PALIZZI, Giuseppe
PALIZZI, Giuseppe. – Figlio di Antonio e di Doralice del Greco, fratello maggiore dei pittori Filippo, Nicola e Francesco Paolo, nacque a Lanciano, in Abruzzo, il 19 marzo 1812.
Avviato dal padre agli studi di giurisprudenza, li abbandonò nel 1835 per trasferirsi a Napoli a studiare pittura. Grazie a una segnalazione del ministro dell’Interno Nicola Santangelo al direttore del Real Istituto di belle arti Antonio Niccolini, ottenne la dispensa dell’età e fu ammesso fra gli alunni regolari dell’Istituto, con la possibilità di concorrere ai premi d’incoraggiamento. Cominciò a seguire prima i corsi di Anton Sminck van Pitloo, poi, dopo la morte di questi nel 1837, quelli di Gabriele Smargiassi, mentre frequentava privatamente anche l’atelier di Salvatore Fergola. Si avvicinò quindi tanto al paesaggismo della scuola di Posillipo, quanto al paesaggio storico tornato di moda in Italia grazie a Massimo d’Azeglio, seguito precocemente a Napoli da Beniamino De Francesco con il quale Palizzi strinse una solida e duratura amicizia. Nel 1838 dipinse L’Angelus della sera (Vasto, Pinacoteca civica).
Partecipò a varie Biennali borboniche: nel 1837 con una Veduta della collina de’ Camaldoli e del lago di Agnano presa dall’antico ponte d’Agnano sopra la solfatara (medaglia d’argento di I classe), acquistata dal re; nel 1839 con un paesaggio storico oggi disperso, La maremma o Pia de’ Tolomei (fuori catalogo), che ottenne la medaglia d’argento di II classe.
Il dipinto, che affrontava un tema romantico tratto da una novella di Bartolomeo Sestini, è stato descritto da Pasquale Stanislao Mancini (1839) e fu apprezzato per la sua «intonazione malinconica, triste» anche da Domenico Morelli ([1901], in Morelli - Dalbono, 1915, p. 12).
Nel 1841 prese parte all’Esposizione borbonica con Il sogno di Caino fratricida (Napoli, Galleria dell’Accademia di belle arti) e con il Tasso che incontra il brigante Marco Sciarra, ritenuto disperso da Amalia Mezzetti (1955, n. 3, p. 255, n. 28), ma individuato con certezza fra i dipinti della Prefettura di Napoli, grazie a una precisa descrizione d’epoca (Pellicciotti, 1841, pp. 115-117); l’opera fu presentata fuori catalogo e acquistata dal re insieme a un Paesaggio con casa rustica (Napoli, Museo di Capodimonte).
I rapporti con l’ambiente dell’Accademia gradualmente peggiorarono fino ad arrivare a un punto di rottura; in particolare erano diventati particolarmente difficili con Gabriele Smargiassi, originario anche lui, come la famiglia Palizzi, di Vasto e diviso da questa, di note simpatie carbonare, oltre che per gelosia di mestiere, anche per motivi politici. Tale situazione condusse Giuseppe alla determinazione di partire per Parigi, seguendo le orme di Beniamino De Francesco, con il quale probabilmente condivise il suo primo atelier parigino in avenue de Clichy 27 fino al 1851; nell’aprile del 1844 il fratello Filippo lo accompagnò all’imbarco per Marsiglia, da dove poi proseguì per la capitale francese che lo colpì per la sua dimensione metropolitana.
