GUALA
Nacque a Bergamo attorno al 1180 nella famiglia dei "de Roniis", i cui membri furono attivi nella vita politica del Comune cittadino.
G., secondo Kuczynski, era già domenicano nel convento di Bologna nei primi mesi del 1219, quando assistette in qualità di sacrista alla vestizione del magister Rolando da Cremona, e quindi va annoverato tra i primi soci di Reginaldo di Orléans.
Nell'estate del 1219 con Domenico di Guzmán, Rodolfo di Faenza e Reginaldo di Orléans ricevette i voti di Diana d'Andalò, pronunciati nella chiesa bolognese di S. Nicola delle Vigne, donata ai predicatori dalla famiglia degli Andalò e dal vescovo della città.
Il 24 maggio 1221 G., trasferitosi con alcuni confratelli a Brescia, entrò in rapporto con il card. Ugolino di Ostia, legato papale in Lombardia; Ugolino fece offrire alla Chiesa romana dal vescovo della città, Alberto di Reggio, la canonica extraurbana di S. Faustino "ad Sanguinem" per donarla ai predicatori, guidati da G., loro priore, il quale accettandola agiva a nome di Domenico di Guzmán. In qualità di priore del nuovo convento di Brescia, l'8 ag. 1223, col nuovo generale Giordano di Sassonia e coi rappresentanti della Chiesa bresciana, G. assistette alla solenne traslazione effettuata dal vescovo delle reliquie dei santi Faustino e Giovita, per chiedere l'intervento della misericordia divina sulla città distrutta dal terremoto del Natale 1222, che aveva danneggiato gravemente anche la chiesa e le case dei predicatori.
Lasciata Brescia nel 1224, G. svolse numerosi incarichi per l'Ordine dei predicatori a Bologna, soprattutto in rapporto alla fondazione del convento di S. Agnese, voluta da Diana d'Andalò e attuata nel 1223. Per tale fondazione, su incarico del generale Giordano di Sassonia, G. si recò a Roma presso le religiose di S. Sisto a cercare collaboratrici disposte a raggiungere Bologna per mostrare alle sorelle di S. Agnese i rudimenti della vita monastica. Ma Onorio III si oppose al trasferimento e solo dopo le reiterate richieste del cardinal Ugolino, avvertito da G., permise che quattro religiose, guidate da suor Cecilia, si trasferissero a Bologna prima del 12 giugno 1225, scortate dallo stesso G. e da fra Rodolfo di Faenza. In rapporto alle religiose di Bologna G. ebbe ancora nel dicembre 1226 l'incarico dal ministro generale Giordano di Sassonia di recarsi a Roma per ottenere che esse godessero della guida spirituale dei predicatori.
Non poté però occuparsi a lungo della questione, perché nel giugno 1226 presenziò alle trattative di pace tra la Lega lombarda e l'imperatore: fu infatti con il suddiacono papale Alatrino, con gli ambasciatori della Lega, con l'arcivescovo di Milano, Enrico di Settala, e con i vescovi di Mantova, Enrico, e di Brescia, Alberto, all'incontro di Marcaria sull'Oglio con i plenipotenziari imperiali per fissare i capitoli di pace da sottoporre all'imperatore. I tentativi di pacificazione ebbero esito negativo e a Borgo San Donnino le città della Lega furono scomunicate dai vescovi lombardi che avevano partecipato alla Dieta imperiale.
Nelle vicende che seguirono, il 10 marzo 1227 il papa annunciava ai Lombardi di aver scelto G. come suo rappresentante nelle trattative di pace. G. era un uomo gradito al papa, alla Curia romana e agli uomini della Lega lombarda, per queste ragioni il 26 marzo 1227 nel palazzo episcopale di Brescia, di fronte all'arciprete e all'arcidiacono della città e a tre frati domenicani, fra i quali suo fratello Ruggero, riuscì a far sottoscrivere ai rappresentanti delle città lombarde l'arbitrato proposto dal papa, di cui egli faceva le veci.
Ugolino di Ostia, divenuto papa Gregorio IX, il 16 apr. 1227 affidò a G. compiti delicati presso le città della Lega, soprattutto circa le contribuzioni per la crociata, e lo invitò a Roma a illustrare in Curia la complessa situazione lombarda.
Il 29 maggio 1227 a Roma G. era presente come familiaris alla stesura del testamento del card. Guala Bicchieri e a quella di un codicillo rogato poche ore prima della morte di Bicchieri. Il 30 giugno agiva ad Anagni con l'esecutore testamentario, Stefano, cardinale dei Ss. Apostoli, e Manfredo Bicchieri, fratello del defunto.
