CONTADINI, Guerra dei
Con tale nome s'indica, per antonomasia, la rivolta dei contadini della Germania meridionale nel 1525-26, che fu l'ultimo e il più violento scoppio della grave crisi economica, che pesava dal sec. XV sulla Germania. Ma se le cause sono soprattutto di natura economico-sociale esse tuttavia differiscono a seconda delle varie regioni. Non si può parlare di una miseria generale e schiavitù dei contadini: che se contadini completamente liberi erano certo una rara eccezione nella Germania d'allora, tuttavia in alcune regioni i rurali godevano di un certo benessere. Ma il fatto che nessuna legge regolava la dipendenza dei contadini dai signori, al cui arbitrio essi erano abbandonati, ne rendeva la posizione estremamente instabile e incerta e doveva ferire la loro coscienza. Erano già duri di per sé gli obblighi che gravavano su di loro: oltre alle "decime", essi dovevano eseguire per i padroni del fondo una serie di lavori obbligatorî e dovevano pagare tributi non lievi in varie occasioni, come p. es., nei casi di morte o di trasmissione per eredità. Alcuni signori facevano valere i loro diritti con umanità; ma in molti casi gli obblighi imposti ai contadini andarono aumentando col sec. XV fino a divenire insopportabili. Sottoposti alla sola giurisdizione dei signori, essi non avevano il diritto di ricorrere alla legge e le loro giuste lagnanze non trovavano ascolto presso lo stato. A questo bisogna aggiungere l'indebitamento sempre crescente dei contadini proprietarî, che metteva alcuni di essi completamente alla mercé dei loro creditori, signori o usurai di città, cristiani o israeliti. Anche la chiesa era spesso creditrice dei contadini; e ciò rendeva ancora più acuta la loro irritazione contro il pagamento delle gravose decime, contro le estorsioni dei monaci mendicanti e la difettosa amministrazione delle parrocchie rurali. Dal lato politico, giuridico, economico e anche ecclesiastico i contadini si sentivano dunque maltrattati e oppressi. Inoltre, essi erano disprezzati dalle classi superiori e venivano derisi in tutti i modi.
Nello stesso tempo si faceva strada una corrente democratica in senso opposto, che esaltava il "poveruomo", che si guadagnava faticosamente il pane, come l'incarnazione delle virtù tedesche e cristiane e si aspettava da lui la liberazione dalla corruzione dello stato e della chiesa. Anche questo doveva certo produrre il suo effetto sui contadini, tanto più che si andavano propagando sempre più le profezie di un'imminente grande rivoluzione.
La crescente agitazione fra i contadini veniva ancora più aggravata dagli avvenimenti politici di quei tempi, dalle guerre degli Ussiti e degli Svizzeri, dai cattivi raccolti, dalle carestie ed epidemie. Già negli ultimi decennî del sec. XV, erano scoppiate qua e là, soprattutto nella Germania di sud e di sud-est delle rivolte precorritrici della grande guerra dei contadini. La più nota fu la cosiddetta Bundschith, così chiamata dalla rozza calzatura dei contadini, diventata l'insegna del movimento: la quale diede origine a quattro sollevazioni, nel periodo tra il 1493 e il 1517, di qua e di là dal Reno superiore. E già in esse si manifestano in modo particolare l'odio contro i preti, insieme con l'irritazione contro i signori, contro i tribunali e gli ebrei; e si fa anche sentire l'appello al "diritto divino" e alla Bibbia. Il programma degl'insorti si andò formando progressivamente, mentre a un tempo essi si collegarono con gli elementi scontenti delle città. Ma le rivolte furono soffocate nel sangue e le esigenze dei contadini rimasero senza alcun effetto. Così l'odio e l'agitazione continuarono a covare nel profondo, ed era da prevedersi che un nuovo grande rivolgimento sul popolo tedesco avrebbe determinato una nuova esplosione rivoluzionaria.
Questo solo basta per provare, che la rivoluzione dei contadini non fu causata dalla Riforma, quantunque sia pure evidente che l'atteggiamento di Martin Lutero di fronte al movimento del 1525 abbia avuto un influsso decisivo. Alcuni elementi evangelici di tendenze radicali, con i quali Lutero aveva lottato a Wittenberg e che si mettevano sempre più in opposizione contro di lui, portarono il loro biblicismo fra il popolo e si spinsero fino a predicare contro la riscossione delle tasse. Ma anche la dottrina di Lutero, i suoi attacchi contro la posizione di eccezione degli ecclesiastici e contro le esigenze pecuniarie del papa, offrivano agli scontenti parole di battaglia: le sue idee sul sacerdozio universale e più ancora il suo scritto sulla "Libertà di un uomo cristiano" venivano intesi dalle masse in senso materiale e interpretati come una protesta contro la schiavitù della gleba. D'altra parte la crudele applicazione dell'editto di Worms nei territorî cattolici della Germania meridionale, non poteva non urtare le anime inclini verso l'evangelismo.
