MANNO, Giuseppe
Nacque ad Alghero il 17 marzo 1786 da Antonio e da Maria Diaz. La famiglia faceva parte della piccola nobiltà cittadina; il padre, capitano del porto, aveva mostrato durante i moti del 1793-96 simpatie per il movimento "patriottico". Dopo gli studi primari nelle scuole algheresi fu iscritto nel collegio dei nobili di Cagliari. Il M. raccontò, poi, le sue esperienze studentesche con delicata verve ne Il giornale di un collegiale (Torino 1839). Frequentò quindi la facoltà di giurisprudenza cagliaritana, dove conseguì la laurea il 25 apr. 1804.
Il M. possedeva una buona cultura umanistica, conosceva il francese e l'inglese, sapeva suonare discretamente il violino. Giovane e brillante avvocato, fu ben presto apprezzato nell'ambiente dei magistrati della Reale Udienza e dei funzionari governativi: il 4 dic. 1808 fu nominato sostituto sovrannumerario dell'avvocato fiscale e il 23 nov. 1812 sostituto dell'avvocato fiscale patrimoniale. Nel 1811 iniziò la collaborazione al filobritannico Foglio periodico di Sardegna di A. Palmedo. Nello stesso anno, in una sua memoria - letta il 24 novembre nell'"adunanza" della Reale Società agraria ed economica di Cagliari, Il pregiudizio dell'abitudine contrario ai progressi dell'agricoltura in Sardegna -, il M. auspicava, a sostegno delle tesi fisiocratiche di Francesco Gemelli (la cosiddetta "linea Gemelli") la "chiusura delle terre da lavoro" quale fattore di "sicurezza" e di "vera proprietà". Incominciò intanto a frequentare la corte sabauda, che dal 1799 si era trasferita a Cagliari, ed entrò a far parte dell'entourage del duca del Genevese, Carlo Felice, viceré della Sardegna. Nel giugno del 1816 questi gli chiese di accompagnarlo, in qualità di segretario privato, nel viaggio di ritorno verso il Piemonte liberato: al seguito del principe il M. toccò così le principali città italiane (Napoli, Roma, Firenze, Modena, Padova, Venezia, Milano), giungendo a Torino nell'estate del 1817.
Risale a questo periodo quella che lo stesso M. avrebbe argutamente definita la sua prima "scappatella letteraria", le Lettere di un sardo in Italia 1816-1817, sessantasei eleganti e garbate lettere sulle proprie impressioni, indirizzate a un amico immaginario, ispirate ai modelli della letteratura di viaggio del tempo. Non pienamente soddisfatto dell'opera, il M. decise tuttavia di non darla alle stampe (è stata pubblicata postuma, con una introduzione di A. Accardo e per cura di A. Orunesu - V. Pusceddu, a Quartu S. Elena nel 1993).
A Torino il 1° ott. 1817 il M. venne nominato primo ufficiale della segreteria di Stato per gli affari di Sardegna e il 6 dicembre ottenne l'onorificenza di cavaliere professo dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Una svolta nella carriera del M. - nel frattempo promosso (25 febbr. 1818) col titolo, grado e anzianità di giudice della Reale Udienza cagliaritana - si verificò con la nomina, nel settembre del 1818, di P. Balbo, a ministro degli Interni con l'interim della direzione della segreteria di Stato per gli affari di Sardegna. Iniziava così una collaborazione ventennale caratterizzata da reciproca stima e amicizia.
Nel 1818 Balbo, in una memoria sui diritti dei feudatari spagnoli non residenti in Sardegna, aveva duramente stigmatizzato la pretesa dei baroni iberici di "proibire le chiusure dei terreni". Il M. intervenne nella vertenza con un sintetico memoriale, Annotazioni storiche sulle chiusure, nel quale, respingendo le pretese baronali, tracciava un efficace quadro delle disposizioni del "diritto patrio" del Regno in materia di "terreni di private pertinenze". I tempi erano ormai maturi per varare una riforma che si prefiggeva di introdurre in Sardegna la "proprietà perfetta" della terra e porre le basi per il superamento dell'ormai anacronistico regime feudale. Rilevante fu il ruolo del M. nell'elaborazione della riforma, che si concretizzò nella promulgazione del Regio editto sopra le chiudende (6 ott. 1820) e nelle di poco successive Istruzioni esplicative (14 nov. 1820).