Il 22 luglio 1227 G. fu inviato dal papa a Federico II latore della lettera Ad ostendendam viam, nella quale il sovrano veniva esortato a iniziare la crociata e a risolvere alcuni problemi politici. Nel mese di agosto dell'anno successivo G. e il patriarca di Antiochia, Alberto di Reggio, furono inviati da Gregorio IX come nunzi presso la Lega lombarda.
Essi realizzarono in breve tempo un accordo con i Lombardi, subito sottoscritto dal papa. G. rimase presso la Lega come mandatario papale anche nel 1229, e con tale carica concluse in giugno una pace tra Treviso e Padova. Tra settembre e novembre era presente alle trattative di pace fra Bologna e Modena. Nel novembre, poiché il legato papale card. Goffredo da Castiglione (il futuro papa Celestino IV) doveva rientrare a Roma, G. ottenne la dignità di legato pontificio in Lombardia, e partecipò alla stesura delle clausole definitive della pace tra Modena e Bologna. Il 2 dic. 1229 era a Milano e intervenne con l'arcivescovo della città, Enrico da Settala, nonché con numerosi rettori di Comuni lombardi, alla discussione per la ricostituzione della Lega.
Il capolavoro diplomatico di G. fu la lunga trattativa con i delegati imperiali e poi con lo stesso Federico, conclusasi in luglio 1230 con la pace di San Germano.
Secondo il racconto di Riccardo di San Germano nei primi giorni di luglio il papa comunicò a G., detto ancora "de ordine Praedicatorum", di aver accettato il testo con le condizioni di pace presentatogli dai rappresentanti imperiali. Incontratosi probabilmente il 18 luglio a San Germano con l'imperatore, G. ebbe con lui un colloquio, nel quale Federico accettò la pace col papa. Fu poi latore di una lettera, scritta il 19 luglio dal sovrano per il papa; G. raggiunse in fretta Roma, ma il 24 luglio era di nuovo alla corte imperiale a San Germano con una bolla papale colma di gioia per la pace e con precise indicazioni per i cardinali legati nel Mezzogiorno, perché togliessero l'interdetto sulle terre del Regno normanno.
Tra fine luglio e inizi di agosto 1230 il capitolo dei canonici della cattedrale, i chierici della diocesi e il popolo di Brescia elessero G. vescovo in sostituzione di Alberto di Reggio, creato dal papa sin dal 1226 patriarca di Antiochia. G. rimase ancora un mese presso la corte imperiale, perché il 28 ag. 1230 a Santa Giusta, durante la cerimonia dell'assoluzione di Federico II dalla scomunica, sottoscrisse l'atto qualificandosi per la prima volta come "Brixiensis electus".
Il primo atto come vescovo eletto fu di obbligare il podestà a inserire negli statuti del Comune la costituzione antiereticale di Catania del marzo 1224 di Federico II e l'impegno a rispettare il bando che G., nuovo pastore, aveva comminato contro gli eretici prima ancora di entrare in diocesi e ottenere la consacrazione canonica. Non si trattava di una decisione specifica, ma soltanto della richiesta di applicare quanto deciso dai rettori della Lega, consigliati da G., nella riunione di Brescia del 26 marzo 1227 per proseguire la lotta antiereticale.
Non è il caso di addentrarsi nella lunga questione, iniziata da Ficker e continuata da Winkelmann, per attribuire a G. nei processi inquisitoriali contro gli eretici la responsabilità della condanna a morte dei colpevoli. Basti ricordare che la storiografia successiva ha escluso la veridicità di tale affermazione. Importa notare invece che anche da vescovo G. continuò a svolgere tra il 1231 e il 1232 numerose missioni di pace nei territori della Lombardia. Con lui dovevano agire alcuni frati predicatori che Gregorio IX aveva destinato, già dal 14 luglio 1227, ai vescovi lombardi, perché essi, "potentes in opere ac sermone", potessero predicare al popolo, che i legittimi presuli trascuravano poiché erano occupati in altri problemi. Il 3 nov. 1232 il papa ordinò a G. e all'inquisitore, il domenicano fra Alberico, di recarsi a Bergamo per condurre un'inchiesta sugli scontri tra le fazioni dei Rivola e dei Suardi e per applicare nel caso le sanzioni canoniche disposte dal legato papale Goffredo da Castiglione.