Frequentò per qualche tempo l’atelier di Constant Troyon, poi si stabilì a Passy, nei pressi della foresta di Fontainebleau, prediletta a quel tempo da vari pittori della scuola di Barbizon, Théodore Rousseau, Charles Dupré, Charles-François Daubigny, Narcisse Virgile Díaz de la Peña, Rosa Bonheur, Charles Jacques, dai quali fu influenzato e con i quali stabilì saldi rapporti di amicizia. Come viene ricordato anche dai fratelli Edmond e Jules de Goncourt (Journal des Goncourt. Mémoires de la vie littéraire 1851/1896, Paris 1989, I, pp. 56, 151, 983 s., 991, 994; II, pp. 916, 1079), si era ormai integrato nell’ambiente intellettuale parigino. La svolta nella sua pittura era già evidente nell’opera del 1845, Accampamento di zingari (Firenze, Palazzo Pitti), forse identificabile con il dipinto Intérieur de forêt, esposto al Salon del 1845 insieme con Orage dans une forêt des Abruzzes.
Da Parigi di tanto in tanto fece delle brevi puntate in Italia, come si deduce dall’epistolario dei fratelli Palizzi (Vasto, Biblioteca Gabriele Rossetti, Carteggio palizziano) e da qualche opera con l’indicazione del luogo di esecuzione (Pastorale, Firenze 1866, già galleria Pisani): un soggiorno brevissimo ebbe luogo proprio nel 1845, un altro nel 1854, poi nel 1856 (a Roma e a Napoli), nel 1859 (quando dipinse Bufali nella piana di Paestum, di cui esiste una replica tarda presso la Galleria dell’Accademia di belle arti di Napoli), forse fra il 1861 e il 1863, certamente nel 1866 (a Roma, a Firenze e a Torino), nel 1870 e ancora nell’agosto 1878.
Nel dicembre 1846 Giuseppe scrisse a Filippo pregandolo di inviargli degli studi di animali in varie posizioni e ben congegnati come anatomia, con l’intenzione di ricopiarli nel quadro che stava realizzando probabilmente in vista del Salon, dove nel 1847 avrebbe esposto Chèvres et pâtre.
Erano anni di studi intensi a contatto con la natura, anche a costo di una vita di stenti. Nella società parigina era noto come «le Sylvain de Fontainebleau» (Endel, 1889), in quanto aveva avuto il permesso di costruirsi una ‘pagliara’ in piena foresta per potersi riparare in caso di maltempo o riposare senza allontanarsi dai luoghi naturali oggetto dei suoi studi. La foresta di Fontainebleau è la protagonista di molte sue opere, come Viale nella foresta di Fontainebleau, Interno della foresta di Fontainebleau (con carretto e cavallo bianco), Foresta di Fontainebleau con un gruppo di vacche, La predica interrotta, fino a un’opera tarda del 1886, Foresta con taglialegna (tutti presso la Galleria dell’Accademia di belle arti di Napoli).
In Francia riuscì gradualmente ad affermarsi grazie agli acquisti e alle commissioni ufficiali e il suo successo fu confermato anche dall’interesse suscitato presso vari collezionisti, come la famiglia D’Atri che risiedeva a Parigi e possedeva vari suoi dipinti (Mezzetti, 1955).
Nel 1848 la sua assimilazione al gruppo dei pittori di Barbizon era un fatto compiuto, al punto che Charles Blanc in persona, direttore del Dipartimento delle arti visive del ministero degli Interni dal 1848 al 1850, nonché protettore dei barbizonniers, si adoperò perché lo Stato francese acquistasse per 1500 franchi La Vallée de Chevreuse, destinata al Museo di Autun (Parigi, Archives nationales, F. 21/49, f. 3), esposta, insieme a La Vallée de Gragnano e Pâtre gardant ses chèvres, al Salon del 1848 dove Giuseppe fu premiato con una medaglia d’oro di II classe. Con Blanc intrattenne una breve corrispondenza al fine di ottenere un anticipo sulla somma convenuta per poter affrontare un viaggio in Asia, che in realtà non avvenne. Dal 1849 gli fu concesso di partecipare ai Salons senza dover sottostare al giudizio di una giuria.