La guerra dei contadini cominciò con la sollevazione dei contadini di Stühling nella Selva Nera, nel giugno 1524, che sulle prime non aveva alcun rapporto con la religione e invece era diretta essenzialmente contro le insopportabili prestazioni di servizî e tasse dovute al loro conte. Si unirono a loro i contadini dei distretti vicini e nell'agosto 1524 si diressero tutti, sotto il comando di un lanzichenecco, nella vicina città austriaca di Waldshut, dove il predicatore Balthasar Hubmaier aveva diffuso radicali idee religiose: e qui si congiunsero il movimento rurale e quello cittadino, il sociale e l'evangelico. Il governo austriaco, impedito dalla grande politica, non fece alcun passo energico, in modo che l'insurrezione ebbe modo di diffondersi sempre più: sul principio del 1525 tutta l'Alta Slesia era in fiamme. E nella primavera del 1525 i contadini divisi in bande, esposero le loro esigenze e aspirazioni nei cosiddetti "12 articoli". La questione dell'origine di questi "12 articoli" e del loro autore è molto discussa e non è stata ancora messa in chiaro del tutto. Essi contengono tanto richieste d'ordine chiesastico quanto richieste d'ordine economico-sociale; la libera scelta del parroco e la limitazione delle decime, l'abolizione della schiavitù della gleba, la riduzione delle prestazioni e del fitto, l'abolizione di tutte le gravezze o tasse che superassero la consuetudine, libertà di caccia e di pesca, possesso in comune dei boschi. Questi articoli erano formulati con molta abilità e moderazione e vi si dichiarava espressamente di essere pronti a rinunziare a qualunque esigenza, di cui fosse provata l'incompatibilità con la Bibbia. Ma la loro applicazione non era possibile. A parte il fatto che una così fondamentale trasformazione delle condizioni agrarie non si poteva effettuare d'un colpo, mancava nei principi e nei signori la volontà di accordo; nei ribelli d'altra parte si fecero avvertire ben presto esigenze molto più radicali.
Sulle prime la posizione dei contadini ribelli non era senza speranza per l'inerzia e la mancanza di unione dei loro avversarî. E dall'aprile 1525 l'insurrezione si estendeva con una grande rapidità su mezza Germania: l'Alsazia e i paesi alpini, i paesi sul Neckar, sul medio Reno, la Franconia, l'Assia, la Turingia e la Sassonia. Dove il governo era forte, come nel nord-ovest, nella Baviera o nelle grandi città dell'Impero, la rivolta o non avveniva o veniva rapidamente repressa. Dappertutto però facevano causa comune coi contadini i proletarî cittadini, artigiani e piccoli commercianti; e anche dal basso clero e dai nobili dell'Impero essi avevano rinforzi. Così si misero a loro disposizione Götz von Berlichingen e Florian Geier. Tuttavia mancava al movimento una direzione unica. Si palesò ben presto che le bande dei contadini non potevano tener fronte ai corpi di cavalleria dei principi: essi non dimostrarono d'altronde il coraggio degli Svizzeri e degli Ussiti. Ma con tanto maggiore audacia si fecero strada tendenze radicali. I 12 articoli non parevano più sufficienti: insieme con la libertà religiosa ed economica si chiedeva anche quella politica. Si affacciarono anche in forma più o meno larvata tendenze comunistiche. Il furore dei contadini era diretto non tanto contro le persone quanto contro gli oggetti; onde la guerra trasse il suo carattere dai saccheggi e dalla distruzione di conventi e di castelli. Verso le persone invece i contadini non usarono crudeltà maggiori di quel che di solito avvenisse nelle guerre d'allora; anzi essi si mostrarono più miti dei loro vincitori.