Nel febbraio 1232 G. era presente a Ravenna alla corte di Federico II, in quanto appare tra i sottoscrittori del diploma imperiale per la Chiesa di Aquileia. Il 12 genn. 1233 Gregorio IX lo incaricò di esaminare le gravi accuse di dissipazione dei beni ecclesiastici formulate contro il vescovo di Parma Graziadio. Nella diocesi parmense G. dovette fermarsi a lungo, giacché il 4 maggio ottenne anche l'incarico di risolvere alcune questioni relative al monastero parmense di S. Siro di Fontanella. In giugno G. si spostò a Bologna per partecipare alla traslazione del corpo di Domenico di Guzmán e per assistere alla sua canonizzazione.
In luglio egli, ormai vescovo consacrato, realizzò a Brescia una perfetta intesa con il domenicano fra Giovanni da Vicenza, attivo nelle città padane per la predicazione dell'Alleluia. Insieme con fra Giovanni, col patriarca di Aquileia e con altri vescovi lombardi G. presiedette il 28 ag. 1233 la celebre assemblea di Paquara, presso Verona, ove fra Giovanni annunciò la realizzazione della pace perpetua sulla terra lombarda. Malvezzi pone a questo proposito anche un accordo di pace tra G. e il marchese di Monferrato, che non trova tuttavia altra attestazione nelle fonti. Tra febbraio 1233 e novembre 1234 G., col fratello Ruggero, si recò più volte in Val Camonica presso alcuni centri plebani per la visita pastorale e per ricevere il giuramento di fedeltà degli abitanti in quanto signore temporale di quei territori.
Nei primi mesi del 1235 fu impegnato a risolvere una questione relativa ai rapporti tra i canonici di Bergamo e Ruggero Colleoni per alcuni beni immobiliari nella zona di Calusco d'Adda. Colleoni a metà febbraio ordinò ai suoi procuratori di vendere a G. i terreni e successivamente G. il 6 e 7 marzo nel suo palazzo di Brescia sottoscriveva un accordo con l'arcidiacono di S. Alessandro, Guiscardo Suardi, per pacificare i contendenti. Due giorni dopo il vescovo di Bergamo, Giovanni Tornielli, interponeva appello a G. affinché fossero cancellati dagli statuti di Bergamo i capitoli de metallis, imposti nel 1229 dal podestà Robaconte da Mandello, che rivendicavano al Comune i diritti sulle miniere d'argento di Ardesio in Val Seriana, contro le antiche ragioni della Chiesa bergamasca. G., in quanto legato papale, si pronunciò a favore del vescovo Tornielli il 14 giugno 1235, ma la sentenza non fu applicata.
Il 5 nov. 1235 a Brescia convennero gli ambasciatori di Ferrara, che nella sala del palazzo episcopale, di fronte a G., rinnovarono l'adesione alla Lega lombarda. Alla fine del mese il papa, su pressione di ambasciatori bergamaschi, uno dei quali apparteneva alla casata di G., lo incaricò di liberare la città di Bergamo dalla scomunica e dall'interdetto, decretati dal cardinal Goffredo da Castiglione nel 1232. Il papa poi richiese la sua presenza in Curia nelle prime settimane del 1236; infatti G. era attivo a Viterbo, dinanzi al pontefice e a molti altri legati delle città lombarde, l'11 febbr. 1236, per ascoltare le lagnanze contro i Bolognesi di un ambasciatore di Modena. Intanto la questione dell'interdetto e della scomunica su Bergamo si trascinava, in quanto i politici non intendevano cancellare le disposizioni contrarie alla libertà ecclesiastica inserite negli statuti: il 7 nov. 1236 Gregorio IX intervenne e ingiunse a G. di minacciare la scomunica personale al podestà e ai consiglieri della Credenza, se non avessero cassato le leggi antiecclesiastiche dai libri del Comune. G. era ancora a Brescia l'11 maggio 1237, quando dettò norme per disciplinare le funzioni ecclesiastiche del clero di Orzinuovi.
