AMADESI, Giuseppe Luigi
Di famiglia bolognese, nacque a Livorno da Giacomo il 28 ag. 1701. Nel 1718, essendosi il padre trasferito a Ravenna, lo seguì in questa città, donde, divenuto sacerdote, non si mosse più. Nominato segretario dell'arcivescovo Girolamo Crispi, mantenne tale carica, anche dopo la morte di questo (1727), sotto il suo successore Maffeo Niccolò Farsetti. I primi suoi lavori furono di natura letteraria: nel 1727 raccolse e pubblicò, con una lunga introduzione, alcune rime - fra cui due sue canzoni - in occasione delle nozze di Ippolito Bentivoglio con Maria Anna Gonzaga (Raccolta di rime...,Roma 1727); nel 1737 collaborò alla stesura in ottava rima del Bertoldo con Bertoldino e Cacasenno (Bologna 1737), componendo il XVII canto del poema. Ma l'evento che decise del futuro corso dei suoi studi fu la nomina, avvenuta nel 1734, contemporaneamente alla designazione come parroco della chiesa di S. Nicandro, ad archivista arcivescovile.
Il dovere di ordinare e conservare tanti preziosi documenti, e i contrasti che allora, nel mondo erudito italiano, si venivano dibattendo sulla natura e l'antichità dei papiri ravennati (un buon numero dei quali il Maffei aveva da poco pubblicato nella sua Istoria diplomatica,Mantova 1727) e sulle tradizioni della stessa Chiesa di Ravenna, spinsero l'A. a formarsi una preparazione erudita e a studiare la storia della città in cui s'era stabilito. Venuto assai presto in contatto col Muratori - col quale ebbe nel 1743 corrispondenza a proposito della cronologia di alcuni vescovi ravennati -, si ruppe poi con lui per difendere la tradizione locale, secondo la quale i primi vescovi ravennati sarebbero stati eletti per il visibile e diretto intervento dello Spirito Santo. La polemica col Muratori fu condotta dall'A. pubblicamente: nel 1748 egli diede alle stampe (anonima) una lunga prefazione all'opera sulla basilica di Classe di F. Bonamici (La Metropolitana di Ravenna...,I, Bologna 1748), nella quale attaccò il Muratori e difese, con argomenti in verità assai deboli, la leggenda ravennate.
Già nel 1745 però aveva letto in Ravenna, in casa del marchese C. Rasponi, una dissertazione nella quale difendeva - dalle critiche del Muratori, che l'aveva giudicato falso -la genuinità di un privilegio diretto da Gregorio Magno a Mariniano arcivescovo di Ravenna; privilegio che oggi è però comunemente considerato una falsificazione posteriore (cfr. P. F. Kehr, Italia pontificia,V, Berolini 1911, p. 32; l'A. pubblicò più tardi il suo saggio: Difesa del diploma di S. Gregorio Magno a Mariniano arcivescovo di Ravenna,in Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici [di A. Calogerà], XLVI, Venezia 1751, pp. 71).
In verità l'A. - la cui preparazione erudita, seppure da autodidatta, era in realtà buona -commetteva il torto di voler sempre e ad ogni costo difendere, per dovere d'ufficio, le tradizioni locali, di cui si sentiva geloso tutore. Questo atteggiamento, unito ad una certa provinciale ristrettezza di vedute che la diretta conoscenza della migliore produzione erudita europea (egli citava frequentemente il Mabillon, i Maurini, il Maffei) non bastò a mutare in meglio, costituisce il fondamentale difetto delle numerose opere dell'archivista ravennate.
Di esse una delle meglio fondate è la Lettera... al p. d. Bonifazio Collina,edita nel 1750 (in Raccolta,cit., XLIV, Venezia 1750, pp. 399-468), nella quale fu sostenuta e provata, con inoppugnabili argomenti di natura diplomatistica e paleografica, l'esistenza di un Onesto arcivescovo di Ravenna nel sec. X.