La guerra dei contadini non era, come già si è accennato, un movimento organizzato e guidato da un capo; era piuttosto una serie di movimenti indipendenti, ben poco collegati fra di loro. Si devono perciò distinguere quattro centri principali: la Svevia, i paesi austriaci con a capo il Tirolo, la Franconia e la Sassonia-Turingia. Prima di tutte fu soffocata la rivolta in Svevia, dove il capitano della Lega sveva, Georg Truchsess von Waldburg sconfisse in più battaglie i contadini. Dopo questo, egli volse le sue truppe vittoriose verso la Franconia; e anche qui, nel giugno 1525, pose fine alla rivolta. Nel Tirolo la rivolta fu definitivamente vinta solo nel 1526. Qui la persecuzione dei protestanti da parte del governo aveva reso particolarmente acuta l'eccitazione degli animi. Un parlamento tenuto dai contadini a Merano, sotto la direzione di Michele Gaissmayr, chiese una completa trasformazione della contea. Gaissmayr dovette fuggire a Venezia per evitare la vendetta degli Asburgo; ma cadde ugualmente vittima di un sicario assoldato.
Ma specialmente in Turingia la rivolta prese un carattere selvaggio. Il suo capo, Thomas Münzer, uno dei fanatici esaltati di Wittenberg, che dopo il suo esilio dalla Sassonia elettorale aveva seguito tendenze sempre più radicali, istituì insieme con il cisterciense Enrico Pfeiffer nella libera città di Mühlhausen, un regno di Dio su basi comunistiche, predicando l'abolizione di tutto l'ordinamento esistente. Attaccato dall'esercito di Sassonia-Assia, egli si trincerò insieme con i suoi seguaci presso il villaggio di Frankenhausen; ma dopo una breve battaglia (15 maggio) essi furono messi in fuga e massacrati senza pietà. Mühlhausen fu severamente punita e costretta a pagare un contributo di guerra; l'ordine fu ristabilito anche nelle regioni vicine.
A questi ultimi avvenimenti anche Lutero prese parte. Quando apparvero i "12 articoli" egli pubblicò, alla fine di aprile, un "Invito alla Pace" (Ermahnung zum Frieden), nel quale voleva interporsi fra i contadini e i signori e raccomandava di ricorrere a un arbitrato. Ma indignato del rifiuto dei contadini di seguire i suoi consigli e della notizia delle atrocità da loro commesse a Münster, scrisse nei primi giorni di maggio il suo poco pietoso opuscolo "Contro le bande dei contadini assassini e saccheggiatori" (Wider die mörderischen und räuberischen Rotten der Bauern), nel quale non si peritava di esortare le autorità ad abbattere i ribelli con tutti i mezzi possibili. Questo suo atteggiamento si spiega non solo con le sue idee conservatrici, ma ancora di più con l'orrore che egli deve aver sentito nel vedere che l'ordinamento istituito da Dio sulla terra poteva essere rovesciato dai ribelli. Mentre i signori videro in questo suo scritto una giustificazione ai loro atti di furore e di crudeltà, i contadini si sentirono abbandonati e traditi da un uomo, al quale essi avevano affidato l'interpretazione del diritto divino. Il popolo non comprendeva più questo riformatore e la sua popolarità presso le masse diminuì molto.
Nel 1526 la ribellione fu spenta. Il numero complessivo delle vittime, fra uccisi e giustiziati, viene calcolato a più di 100.000. Le atrocità commesse dai contadini sono state di molto superate dagli atti di vendetta dei signori. I contadini non ottennero nulla. Solo pochi furono i signori e i principi, che concedettero loro qualche miglioramento; i più li sottomisero a castighi e multe. Tuttavia la loro posizione generale non peggiorò, nell'essenziale, e nel suo insieme rimase invariata. Ma irritati ed abbattuti da quella catastrofe, i contadini tedeschi vennero esclusi da qualunque partecipazione alla vita politica e culturale della nazione. La guerra dei contadini ha avuto profondi effetti, tanto sullo sviluppo economico sociale della Germania, quanto sul suo sviluppo politico. Non fu l'Impero a vincere questa rivoluzione, ma i principi territoriali: il che aumentò la loro potenza nell'Impero.
Bibl.: W. Zimmermann, Allgemeine Geschichte des grossen Bauernkrieges, Stoccarda 1841-43 (la 3ª ed., 1908, è ritoccata in senso socialistico); W. Stolze, Der deutsche Bauernkrieg, Halle 1908; id., Bauernkrieg und Reformation, Lipsia 1926; Th. Sommerlad, Bauernkrieg, in Handwörterbuch der Staatswissenschaften, 3ª ed., II. V. anche germania: Storia.