Ma l'evoluzione degli avvenimenti politici di Lombardia portò alla guerra tra le città della Lega e quelle aderenti al sovrano; dopo la battaglia di Cortenova del tardo autunno del 1237, in cui i Milanesi e i Bresciani furono rovinosamente sconfitti dall'esercito di Federico II, G. fu accusato di mantenere un atteggiamento ambiguo nei confronti della città e troppo conciliante verso gli Imperiali. Alla fine di gennaio 1238 egli depositava a Bergamo, nella chiesa di S. Alessandro, nelle mani del canonico tesoriere Alberico Avogadro, quattro borse sigillate col suo sigillo che contenevano 56 lire e 15 soldi milanesi e 42 lire e 8 soldi veneti. Forse in questa occasione egli affidò al chierico bergamasco anche i documenti attestanti i privilegi della Chiesa bresciana e gli arredi sacri della cappella episcopale. Inoltre, quando nel luglio del 1238 la Val Camonica si ribellò contro la Lega lombarda, il Comune e il popolo di Brescia accusarono il loro vescovo di aver tramato contro la città consegnando agli Imperiali i castelli e le fortezze del territorio.
G. fu bandito dalla città e gli furono sequestrate le rendite della diocesi. Da agosto a ottobre 1238 Brescia fu assediata dagli Imperiali, che dovettero poi desistere senza alcun successo. Nel marzo 1239, durante l'esilio, probabilmente in Val Camonica, ove dovette essere nominato podestà, dato che quando morì aveva tale titolo, tentò ancora di presentare, insieme con i presuli di Bergamo, Giovanni Tornielli, e di Como, Umberto della Sala, una proposta di pace al papa e all'imperatore. Ma la scomunica lanciata da Gregorio IX contro Federico II il 20 marzo pose G. in forte difficoltà, aumentata dal fatto che Gregorio da Montelongo, capo dell'esercito papale, appoggiava il Comune bresciano nella rivendicazione delle giurisdizioni politiche, dei diritti signorili, delle regalie e dei privilegi della Chiesa di Brescia, in modo da eliminare il potere politico del vescovo sulla città. L'opposizione contro G. era rafforzata dal fatto che egli aveva nascosto i documenti episcopali in un luogo sicuro, cioè presso la cimiliarchia di Bergamo, ove era attivo suo fratello Ruggero. Gregorio IX, informato dal Montelongo e probabilmente dal priore dei predicatori di Brescia, ordinò al presule di Mantova, Giacomo di Castell'Arquato, di imporre a G. la restituzione dei privilegi al capitolo della cattedrale della città. G. fu pertanto costretto a recarsi a Roma nei primi mesi del 1240 per discolparsi e per rivelare al papa il vero disegno del Montelongo. A favore di G. si schierò anche il capitolo generale dei predicatori, riunito a Bologna nello stesso 1240, il quale votò la condanna del priore di Brescia e dei suoi soci, resisi colpevoli di gravi mancanze durante la procedura inquisitoriale condotta contro il loro vescovo. Conosciuto lo sviluppo della vertenza, anche Gregorio IX il 10 luglio 1240 riscrisse al vescovo di Mantova per annullare le disposizioni della precedente lettera e per aggiungere che G. era disposto a consegnare i privilegi a patto che fossero posti in un luogo sicuro entro le mura di Brescia. Due giorni dopo una seconda lettera papale avvisava il legato Gregorio da Montelongo che la nuova inchiesta, condotta contro il vescovo di Brescia da un frate predicatore e da un frate minore, si era risolta a favore di G. e che quindi il legato avrebbe dovuto reintegrarlo nel godimento di tutti i suoi diritti. Ma nulla di ciò avvenne e G. rimase lontano da Brescia.
Nel settembre 1240 Gregorio IX lo convocò per inviarlo a Faenza come messaggero di pace tra l'Impero e la Chiesa, in vista del concilio che il papa aveva convocato per la Pasqua del 1241. L'imperatore, scrivendo al duca di Sassonia e al re d'Inghilterra il 13 sett. 1240, ricordò l'attività diplomatica di G. e sottolineò che il vescovo di Brescia aveva piena coscienza dei diritti del sovrano ed era un sincero propugnatore della pace tra Impero e Papato.
Ma gli eventi precipitarono: la morte a Milano nel marzo del 1241 dell'arcivescovo Guglielmo da Rizolio, seguita il 21 agosto dalla scomparsa di Gregorio IX, favorirono di nuovo le posizioni di Gregorio da Montelongo che, sfruttando la situazione di crisi, impose al capitolo della cattedrale di Milano la candidatura di fra Leone da Perego, che era stato provinciale di Lombardia dei minori e che agiva dichiaratamente contro il sovrano. G. continuò invece a sostenere la linea della pacificazione e nel 1242 si recò, invitato dall'imperatore, alla corte di Federico II a San Germano insieme con il vescovo di Bergamo, Enrico di Sesso, che morì durante la missione, per proporre trattative di pace. L'elezione dell'arcivescovo di Milano, avvenuta durante la vacanza della sede papale, non fu considerata valida, almeno in un primo momento, dal nuovo papa Innocenzo IV, che il 5 sett. 1243 con tre lettere, indirizzate da Genova al clero di Brescia, al legato Gregorio di Montelongo e a due canonici di Bergamo, premeva perché il Comune bresciano revocasse alcuni statuti ingiustamente deliberati contro G., che era ancora in esilio.
