GODEFROID de Huy
(o de Claire)
Orafo mosano attivo nella seconda metà del 12° secolo.Il nome di G. è riportato nel registro dei defunti dell'abbazia di Neufmoustier a Huy (Liegi, Mus. d'Archéologie et d'Arts Décoratifs), dove alla data del 25 ottobre di un anno imprecisato, che però può essere collocato nella seconda metà del sec. 12°, un monaco iscrisse la "commemoratio Godefridi aurificis fratris nostris". Una mano apocrifa, senza dubbio quella di Maurizio di Neufmoustier (inizi sec. 13°), aggiunse alcune precisazioni: che l'orafo G. fu cittadino di Huy prima di divenire canonico di Neufmoustier; che ebbe per la sua epoca un talento incomparabile; che eseguì in molte regioni casse e altri pezzi di oreficeria a uso dei re; che realizzò per la collegiata di Notre-Dame di Huy due casse, un incensiere e un calice d'argento e per la chiesa di Neufmoustier un meraviglioso reliquiario destinato a contenere una falange di s. Giovanni Battista; quest'ultima reliquia gli sarebbe stata donata da Amalrico, vescovo di Sidone, in cambio della realizzazione di un vaso di squisita fattura.Un cronachista di Liegi, Jean d'Outremeuse (1338-1400), riprese questa narrazione, aggiungendovi ancora alcuni dettagli: egli collocava in particolare nel luglio 1173 il ritorno di G. - detto in questo caso de Claire - a Huy dopo ventisette anni passati lontano da questa città e precisava che G. divenne canonico nell'abbazia di Neufmoustier il diciassettesimo giorno delle calende del luglio 1174. Quanto alle due casse che G. eseguì, esse venivano indicate come quelle di s. Domiziano e di s. Meingoldo. A seguito dello studio critico degli scritti di questo cronista (Kurth, 1910) è emersa tuttavia la necessità di assumere con cautela le notizie da lui fornite, soprattutto quando esse risultano troppo precise, come in questo caso.Queste menzioni comunque, a cui si può aggiungere la commemorazione, nello stesso registro dei defunti di Neufmoustier, di un certo Simone, figlio di G. orefice, deceduto a Huy agli inizi del sec. 13°, attestano con certezza l'esistenza e la notorietà dell'artista e permettono di collocare la sua attività intorno al 1170.La notevole bibliografia su G., non esente peraltro da deviazioni romantiche o anche nazionalistiche, prodotta da quando il nome di quest'orafo fu reso noto dagli studi di Helbig (1876), è dovuta più al fatto che egli è uno dei pochi orafi della sua epoca di cui sia nota l'identità che non a una reale conoscenza della sua produzione artistica.Ormai da lungo tempo e senza discussione si è associato al nome di G., di cui il registro dei defunti di Neufmoustier vantava precisamente il talento e l'alto rango dei committenti, l'orafo G. attestato in uno scambio di corrispondenza, datato al 1148, con l'abate Vibaldo di Stavelot a proposito di una commessa in corso di realizzazione a quell'epoca, che dimostra la considerazione di cui questo artista godeva agli occhi del ricco prelato. Alcuni studiosi non esitano a riconoscere in G. anche il Godefridus aurifex che firmò nel 1146 la cassa di s. Vitone di Verdun, oggi scomparsa.Le uniche opere conservate sicuramente attribuibili a G. sono le casse di s. Domiziano e di s. Meingoldo, probabilmente eseguite intorno al 1172-1173 sulla base della data di traslazione delle reliquie, che costituiscono i pezzi più significativi della collegiata di Huy (Trésor d'Art Religieux de la Collégiale Notre-Dame). I numerosi restauri, le trasformazioni e le sottrazioni di cui furono oggetto nel corso del tempo rendono difficile la definizione del loro stato primitivo. È comunque evidente l'alta qualità delle loro decorazioni originarie, da attribuire senza dubbio a G.: figure umane, motivi fitomorfi, iscrizioni a sbalzo, modanature incise e stampate, un ricco ornato a vernice bruna e pregevoli smalti con motivi vegetali. Lo studio di queste casse, a seguito di una campagna di restauro attualmente in corso, potrebbe permettere di definire meglio le caratteristiche di questi 'fossili-guida' della produzione attribuita a Godefroid.Nel novero delle opere che dal punto di vista stilistico si ricollegano più strettamente a queste due casse figurano il reliquiario del braccio di Carlo Magno (Parigi, Louvre), il trittico della Vera Croce (Liegi, Sainte-Croix, trésor), il frontone dell'antica cassa di s. Oda di Amay (Londra, British Mus.), tutte opere che si collocano intorno al 1165-1170.In passato sono stati attribuiti, erroneamente, a G. numerosi pezzi di oreficeria mosana del terzo quarto del sec. 12°, soprattutto smalti; tuttavia nelle due casse della collegiata di Huy solo una piccola parte della decorazione è a smalto.
Bibl.: J. Helbig, Les châsses de Saint Domitien et de Saint Mengold de l'ancienne collégiale de Huy, Bulletin de la Gilde de Saint Thomas et de Saint Luc, 1876; id., L'art mosan depuis l'introduction du christianisme jusqu'à la fin du XVIIIe siècle, I, Bruxelles 1906, p. 38; G. Kurth, Etude critique sur Jean d'Outremeuse, Mémoires de l'Académie royale de Belgique, s. II, 7, 1910; H. Beenken, Schreine und Schranken, JKw 3, 1926, pp. 65-107: 69; J. Braun, Der Heribertusschrein zu Deutz, seine Datierung und seine Herkunft, MünchJBK, n.s., 6, 1929, pp. 109-123: 118-119; M. Laurent, Art rhénan, art mosan et art byzantin. La Bible de Stavelot, Byzantion 6, 1931, pp. 75-98: 82; S. Collon-Gevaert, La note de l'obituaire de l'abbaye de Neufmoustier, Bulletin des musées royaux d'art et d'histoire, s. III, 5, 1933, pp. 137-139; id., Histoire des arts du métal en Belgique, Bruxelles 1951, p. 149; A. Landais, Essai de groupement de quelques émaux autour de Godefroid de Huy, in L'art mosan, "Journées d'études, Paris 1952", a cura di P. Francastel, Paris 1953, pp. 139-145; S. Collon-Gevaert, J. Lejeune, J. Stiennon, Art mosan aux XIe et XIIe siècles, Bruxelles 1961, p. 89; F. Ronig, Godefridus von Huy in Verdun. Eine bisher unbeachtete Quelle zur Godefroid-Problem, Aachener Kunstblätter 32, 1966, pp. 83-91; U. Krempel, Das Remaclusretabel in Stavelot und seine künstlerische Nachfolge, MünchJBK, s. III, 22, 1971, pp. 23-45: 31; J.J.M. Timmers, De Kunst van het Maasland [L'arte della Mosa], Assen [1971], pp. 317-320; F. Mütherich, Der Schrein des Heiligen Servatius in Maastricht, München 1985, p. 94.A. Lemeunier