Di fronte ai moti costituzionali piemontesi del 1821, che portarono alle dimissioni di Balbo, il M. mostrò non soltanto un'aperta diffidenza ma un deciso rifiuto nei confronti delle ideologie liberali: conseguenza della sua formazione di funzionario legato ai modelli politici di antico regime che si identificava ancora con un assolutismo monarchico paternalista e riformatore. Non a caso il 28 dic. 1821 Carlo Felice, nell'atto di formare il nuovo governo, lo nominò suo segretario privato. Il nuovo ministro degli Interni, G.-J. Roget conte di Cholex, ebbe, secondo il M., il merito di vincere "la ritrosia del re a pubblicare per la Sardegna […] una collezione vasta di leggi civili e criminali" (cfr. Note sarde e ricordi, Torino 1868, p. 288). I lavori preparatori della nuova "collezione" normativa per il Regno di Sardegna iniziarono il 16 ag. 1823.
Dall'8 giugno 1825 al 1° sett. 1826 il Supremo Consiglio di Sardegna - di cui il M. era stato nominato consigliere il 23 giugno 1823 - mise a punto il testo definitivo. Grazie anche alla sua profonda conoscenza delle "leggi patrie", il M. svolse un ruolo di primo piano nell'elaborazione della nuova "consolidazione", che si ispirava al modello delle costituzioni piemontesi del 1770. Nel proemio di Carlo Felice alle Leggi civili e criminali del Regno di Sardegna (Torino 1827), redatto in realtà dallo stesso M., si affermava che obiettivo della nuova raccolta era stato solo quello di "ragunare in un sol corpo le varie Leggi civili e criminali del Regno nostro di Sardegna, sparse finora in più volumi, scritte in lingue diverse e moltiplicate oltre misura".
Parallelamente alla redazione delle Leggi feliciane il M. stava lavorando a una storia della Sardegna. In un'efficace fiction letteraria il M. accreditò la tesi che la genesi di questa impegnativa opera storiografica fosse stata provocata, nel gennaio del 1825, dalla lettura di un voluminoso manoscritto con una sorta di "descrizione storica dell'isola" che un ufficiale tedesco (individuato in F.X. von Beck, autore di una Descrizione dell'isola e Regno di Sardegna, redatta nel 1818) intendeva dedicare al sovrano.
In realtà l'idea di scrivere una storia della Sardegna aveva probabilmente origini lontane: stimolata dalla lunga consuetudine con gli statuti, i privilegi e il diritto patrio del Regno, nonché dalla mancanza di una sintesi generale capace di collocare gli eventi e i provvedimenti legislativi in un quadro storico unitario.
Il primo volume della Storia di Sardegna, scritto dal M. in soli sette mesi, fu pubblicato a Torino nell'agosto 1825. Nell'affrontare la questione delle origini della storia sarda, il M. volle evitare le trappole delle "lusinghe della fantasia" in cui erano caduti molti di quegli autori che avevano prestato ascolto alle "chimere greche". Quanto alla storia della Sardegna romana, l'autore mostrò una indiscutibile sicurezza dovuta al sapiente uso dei repertori eruditi sei-settecenteschi e alla conoscenza degli autori classici. Raccontando la rivolta contro i romani del "duce dei Sardi Amsicora", con grande fiuto letterario il M. tracciò il ritratto di un personaggio che, come un eroe da tragedia classica, potesse far fremere il lettore di giustificato orgoglio nazionale.