G. soggiornava allora nel monastero vallombrosano di Astino, presso Bergamo, ove morì il 3 sett. 1244, dopo aver posto la prima pietra del convento domenicano di S. Stefano della città (21 agosto) e dopo aver redatto un ampio testamento (28 agosto) in cui lasciava 186 lire imperiali al cenobio che lo ospitava, e in cui fu sepolto, a numerose altre istituzioni ospitaliere e caritative bresciane e ai monasteri cistercensi di Chiaravalle della Colomba e di Cerreto.
I privilegi della Chiesa bresciana e i tesori della cappella episcopale furono restituiti dal fratello di G., fra Ruggero, il 25 ott. 1245, a due frati domenicani che agivano per conto del nuovo vescovo di Brescia Azzone.
Pio IX nel 1868 autorizzò per il beato G. il culto locale nelle diocesi di Brescia e Bergamo.
Fonti e Bibl.: G. Malvezzi, Chronicon Brixianum…, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XIV, Mediolani 1729, col. 905; Rolandinus Patavinus, Cronica in factis… Marchie Trivixane, a cura di A. Bonardi, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., VIII, 1, p. 40; Annales Placentini gibellini, a cura di G.H. Pertz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XVIII, Hannoverae 1863, p. 479; Ryccardus de Sancto Germano, Chronica, a cura di G.H. Pertz, ibid., XIX, ibid. 1866, pp. 359, 383; Friderici II Constitutiones, a cura di L. Weiland, ibid., Legum sectio IV, II, ibid. 1894, pp. 136-139, 145-147; Documenta episcoporum Regini… Brixiensis…, ibid., p. 179; Historia diplomatica Friderici II, a cura di J.-L.-A. Huillard Bréholles, II, Parisiis 1852, p. 715; III, ibid. 1853, p. 7; V, ibid. 1857, pp. 1039 s.; Statuta Communis Brixiae saeculi XIII, in Monumenta historiae patriae, XVI, Leges municipales, Augustae Taurinorum 1876, coll. 1643-1646, 2055, 2061; Acta Imperii inedita…, a cura di E. Winkelmann, Innsbruck 1880, p. 287; Les registres de Grégoire IX, a cura di L. Auvray, Paris 1896, I, coll. 15, 66, 206, 284 s., 577; Gerardus de Fracheto, Vitae fratrum Ordinis praedicatorum, Roma 1897, p. 26; Acta capitulorum generalium Ordinis praedicatorum, I, a cura di B.M. Reichert, Romae 1898, pp. 14 s.; Gli atti del Comune di Milano nel secolo XIII, a cura di M.F. Baroni, Milano 1976, pp. 259 s., 339 s., 499, 509; G.M. Pio, Della nobile e generosa progenie di s. Domenico in Italia, Bologna 1615, I, p. 87; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, II, Venetiis 1717, col. 176; V, ibid. 1720, col. 183; G.G. Gradenigo, Brixia sacra, Brixiae 1755, pp. 255-263; G. Tiraboschi, Vetera humiliatorum monumenta, II, Mediolani 1767, p. 165; T. Frova, Gualae Bicherii… vita et gesta, Mediolani 1767, pp. 163-171, 178; G.B. Verci, Storia della Marca trivigiana e veronese, I, Venezia 1786, Appendice, doc. LXXI, pp. 105 s.; G. Melloni, Atti e memorie degli uomini illustri in santità nati o morti in Bologna, Bologna 1788, pp. 228, 365; G. Brunati, Vita e gesta di santi bresciani, I, Brescia 1854, p. 48; F. Odorici, Storie bresciane…, V, Brescia 1856, pp. 328-333; T. Masetti, Memorie storico-biografiche-critiche del beato G. Romanoni dell'Ordine dei predicatori, vescovo di Brescia e legato apostolico, Roma 1869; J. Ficker, Die gesetzliche Einführung der Todsstrafe für Ketzerei, in Mitteilungen des Österreichischen Instituts für Geschichtsforschung, I (1880), pp. 326-334; E. Winkelmann, Zur Einführung der Todsstrafe für Ketzerei, ibid., VIII (1888), pp. 125-133; G. Marchetti Longhi, La legazione in Lombardia di Gregorio da Monte Longo negli anni 1238-1251, in Arch. della R. Società romanadi storia patria, XXXVI (1913), pp. 663-675; XXXVIII (1915), p. 594; R. Putelli, Valle Camonica e lago d'Iseo nella storia, Breno 1923, pp. 105-137; F. