NICOLINI, Giuseppe (Giuseppe Simone)
– Nacque a Brescia il 28 ottobre 1788 da Francesco e da Claudia Viviani.
Laureatosi in legge nel 1807 a Bologna, nel 1811 fu nominato giudice supplente di pace del primo circondario di Brescia. Abbandonata la carriera giuridica, nel 1816 ottenne l’incarico di professore di retorica presso il liceo della sua città, nel quale aveva compiuto i suoi primi studi.
Inserito attivamente, sin dall’età giovanile, nel tessuto culturale locale (frequentò per es. l’Accademia dei Pantomofreni, insieme, tra gli altri, a Giovita Scalvini e Camillo Ugoni: Boroni, 1996, pp. 77 s.), giunse alla prima pubblicazione di rilievo nel 1815 con la Coltivazione dei cedri (Brescia), poema didascalico in endecasillabi sciolti suddiviso in quattro libri ed esemplato, tra l’altro, sul modello della Coltivazione degli ulivi del conterraneo Cesare Arici (da segnalare, in particolare, la parte conclusiva del libro II, nella quale rievoca la morte del fratello durante la campagna napoleonica in Russia del 1812, con chiare reminiscenze foscoliane: Guarnieri, 1991, pp. 25-27). Data alle stampe anche una versione delle Bucoliche di Virgilio (Brescia 1816), e divenuto quindi nel 1817 socio ordinario dell’Ateneo di Brescia, tra il 1818 – anno in cui concorse senza esito per la cattedra di estetica a Pavia: Boroni, 1996, p. 83 – e il 1819 si dedicò con notevole prolificità sia alla produzione in versi sia alla stesura di interventi critici.
Sul fronte poetico, pubblicò anzitutto la tragedia in cinque atti Canace (Brescia 1818), nella quale, alla luce dell’«attuale fervore delle classiche e romantiche guerre», sperimentò una consapevole ricerca di mediazione tra lo «spirito ortodosso e antico» del classicismo e la «totale indipendenza dall’imitazione» propugnata dai «Romantici» (cfr. dedica a Camillo Ugoni: in Pallaveri, 1860-61, I, p. 111). A essa seguì la pubblicazione (Brescia 1819) dell’ode saffica La Musa romantica (si legge anche in Bellorini, 1943, II, pp. 62-64), all’interno della quale, pur riconoscendo la necessità di attribuire «i ben debiti incensi a’ sommi achei» (v. 22), invitava le «anime […] non al ver rubelle» a seguire la «novella musa» e a trascurare le «antiche fole» (vv. 13-17), proponendo gli esempi sommi di Dante, Ariosto, Tasso e invitando contestualmente Vincenzo Monti a farsi «alunno» della «Romantica Musa» (vv. 61 s.).
In quello stesso giro di mesi lesse presso l’Ateneo bresciano due tragedie (di impianto più palesemente anticlassicista rispetto alla Canace): Clorinda, che fu messa in scena il 18 e il 19 dicembre 1818 nel teatro di Brescia (v. Giornale della provincia di Brescia, 25 dicembre 1818, p. 307) e Conte d’Essex nel 1819 (v. Commentari dell’Ateneo di Brescia degli anni 1818-1819, pp. 60-71), le quali tuttavia non furono poi date alle stampe (in Pallaveri 1860-61, I, pp. XLIX-LII e LIII-LVI si può leggere la scena 3 dell’atto I della Clorinda, nonché la scena 7 dell’atto I e la scena 5 dell’atto III del Conte d’Essex).
Sul fronte della prosa, in seguito alla pubblicazione dell’opuscolo anticlassicista Il Romanticismo alla China. Lettera del signor X all’amico Y e risposta del signor Y all’amico X pubblicate dal signor Z amico di tutti e due (Brescia 1819, pubbl. anonimo), all’interno del quale si soffermò anche sulle principali questioni sollevate dal Corso di letteratura drammatica di August Wilhelm Schlegel (appena tradotto da Gherardini), iniziò la breve ma significativa collaborazione con Il Conciliatore.
