GHERARDI, Giuseppe
Nacque a Firenze nel 1788 da Pietro e Angela Corsi (Pittaluga, p. 40).
Scarse sono le notizie sulla formazione di questo pittore, avvenuta certamente nell'orbita dell'Accademia di belle arti di Firenze, in un importante momento di transizione politica e culturale, tra età napoleonica e restaurazione del governo degli Asburgo-Lorena. Riformata dal granduca Pietro Leopoldo nel 1784, l'Accademia, grazie alle mostre annuali e ai premi triennali, rappresentava la sola istituzione in grado di offrire occasioni concrete per mettere in luce l'attività di un giovane artista. La prima opera del G. di cui si hanno notizie è infatti il quadro, perduto, raffigurante La piazza del Granduca con il quale, nel 1819, partecipò all'esposizione di pittura organizzata dall'Accademia. Erano anni in cui si assisteva anche a un processo di rinnovamento simboleggiato dalla nascita, nel 1821, dell'Antologia di G.P. Vieusseux, che dava spazio a tendenze culturali più aggiornate, anche in campo artistico.
Ai primi anni Venti dell'Ottocento possono essere ricondotte alcune opere del G., conservate in collezione privata, in cui vengono alla luce le principali caratteristiche della sua arte, unicamente dedicata al genere della veduta, resa con attenta minuzia descrittiva; si tratta del disegno con l'Arco di trionfo di Francesco III di Lorena e porta S. Gallo (Zappia), del dipinto a olio con il Battistero di Firenze (Pittaluga, pp. 41-43) e dell'acquaforte con Firenze vista da Boboli, unica incisione conosciuta dell'artista (Servolini). A questi primi anni sono riferibili anche alcuni disegni, quali la Veduta di Rifredi, il Ponte alla Badia e Le Cascine conservati nel Gabinetto dei disegni e stampe degli Uffizi di Firenze: il tratto sottilissimo e l'uso frequente dell'acquerello colorato, donano a queste opere delicati effetti di trasparenza, che avvicinano il G. alle esperienze dei pittori stranieri giunti in Toscana tra la fine del Sette e la prima metà dell'Ottocento, quali Thomas Patch, Thomas Cole, Jean-Baptiste-Camille Corot.
L'impianto compositivo delle vedute del G. non assume mai carattere monumentale: un primo piano in ombra, animato da personaggi intenti in varie attività, appare in contrasto con gli ampi squarci di luce dell'orizzonte in cui si stagliano le sagome degli edifici; al contempo, una nota cromatica dominante sembra uniformare l'intera composizione, fino a raggiungere, nei lavori più tardi, un tono quasi monocromo. Soluzioni di questo genere derivavano al G. dalla tradizione del vedutismo toscano che affondava le radici nel secolo precedente, in particolare nelle esperienze di Giuseppe Zocchi, autore di alcune serie di vedute di Firenze e dintorni (Chimirri, p. 191) sorprendentemente vicine alla produzione del G. per nitidezza di tratto e oggettività della visione, per la costante presenza del contrasto tra piani in ombra e in luce, per chiarità di atmosfera e perfino per il modo di inquadrare entro quinte arboree la scena.
Al 1824 risale il disegno con la Veduta dell'Arno da ponte Vecchio (Firenze, Gabinetto dei disegni e stampe degli Uffizi) seguito, a distanza di un anno, da un piccolo dipinto, di tema identico, in collezione privata fiorentina (Bianchi, pp. 188-191). Si tratta di un soggetto più volte ripreso dal G. in cui, all'interno del lucido impianto della veduta, definita da una linea di contorno sempre netta e precisa, la presenza umana sembra costituire solo una nota episodica. Del 1824 è anche la Veduta generale di Firenze fatta lungo l'Arno fuori porta la Croce del Fondo Cappugi della Biblioteca nazionale di Firenze, dove è conservato il più cospicuo nucleo di opere di grafica dell'artista. Si tratta ancora di una veduta del fiume, tratta "dal vero", come si legge sul foglio in basso a sinistra (Chimirri, p. 188). Datato 1829 è il disegno con il Ponte di S. Trinita (Firenze, Gabinetto dei disegni e stampe degli Uffizi); mentre è del 1830 quello con la Veduta panoramica di Firenze da Bellosguardo (Firenze, Biblioteca nazionale).
Nel 1839 il G. partecipò ancora a una delle esposizioni dell'Accademia di belle arti proponendo una serie di vedute tra le quali un'altra versione della Piazza del Granduca, una Veduta della Maremma senese e una Veduta dell'isola d'Elba (Bietoletti). Del 1840 è un disegno raffigurante il consueto tema del Ponte di S. Trinita (Firenze, Biblioteca nazionale).
Negli anni Quaranta a Firenze, accanto all'inarrestabile declino dell'Accademia, le commissioni granducali erano in calo e quelle aristocratiche e borghesi insufficienti; nel 1845 fu quindi fondata la Società promotrice di belle arti con lo scopo di promuovere la produzione artistica, rimasta fino a quel momento ai margini del tradizionale collezionismo locale, e di garantire l'acquisizione, da parte di un mercato più ampio, dei generi cosiddetti minori quali la pittura di paesaggio e, più in particolare, la veduta. Alla prima mostra organizzata dalla Società, nello stesso anno della sua fondazione, il G. espose due quadri: un Interno di S. Miniato e una Piazza del Duomodi Firenze (Bietoletti). Sono opere in cui il modo di dipingere dell'artista appare pressoché immutato, così come nei lavori successivi, quali le vedute con Firenze vista da Boboli e la Certosa del Galluzzo, dei primi anni Cinquanta (Firenze, Museo topografico Firenze com'era). La pittura del G. non sembra infatti mai tener conto delle novità che andavano maturando a Firenze negli anni Cinquanta e che, a partire dalle riunioni dei pittori nel caffè Michelangelo, sarebbero giunte fino alla grande Esposizione universale di Parigi del 1855.
Nel 1864 il G. dipinse la Veduta del lago di Albano, e, l'anno successivo, la Veduta dell'antico porto di Ostia, opere che potrebbero testimoniare un soggiorno dell'artista nei pressi di Roma non altrimenti documentato. Nel 1876 espose ancora per la Società promotrice una Miniera di ferro all'isola d'Elba (Bietoletti).
Il G. morì a Firenze il 13 sett. 1884 (Pittaluga, p. 40).
Fonti e Bibl.: C. Del Bravo, in Disegni italiani del XIX secolo (catal.), Firenze 1971, pp. 64 s.; P. Magi, Firenze di una volta nei dipinti nei disegni e nelle incisioni del Museo di Firenze com'era, Firenze 1973, pp. 42, 83; M. Pittaluga, Dipinti e disegni di G. G., in Antichità viva, XV (1976), 1, pp. 40-47; R.M. Mason, in G. Zocchi, Vedute di Firenze e della Toscana, Firenze 1981, p. 15; S. Bietoletti, in La pittura in Italia. L'Ottocento, II, Milano 1991, p. 847; C. Zappia, in Firenze e la sua immagine. Cinque secoli di vedutismo (catal.), Venezia 1994, p. 186; E. Bianchi, ibid., pp. 186, 188-191, 193; L. Chimirri, ibid., pp. 188, 193-195; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 522; L. Servolini, Diz. illustrato degli incisori ital. moderni e contemporanei, Milano 1955, p. 377.