Nel Salon del 1850 presentò quattro dipinti: Retour de la foire; Trois chèvres sur les montagnes des Abruzzes; Petit troupeau de chèvres; Après la pluie, étude. In occasione del Salon del 1851 fu acquistato dallo Stato francese Le retour du marché (1500 franchi; ora Langres, Musée d’art et d’histoire); nel Salon del 1852 fu acquistato il dipinto Des béliers (1500 franchi; Ambasciata di Francia a Berna; poi dal 1984 Parigi, Musée d’Orsay), mentre Le printemps fu comprato dal duca Charles de Morny, e non è chiaro come sia pervenuto al Louvre, da dove è poi passato al Musée d’Orsay. Al Salon del 1853 espose La rentrée des vaches.
In occasione dell’Esposizione universale del 1855 partecipò con ben quattro opere: Une vendange, chèvres (già Roma, collezione Franco Russo); Vaches à l’abreuvoir, Italie; Charbonnière dans la forêt de Fontainebleau e Charbonnière dans la forêt de Fontainebleau, ânes.
Non ci sono accenni al nome di Gustave Courbet negli epistolari e negli scritti palizziani; tuttavia sarebbe strano se i fratelli Palizzi non avessero visitato il clamoroso Pavillon du réalisme, messo in piedi dal pittore francese di fronte a uno degli ingressi dell’Esposizione universale; in effetti si può avvertire un’eco della pittura di Courbet in opere di Giuseppe Palizzi come Scavi di Ercolano e La bottega di un falegname (a Napoli, rispettivamente nella collezione Portolano e nella Galleria dell’Accademia di belle arti; esposte entrambe nella mostra L’arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia, tenuta a Roma nel 1953 nel Palazzo delle Esposizioni), da alcuni storici datate, senza riferimenti documentari, al 1854 (Savastano, 1999), ma probabilmente successive al 1855.
Nel febbraio 1856 gli furono commissionate dallo Stato francese, al prezzo di 2000 franchi l’una, due tele, Les béliers de Rambouillet e Les moutons et les brébis de Rambouillet (Carteggio palizziano,c. 264), e a tale scopo gli fu messo a disposizione un alloggiamento nella tenuta imperiale di Rambouillet. Per queste opere, che per espressa richiesta del committente dovevano misurare il doppio dei bozzetti e che furono ultimate nel 1857, al momento dell’emissione del mandato di acquisto, nell’aprile 1856, il prezzo fu raddoppiato; le due tele, che furono esposte insieme ad altri tre dipinti al Salon del 1857, furono destinate al Museo Antoine Vivenel di Compiègne (Parigi, Archives nationales, F. 21/101, ff. 17, 18, 19, 20) e successivamente esposte alla mostra Bergers et moutons en Beauce dans la peinture française au XIX siècle al Musée des beaux-arts de Chartres (1979). Da questi documenti risulta che Giuseppe dal 1851 risiedeva a Parigi in rue Pierre-Fontaine 7. Un altro acquisto dello Stato francese per 2000 franchi (Carteggio palizziano, c. 282) riguardò il dipinto La traite des veaux dans la vallée de la Touques, Normandie, esposto nel Salon del 1859 e destinato al Musée des beaux-arts di Rouen (Parigi, Archives nationales, F. 21/4909B, f. 10; di questo lavoro era conservato un bozzetto a Crema, nella collezione Stramezzi: Mezzetti, 1955, n. 4, p. 338). Proprio nel 1859 con decreto del 12 luglio Giuseppe ottenne in Francia l’importante riconoscimento ufficiale della Legion d’onore. Ormai era un artista affermato e benestante, con un atelier elegante in uno chalet in rue Amsterdam vicino alla casa di Alexandre Dumas padre (Aldini, 1859). Nel 1860 con decreto del 9 gennaio fu nominato da Francesco II di Borbone socio corrispondente della Società reale borbonica di Napoli. Nel 1861 espose al Salon i dipinti Les ruines des temples de Paestum, retour de chasse e Forêt.
