Dreier, Hans
Scenografo cinematografico tedesco, nato a Brema il 21 agosto 1885 e morto a Bernards-ville (New Jersey) il 24 ottobre 1966. Come direttore dell'Art Department della Famous Players-Lasky Corporation, fu uno degli scenografi che più influenzarono il décor del cinema hollywoodiano del periodo 'classico'. La sua strada incrociò quella di tre grandi registi, tutti emigrati come lui dall'Europa: Ernst Lubitsch, Josef von Sternberg e Billy Wilder, ma la sua imponente filmografia produsse ricorrenti esiti di rilievo anche con Preston Sturges. Il suo stile raffinato, ispirato soprattutto all'art nouveau e al déco, ma influenzato anche dall'Espressionismo, gli consentì di muoversi con disinvoltura tra i generi cinematografici più in voga, raggiungendo i risultati migliori nella sophisticated comedy e nel film noir. Nella sua carriera, oltre a numerose nominations, ricevette tre Oscar, nel 1946 per le scenografie a colori di Frenchman's creek (1944; L'avventura viene dal mare) di Mitchell Leisen, nel 1951 per le scenografie in bianco e nero di Sunset Boulevard (1950; Viale del tramonto) di Wilder e per le scenografie a colori di Samson and Delilah (1949; Sansone e Dalila) di Cecil B. DeMille.
Studiò architettura e ingegneria all'Università di Monaco di Baviera. Laureatosi, prestò la sua opera di architetto per il governo tedesco in Camerun e quindi partecipò alla Prima guerra mondiale. Iniziò a lavorare nel cinema nel 1919, per l'UFA, la più grande casa di produzione tedesca. Tra le sue prime scenografie si ricordano quelle di Danton (1921) di Dimitri Buchowetzki, caratterizzate dalle architetture squadrate e dalle linee essenziali, che, pur in un film in costume, sembrano ricollegarsi alla temperie modernista da cui era nata una scuola d'arte come quella del Bauhaus. Nel 1923 si trasferì negli Stati Uniti, dove si legò alla Famous Players-Lasky Corporation dopo una breve permanenza alla Universal Film Manufactoring Company. Particolarmente importante fu il sodalizio che D. stabilì con Lubitsch, a partire da Forbidden paradise (1924; La zarina), commedia ambientata in un immaginario paese dell'area slava. Mescolando abilmente riferimenti storici con elementi moderni, tratti soprattutto dall'art nouveau e dall'architettura espressionista tedesca (le incredibili colonne nel palazzo della zarina), D. creò quell'immagine raffinata dell'Europa che avrebbe incontrato i gusti del pubblico americano. La collaborazione con Lubitsch continuò in The patriot (1928; Lo zar folle), in The love parade (1929; Il principe consorte), con il reame operettistico di Sylvania, in Monte Carlo (1930; Montecarlo), film in cui, accanto a elementi dell'architettura tradizionale della città monegasca, affiorano tratti di modernità, specie negli arredi, in Broken lullaby (1932; L'uomo che ho ucciso), ancora una ricostruzione della vecchia Europa, stavolta nel contesto del primo dopoguerra, e in One hour with you (1932; Un'ora d'amore), dove ritornano elementi moderni nell'arredo (specialmente le famose porte, tipiche di Lubitsch); senza dimenticare Trouble in paradise (1932; Mancia competente), dove D. si diverte a inventare le scene e gli ambienti di una Venezia artificiale e di cartapesta, Design for living (1933; Partita a quattro), Desire (1936; Desiderio), diretto da Frank Borzage ma supervisionato da Lubitsch, per il quale D. collaborò con Robert Usher, Angel (1937; Angelo) e Bluebeard's eighth wife (1938; L'ottava moglie di Barbablù), realizzato ancora in collaborazione con Usher.Ma è per von Sternberg che D. produsse le sue più felici invenzioni scenografiche, come il caffè dei marinai