Nel secondo volume (ibid. 1826), che abbracciava la storia dell'isola dalla diffusione del cristianesimo sino alla fine del Duecento, il M. si trovò ad affrontare argomenti spinosi come l'alta sovranità della S. Sede sulla Sardegna e la formazione dei quattro Giudicati per i quali si schierò a favore dell'origine "nazionale".
Nei volumi terzo e quarto (ibid. 1826-27), dedicati alle vicende del periodo spagnolo e di quello sabaudo, il M. mostrò una notevole perizia nella narrazione degli eventi e nell'interpretazione dei problemi, grazie soprattutto all'attento studio delle fonti documentarie conservate negli archivi torinesi e sardi. Anzi, su questo periodo, che non era stato mai affrontato dagli autori precedenti, egli diede il meglio di sé, tracciando linee interpretative che sarebbero rimaste a lungo un punto di riferimento per la storiografia successiva. Una pagina cui volle dare particolare rilievo (nel terzo volume) fu la guerra degli ultimi giudici di Arborea contro la Corona d'Aragona, soffermandosi in particolare sul ruolo di Eleonora, la giudicessa "legislatrice" che "ebbe il raro vanto di concepire e condurre a compimento" la "promulgazione" del "codice" della Carta de Logu, nella quale il M. ravvisava il "fondamento" della "patria legislazione".
A proposito della dominazione spagnola, in controtendenza con il montante antiberismo dell'Ottocento romantico, espresse un giudizio assai equilibrato, sottolineandone meriti e limiti. Auspice P. Balbo, il M. elevava un monumento aere perennius all'opera di G.B. Bogino con l'obiettivo di saldare il riformismo settecentesco con quello feliciano, in un'operazione culturale funzionale al progetto di piena integrazione della nazione sarda nella monarchia sabauda. Con i suoi 1366 associati l'opera ebbe grande diffusione e andò rapidamente esaurita.
Il 12 genn. 1826 il M. fu nominato socio dell'Accademia delle scienze di Torino. Negli anni successivi poté dedicarsi con maggiore tranquillità alla sua vocazione letteraria: nel 1828 apparve a Torino il volume De' vizi de' letterati, in cui una garbata e ironica disamina dei luoghi comuni della letteratura e della libertà della lingua si sviluppava su un impianto classicista che tradiva l'aperta avversione per le correnti romantiche. Poco dopo pubblicava Della fortuna delle parole (ibid. 1831), in cui la storia e l'etimologia di 283 parole erano ricostruite con ampie trattazioni filosofiche e letterarie; del 1834 è invece il Saggio di alcune espressioni figurate e maniere di dire vivaci della barbara latinità (s.l.). Tali opere gli valsero la nomina, il 26 marzo 1834, a membro corrispondente dell'Accademia della Crusca; un anno prima, su designazione di Balbo, era stato nominato membro della Deputazione di storia patria.
Nel 1833 si sposò con la torinese Tarsilla Calandra; dal matrimonio nacquero tre figli maschi: Antonio, futuro autorevole storico, Claudio (morto ancora bambino nel 1842) ed Efisio. Proseguiva intanto la carriera nelle alte magistrature subalpine: il 23 marzo 1833 ottenne il titolo e l'anzianità di presidente della Reale Udienza di Cagliari; il 19 genn. 1836 venne creato appositamente per lui il posto di reggente di toga "in secondo" nel Supremo Consiglio di Sardegna, dove ebbe un ruolo decisivo nell'elaborazione dei provvedimenti legislativi di abolizione dei diritti e della giurisdizione feudale nell'isola (soltanto il 29 ag. 1844 fu reggente di toga effettivo); il 14 ott. 1845 il re Carlo Alberto lo nominò presidente del Senato di Nizza, e il 2 nov. 1847 presidente del Senato di Piemonte. La sua carriera di magistrato si colloca fra il tramonto del vecchio Stato assolutista e la nascita del nuovo Stato costituzionale.