Dopo l’Unità si iscrisse fin dal 1862 alla Società promotrice di belle arti di Napoli, senza tuttavia mai esporre alle sue mostre. Con l’avvento di Casa Savoia ottenne anche dal nuovo re un riconoscimento pubblico con la nomina prima a cavaliere e poi ad ufficiale dei Ss. Maurizio e Lazzaro (rispettivamente con il r.d. del 17 giugno 1862 e con il r.d. del 19 luglio 1867). Intanto la sua presenza ai Salons parigini continuava a essere piuttosto costante: nel 1863 espose Les ânes e i due dipinti del 1857, che gli erano stati commissionati per il Museo di Compiègne, con i titoli Béliers. La Normandie eMoutons (Parigi, Archives nationales, F. 21/101, ff. 19 e 20); nel 1864 fu tra gli espositori con Troupeau de boeufs chassés par l’orage dans les landes des Abruzzes, Italie e con Hautes futaies; nel 1866 fu presente con Un giorno di fiera a Château Landon; nel Salon del 1867 presentò Moutons e La mare-au-diable à Fontainebleau. Il 1867 fu anche l’anno dell’Esposizione universale di Parigi, dove Giuseppe fu incaricato di far parte della Commissione reale per l’ordinamento della sezione italiana. A questa mostra partecipò anche come espositore, presentando ben sei dipinti fra cui Ouragan dans les marais des Abruzzes Citérieures surprenant un troupeau de boeufs, Le petit poney e La petite chaumière. Nel 1868 intervenne al Salon con Paysage avec chèvres. Environs de Naples, che fu acquistato dallo Stato francese per 2000 franchi (Carteggio palizziano, c. 319;Parigi, Archives nationales, F. 21/169, f.4) e destinato prima al Palais des Champs-Élisées, poi ai Musées impériaux. Successivamente si registrò la presenza di Giuseppe Palizzi a tutti i Salons dal 1869 al 1881, tranne che nel 1871, l’anno della guerra franco-prussiana. Nel 1873 fu acquistato il dipinto Bufali nella campagna di Paestum per il Musée des beaux-arts di Béziers.
Nel 1877 presentò all’Esposizione nazionale di Napoli Bosco di Fontainebleau, acquistato dallo Stato (poi destinato alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma) e per il quale fu insignito del primo premio. Nel dicembre 1878 gli venne conferito un diploma di commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia. Nel 1882 espose al Salon À l’entrée d’une clairière e Auvergne, effet de neige (già Napoli, collezione Morano).
Quest’ultimo dipinto, che rappresenta due uomini e una donna mentre discendono a cavallo di asini da una strada di montagna in mezzo alla neve, è stato esposto con il titolo Montmartre nella suddetta mostra L’arte nella vita del Mezzogiorno d’Italia.
Probabilmente al 1882 potrebbe riferirsi un importante dipinto, Donne che trasportano fascine. Foresta di Fontainebleau, nel quale si denunciava la fatica del lavoro contadino che pesava finanche sulle donne e, proprio per questo motivo, potrebbe aver influito su Teofilo Patini e in particolare su un’opera come Bestie da soma (1886).
Tornò a partecipare al Salon nel 1883 (con Intérieur de bergerie), nel 1884 (con Le pâturage), nel 1885 (con Le soir e Dans la montagne), nel 1886 (con La mare verte, forêt de Fontainebleau) e per l’ultima volta nel 1887 (con Le lancerd’une relais de chiens). Da una lettera dell’aprile del 1884 (pubbl. in Ricciardi, 1989, p. 40) si apprende che nel maggio successivo di quello stesso anno avrebbe fatto un viaggio a Ginevra.
Nel 1887 acquistò, ristrutturò e arredò una casa con giardino a Marlotte che tuttavia riuscì a godere pochissimo, in quanto alla fine di quell’anno si ammalò gravemente e lì, il 1° gennaio 1888, morì, assistito dal fratello Filippo.
Dopo la sua morte Filippo mise in vendita la maggior parte dei beni del fratello, compresa la casa, i mobili antichi e le suppellettili. Le opere di Giuseppe andarono all’asta all’Hôtel Drouot. Quelle che risultarono invendute furono spedite a Napoli.
