MICHELI, Giuseppe
MICHELI, Giuseppe. – Nacque a Parma il 19 ott. 1874 da Michele e da Marietta Mariotti.
Il padre era notaio e membro della giunta provinciale amministrativa, mentre la madre proveniva da una famiglia di possidenti di Montechiarugolo: suo fratello, Giovanni Mariotti, fu figura politica dominante a Parma, sindaco radicale tra il 1888 e il 1914 e senatore dal 1901.
L’educazione del M. fu di stampo cattolico e si svolse presso i fratelli delle Scuole cristiane e i salesiani, nel cui collegio di Alassio completò gli studi superiori, iscrivendosi poi alla facoltà di giurisprudenza di Parma.
Il giovane M. aveva stabilito uno stretto rapporto con il salesiano C.M. Baratta, aperto alle questioni sociali e diffusore delle teorie neofisiocratiche, manifestando una precoce passione per i problemi sociali e politici. Quindi, negli anni universitari, tra 1894 e 1895, partecipò alla fondazione della Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI) a fianco di Romolo Murri, avviando con lui un solido rapporto di amicizia. Intanto non lesinava gli sforzi nel campo organizzativo locale: fortemente influenzato dallo spirito dell’enciclica Rerum novarum, entrò in contatto con G. Toniolo, diede vita a Parma alla sezione giovani dell’Opera dei congressi (1892), divenne presidente del circolo S. Bernardo della Gioventù cattolica (1893), si impegnò nell’Associazione elettorale cattolica e collaborò al giornale La Sveglia e, soprattutto, a La Cooperazione popolare di L. Cerutti, di cui divenne poi direttore.
Nel 1896 conseguì la laurea con una tesi su «Le corporazioni parmensi d’arti e mestieri» e, nel 1898, iniziò l’attività professionale di notaio.
Appassionato di montagna, anche come valido escursionista e alpinista, nel 1899 fondò un’associazione, La Giovane Montagna (alla quale, dal 1900, si unì l’omonimo periodico), che intendeva dar voce alle tradizioni e ai problemi delle vallate appenniniche tra Emilia e Toscana, nelle quali era forte la presenza sociale cattolica.
Negli anni iniziali del Novecento il M. – guida riconosciuta di numerosi circoli e casse rurali cattolici – era ormai una figura di spicco a Parma e provincia quale esponente dell’orientamento della nuova generazione cattolica, sempre più distante dalle polemiche intransigenti sulla questione romana, attenta ai problemi sociali e al ruolo autonomo del laicato. Si trovò, dunque, a disagio dopo l’arrivo a Parma del vescovo F. Magani, alquanto rigido, ma riuscì a evitare lo scontro aperto, puntando a costruire una presenza originale, pragmatica e concreta, autonoma anche rispetto a Murri e all’altro grande amico F. Meda. Fu quindi nominato, proprio da Magani, presidente del comitato diocesano dell’Opera dei congressi (1900) e, per un certo periodo, ebbe pure la presidenza temporanea della FUCI nazionale.
Il M. si trovò comunque coinvolto nelle polemiche tra «vecchi» e «giovani» che portarono nel 1904 allo scioglimento dell’Opera. La sua linea rimase prudente, ma senza tacere la convinzione che si dovesse arrivare a costituire un vero e proprio partito nazionale dei cattolici italiani, indipendente dalla gerarchia. A Parma, il M. si mosse in modo autonomo già alle elezioni politiche del 1904, quando convogliò voti sul candidato giolittiano E. Faelli; nello stesso anno entrò nel direttivo dell’Associazione dei Comuni italiani. Dopo la morte del vescovo Magani (1907), cui successe G.M. Conforti, il clima cambiò anche nella Chiesa locale. Nel 1908, alle elezioni suppletive nel collegio di Castelnuovo ne’ Monti, fu naturale candidare il M., che raccoglieva così l’eredità del suocero e deputato locale, G.L. Basetti (di cui aveva sposato, nel 1903, la figlia Lucia); venne confermato alle elezioni generali del 1909, vincendo sia a Castelnuovo sia a Langhirano, collegio per il quale optò e dove fu rieletto nel 1913.
Nel frattempo il M. si era messo in evidenza anche per l’opera svolta a Messina dopo il terremoto del 28 dic. 1908.
Qui fu a capo di una missione di soccorso e in breve tempo riuscì a ripristinare i servizi essenziali, costruendo un quartiere di baracche chiamato «Michelopoli» e mostrando efficienza e capacità organizzativa.