Dopo alcuni lavori occasionali il M. iniziò a scrivere quello che è forse il suo capolavoro, la Storia moderna della Sardegna dall'anno 1773 al 1799, edita a Torino in due volumi nel 1842.
Già nell'autunno del 1839 il M. aveva incominciato a raccogliere il materiale documentario per la nuova opera. Il 28 maggio 1840 informava Pietro Martini di aver ripreso gli studi storici "trovandomi nell'impegno di scrivere la storia moderna nostra dal 1773 al 1814". Nel mettere insieme le fonti necessarie per la stesura, il suo interesse si concentrò non soltanto sulla documentazione ufficiale conservata presso gli archivi torinesi ma anche sui carteggi privati, le memorie e le testimonianze dirette. Tuttavia durante la stesura dell'opera il M. cominciò a nutrire più di un dubbio sull'opportunità di affrontare la narrazione dell'intero periodo compreso tra il 1798 e il 1814. Così, il 28 giugno 1841, annunciava a Martini il proposito di "dar termine" alla Storia moderna "con l'anno 1799 o per meglio dire con l'arrivo in Cagliari della Regia Corte": si rendeva conto che la precoce restaurazione, la dura repressione dei moti patriottici sardi e il viceregno di Carlo Felice erano ancora argomenti controversi e scabrosi.
Il 6 dic. 1841 l'opera era già terminata. L'autore la considerò come "il migliore fra i lavori della mia mente", giudizio cui in effetti non si può non aderire, per la robusta architettura, per la profonda conoscenza delle fonti, per gli innegabili pregi letterari, per la qualità di una narrazione vigorosa ed efficace, per la sua stessa partecipazione emotiva agli eventi.
La Storia moderna è suddivisa in due volumi e in sei libri. Il primo tomo prende le mosse dall'inizio del regno di Vittorio Amedeo III, descrive le prime frizioni tra la corte di Torino e la società sarda destinate a esplodere in seguito al tentativo di invasione francese (1792-93), segue con attenzione tutte le fasi dei moti politici, dalla formulazione delle "cinque domande" all'"emozione" cagliaritana del 28 apr. 1794 conclusa con la cacciata dei Piemontesi, sino alla radicalizzazione dello scontro culminato nei tragici disordini del luglio 1795. Il secondo volume parte dalle prime divisioni emerse all'interno dello schieramento dei novatori e dalle prime agitazioni antifeudali logudoresi, per raccontare poi la "presa" di Sassari, bastione del partito baronale, il governo di G.M. Angioj, inviato come "alternos" nel Capo di Sopra, il fallimento del progetto antifeudale, la dura repressione del movimento angioiano, sino all'arrivo nel 1799 della corte sabauda in esilio a Cagliari.
Al suo apparire la Storia moderna sollevò molte polemiche e forti contrasti. La lettura offerta dal M. sulla crisi di fine secolo e sulla rivoluzione "patriottica" sarda - che l'autore vorrebbe distaccata e imparziale, equidistante tra le opposte tensioni dei partiti - è in realtà troppo condizionata dalle sue idee moderate e dalle sue prevenzioni conservatrici.
L'"inondazione di libertà" del 1848 vide il M. timoroso delle novità e tenacemente attaccato ai valori del passato. In quell'anno rifiutò il ministero degli Affari esteri. Il 3 apr. 1848 fu chiamato dal sovrano al Senato del Regno, del quale il 26 maggio fu eletto vicepresidente. Nello stesso anno ricoprì il ruolo di presidente della commissione per l'assimilazione della Sardegna agli Stati di terraferma in seguito alla "fusione perfetta" dell'anno precedente. Presidente del Senato dal 13 febbr. 1849 al 1855, schierato su posizioni conservatrici si oppose ai liberali e dal 1852 alla politica di C. Cavour. Nel 1854 votò contro il progetto di matrimonio civile. Il 28 ott. 1855 fu nominato presidente della Corte suprema di cassazione. Dal 1855 al 1866 fu anche presidente dell'Ordine Mauriziano: nel 1853 aveva ottenuto il titolo di barone.