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia… La Lombardia, II, 1, Bergamo, Brescia, Como, Bergamo 1929, pp. 250-256; J. Kuczynski, Le bienheureux G. de Bergame de l'Ordre des frères prêcheurs, évêque de Brescia, paciaire et légat pontifical, Estavayer 1916; P. Guerrini, Il beato G. da Bergamo. Appunti critici per la sua biografia, in Bergomum, XXXIX (1945), pp. 27-39; C. Violante, La Chiesa bresciana nel Medioevo, in Storia di Brescia, I, Brescia 1963, pp. 1073 s.; A. Paravicini Bagliani, Cardinali di Curia e "familiae" cardinalizie dal 1227 al 1254, I, Padova 1972, p. 14; R.A. Lorenzi, Medioevo camuno, Brescia 1979, pp. 125 s.; A. Paravicini Bagliani, Itestamenti dei cardinali del Duecento, Roma 1980, pp. 118 s.; G. Barachetti, Possedimenti del vescovo di Bergamo nella valle di Ardesio. Documenti dei secoli XI-XV…, Bergamo 1980, pp. 43-59; A.M. Voci, Federico II e i mendicanti, in Critica storica, I (1985), pp. 12 s.; C. Montini - O. Valetti, I vescovi di Brescia. Ricerca bibliografica, Brescia 1987, pp. 170 s.; A. Pesenti, Dal Comune alla signoria, in Storia religiosa della Lombardia. Diocesi di Bergamo, Brescia 1988, pp. 96, 98, 112, 117 s., 120; G. Merotti - F. Salvini, Un figlio illustre. Il beato G., in Rogno e le sue terre, I, Boario Terme 1990, pp. 139-162; M.P. Alberzoni, Nel conflitto fra Papato e Impero, in Storia religiosa della Lombardia. Diocesi di Milano, I, Brescia 1990, pp. 243-246; G. Barone, Forme e temi della propaganda antimperiale nell'Italia federiciana. L'azione degli Ordini mendicanti, in Federico e le città italiane, a cura di P. Toubert - A. Paravicini Bagliani, Palermo 1994, pp. 283-285; G. Archetti, Berardo Maggi, vescovo e signore di Brescia. Studi sulle istituzioni ecclesiastiche e sociali della Lombardia orientale tra XIII e XIV secolo, Brescia 1994, pp. 298 s., 301 s., 309, 312, 323, 332, 344, 447, 539; T. Tugwell, Notes on the life of st. Dominic, in Archivum fratrum praedicatorum, LXVI (1996), pp. 142-144; L. Canetti, L'invenzione della memoria. Il culto e l'immagine di Domenico nella storia dei primi frati predicatori, Spoleto 1996, pp. 41, 75 s.; D. Rando, Religione e politica nella Marca, I, Religionum diversitas, Verona 1996, pp. 83 s., 87-89, 115; C.D. Fonseca, Federico II e gli ordini mendicanti, in Federico II. Atti del Convegno dell'Istituto storico germanico di Roma nell'VIII centenario della nascita, a cura di A. Esch - N. Kamp, Tübingen 1996, pp. 173 s.; G. Barone, Il Papato e i domenicani nel Duecento, in Il Papato duecentesco e gli ordini mendicanti. Atti del XXV Convegno internazionale, Assisi… 1998, Spoleto 1998, pp. 92-95; G. Andenna, Federico II e i mendicanti di Lombardia, in Federico II e la civiltà comunale nell'Italia del Nord. Atti del Convegno internaz. promosso in occasione dell'VIII centenario della nascita di Federico II, Pavia… 1994, a cura di C.D. Fonseca - R. Crotti, Roma 2000, pp. 92-95; Id., I primi vescovi mendicanti…, in Dal pulpito alla cattedra. I vescovi degli ordini mendicanti nel Duecento e nel primo Trecento, in Atti del XXVII Convegno della Soc. internaz. di studi francescani, Assisi… 1999, Spoleto 2000, pp. 59-70, 73-77; Bibliotheca sanctorum, VII, pp. 412-420; Dict. d'hist. et de géogr. eccl., XXII, col. 495.