GERVASI, Giuseppe
Nacque a Piacenza il 1° febbr. 1762 da Antonio e Anna Giacopazzi, commercianti. Compiuti gli studi primari presso la scuola di S. Pietro, il 2 nov. 1778 entrò da seminarista al collegio Alberoni, nello stesso periodo in cui lo frequentava G.D. Romagnosi, che lo aveva preceduto di tre anni.
In collegio il G., oltre a seguire i corsi di filosofia, teologia e morale, matematica e fisica, conobbe il pensiero illuminista di É. Bonnot de Condillac, J. Locke e Ch. Bonnet, riveduto in chiave tomistica con una rivalutazione dell'elemento trascendente, e prese a interessarsi alla psicologia. Conclusi i corsi nel 1784 con una tesi in teologia (Theses theologicae, Placentiae 1784), iniziò a dare lezioni private di filosofia, di matematica e di fisica ai giovani nobili piacentini. Intanto, lavorava come correttore di bozze presso il tipografo libraio Niccolò Orcesi, al quale finì presto per offrire una vera e propria attività di consulenza editoriale.
Nel 1785 il G. aderì alla Società di filosofia e belle lettere, sorta a Piacenza l'anno precedente, trasformatasi nel 1789 in Società letteraria. Nelle riunioni circolava, insieme con il culto dei classici, anche un certo spirito antigovernativo, veicolato dalla lettura dei philosophes. Il G., che della Società fu vicesegretario (1789), poi segretario e infine censore (1790-91), vi lesse alcune dissertazioni che rivelavano la complessità dei suoi interessi filosofici e scientifici, proponendo temi quali Ricerche sull'istruzione dei sordi nati (1786), Sul preteso telescopio di riflessione esistente nel faro d'Alessandria (1788), Ricerche sulle opinioni e sulle scoperte sì degli antichi come dei moderni intorno all'arcobaleno (1788), Scoperte fatte avanti la fine del sec. XIII intorno alla rifrazione della luce (1789), La rappresentazione duplicata degli oggetti (1790), Riflessioni sopra un passo di Plinio, in cui si tratta dell'obelisco del Campo di Marte (1792), Le cause che alla vista delle pitture d'ordinario preservan l'occhio dalla illusione e le condizioni necessarie perché questa abbia luogo (1794). Queste e altre dissertazioni sono rimaste inedite: i manoscritti sono conservati nella Biblioteca comunale di Piacenza.
Diventato coordinatore della Società, nel 1795 ne chiuse definitivamente le adunanze ufficiali, con una decisione riconducibile a una carenza interna di vivacità intellettuale o, più probabilmente, a ragioni di prudenza politica. I suoi studi si erano nel frattempo orientati verso le traduzioni di classici o di testi francesi (tra questi ultimi la Logica del Condillac, edita nel 1799 dall'Orcesi, e l'anonimo Compendio della storia e delle antichità romane, pubblicato sempre a Piacenza nel 1808).
Inauguratasi nel 1791 la nuova Biblioteca, nata dalla fusione della Biblioteca della Reale Casa di S. Pietro con la Biblioteca Passerini affidata al Collegio dei teologi, il G. vi fu assunto come vicebibliotecario. Su suo impulso la Biblioteca non tardò a divenire luogo d'incontro per gli studiosi di Piacenza, ma ciò insospettì il bibliotecario G. Chinetti, che denunziò il G. al Collegio dei teologi (1800), accusandolo di tendenze giacobine. Per un vizio formale l'accusa non fu presa in considerazione e quando, di lì a poco, il Chinetti dovette dimettersi per motivi amministrativi, il G. ne prese il posto e lo conservò anche dopo la Restaurazione fino alla morte.
Sua prima cura fu quella di rimettere ordine nelle collezioni librarie con un Indice dei libri esistenti nella Biblioteca (1803); quindi avviò una nuova politica degli acquisti, indirizzandosi verso le edizioni francesi e volumi di pregio.
Negli anni della sua direzione furono acquistate le opere di J.-F. Champollion il Giovane, l'Iconografia di E.Q. Visconti, il Cimitero di Parigi con i disegni di P.F. Quaglia, la Storia d'Italia di F. Guicciardini, impressa dal Baudry, e quella di C. Botta, nell'edizione del Didot. A lui si dovette anche l'acquisizione (1822) del Salterio della imperatrice Angilberga, codice carolingio purpureo dell'827, già appartenuto al monastero piacentino di S. Sisto, riacquistato a Parigi da G. Poggi Cecilia per modica somma e da questo donato alla Biblioteca.