Con la nascita del nuovo Stato unitario le posizioni politiche del M. entrarono in conflitto con quelle dei governi liberali della Destra: nel 1865 si oppose al trasferimento della capitale a Firenze e, sulla questione romana, si schierò insieme con i clericali. Al Senato seguì anche i problemi della Sardegna con interventi sulla colonizzazione (1856), sulle ferrovie (1862) e sulla ventilata cessione dell'isola alla Francia. Il 17 dic. 1865, ormai ottantenne, venne collocato a riposo. L'anno dopo pubblicò a Torino Della fortuna delle frasi, un'opera che nel suo impianto classicista guardava al passato. Sempre attento al dibattito storiografico (il 15 apr. 1860 era stato nominato vicepresidente della Deputazione di storia patria), sulla questione dell'autenticità delle cosiddette Carte d'Arborea il M. mantenne un prudente riserbo. Nel 1868 fu edito postumo dalla Stamperia reale di Torino il suo rammentato ultimo libro, Note sarde e ricordi.
Vi si trovavano raccolti fatti e figure trascurati nella sua grande opera di oltre quarant'anni prima, e il M. vi raccontava episodi della propria vita con alcuni medaglioni biografici di funzionari e uomini di Stato che aveva conosciuto nella sua lunga carriera.
Il M. morì a Torino il 25 genn. 1868.
Fonti e Bibl.: Per la ricostruzione della biografia e della genesi delle opere del M. è indispensabile la consultazione dei carteggi e dei manoscritti conservati a Torino, Biblioteca della Provincia, Raccolta Manno; Cagliari, Biblioteca del Consiglio regionale della Sardegna, Fondo Manno, 5 bb.; Ibid., Fondazione Siotto, Archivio Manno, 7 bb.; Sassari, Biblioteca comunale, Mss., D.III: Lettere autografe di diversi uomini illustri indirizzate al cavalier Pasquale Tola; Arch. di Stato di Torino, Sardegna, Giuridico, Carte relative alla legislazione, 3 cartt.; Torino, Biblioteca reale, Varia, 557: Manoscritti del barone G. Manno.
Tra i carteggi editi: Lettere inedite del barone G. Manno a Pietro Martini (1835-66), a cura di S. Lippi, Cagliari 1902; R. Garzia, Lettere inedite del barone G. Manno al canonico Giovanni Spano (1841-1867), in Bull. bibliografico sardo, III (1903), pp. 97-104; T. Orrù, Contributo all'epistolario di G. Manno (lettere inedite dei carteggi con Giovanni Siotto Pintor e Salvator Angelo De Castro 1839-1846), in Studi economico-giuridici pubblicati per cura della Facoltà di giurisprudenza dell'Università di Cagliari, XLIV (1966), 2, pp. 588-601; Le lettere inedite di Pietro Martini a G. M., a cura di A. Accardo, in Arch. sardo del movimento operaio contadino e autonomistico, 1991, nn. 35-37, pp. 267-275; Carteggio Manno - Vieusseux (1830-1846), a cura di N. Nada, Firenze 2000.
