PARATORE, Giuseppe
– Nacque a Palermo il 31 maggio 1876 da famiglia originaria di Milazzo, dove il padre aveva interessi nel settore armatoriale.
Visse la propria infanzia a Palermo, ma nella tarda primavera del 1885 la famiglia – per sfuggire a un’epidemia di colera – si trasferì a Napoli. Il soggiorno, pensato come temporaneo, divenne invece definitivo; qui Paratore frequentò il liceo e, dal 1893, la facoltà di Giurisprudenza, nella quale insegnavano professori del calibro di Enrico Pessina, Giovanni Bovio, Emanuele Gianturco e Lodovico Mortara. Per approfondire gli studi di economia e diritto pubblico trascorse un anno a Berlino; e, prima ancora di concludere il percorso universitario, iniziò a svolgere pratica legale nello studio di Francesco Crispi, al quale restò sempre vicino svolgendo compiti di segretario e accompagnandolo in viaggi e missioni (su questi anni scrisse Crispi nell’intimità, Napoli 1899, ora in Scritti e Discorsi, Napoli 1959, pp. 20-28). Alla morte dello statista siciliano, nel 1901, Paratore ne fu esecutore testamentario.
Oltre all’influenza di Crispi furono decisivi, per la sua formazione culturale e politica, gli insegnamenti di Napoleone Colajanni e i frequenti contatti con Francesco Saverio Nitti, Vittorio Emanuele Orlando e Benedetto Croce. Fin dagli anni universitari collaborò con alcuni periodici locali come il Pungolo parlamentare, il Don Marzio e la Rivista popolare (diretta da Colajanni). Nel 1899 si laureò in economia politica con una tesi sul movimento evangelico sociale tedesco, fondato a Erfurt dal parroco Friedrich Neumann per contrastare l’opera della socialdemocrazia con un programma sociale di stampo cristiano (Il programma di un parroco. Note sul movimento evangelico-sociale in Germania).
Subito dopo la morte di Crispi, Paratore si trasferì a Genova dove assunse l’incarico di direttore dell’ufficio legale della Navigazione Generale Italiana (NGI). In breve tempo la sua attività per l’azienda si estese alla sfera degli accordi e dei contratti internazionali, delle relazioni sindacali e delle questioni tariffarie e assicurative.
Nel 1904 fondò il Sindacato marittimo italiano, al fine di assicurare i lavoratori del mare contro gli infortuni; e, l’anno successivo, creò la Casa del marinaio, con compiti di assistenza, ricovero e svago per i marittimi in transito e a terra. Nel 1906 costituì il Sindacato internazionale degli armatori e nel 1907 la Mutua marittima internazionale. Al termine di questa stagione nel settore armatoriale, Paratore condensò in un trattato di diritto marittimo (La responsabilità dell’armatore, 1914) le esperienze e gli studi compiuti.
Nel 1909 – mentre per il suo lavoro si divideva tra Genova e Londra dove seguiva le attività delle corti di giustizia marittima e dopo essere tornato, nel 1908, in Sicilia a soccorrere le vittime del terremoto – ricevette la proposta di un comitato cittadino di candidarsi nel collegio elettorale di Milazzo (Messina). Nonostante l’ostilità dell’apparato giolittiano locale (il prefetto e quindici sindaci del circondario si mossero a sostegno del candidato governativo Lodovico Fulci), il ‘crispino’ Paratore fu eletto deputato nelle liste della Sinistra costituzionale e liberale.
Il corteo di festeggiamento promosso dai suoi sostenitori si trasformò in una manifestazione contro l’amministrazione comunale e fu violentemente represso dalla forza pubblica. Alla denuncia di tale episodio fu dedicato il suo primo intervento parlamentare.
Interventista, allo scoppio della Grande Guerra si arruolò volontario. Dopo aver partecipato a un corso per ufficiali del genio, fu inviato al fronte al seguito della Terza Armata, che operava nei territori oltre l’Isonzo. Al termine del conflitto, nell’ambito della riorganizzazione postbellica, fu nominato presidente del Commissariato per l’approvvigionamento delle materie prime. Nel gennaio 1919 fu chiamato a ricoprire la carica di sottosegretario al ministero dell’Industria nel secondo governo Orlando. Rieletto con il sistema proporzionale nel più ampio collegio di Messina, dove risultò il più votato, Paratore assunse l’incarico di sottosegretario alle Colonie nel governo presieduto da Nitti, con il quale era in rapporti di amicizia fin dai tempi dell’università. Nel maggio 1920 divenne ministro delle Poste. L’anno seguente partecipò ai negoziati di Londra sulle riparazioni di guerra e sui debiti interalleati (L’Italia e i debiti interalleati, in Nuova antologia, 16 maggio 1923, pp. 172-184).
Nei turbolenti anni del primo dopoguerra, di fronte all’avanzata di popolari e socialisti, fondò con Orlando e Nitti la Democrazia italiana, una sorta di cartello di tutte le correnti moderate che si riconoscevano nello stato di diritto. Nel secondo governo di Luigi Facta (ag.-ott. 1922) assunse l’incarico di ministro del Tesoro e, da questa posizione, diede avvio alla sua pluriennale battaglia per il risanamento delle finanze pubbliche assistendo, al contempo, al progressivo sgretolamento dello Stato liberale.
Nell’illusione di poter ricondurre il fascismo nell’alveo costituzionale, nel 1924 accettò la candidatura nelle liste nazionali (il cd. listone). Dopo il delitto Matteotti passò però all’opposizione, pur rifiutando di aderire alla ‘secessione dell’Aventino’ e preferendo restare in aula con Giolitti, Orlando e il gruppo dei liberaldemocratici. Il 22 novembre 1924 votò contro l’approvazione delle linee guida del governo e contro i provvedimenti che seppellivano le istituzioni liberali (le leggi ‘fascistissime’).