L'A. era nel frattempo divenuto segretario della Società letteraria ravennate e anche di mons. F. Guiccioli, prima amministratore e poi, dal 1745, nuovo arcivescovo. E con la protezione di questo e del cardinale legato Enrico Enriquez (morto nel 1756) concepì il progetto ed iniziò la raccolta dei materiali per stendere una nuova e completa cronistoria dei presuli ravennati dalle origini in poi. Il 3 apr. 1756 scriveva al Bianchini: "Ora sto faticando intorno alle condizioni e serie de' nostri vescovi del V secolo" (Roma, Bibl. Vallicelliana, ms. U. 32, c. 87v). Ma le sue numerose incombenze (compì anche numerosi viaggi a Roma per difendere in più cause i diritti della Chiesa ravennate) rallentarono molto la stesura del lavoro, cosicché le sue In antistitum Ravennatum chronotaxim... disquisitiones perpetuae uscirono a Faenza nel 1733, dopo la sua morte, a cura di A. Zannoni, in tre volumi.
È questa l'opera maggiore dell'A., ma non la migliore, poiché vi sono trasfuse indiscriminatamente tutte le antiche tradizioni della Chiesa ravennate (anche quella, per esempio, che voleva s. Apollinare discepolo di s. Pietro: cfr. su di essa F. Lanzoni, Le origini delle diocesi antiche d'Italia,Roma 1923 [Studi e testi,35],pp. 468-475).Gran merito dell'A. fu però l'aver difeso l'opera di Agnello ravennate, che B. Bacchini aveva giudicato scismatico; in una lunga e appassionata dissertazione, che occupa le pp. IV-LVI del primo volume delle sue Disquisitiones,l'A. rivendicò la piena legittimità delle affermazioni dell'antico cronista e, soprattutto, ne rivelò la grande importanza storica.
Giunto a Roma nel 1772 per sostenere i diritti della mensa arcivescovile ravennate sulla contea di Argenta (cfr. il suo trattato De iure fundiario universali Ecclesiae Ravennatis in Comitatu Argentano,uscito anch'esso postumo a Roma nel 1774), l'A. fu incaricato da Clemente XIV di dare, insieme a Pier Luigi Galletti, un parere su un frammento inedito di Tito Livio allora scoperto nella Vaticana da P. G. Burns e da V. M. Giovinazzi, e che si stava pubblicando a cura di F. Cancellieri; il parere, uscito in appendice al volume: Titi Livi Historiarum libri XCI fragmentum,Romae 1773, pp. LXVII s., fu l'ultimo lavoro dell'A., che, senza aver potuto rivedere la sua città, morì in Roma l'8 febbr. 1773.
L'elenco completo delle sue opere è in Fantuzzi, Notizie,I, pp. 199-201, e in Bagli, Contributo,pp. 220 s. Manoscritti di alcune di esse sono stati recentemente rinvenuti nella Biblioteca Classense di Ravenna e devono perciò aggiungersi a quelli già elencati da G. Mazzatinti, Inventari,V, Forlì 1895, pp. 16, 25, 33, 36, 39. Sedici sue lettere a F. Bianchini sono nella Biblioteca Vallicelliana di Roma, ms. U 32, cc. 83-141 (dal 28 genn. 1756 al 9 sett. 1758).
Fonti e Bibl.: Epistolario di L. A. Muratori,a cura di M. Campori, X, Modena 1906, pp. 4411 s., 4427, 4444 s., 4453 s.; XIII, ibid. 1915, p. 7014; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia,I, 1, Brescia 1753,pp. 561s.; P. P. Ginanni, Memorie storico-critiche degli scrittori ravennati,I, Faenza 1769, pp. 29-33; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi,I, Bologna 1781, pp. 198-201; G. G. Bagli, Contributo agli studi di bibliografia storica romagnola,in Atti e Mem. d. R. Deput. di storia patria per le Prov. di Romagna,s. 3, XIII (1895), pp. 220 s.; G. Gasperoni, Il contributo della Romagna all'opera del Muratori,in Studi di storia e di critica dedicati a Pio Carlo Falletti dagli scolari,Bologna 1915, pp. 496, 499; G. Natali, Il Settecento,II, Milano 1950, p. 1043; G. Gasperoni, Settecento ital.,I, L'ab. Giovanni Cristoforo Amaduzzi, Padova 1941, pp.34, 99, 251; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés.,II, coll. 916 s.