Degno di rilievo (oltre alla lettera ai Signori estensori del Conciliatore, con lo pseudonimo Pietro Speranza, nel n. 51 del 25 febbraio 1819, e all’articolo sulla Scuola alla Lancaster in Brescia, nel n. 77 del 27 maggio 1819) soprattutto l’intervento Sulla poesia tragica, e occasionalmente sul Romanticismo. Lettera di un buon critico e cattivo poeta ad un buon poeta e cattivo critico (n. 79 del 3 giugno 1819: Danelon, 1991; e, per il giudizio sul teatro alfieriano qui formulato, Di Benedetto, 2001 p. 360).
Nicolini progettò di istituire una vera e propria «colonia ausiliaria» bresciana che sostenesse assiduamente la rivista milanese, alla quale attribuì consapevolmente scopi non solo meramente letterari ma anche e soprattutto politici (nella lettera a Camillo Ugoni del 28 settembre 1819 affermò infatti che l’«affare» del Conciliatore «non dee più considerarsi come semplicemente romantico, ma nazionale»: Boroni, 1996, p. 86).
Da segnalare anche il di poco successivo discorso accademico dal titolo Fanatismo e tolleranza in fatto di lettere, pronunciato nel 1820 presso l’Ateneo di Brescia (quindi pubblicato nell’Ape italiana, 1822, pp. 193-229: Danelon, 1991, p. 107), in cui mitigò le posizioni polemicamente assunte nei precedenti interventi critici, continuando a sostenere la fondatezza delle convinzioni dei 'romantici' ma nel contempo individuando i presupposti per una possibile accettazione degli aspetti meno intransigenti e rigoristi del fronte classicista.
Divenuto nel 1820 professore di storia universale presso il liceo di Verona, nella città veneta entrò in contatto con il gruppo di letterati e patrioti che frequentava il salotto della contessa Anna Schio-Serego degli Alighieri (tra gli altri: Ippolito Pindemonte, Giuseppe Ignazio Montanari, Alessandro Torri). Sospettato di attività cospirativa e sottoposto a stretta sorveglianza dalla polizia (fu compromesso soprattutto dal fitto scambio epistolare con Ugoni), fu arrestato a pochi mesi di distanza dall’inizio dell’insegnamento e detenuto per circa un anno, finché nel 1821 poté tornare a Brescia.
Agli anni immediatamente successivi, oltre alla stesura di Della storia bresciana. Ragionamento (Brescia 1825, ove si soffermò sui principali eventi della storia cittadina dalle origini fino al 1516), e oltre al progetto di un romanzo sulla «storia dell’indipendenza della Columbia» (v. lettera a Camillo Ugoni, 29 novembre 1825: in Cerri, 1991, p. 257), risalgono le prime prove di traduzione delle opere di George Byron: nel 1823 lesse presso l’Ateneo la versione dei primi canti del Corsaro, che fu pubblicata per la prima volta nella sua interezza l’anno seguente a Milano; fra il 1825 e il 1826 fu invece la volta di alcuni frammenti del primo, del secondo e del quarto canto del Childe Harold.
Impegnato sempre più assiduamente nel campo delle traduzioni – ma senza trascurare l’attività poetica: ci limitiamo a ricordare la lirica in endecasillabi sciolti Due novembre. Meditazioni (Brescia 1827), di argomento sepolcrale, e la canzone La resa dei Missolonghi (1826): per la restante produzione poetica cfr. Pallaveri (1860-61, I, pp. 55-109) –, fece uscire dapprima una versione del Macbet shakespeariano (ibid. 1830), quindi i Poemi di Giorgio Byron (Milano 1834, con all'interno una versione riveduta e corretta del saggio Fanatismo e tolleranza in fatto di lettere [1820]; 2ª ed. riv. e ampl., ibid. 1837). Dopo aver dato alle stampe anche una Vita di Giorgio Lord Byron (ibid. 1835), nel 1836 succedette a Cesare Arici nella carica di segretario dell’Ateneo di Brescia e nel 1837 sposò Virginia Marinoni (dalla quale ebbe dieci figli).
Alacremente impegnato nelle onerose attività legate al suo ruolo di segretario dell’Ateneo, negli anni immediatamente successivi, oltre a redigere i Cenni preliminari spettanti alla storia e ai monumenti di Brescia (in Museo bresciano illustrato, Brescia 1838, I, pp. 1-16), si dedicò in particolare alla stesura di elogi funebri e a una biografia di Walter Scott (Gualtieri Scott: saggio biografico, in Rivista europea, III [1840], 13-14, pp. 48-67).
