op. cit., fig. 52; W. C. Hayes, op. cit., fig. 53. Statuette inginocchiate: H. E. Winlock, op. cit., fig. 53. Metropolitan Museum n. 29.3.2: W. C. Hayes, op. cit., fig. 54. Metropolitan Museum n. 31.3.94: H. E. Winlock, op. cit., fig. 48 b. Testa Metropolitan Museum (torso in Olanda): W. C. Hayes, op. cit., fig. 55. British Museum n. 986: H. R. Hall, in Journ. Eg. Arch., xiii, 1927, tavv. xxvii-xxix, xxx, 4. Sfinge Museo Barracco: S. Bocconi, Museo Barracco, tav. 6. Musei di Berlino n. 2005: H. R. Hall, in Journ. Eg. Arch., xv, 1929, tav. xv, 1. Musei di Berlino n. 2299: H. R. Hall, in Journ. Eg. Arch., xv, 1929, tav. xvi; H. E. Winiock, op. cit., fig. 49 d. Obelisco di Karnak: Lange-Hirmer, Aegypten, Monaco 1956, tavv. 128, 130. Base di statua: W. C. Hayes, op. cit., fig. 56. Bassorilievi di Deir el-Baḥrī: E. Naville, Deir el Bahari, Intr. Mein., Londra 1910, tav. xiii; E. Naville, op. cit., iv, tav. xciii, cvi; Lange-Hirmer, op. cit., tav. 123.
Bibl.: E. Naville, The Temple of Deir el Bahari, Introductory Memory and Part, 1-6, 7 voll., Londra 1910; H. R. Hall, Head of a Monarch of the Tuthmosid House in the British Museum, in Journ. Egypt. Archaeol., XIII, 1927, pp. 133-134, tavv. XXVII-XXX; id., A New Portrait-Head of Tuthmosis III (?) at Berlin, and the Portraits of Hatschepsut, in Journ. Egypt. Archaeol., XV, 1929, pp. 78-79, tavv. XV-XVI; H. E. Winlock, in Bulletin of the Metropolitan Museum of Art, Parte II, Suppl.: The Egyptian Expedition, dal dicembre 1924 al marzo 1932; id., Excavations at Deir el Bahari: 1911-31, New York 1942, passim, p. 168 s., tavv. 47-58; J. Vandier, Manuel d'archéologie égyptienne, III, Les grandes époques. La statuaire, Parigi 1958, pp. 299-302, tavv. XCVII, 6, 7; XCVIII, 1, 4, 5, 7; XCIX, 3, 5, 6; W. S. Smith, The Art and Architecture of Ancient Egypt, Harmondsworth 1958, pp. 132-135, tavv. 94-95; W. C. Hayes, The Scepter of Egypt. A Background for the Study of the Egyptian Antiquities in the Metropolitan Museum of Art. Part II. The Hyksos Period and the New Kingdom: 1675-1080 B. C., Cambridge-Mass. 1959, pp. 89-101, figg. 49-56.