Molti anni dopo, nel corso di un’intervista, Paratore offrì la sua versione delle vicende relative alla mancata proclamazione dello stato d’assedio in occasione della marcia su Roma, sottolineando le responsabilità della monarchia (Resto del Carlino, 27 maggio 1962).
Allontanatosi dall’attività politica si dedicò agli studi, pubblicando saggi di economia monetaria (Alcune note di politica monetaria, 1924; La politica del denaro, 1930).
Nonostante i cessati legami con il fascismo, rimasto in contatto con il gruppo dei nittiani – come Alberto Beneduce – fu chiamato, dopo la grande crisi del 1929, alla presidenza delle Manifatture Cotoniere Meridionali, con il compito di provvedere al risanamento dell’azienda.
Con il ritorno alla vita democratica, Paratore riprese la vita attiva e nel marzo 1946 accettò, senza alcun compenso, la presidenza dell’Istituto per la ricostruzione industriale (IRI). Ma, dopo sedici mesi, in contrasto con l’allora ministro del Bilancio Luigi Einaudi, sostenitore di una gestione aziendale con criteri ‘privatistici’, lasciò l’incarico. Nel dopoguerra Paratore guidò anche la riorganizzazione dell’Associazione fra le società italiane per azioni (Assonime), della quale fu presidente dal 1945 al 1953 e dal 1957 al 1959. Per quasi vent’anni fu inoltre presidente della Bastogi, la più importante società finanziaria italiana.
La sua elezione alla presidenza della Bastogi fu il frutto di un compromesso tra gli azionisti pubblici e privati della finanziaria, divisi sulla scelta del successore di Beneduce. Quella di Paratore fu definita una presidenza ‘onorifica’, anche perché al direttore generale furono attribuiti importanti poteri decisionali, ma durante la sua lunga permanenza furono molti i passaggi importanti, a cominciare dal ruolo svolto dalla Bastogi nella nascita di Mediobanca.
Nel frattempo aveva sposato Maria Weil.
Eletto all’Assemblea Costituente nelle fila dell’Unione Democratica Nazionale, formazione politica guidata da Orlando, Paratore fu chiamato a far parte della Terza Sottocommissione incaricata di preparare le «linee direttive dell’azione economica e sociale dello Stato». Nel 1948, con decreto del presidente della Repubblica, divenne «senatore di diritto» in quanto eletto deputato per sei volte consecutive. Nella I legislatura repubblicana fu presidente della Commissione Finanze e Tesoro del Senato, proseguendo la battaglia per il risanamento delle finanze pubbliche. Nel giugno 1952 succedette a Enrico De Nicola nella carica di presidente del Senato, dalla quale si dimise nel marzo 1953 per insanabili contrasti con l’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi sulla gestione dell’iter parlamentare della legge elettorale con premio di maggioranza (la cd. legge truffa).
Lasciato il Senato nel giugno 1953, riprese l’attività pubblicistica collaborando con riviste come Il Mondo Economico, Concretezza, Stato Sociale.
Nel 1956 assunse la guida della più prestigiosa rivista italiana: la Nuova Antologia. Dopo la morte di Mario Ferrara, che aveva guidato il rilancio della rivista nel dopoguerra, non era stato nominato un vero e proprio direttore. La gestione passò dunque a un consiglio di amministrazione presieduto da Paratore, mentre la cura scientifica fu affidata a un comitato direttivo (del quale faceva parte lo stesso Paratore) guidato da Giovanni Spadolini.
Il 9 novembre 1957 il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi lo nominò senatore a vita «per gli alti meriti nella vita nazionale». Nel 1958 presiedette la Commissione d’inchiesta sull’affare Giuffrè, il primo dei cosiddetti «banchieri di dio».
Il 7 giugno 1960, l’Università di Palermo gli conferì la laurea ad honorem in economia e commercio; il 14 maggio 1966 gli fu conferita la medaglia d’oro al merito della pubblica finanza.
Paratore morì a Roma il 26 febbraio 1967.
Il presidente del Senato Cesare Merzagora lo ricordò nella commemorazione ufficiale come «custode severo del pubblico denaro e della sua spesa, sia da parte dello Stato, come da parte delle amministrazioni locali e degli enti pubblici» (Atti parlamentari, Senato della Repubblica, 1° marzo 1967, p. 31041). L’opera omnia di Paratore è stata raccolta in Scritti e discorsi, Napoli 1958. Oltre agli innumerevoli articoli di argomento politico-finanziario, sono da ricordare oltre ai citati studi: La responsabilità dell’armatore, Roma 1913; Alcune note di politica monetaria, Roma 1925; La politica del denaro, Genova 1930; da segnalare anche gli studi di politica economica internazionale. In particolare il saggio Da Versailles a Washington, Roma 1921, in cui sostenne «l’inscindibilità dell’Europa» criticando gli eccessi del nazionalismo.
Fonti e Bibl.: G. Russo, G. P. Appunti per una biografia, Napoli 1959; Senato della Repubblica, In morte di G. P., Roma 1967; G. Spadolini, Ricordo di Paratore, in Nuova Antologia di Lettere, Arti e Scienze, CII (1967), 4, pp. 291-298; G. Rizzo, G. P., Roma 1969; C. Ceccuti, Introduzione, in Senato della Repubblica, Discorsi parlamentari di G. P., Roma 1994, pp. 1-27; ulteriori indicazioni in Senato della Repubblica, Schede Senatori a vita, consultabili all’indirizzo www.senato.it/leg/02/BGT/Schede/Attsen/ 00009377.htm e al sito dell’Archivio Storico Iri, www.maas.ccr.it/ archivioiri/.