GREGORIO (Goro, Ghirigoro) d'Arezzo
Sulla base dei pochi e incerti elementi a nostra disposizione, la biografia di G. può essere ricostruita solo per sommi capi.
Nacque ad Arezzo al principio del XIV secolo dal notaio Accolto di Faltona. Compì studi di medicina, presumibilmente nello Studio aretino, ed esercitò la professione di medico anche nell'Europa centrale. Tornato ad Arezzo prima del 1340, si ritirò in convento e scrisse canzoni morali e allegoriche.
Elementi utili si traggono dalle pur scarne indicazioni contenute in manoscritti quali il 1100 della Biblioteca Riccardiana di Firenze, e Ashburnh. 478 della Biblioteca Mediceo Laurenziana di Firenze, che a G. attribuiscono tredici canzoni morali e, il solo Riccardiano, due sonetti a "Maestro Gregorio d'Arezzo" (a volte nelle forme Grigoro e Ghirighoro), ivi definito "medico filosofo". Due canzoni, di cui una diretta a Sennuccio Del Bene, portano nel manoscritto Ashburnh. la data del 1340, ma, per quello che sembra un riferimento a mercenari tedeschi assoldati dai Pisani nella guerra contro i Fiorentini per Lucca, devono essere assegnate almeno al 1342. Nella canzone indirizzata a Petrarca, Il forse e llo 'ntradue m'hanno sì stanco, G. sviluppa il sonetto di Petrarca, L'aspetto sacro de la terra vostra, che generalmente si fa risalire, in prima stesura o parziale rielaborazione, ai primi anni '50 del XIV secolo.
Si sa inoltre da due documenti del 1354 e del 1365 che un "Gregorius medicus de Accoltis" abitava in Arezzo a Rugamastra; e G. è anche ricordato da ser Guidone di Ridolfo notaio aretino nei suoi protocolli del 1354 e del 1357. Un maestro Gregorio di ser Bonaccolto, medico di Arezzo, è ricordato in due atti, rispettivamente del 31 genn. 1353 e del 20 ott. 1360.
Tra le carte dei domenicani d'Arezzo conservate presso l'Archivio di Stato di Firenze si trova il testamento rogato da ser Donato, di fu ser Bonaventura del fu ser Ghisello notaro d'Arezzo, il giorno 20 ott. 1360, indizione XIII, col quale "Maestro Gregorio fisico", figlio del fu ser Accolto notaio da Faltona, cittadino aretino, lasciava la rendita della vendita di una casa di sua abitazione posta nella città d'Arezzo, nella porta del Foro nel borgo di Rugamastra, e di cinque pezzi di terra posti nel piano di detta città e nella contrada di S. Lorenzo, presso il mulino della chiesa di S. Maria in Gradi, al convento dei frati predicatori di Arezzo; istituiva esecutore testamentario fra Jacopo del fu Feo Bracci di Arezzo, frate conventuale dell'Ordine dei predicatori di Arezzo, ed erede sua sorella donna Gora. Non risulterebbe dal testamento di G. che egli abbia avuto una figlia; ma una "Donna Diana", che andò in moglie ad Alberto di Guidiccino di Talla, in due atti del 1390 esistenti nell'Archivio di Stato di Firenze, è indicata come "figlia del fu Maestro Goro d'Arezzo".
L'ardore contemplativo e spirituale che traspare dai componimenti, la figura di alcuni dei destinatari, appartenenti al clero secolare, e i legati del testamento, sono elementi in favore dell'ipotesi che G. possa aver indossato in età avanzata l'abito religioso, secondo un costume non infrequente in quell'epoca.
G. morì dopo il 1365.
Nelle didascalie di tre fra le sue canzoni si accenna a Cionellino Cavalcanti, maestro Salvio d'Ancona, don Bernardo abate di S. Maria d'Oliveto, ma non si possiedono dati sui loro rapporti con Gregorio. Simone Dell'Antella e Iacopo Ghini furono con lui in corrispondenza poetica, e la sua morte fu lamentata da Rinaldo da Cepparello in un sonetto, non datato, conservato nel codice Riccardiano 1100 (c. 58). Non è chiaro in quali rapporti G. fosse con Francesco Petrarca e Sennuccio Del Bene, dedicatari di sue canzoni: di certo Petrarca non fa mai cenno a un G. medico aretino.
