Gunga Din
(USA 1938, 1939, bianco e nero, 117'); regia: George Stevens; produzione: Pandro S. Berman per RKO; soggetto: Charles MacArthur, Ben Hecht da testi di Rudyard Kipling; sceneggiatura: Joel Sayre, Fred Guiol; fotografia: Joseph H. August; effetti speciali: Vernon L. Walker; montaggio: Henry Berman, John Lockert, John Sturges; scenografia: Van Nest Polglase, Perry Ferguson; costumi: Edward Stevenson; musica: Alfred Newman.
India, sul finire del 19° secolo. Cutter, Ballantine e MacChesney, tre ufficiali dell'esercito britannico, amici inseparabili, si fanno notare da tutti per il loro carattere insolente. La loro amicizia è minacciata dalla decisione di Ballantine di sposarsi con Emmy Stebbins, cosa che Cutter e MacChesney non vedono di buon occhio. Nel frattempo la setta degli strangolatori Thugs, adoratori della dea Kali, si ribella all'esercito occupando la città di Tantrapur dopo aver sbaragliato la guarnigione che la presidiava. Cutter è ossessionato dall'oro e dai tesori segreti dell'India: il portatore d'acqua Gunga Din, che sogna di diventare trombettiere dell'esercito, lo accompagna a un tempio dove sono nascosti preziosi tesori, ma non solo; il luogo è infatti il rifugio segreto dei Thugs, che hanno intenzione di sterminare l'intero esercito britannico. Cutter viene scoperto e catturato dai ribelli, mentre Gunga Din riesce a fuggire e ad avvertire gli altri soldati. MacChesney e Ballantine corrono subito alla ricerca dell'amico, ma vengono a loro volta fatti prigionieri. Intanto un battaglione inglese si dirige verso il tempio dove i Thugs hanno teso un'imboscata. Gunga Din, dopo essersi inerpicato in cima a una cupola, soffiando a pieni polmoni nella sua tromba riesce ad avvertire il battaglione in avvicinamento, ma muore sotto i colpi dei Thugs. La sua impresa ha però sortito l'effetto sperato: i ribelli vengono sgominati e Gunga Din, con gloria postuma, viene nominato ufficiale dell'esercito britannico.
Chi non avesse letto i titoli di testa di Gunga Din potrebbe credere di trovarsi di fronte a un film di Howard Hawks: due amici cercano di impedire che un altro compagno e collega si sposi e abbandoni la professione. In effetti si tratta dello stesso schema proposto in The Front Page, la celebre opera teatrale di Ben Hecht e Charles MacArthur, portata sugli schermi ben quattro volte (la seconda appunto da Hawks), con la differenza che in Gunga Din si parla dell'esercito mentre in The Front Page di giornalismo. Proprio su commissione di Hawks i due autori scrissero un soggetto partendo da questo tema e aggiungendovi elementi tratti da un poema e da un racconto di Rudyard Kipling, soggetto che andò poi a finire nelle mani di George Stevens. Lo spunto kiplinghiano (il sogno del portatore d'acqua indiano Gunga Din di diventare trombettiere dell'esercito britannico e gli onori tributatigli post mortem per un atto eroico che gli è costato la vita) era già stato oggetto di una sceneggiatura commissionata a Edward Small e William Faulkner; il progetto venne infine ripreso da Pandro S. Berman della RKO, che affidò la regia a Stevens e la sceneggiatura a Joel Sayre e Fred Guiol. Nei vari passaggi rimase immutata l'intenzione iniziale di realizzare un film di avventura con elementi di commedia. Tali elementi si dimostrano in realtà talmente rilevanti che la commedia finisce per prevalere sull'avventura, a volte nel segno dell'assurdo caratteristico del cinema di Hawks: come in Bringing up Baby, anche qui abbiamo un animale protagonista, l'elefantessa mascotte di MacChesney, da cui dipendono non pochi episodi comici. Durante una festa MacChesney e Cutter aggiungono al ponce la medicina che hanno somministrato al pachiderma e, a contatto con la micidiale bevanda, perfino i fiori appassiscono; l'elefantessa libera Cutter dalla cella dov'è rinchiuso distruggendone le pareti, producendo una gag che appartiene addirittura a Buster Keaton (uno dei muri crolla su un soldato e questi risulta illeso perché si trovava in corrispondenza della porta); la presenza dell'elefantessa è determinante anche nella scena in cui Cutter e Gunga Din attraversano il ponte sospeso. Non siamo molto lontani da Hatari! (Howard Hawks, 1962), ma non dobbiamo dimenticare che entrambi gli sceneggiatori avevano alle spalle una solida esperienza al servizio di Stan Laurel e Oliver Hardy.
Elementi comici sono presenti pure nelle scene di presentazione dei tre protagonisti, culminanti in una rissa di sapore fordiano (accentuato dalla presenza di Victor McLaglen), o nelle scene d'azione come quelle della conquista di Tantrapur da parte dei Thugs, dove l'umorismo annulla il predominio dei toni duri, comunque non del tutto assenti (un avvoltoio spicca il volo dal tetto di un edificio al passaggio dei soldati). In molti casi l'umorismo è un espediente per presentare la violenza in forma più stemperata: quando Gunga Din e Cutter vengono sorpresi nel tempio da una moltitudine di Thugs, la paradossale reazione di quest'ultimo consiste nel gridare: "Siete tutti in arresto!". Altre volte, tuttavia, Stevens sembra più chiaramente attratto dall'aspetto epico del racconto che dai suoi lati comici, e molti degli episodi più rilevanti coincidono con l'assenza di comicità: la presa di Tantrapur da parte dei Thugs, che resta fuori campo mentre un telegrafista cessa di trasmettere il proprio messaggio; la partenza del distaccamento al comando dei sergenti, che si conclude con una panoramica sui portatori d'acqua tra i quali figura Gunga Din; le inquadrature che suggeriscono l'idea che Tantrapur non sia deserta, nonostante le apparenze, con le sagome dei Thugs minacciosamente appostati sulle terrazze. E in realtà il film acquista maggiore forza proprio quando l'umorismo scompare a vantaggio del tono epico, soprattutto nella concitata parte finale, con i tre amici e Gunga Din prigionieri dei Thugs e l'intervento dell'esercito che arriva a salvarli.
Interpreti e personaggi: Cary Grant (sergente Archibald Cutter), Victor McLaglen (sergente MacChesney), Douglas Fairbanks Jr. (sergente Thomas Ballantine), Sam Jaffe (Gunga Din), Eduardo Ciannelli (guru), Joan Fontaine (Emmy Stebbins), Montagu Love (colonnello Weed), Robert Coote (Bertie Higginbotham), Abner Biberman (Chota), Cecil Kellaway (Mr. Stebbins), Lumsden Hare (maggiore Mitchell), Lal Chand Mehra (Jadoo), Charles Bennett (telegrafista), Bryant Fryer (sergente scozzese), Clive Morgan (capitano dei lancieri), Reginald Sheffield (Rudyard Kipling, il giornalista), Ann Evers, Audrey Manners, Fay McKenzie (ragazze alla festa), Jamiel Hasson, George Du Count, George Regas (capi dei Thugs), Frank Leyva (commerciante), Roland Varno (tenente Markham).
Wear., Gunga Din, in "Variety", January 25, 1939.
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R. Mitchell, Gunga Din, in Magill's Survey of cinema. Second series, 2° vol., a cura di F.N. Magill, Englewood Cliffs (NJ) 1981.
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