Attore (Venezia 1803 - Torino 1861), figlio di Giacomo e dell'attrice Maria Luisa Lancetti. Si laureò in legge all'univ. di Bologna; cominciò a recitare come dilettante; primo attore giovane (1824) con S. Fabbrichesi, primo attore (1827) con A. Rafstopulo, poi con suo padre e C. Polvaro (1828), ottenne strepitosi successi. Partecipò ai moti carbonari del 1831; quindi dovette riparare all'estero, ove entrò in contatto con la Giovine Italia e con Mazzini. Durante l'esilio fu costretto ai più umili mestieri. A Londra suscitò vasti consensi declamando i canti della Divina Commedia. Tornato (1839) nel Lombardo-Veneto, vi costituì una compagnia con la quale per 7 anni esercitò una regolare attività negli stati d'Italia in cui gli era consentito l'ingresso. Dal 1846 si dedicò prevalentemente alla lotta politica alternandola con recite saltuarie che gli consentivano di spostarsi nei più diversi punti della penisola. Dopo le sconfitte del 1848-49, si ritirò in Piemonte. Nemico dell'enfasi, attuò un proprio stile che dai contemporanei fu detto "parlato"; fu il maggiore attore della prima metà dell'Ottocento, splendido interprete del Saul alfieriano e di numerosi autori stranieri e italiani, anche contemporanei (F. Dell'Ongaro, G. Sabbatini). Lasciò un ampio epistolario, numerosi scritti e discorsi e un atto satirico, Il falò e le frittelle (1860), di contenuto allegorico-politico.