L'esiguità e l'incertezza documentaria è il principale motivo per cui l'identità di G. è stata in passato oggetto di qualche equivoco. G. fu infatti inizialmente confuso con ser Gorello d'Arezzo di Iacopo Sinigardi, cui era stata erroneamente attribuita la Cronica dei fatti d'Arezzo (opera invece del figlio Bartolomeo. Quanto alla possibile identificazione fra G. e il padre di Bartolomeo, ser Goro o Gorello, benché la cronologia comune possa lasciare qualche spiraglio, questi non può essere identificato con G. per il titolo differente (ser contro maestro), perché la data di morte di ser Gorello dev'essere fissata non oltre il 1351, mentre G. potrebbe essere ancora vivo nel 1365. L'unica coincidenza fra Goro e G. è data dall'omonimia e, per quello che ci è dato sapere, dalla parziale concomitanza cronologica della loro vita.
Alcuni (in particolare Ugolini, 1901 e Hankey) hanno ritenuto di poter identificare G. col maestro di grammatica Goro d'Arezzo, cui sono attribuiti un commento a Lucano, contenuto nel ms. Harl. 2458 della British Library di Londra, un breve trattato sulla sintassi dei casi (nel Panciatichiano 68 della Biblioteca nazionale di Firenze) e un trattato di ortografia, le Regule ortographie per alphabetum compilate, trasmesso dal codice Magl. VIII.1412 della Biblioteca nazionale di Firenze. Goro, maestro dell'umanista Domenico Bandini, è da questo ricordato come un grande maestro delle arti del trivio in un suo lavoro giovanile, il Rosarium artis gramatice. Benché Bandini dimostri in varie opere una grande conoscenza delle scienze mediche e degli elementi della medicina degli antichi, neanche questa ipotesi di identificazione può essere accolta, per la diversa professione dei due personaggi; inoltre, dalle poesie di G. non traspare una solida conoscenza delle arti del trivio, né riferimenti di sorta a Lucano.
Per quanto riguarda la produzione poetica di G., l'argomento delle sue canzoni è essenzialmente morale, tranne nel caso della canzone ispirata dal Petrarca, ascrivibile piuttosto al genere lirico. Il significato è spesso di ardua interpretazione: si tratta per lo più di invettive contro i costumi leggeri e la lascivia e di rimproveri contro frati ciarlieri e troppo dediti ai piaceri terreni. Cinque canzoni, a tutt'oggi inedite, compongono un poemetto morale in cui la Fortuna personificata indica al protagonista le miserie del mondo e il modo di fuggirle. G. si muove fra un nebuloso misticismo e istanze morali di matrice guittoniana, con numerose reminiscenze della Commedia dantesca. Dal punto di vista stilistico G. compone canzoni a schema fisso, sul modello di Bindo Bonichi.
La canzone O chiari frati miei sempre tra voi è pubblicata in G. Lami, Catalogus codicum manuscriptorum qui in Bibliotheca Riccardiana Florentiae adservantur, Liburni 1756, p. 209; la canzone Nell'alba messaggiera del bel giorno è in Canzon mandata da maestro Gregorio d'Arezzo a maestro Salvio medico d'Ancona, 1440, a cura di G. Mazzatinti - G. Vanzolini, Forlì 1892, pp. III-IX (nozze Fortis - Saffi); la canzone Figliuol ch'io lattai colle mammelle è pubblicata in Canzonedi maestro Gregorio d'Arezzo a Sennuccio Del Bene, a cura di G. Volpi, ibid. 1895 (nozze Bacci - Del Lungo). Sei canzoni e due sonetti sono pubblicati in Ugolini, 1901 (pp. 23-48). I sonetti di Rinaldo da Cepparello e Simone Dell'Antella a G. sono pubblicati in Poesie italiane inedite di dugento autori dall'origine della lingua infino al secolo decimosettimo, a cura di F. Trucchi, II, Prato 1847, pp. 20-23. Il sonetto di Iacopo Ghini è pubblicato da Lami, cit., p. 209.