Durante la sua vita Giuseppe Palizzi fu un punto di riferimento costante per la maggior parte dei pittori napoletani e più in generale italiani che si recavano in Francia. Inoltre fu in contatto con vari artisti e intellettuali francesi: in particolare fu amico dei fratelli Goncourt e del celebre fotografo Paul Nadar (pseudonimo di Gaspard-Félix Tournachon). I rapporti con Nadar – sia di Giuseppe sia di Filippo Palizzi – furono abbastanza stretti: Giuseppe regalò un dipinto a Nadar (Picone Petrusa, 1992, p. 33) e questi ritrasse Giuseppe in fotografia, mentre Giuseppe nelle lettere che si scambiarono lo chiamava talvolta affettuosamente Paoluccio (Carteggio Nadar-fratelli Palizzi, NAF 24280. 7485, f. 538). Giuseppe ebbe rapporti anche con Édouard Manet, che gli aveva promesso dei compratori e al quale nel 1872 lasciò l’atelier che aveva in fitto (lettera del 5 marzo 1872, Parigi, Bibliothèque d’art et d’archéologie, Fond Doucet, Carton 59, III).
Dal fratello Filippo era tenuto in grande considerazione, tanto che gli attribuì il merito di essere stato il vero innovatore della pittura di paesaggio, come si apprende da una lettera di Filippo al principe Gaetano Filangieri junior, scritta in occasione della donazione del Ritratto di Giuseppe Palizzi, di proprietà del pittore, al Museo Filangieri.
Fonti e Bibl.: Per la famiglia Palizzi nel suo insieme, v. voce Palizzi, Filippo in questo Dizionario. Per Giuseppe: Vasto, Biblioteca Gabriele Rossetti, Carteggio palizziano, 6.4.11, cc. 264, 282, 319; Parigi, Bibliothèque d’art et d’archéologie, Fond Doucet, Carton 59, 98; Ibid., Archives nationales, F. 21/49, 5ème série (1841-1850), f. 3; F 21/101, 6ème série (1851-1860), ff. 17, 18, 19, 20; Ibid., Bibliothèque nationale de France, Carteggio Nadar-fratelli Palizzi, NAF 24280.7479-7485; necr. in Rannet, 3 gennaio 1888; Journal des arts, 6 gennaio 1888; L. Chirtani, G. P. Ricordi personali, in L’Illustrazione italiana, 15 gennaio 1888, p. 59; P. Endel, P. (après décès), in L’Hôtel Drouot et la curiosité en 1887-88, Paris 1889, pp. 184 s.; P.S. Mancini, Belle Arti. Su’ lavori degli artisti abruzzesi esposti nel maggio di quest’anno nel Real Museo borbonico, in Giornale abruzzese di scienze lettere e arti, IV (1839), pp. 154-158; G.V. Pellicciotti, Su due dipinti dei fratelli Palizzi abruzzesi, in Giornale abruzzese di scienze lettere e arti, VI (1841), pp. 115-119; A.-J. Du Pays, Beaux-arts. Salon de 1848, inL’Illustration, 10 giugno 1848, p. 227; É -J. Delécluze, Exposition des artistes vivants, Paris 1851, pp. 136 s.; A.-J. Du Pays, Salon de 1850. Paysage, in L’Illustration, 22 marzo 1851, p. 180; Id., Salon de 1852. Peintres d’animaux, ibid., 3 luglio 1852, p. 11; Exposition universelle de 1855. Explication des ouvrages des artistes vivants étrangers et français exposés au Palais de beaux-arts, Paris 1855, p. 403; E. About, Voyage à travers l’Exposition de beaux-arts, Paris 1855, pp. 231 s.; J. de la Rochenoire, Le Salon de 1855 apprécié à sa juste valeur pour un franc, Paris 1855, pp. 61 s.; M. Du Camp, Le Salon de 1857, Paris 1857, p. 136; Ch. Perrier, L’art français au Salon de 1857, Paris 1857, p. 144; E. 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