di The docks of New York (1929; I dannati dell'oceano), ambiente che differisce dal caffè-concerto di Dr. Jekyll and Mr. Hyde (Il dottor Jekyll) di Rouben Mamoulian, che D. avrebbe preparato nel 1932, soprattutto per la predisposizione di una serie di piani di stanze che si affacciano sul salone con un gioco ingegnoso di ballatoi, assecondando perfettamente la predilezione di von Sternberg per la saturazione totale dell'immagine a mezzo di strati orizzontali sovrapposti. Analogamente, in Morocco (1930; Marocco), film che segnò anche l'incontro di D. con Marlene Dietrich, il locale di varietà dove l'attrice si esibisce è composto da palchi a gradoni sovrapposti, ad andamento concentrico, una specie di arena sviluppata sul piano verticale; e in Dishonored (1931; Disonorata), la stanza della Dietrich è sospesa in una vera foresta di piccole bambole, appese al soffitto con dei fili. Per Shanghai Express (1932), intorno alla vecchia linea abbandonata su cui von Sternberg fece viaggiare il treno, D. costruì le viuzze della città cinese, chiaramente 'falsa', utilizzando uno stile déco dai tratti orientali; mentre in Blonde Venus (1932; Venere bionda) creò l'atmosfera del nightclub dove fece travestire la Dietrich da gorilla, per un grottesco balletto, alla fine del quale l'attrice esce dalla maschera, con la sua bellezza sfolgorante, inguainata in un abito del grande costumista Travis Banton. In The scarlet empress (1934; L'imperatrice Caterina), film le cui scenografie D. realizzò con la collaborazione del pittore tedesco Richard Kollorsz e dello scultore svizzero Peter Ballbusch, le statue torturate dalla luce, tra il barocco e il primitivismo neobizantino, i capitelli antropomorfi, le scalinate, i tendaggi, i costumi, costituiscono elementi di un universo inquietante, appena emerso dal buio d'un museo onirico. Infine, in The devil is a woman (1935; Capriccio spagnolo) si ritrovano le inquadrature saturate a strati orizzontali sovrapposti, nella manifattura dei tabacchi, nella prigione, nel tabarin, con la solita folla accalcata e ribollente.
Negli anni Quaranta D. lavorò intensamente al nascente genere noir, creando ambientazioni cupe ma più realistiche, simili a quelle che aveva già realizzato nelle prime collaborazioni con von Sternberg (Underworld, 1927, Le notti di Chicago o Il castigo). Dopo This gun for hire (1942; Il fuorilegge), film di spionaggio diretto da Frank Tuttle, D. firmò per Wilder le scenografie di Double indemnity (1944; La fiamma del peccato) e The lost weekend (1945; Giorni perduti), cui seguirono, nel secondo dopoguerra, altri classici del noir, come The blue dahlia (1946; La dalia azzurra) di George Marshall e The big clock (1948; Il tempo si è fermato) di John Farrow. Nel corso di quel decennio significative furono le scenografie, talora più realistiche, per alcuni film di P. Sturges, da The Lady Eve (1941; Lady Eva) a Sullivan's travels (1941; I dimenticati), a The miracle of Morgan's Creek (1944; Il miracolo del villaggio). Una menzione a parte merita Sunset Boulevard, film la cui scenografia, organizzata intorno alla villa-fantasma di un fantasma del passato (la diva del muto, interpretata da Gloria Swanson), riprende i lavori che Richard Day aveva realizzato per Erich von Stroheim, il quale incombe come regista-fantasma attraverso la sua stessa presenza di attore. Uno degli ultimi film a cui lavorò fu Samson and Delilah, in cui spicca il grandioso décor del Tempio dei filistei, con le originali colonne a tronco di cono rovesciato, ispirate all'architettura cretese e micenea.
M.L. Stephens, Art directors in cinema, London 1998, pp. 83-94.