Fu pure tra i principali dirigenti della Federazione italiana dei piccoli proprietari, così come – in altro campo – dell’Associazione magistrale cattolica N. Tommaseo (da lui presieduta dal 1911). In Parlamento il M. si mosse senza tradire la sua ispirazione cattolica e i legami con gli altri «cattolici deputati», ma seppe pure intessere rapporti personali con esponenti liberali.
A Roma portò gli interessi dei piccoli e piccolissimi produttori agricoli della montagna, dei quali si sentiva diretto rappresentante. Sostenne con decisione la guerra italiana in Libia, ma nel maggio 1915 fu neutralista e votò contro la concessione dei pieni poteri ad A. Salandra, distaccandosi quindi dalla grande maggioranza degli altri cattolici deputati; dopo l’intervento italiano assunse un atteggiamento di lealtà costituzionale e nazionale. Contestò tuttavia taluni provvedimenti del governo in materia di politica agricola e invocò il rispetto delle prerogative del Parlamento, avvicinandosi al gruppetto dei deputati cristiano-sociali. Non votò la fiducia al governo Orlando nel 1917.
Nel 1916 aveva dato vita alla rivista La Politica nazionale, allo scopo di favorire il dibattito tra i cattolici sui problemi concreti dello Stato. Il M. si muoveva dunque per gettare le basi di un vero e proprio partito; rimase però estraneo alla nascita del Partito popolare italiano (PPI) nel quale, forse anche per motivi di orgoglio, non entrò subito. In ogni caso nella seconda metà del 1919 dispiegò la sua energia per radicare il PPI in Emilia. Soprattutto, operò con successo – come relatore di maggioranza alla Camera – per l’approvazione della nuova legge elettorale proporzionale, che per il PPI era questione di vita o di morte politica. Il 16 nov. 1919 fu rieletto alla Camera nella circoscrizione di Parma.
Nel maggio 1920 entrò nel terzo governo Nitti come ministro dell’Agricoltura e conservò l’incarico nel successivo governo Giolitti.
Linea direttrice della sua politica ministeriale fu la promozione della piccola proprietà coltivatrice attraverso la progressiva abolizione del sistema del salariato e l’estensione delle forme compartecipative. Così favorì la sottoscrizione del «patto di Parma» tra i salariati e gli agrari della provincia di Cremona e nell’aprile del 1921 fece approvare la legge sulla proroga dei contratti agricoli. Sostenne il progetto del PPI per il frazionamento del latifondo, ma tutto si arenò di fronte all’opposizione degli agrari e degli stessi socialisti.
Alla nascita del governo Bonomi (luglio 1921), il M. fu trasferito al ministero dei Lavori pubblici, ma in questo incarico riuscì a varare soltanto provvedimenti di secondaria importanza.
Nel 1922 dovette far fronte alla reazione squadrista e si avvicinò a G. Giolitti nell’ipotizzare un coinvolgimento costituzionale dei fascisti; sostenne la necessità della collaborazione governativa tra PPI e B. Mussolini anche al congresso del partito svoltosi nell’aprile 1923. La discussione sulla riforma elettorale con premio di maggioranza voluta da Mussolini e G. Acerbo lo spinse all’opposizione decisa e fu relatore di minoranza alla Camera. Riconfermato alle elezioni del 1924, fu tra i parlamentari che si ritirarono sull’Aventino e ne seguì la parabola, fino alla dichiarazione di decadenza dal mandato nel novembre 1926. Tuttavia si distinse dalla dirigenza del suo partito, puntando a trovare un modus vivendi con il fascismo che consentisse almeno la sopravvivenza delle organizzazioni sociali cattoliche. Di fatto tra 1925 e 1926 si ritirò a vita privata a Parma, subendo peraltro gravi atti di intimidazione tra cui la devastazione del suo ufficio a opera degli squadristi locali. Negli anni della dittatura il M. evitò di compromettersi.
Dopo aver tentato invano di mantenere in vita La Giovane Montagna, che dovette chiudere nel 1930, riuscì a farla rinascere nel 1937 come Rivista mensile di studi e interessi montanari. Si impegnò soprattutto in attività erudite e culturali, sostenendo ricerche storiche, linguistiche, etnografiche e letterarie di carattere locale, nel tentativo di porre in evidenza elementi di potenziale diversità rispetto all’impostazione culturale e politica del fascismo, occupandosi, per esempio, di legislazione montanara antica (e quindi di lontane forme di autonomie locali) o di storia del Risorgimento (onde recuperare il lascito di figure liberali e costituzionali). Il M., inoltre, sfruttando le escursioni in montagna, seppe circondarsi di giovani ai quali trasmettere l’eredità democratica e popolare.