Alla Restaurazione, con l'assegnazione del Ducato a Maria Luigia d'Austria, il G. fu nominato professore di etica alle scuole comunali superiori (1814) ed ebbe anche la carica di direttore della Pubblica Istruzione per tutto il Ducato, incarico che conservò fino alla rivoluzione del 1831. A lui competeva anche la censura, funzione che non gli evitò nel 1822 di essere incluso da un informatore tra i "maestri delle perniziose dottrine" (Curti, p. 499).
Nel 1830 si ammalò gravemente e si ritirò prima nel convento di S. Maria di Campagna, quindi in casa del fratello e dei nipoti, dove morì il 2 genn. 1833.
Fonti e Bibl.: Piacenza, Biblioteca comunale, Manoscritti comunali, nn. 378-404 e 268.3° (Carte Gervasi); Poesie in morte di G. G., piacentino, Piacenza 1833, pp. 1-26; C. Cattanei, Necrologia di illustri piacentini, Piacenza 1841, pp. 9-13; A. Pezzana, Storia della città di Parma, Parma 1847, p. 74; P. Giordani, Scritti editi e postumi, IV, Milano 1856, p. 247; A. Gussalli, Appendice alle opere di Pietro Giordani, Milano 1862, pp. 116, 127, 466, 500; L. Scarabelli, Dei piacentini illustri e di varie cose nella patria loro, Milano 1863, p. 17; La Pubblica Biblioteca ed il bibliotecario G., in Il Piacentino istruito nelle cose della sua patria. Giornale astro-metereologico per l'anno comune 1881, con notizie diverse, LVIII (1881), pp. 22-24; I. Della Giovanna, Pietro Giordani e la sua dittatura letteraria…, Milano 1882, pp. 201 s.; F. Giarelli, Storia di Piacenza dalle origini ai nostri giorni, II, Piacenza 1889, pp. 26, 89, 286; P. Agnelli, Memoria biografica su Lorenzo Respighi astronomo, Piacenza 1893, pp. 36 s.; U. Benassi, Il generale Bonaparte ed il duca e i giacobini di Parma e Piacenza, in Arch. storico per le provincie parmensi, n.s., XII (1912), p. 231; A. Corna, Profili di illustri piacentini, Piacenza 1914, p. 185; A. Balsamo, La donazione del Salterio di Angilberga, in Boll. storico piacentino, XII (1918), p. 6; A. Curti, Alta polizia. Censura e spirito pubblico nei Ducati parmensi (1816-1829), in Rass. storica del Risorgimento, IX (1922), pp. 478, 499, 538, 566, 585; A. Arata, Il Collegio dei teologi dell'Università di Piacenza. Sua fondazione, sue vicende, Piacenza 1929, pp. 97, 99; G. Berti, Atteggiamenti del pensiero italiano nei Ducati di Parma e Piacenza dal 1750 al 1850, Padova 1958, p. 105; G.F. Rossi, La filosofia nel collegio Alberoni e il neotomismo, Piacenza 1959, pp. 30, 272, 280, 305, 374, 393, 395; G. Berti, Atteggiamenti del pensiero italiano nei Ducati di Parma e Piacenza dal 1750 al 1850. Personalità significative, Padova 1962, pp. 433-473; E. Nasalli Rocca, I bibliotecari della "Comunale" di Piacenza, in Almanacco dei bibliotecari italiani, Roma 1973, pp. 7, 47-58; G.F. Rossi, Apporto dell'Alberoni alla società e alla cultura di Piacenza nel Settecento, Piacenza 1979, p. 71; V. Anelli, Per una storia della cultura a Piacenza: origini, organizzazione e vicende delle accademie dell'ultimo Settecento, in Boll. storico piacentino, LXXXIII (1988), 1, pp. 47, 106; 2, pp. 68, 87, 88, 93 s., 96-103; L. Mensi, Diz. biogr. piacentino, Piacenza 1899, pp. 204 s.; C. Frati, Diz. bio-bibliogr. dei bibliotecari e bibliofili italiani dal sec. XIV al XIX, Firenze 1933, p. 255; G. Casati, Diz. degli scrittori d'Italia, III, Milano 1934, p. 155; Annuario delle biblioteche italiane, III, Roma 1973, p. 346.