Per il profilo biografico: F. Sclopis, Notizia storica sul barone G. M., in Atti dell'Acc. delle scienze di Torino, III (1867), pp. 315-318; G. Siotto Pintor, Storia della vita di G. M., Torino 1869; A. Manno, G. M., in L. Carpi, Risorgimento italiano. Biografie storico-politiche d'illustri italiani contemporanei, II, Milano 1886, pp. 354-394; R. Bonu, Scrittori sardi del secolo XIX, Sassari 1961, pp. 195-221; G. Sotgiu, G. M. nel bicentenario della nascita, in Arch. sardo del movimento operaio contadino e autonomistico, 1985, nn. 23-25, pp. 43-56; G. M. politico storico e letterato. Atti del Convegno… 1988, Cagliari 1989, pp. 173-244; G.P. Romagnani, G. M. intellettuale e uomo politico nel Piemonte del Risorgimento, ibid., pp. 9-22; G. Ricuperati, L'esperienza intellettuale e storiografica di G. M. fra le istituzioni culturali piemontesi e la Sardegna, in Intellettuali e società in Sardegna tra Restaurazione e Unità d'Italia, a cura di G. Sotgiu - A. Accardo - L. Carta, I, Oristano 1991, pp. 57-86. Si vedano inoltre: A.A. Mola, G. M. presidente del Senato del Regno, in Studi piemontesi, VI (1977), pp. 445-449; M. Fubini Leuzzi, Gli studi storici in Piemonte dal 1766 al 1846: politica culturale e coscienza nazionale, in Boll. storico-bibliografico subalpino, LXXXI (1983), pp. 113-192; G.P. Romagnani, Storiografia e politica culturale nel Piemonte di Carlo Alberto, Torino 1985 (che inquadra l'opera del M. nell'ampio contesto della storiografia subalpina); A. Accardo, La nascita del mito della nazione sarda. Storiografia e politica nella Sardegna del primo Ottocento, Cagliari 1996, pp. 25-74; A. Mattone, Prefazione, a G. Manno, Storia di Sardegna, a cura di A. Mattone, I, Nuoro 1996, pp. 7-28; Id., Prefazione, a G. Manno, Storia della Sardegna dall'anno 1773 al 1799, a cura di A. Mattone, ibid. 1999, pp. 7-46; A. Accardo, Alcune note per la biografia di G. M., in La biblioteca di G. M., a cura di A. Accardo, Milano 1999, pp. 13-95; Id., L'ultimo guizzo della fiamma morente. "Note sarde e ricordi"; nonché G. Ricuperati, Fra memoria e cantiere di lavoro: la riflessione di G. M., in G. Manno, Note sarde e ricordi, a cura di A. Accardo - G. Ricuperati - E. Frongia, Cagliari 2003, rispett. alle pp. VII-LV, LVII-XCII; G. Ricuperati, G. M. lettore: un intellettuale funzionario fra storia e letteratura, in Riv. storica italiana, CXVIII (2006), pp. 219-240.
Infine, sul ruolo del M. nella compilazione feliciana: A. Lattes, Le leggi civili e criminali di Carlo Felice pel Regno di Sardegna, in Studi economico-giuridici della R. Università di Cagliari, I (1909), pt. 1, pp. 187-296; M. Da Passano, Delitto e delinquenza nella Sardegna sabauda (1823-1844), Milano 1984, pp. 9-70; I. Birocchi, Il "Regnum Sardiniae" dalla cessione dell'isola alla "fusione perfetta", in Storia dei Sardi e della Sardegna, IV, a cura di M. Guidetti, Milano 1990, pp. 193-213; A. Mattone, "Leggi patrie" e consolidazione del diritto nella Sardegna sabauda (XVIII-XIX sec.), in Il diritto patrio tra diritto comune e codificazione (secc. XVI-XIX) Atti del Convegno…, Alghero… 2004, a cura di I. Birocchi - A. Mattone, Roma 2006, pp. 527-538; sulla parte avuta nei provvedimenti a favore delle "chiusure" dei terreni, cfr. I. Birocchi, Per la storia della proprietà perfetta in Sardegna. Provvedimenti normativi, orientamenti di governo e ruolo delle forze sociali dal 1839 al 1851, Milano 1982, pp. 22-35; G.P. Romagnani, Prospero Balbo intellettuale e uomo di Stato (1762-1837), II, Torino 1990, pp. 359-370; A. Accardo, Un classicista romantico G. M., in G. Manno, Lettere a Tarsilla, Cagliari 2006, pp. 7-43; M.L. Betri, Un carteggio dell'Ottocento. La corrispondenza amorosa tra G. M. e Tersilla Calandra (1831-32), ibid., pp. 45-59.