Sicuramente dopo il 1848 – anno in cui ottenne la cattedra di filosofia presso il liceo di Brescia, che dovette però abbandonare al ritorno degli austriaci – lavorò alla Continuazione del Ragionamento sulla storia di Brescia dal 1516 al 1848 e poi alla Continuazione relativa al biennio 1848-49 (Pallaveri, 1860-61, II, pp. 399-465).
Dopo aver dato alle stampe nei Commentari dell’Ateneo (1851, pp. 111-120) un Saggio di traduzione di un brano del Tristram Shandy di Laurence Sterne, continuò a ricoprire un ruolo primario in seno all’Ateneo, prodigandosi in particolare nel tentativo di ottenere la revoca della cessazione delle adunanze dell’Accademia, imposta dalle autorità a partire dal dicembre 1851 (e concessa solamente nel marzo 1855: Cerri, 1991, pp. 290 s.). Le sue ultime fatiche, oltre ai saggi storico-biografici usciti nelle Letture di famiglia (stampate dal Lloyd di Trieste) su Marmont e Robespierre (I [1852], rispett. pp. 144-150, 286-293), e su Gli ultimi Stuart (ibid., IV [1855], pp. 101-108), furono una commemorazione dell’amico Ugoni inclusa nel libello In morte di Camillo Ugoni (Brescia 1855) e l’intervento sulla Cavalleria pronunciato nell’Ateneo il 3 giugno 1855 (in Pallaveri, 1860-61, II, pp. 282-300).
Colpito dal colera, morì a Brescia il 24 luglio 1855.
Fonti e Bibl.: G. Gallia, Della vita e degli scritti di G. N., in Commentari dell’Ateneo di Brescia per gli anni 1852-1857, Brescia 1858, pp. 332-349; Opere edite e inedite di G. N., ordinate da D. Pallaveri, I-II, Firenze 1860-61; G. Gallia, Di G. N. bresciano, Brescia 1866; C. Cantù, Il «Conciliatore» e i carbonari, Milano 1878, pp. 243-254; A. Romanelli, Cenni storici sopra G. N., Giovita Scalvini, Camillo Ugoni, Muzio Calini, Brescia 1907; Discussioni e polemiche sul romanticismo, a cura di E. Bellorini, I-II, Bari 1943, ad ind.; Il Conciliatore, a cura di V. Branca, I-III, Firenze 1948-54, ad ind.; M. Fubini, Romanticismo italiano, Bari 1953, pp. 53-57; L.A. Biglione di Viarigi, G. N., in Storia di Brescia, IV, Brescia 1961, pp. 691-698; A. Bellio, G. N. e Foscolo, in Ugo Foscolo e la cultura bresciana del primo ‘800, a cura di P. Gibellini, Brescia 1979, pp. 259-268; G. N. nel bicentenario della nascita 1789-1989, Atti del convegno… 1990, Brescia 1991 (v. in partic.: F. Guarnieri, La poesia didascalica di Cesare Arici e di G. N., pp. 17-38; E. Selmi, G. N. tra «Canace» e «Clorinda»: alla ricerca di una Melpomene moderna, pp. 39-49; F. Danelon, G. N., critico «conciliatore», pp. 93-114; G. Iamartino, G. N. traduttore di autori inglesi, pp. 115-210; G. Cerri, G. N., segretario: vent’anni di vita dell’Ateneo di Brescia (1836-1855), pp. 253-313); L.A. Biglione di Variagi, Esame comparativo fra i testi sulle dieci giornate di Brescia di G. N. e di Cesare Correnti, in Commentari dell’Ateneo di Brescia per l'anno 1992, Brescia 1994, pp. 225-232; C. Boroni, Per l’epistolario di G. N., in Id., Dal Settecento all’Ottocento. Momenti di critica e letteratura bresciana, prefaz. di B. Martinelli, Venezia 1996, pp. 73-118; A. Di Benedetto, Apprezzare Alfieri rendendo giustizia ai suoi rivali. Un tema critico del «Conciliatore», in Idee e figure del «Conciliatore», a cura di G. Barbarisi - A. Cadioli, Milano 2001, pp. 343-362.