Perrault, Guglielmo
Frate domenicano, un tempo ritenuto vescovo di Lione. Nato probabilmente a Peyraud, nell'Ardèche, circa il 1200, fu autore della Summa virtutum ac vitiorum (iniziata nel 1236), opera di carattere enciclopedico, diffusasi con eccezionale rapidità e fortuna anche in Italia (specie in quella mediana) fino a tutto il Quattrocento. Straordinaria dovizia di exempla anima gli schemi peraldiani, contribuendo a rendere memorabili le citazioni scritturali e patristiche. Il P. è un compilatore formidabile, abilissimo nel far coesistere il Nuovo e il Vecchio Testamento, citazioni letterali (o transunti) da scrittori classici e da padri della Chiesa, derivazioni da bestiari e lapidari, glosse, esempi, dialoghi, favole, credenze popolari, etimologie e proverbi: e tutto ciò con modi scorrevoli e vivaci, elevati, all'uopo, alla solennità dell'eloquio ovvero pittorescamente degradati a contesti comici.
Gli autori più frequentemente allegati sono Cicerone e Seneca e, fra i tardi interpreti del mondo greco-latino, Macrobio e Boezio; e ancora s. Ambrogio, s. Agostino, s. Gregorio, s. Isidoro, s. Bernardo, s. Anselmo, Ugo e Riccardo da San Vittore, Alberto Magno, s. Tommaso. Ignorati invece i poeti sia antichi che moderni, se si eccettua qualche citazione da Ovidio e dal Catone medievale dei Dicta. Del resto anche i riferimenti al contemporaneo costume francese - interessati e discriminati a livelli piuttosto borghesi che aristocratici - si tengono fuori dalle suggestioni e dagli echi epico-cavallereschi e romanzeschi in genere.
La Summa costituì, nel giro di pochi decenni dalla sua composizione, una tra le ‛ auctoritates ' più frequentate della cultura medievale, interessando direttamente Iacopone e Brunetto Latini, il primo Guido e Iacopo da Varazze, Domenico Cavalca e s. Bernardino da Siena. È stato altresì recentemente provato che la Summa va situata quale antecedente indispensabile del Fiore di virtù e del De Eruditione principum e - per quanto concerne la teoria della nobiltà - del IV libro del Convivio (specialmente XV 3, XX 7). Ma la stessa Commedia rinvia suggestivamente all'opera peraldiana, la quale significò anche per D. una sconfinata riserva di sollecitazioni, concretantisi in situazioni da sviluppare e spesso da reinventare: in tale incontrollabile processo è doveroso sottintendere dilatazioni e restringimenti, per cui quel che nel modello è accessorio può levitare in cosa di gran momento e, viceversa, una distesa esposizione concentrarsi nella brevità di una sentenza. La ‛ traduzione ' in rilievo della materia mistica e latamente morale non esclude, peraltro, da parte di D. una fruizione ad litteram, ovviamente fusa nel nuovo testo con un rigore che non dà adito a sbavature. Così avviene, per fare un esempio, in Pg XXVI 128-129 (che licito ti sia l'andare al chiostro / nel quale è Cristo abate del collegio), dove appunto si ha perfetta coincidenza con la Summa (De Luxuria II II 9 56): " Primum claustrum fuit in coelo, in quo ipse Deus abbas fuit ".
Bibl. -A. Dondaine, Guillaume Peyraut: vie et oeuvres, in " Archivum Fratrum Predicatorum " XVIII (1948) 162-236. Per la Summa come fonte: J. Carmody, Li livres dou Tresor, Berkeley 1948; M. Corti, Le fonti del " Fiore di virtù " e la teoria della nobiltà " nel Duecento, in " Giorn. stor. " CXXXVI (1959) 1-90; C. Margueron, Recherches sur Guittone d'Arezzo, Parigi 1966; F. Mancini, Il codice Oliveriano 4 e l'antica tradizione manoscritta delle laude iacoponiche, in " Studia Oliveriana " XV-XVI (1967-1968) 105-113; ID., Un'" auctoritas " di D., in " Studi d. " XLV (1968) 95-119.