FERRARI, Giuseppe
Nacque a Verona l'8 settembre 1835, da Dionisio e Santa Olivieri.
Molto scarsi sono gli elementi che consentono di valutare la sua formazione pittorica. Il F. dovette avere come costante riferimento la locale Accademia Cignaroli ed in particolare il paesaggismo minuzioso e fotografico del suo omonimo Carlo Ferrari, detto il Ferrarin (con cui non era legato peraltro da alcun grado di parentela), nominato accademico professore di prospettiva dal 1847, che caratterizzò la pittura di veduta nel periodo della dominazione austriaca in città. Il vuoto di testimonianze relative al F., dopo l'esordio espositivo alla mostra veronese del 1858, è forse da attribuire ad una momentanea adesione agli entusiasmi risorgimentali che lo portò ad arruolarsi coi garibaldini e - dopo la liberazione della Lombardia - a gravitare su Milano, come del resto altri pittori veronesi della sua generazione.
A Milano fu allievo all'Accademia di Brera del vedutista L. Bisi, la cui formazione presso F. Durelli, cui era succeduto nel 1851 sulla cattedra di prospettiva, ne giustificava il decisivo orientamento verso un genere particolare di pittura urbana che ha la puntualità descrittiva del rilievo architettonico.
All'aggiornato migliarismo di C. Ferrari si venne quindi a sovrapporre nella formazione del F. il registro analitico dei particolare vedutismo del Bisi - considerato a sua volta l'erede più diretto di Migliara - che univa a quella pittorica un'attività di architetto e restauratore espressamente fondata sulla documentazione prospettica e sulla conoscenza dell'ornato storico.
La produzione del F. alla metà degli anni Sessanta (Cortiledell'arcivescovado del 1864, ora alla Galleria d'arte moderna di Torino, e Atrio di S. Ambrogio, esposto a Verona nel 1867: cfr. Meneghello, 1986, p. 61) riprende quindi da vicino, seppur meno lucidamente, l'interesse preciso per l'articolazione strutturale degli edifici e insieme ripete la "monotonia" tematica dei quadri del suo maestro, coi loro interni monumentali lombardi replicati all'inverosimile secondo inquadrature leggermente variate.
La progressiva specializzaz'ione su pochi, insistiti, temi architettonici si incentrerà in seguito per il F. sul complesso monumentale della basilica veronese di S. Zeno, soggetto di una serie di dipinti che presenterà regolarmente alle mostre della Società di belle arti a Verona negli anni Settanta - da Le tombe di Umbertino e Giuseppe Della Scala nel chiostro di S. Zeno, esposto nel 1870 (Verona, Gall. arte moderna), a Particolare della cripta, del 1871, ai Monumenti degli Scaligeri (Verona, Galleria d'arte moderna, cfr. Trecca, 1912) e un Interno della basilica, esposti nel 1876, fino al Chiostro di S. Zeno del 1877 - dove gli accertamenti prospettici e filologici sembrano muoversi nel gusto per la rilevazione e per la descrizione architettonica dei repertori illustrati. Il debito verso la componente documentaria e catalografica delle contemporanee campagne fotografiche condotte sul patrimonio artistico veronese dai bavaresi Moritz e Richard Lotze traspare evidente in Cortile del Mercato vecchio, da poco riemerso (pervenuto a Leonardo Brenzoni dopo l'esposizione del 1865, ed ora nelle collezioni della Banca popolare di Verona), che nella puntuale ripresa analitica e nel taglio della composizione ricalca una celebre fotografia Lotze databile circa al 1860.
L'attenzione per le problematiche del restauro architettonico (che, del resto, con l'insegnamento della prospettiva, lo vedeva ricalcare in tono minore le vicende dei suo maestro Bisi) avrà poi ulteriori tangenze con l'attività di R. Lotze, nella sua veste di critico e pubblicista, in una polemica giornalistica relativa a questioni di ornato storico e alla definizione dello stile architettonico dell'arco dei Gavi a Verona conibattuta negli anni 1872-74 dalle pagine dell'Arena e dell'Alleanza.
Molto scarsa è pure la documentazione dell'attività del F. a partire dagli anni Ottanta - dopo che la sua presenza alle mostre veronesi sembra arrestarsi al 1879 con Portale di S. Fermo (cfr. Meneghello, 1986) - anche in seguito al suo trasferimento a Roma, dove pare che egli continuasse l'impegno didattico. Nel 1884 partecipò con un'opera di geometria descrittiva applicata all'ornato alla Esposizione di Torino (Petrucci, 1986).
Morì a Roma nel 1913.
Fonti e Bibl.: E. Biraghi, L'Esposizione di belle arti a Verona nel 1858, in Gazzetta di Verona, 5 genn. 1859; A. Gaspari, Sull'attuale esposiz. artistica della Società di belle arti in Verona, in L'Arena, 28 luglio 1867; Esposiz. di belle arti promossa dalla Società delle belle arti (catal.), Verona 1868, n. 165; G. Trecca, Catalogo della Pinacoteca comunale di Verona, Bergamo 1912, p. 142 n. 1325; L. Mallè, Idipinti della Galleria d'arte moderna, Torino 1968, p. 143; B. Meneghello, Annali d. Società di belle arti di Verona 1858-1921, Verona 1986, pp. 58, 61, 66, 71, 76, 100, 102, 109; C. Petrucci, in La pittura a Verona dal primo Ottocento a metà Novecento, a cura di P. Brugnoli, Verona 1986, 1, p. 228; S. Marinelli, in La pittura in Italia. L'Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, Milano 1991, I, p. 163; G. Marini, ibid., II, pp. 822 s.; Diz. enc. Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani, IV, p. 389.