Nel 1942 il M. riprese con maggior continuità i rapporti con gli ex popolari di altre regioni e dopo il 25 luglio 1943 ritornò sulla scena pubblica. Dopo l’8 settembre dovette abbandonare Parma e si rifugiò in Abruzzo nascondendosi nel seminario di Chieti; da qui, nel giugno 1944, si trasferì a Roma ed entrò nel consiglio nazionale della Democrazia cristiana (DC).
Fu invitato a far parte di una commissione interpartitica per lo studio del problema regionale e si impegnò su questo tema, sostenendo la necessità di una democrazia costruita su basi autonomistiche: appoggiò l’istituzione delle regioni e si spese invano per la nascita di una regione emiliano-lunense, comprensiva delle province emiliane (Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena) e del territorio della Spezia e Pontremoli.
Nel settembre 1945 fu nominato membro della Consulta nazionale e si dedicò all’elaborazione della legge elettorale per l’Assemblea costituente; tra i progetti di legge dei consultori fu anche una sua proposta di provvedimenti a favore della montagna. Eletto alla Costituente il 2 giugno 1946, per meno di un mese ne fu vicepresidente, prima di diventare ministro della Marina militare nel secondo governo De Gasperi. Con suo rammarico non poté invece candidarsi alla Camera nelle elezioni del 1948, in quanto la III disposizione transitoria della Costituzione prevedeva per i parlamentari con il suo curriculum il seggio di diritto al Senato.
Il M. morì improvvisamente a Roma il 17 ott. 1948.
Per i suoi scritti si vedano L. Turiello, Rassegna degli scritti di G. M., in G. M. e il movimento cattolico. Atti dell’Incontro di studio, a cura di N. Antonetti, Parma 1979, pp. 86-95 e Bibliografia di G. M., a cura di E. Del Monaco, in G. M. dalle sue carte e dai suoi libri, Parma 1999, pp. 147-192.
Fonti e Bibl.: L’imponente fondo archivistico Micheli-Mariotti è consultabile presso la Biblioteca Palatina di Parma; cfr. inoltre G. M. e i suoi corrispondenti (1887-1948), a cura di I. Giuffrida, Parma 1983; una selezione dell’epistolario è in Dall’intransigenza al governo. Carteggi di Giuseppe Micheli (1891-1926), a cura di C. Pelosi e introduzione di M. Belardinelli, Brescia 1978. Si vedano poi gli Atti parlamentari e i suoi Discorsi parlamentari, pubblicati per deliberazione della Camera dei deputati, I-II, Roma 1977; G. M. Rievocazioni de «La Giovane Montagna» nell’annuale della sua morte, Parma 1949 (ristampato, insieme con un Indice onomastico-bibliografico, a cura di P. Bonardi, con il titolo G. M. nella voce dei suoi contemporanei, Sala Baganza 2004); F. Manzotti, Meda, M., i cattolici e la guerra mondiale (da lettere inedite), in Clio, I (1965), 3, pp. 485-500; M. Belardinelli, G. M. e «La Giovane Montagna» (1900-1918), in La Gioventù cattolica dopo l’Unità 1868-1968. Raccolta di saggi, a cura di L. Osbat - F. Piva, Roma 1972, pp. 325-357; G. M. e il movimento cattolico, a cura di N. Antonetti, cit.; G. Campanini, Cultura e ideologia del popolarismo. M., Ferrari, Donati, Brescia 1982; L. Turiello, G. M., in Il partito popolare in Emilia-Romagna (1919-1926), a cura di A. Albertazzi - G. Campanini, II, Roma 1987, pp. 197-211; G. Vecchio, Politica e democrazia nelle riviste popolari (1919-1926), Roma 1988, ad ind.; G. Formigoni, I cattolici deputati (1904-1908), Roma 1988, ad ind.; G. Campanini, Meda, M. e «La politica nazionale», in Filippo Meda tra economia, società e politica, a cura di G. Formigoni, Milano 1991, pp. 168-188; O. Gaspari, «La Giovane Montagna» e l’azione di G. M. per i montanari (1900-1945), in Sociologia. Rivista di scienze sociali, XXVI (1992), 1, pp. 71-110; A. Cova, I cattolici italiani e la questione agraria (1874-1950), Roma 1993, ad ind.; S. Passera, G. M. tra storia e memoria, in Storia e documenti, 1999, n. 5, pp. 11-22; G. M. nella storia d’Italia e nella storia di Parma, a cura di G. Vecchio - M. Truffelli, Roma 2002; M. Vanin, G. M. Un cattolico in politica tra «vecchia» e «nuova» Italia, Milano 2005; Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, a cura di F. Traniello - G. Campanini, II, I protagonisti, Casale Monferrato 1982, pp. 374-379.
G. Vecchio