A un Gregorio d'Arezzo è stato attribuito il trattatello Fiori di medicina (Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., XV.184); lo stesso trattato, in latino, è attribuito a Gregorius magister, con il titolo De custodia sanitatis, nel Pal. lat. 2531 della Österreichische Nationalbibliothek di Vienna (cc. 12-77: Collectio formularum medicinalium Latinarum et Germanicarum partim artis superstitiosae medendi; cc. 77-79: Tractatus brevis […] medicinalis). Apografo e anonimo, ma con attribuzione, dedica e datazione di mano seriore (Trattato del governare la sanità di Gregorio medico del duca d'Austria ad Andrea vescovo di Chioggia, 1322-1350), il trattatello è conservato anche a Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. it., cl. III, 28 (= 5256). Tutti e tre i manoscritti risalgono al XIV secolo. L'attribuzione a G. di questo testo è basata su una lode, in verità piuttosto convenzionale, della poesia, che l'autore fa all'inizio dell'opera, che si configura come un trattato de regimine corporis contenente un'esposizione degli insegnamenti di medici antichi e arabi: Galeno, Ippocrate, Aristotele, Asclepiade, Avicenna, ‛Alī ibn al-‛Abbās, Serapione, Almansor. Il trattatello non offre ulteriori elementi sull'identità dell'autore, né fornisce sicure prove per l'identificazione, che non ha altre basi che la coincidenza del nome e qualche uso linguistico comune (ma non vi si riscontrano voci schiettamente aretine): d'altra parte l'opera, originariamente in latino, è in larga misura un centone di parti del Secretum secretorum pseudoaristotelico.
Se si accetta l'identità fra l'autore dei Fiori di medicina e quello delle poesie del Riccardiano e dell'Ashburnh., si possono accogliere anche le scarne notizie fornite nel breve proemio dell'operetta didascalica, in cui l'autore si dichiara, in dedica ad Alyrone de' Riccardi di Glugia, "io, Gregorio, medico di fisica del grandissimo e gentilissimo duca di Sterlicchi". Zambrini dà anche notizia, senza però fornire estremi documentari, di un maestro Biagio, medico del re di Gerusalemme e di Cipro, che si trovava in Firenze nel 1366, e che si dichiarava figlio di un ser Goro o Gregorio. I Fiori di medicina sono stati pubblicati a cura di F. Zambrini, Bologna 1865.
Fonti e Bibl.: Gorelli Aretini notarii poëma Italice scriptum de rebus gestis in civitate Aretina (1310-1384), in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XV, Mediolani 1729, p. 807; Annales Arretinorum maiores, ibid., XXIV, ibid. 1738, p. 858; Cronica dei fatti d'Arezzo di ser Bartolomeo di ser Gorello, a cura di A. Bini - G. Grazzini, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XV, 1, pp. III-XIII; Annales Arretinorum maiores et minores (aa. 1192-1343), con appendice di altre cronache e documenti, a cura di A. Bini - G. Grazzini, ibid., XXIV, 1, p. V; A. Ugolini, Un poeta gnomico del '300 (maestro G. d'A.), Pontedera 1899, pp. III-VI; Id., Maestro G. d'A. e le sue rime, Livorno 1901, pp. 5-10; U. Pasqui, Cronica in terza rima di ser Bartolomeo di ser Gorello, in Id., Documenti per la storia della città di Arezzo nel Medio Evo, IV, Firenze-Arezzo 1937, pp. 106 s., 238 s.; L. Allacci, Poeti antichi raccolti da codici manoscritti della Biblioteca Vaticana e Barberiniana, Napoli 1661, p. 51; G.M. Crescimbeni, Istoria della volgar poesia, IV, Venezia 1720, p. 5; G. Volpi, Il Trecento, Milano 1899, pp. 193, 239; C. Marchesi, Due grammatici latini del Medio Evo, in Bull. della Soc. filologica romana, XII (1910), p. 38; U. Viviani, Medici, fisici e cerusici della provincia aretina, vissuti dal V al XVII secolo d.C., Arezzo 1923, p. 33; E. Matthews Sanford, The manuscripts of Lucan, in Speculum, IX (1934), pp. 284-286; A.T. Hankey, Domenico di Bandino of Arezzo, in Italian Studies, XII (1957), pp. 110-128; Id., Bandini, Domenico, in Diz. biogr. degli Italiani, V, Roma 1963, p. 708.