ERRANTE, Giuseppe
Nacque a Trapani il 19 marzo 1760 da Maria Paola D'Alessandro e da Giuseppe, commerciante di pelli (si spiega così il soprannome di "guastacuoi" datogli da bambino per la sua abitudine di incidere sul cuoio figure e caricature), e ancora ragazzo fu mandato a scuola di disegno presso Domenico Nolfo, modesto scultore trapanese. Dal 1773, grazie al mecenatismo del barone di Milo e del cavaliere A. Di Ferro, studiò a Palermo dapprima con il pittore cappuccino padre Fedele da San Biagio e poi con G. Martorana. Tornato nella città natale per alcuni anni, intorno al 1780 dipinse la Vergine del Carmelo che libera le anime del purgatorio per una chiesa dentro le mura del castello, oggi perduta: se ne conserva il bozzetto, di gusto decisamente tardobarocco, nel Museo regionale Pepoli di Trapani.
Secondo i biografi, già nel 1784 fu a Roma, dove frequentò lo studio dell'architetto G. Barbieri, esercitandosi nella prospettiva. A questi anni del soggiorno romano si datano la pala d'altare con Iss. Vincenzo e Anastasio nel rione Trevi nella chiesa eponima, sede della Confraternita dei Confettieri, caratterizzata dal disegno netto e meditato e dai colori levigati, e l'affresco con Le nozze di Amore e Psiche in un salone di palazzo Altieri. Sono documentati al 1786 gli affreschi con Le anime del purgatorio per la cupola della chiesa dell'Orazione e Morte di Civitavecchia (portati a termine nel 1788, com'è attestato dalla data e dalla firma del pittore, rinvenute durante il restauro del 1970), considerati unanimemente dalla critica la sua opera più impegnativa, ancora legata alla tradizione decorativa di gusto rocaille. Nella stessa chiesa gli vengono pure attribuite, per strette affinità stilistiche (Aliberti Gaudioso, 1972), una tela con La Madonna col Bambino e s. Giuseppe e uno stendardo processionale che raffigura su una faccia La Madonna col Bambino e le anime del purgatorio e sull'altra S. Michele arcangelo che appare ai ss. Gregorio Magno e Rocco. Sempre nel 1786, durante un breve soggiorno a Trapani, l'E. sposò Giuseppina Vultaggio.
Negli anni 1787-88 fu a Napoli, dove fece omaggio a re Ferdinando IV di un dipinto, Leda con Giove tramutato in cigno, assai ammirato anche da P. Hackert, riuscendo così a procurarsi un pensionato annuo e l'alloggio a Roma, alla Farnesina, per continuare gli studi di pittura; qualche anno dopo, nel 1791, ottenne dal re l'istituzione di una scuola di belle arti a Trapani, indipendente dalle accademie di Napoli e di Palermo. Intorno al 1794 gli fu affidato l'incarico di affrescare una sala del palazzo reale di Caserta, ma per ragioni politiche - fu accusato di complotto con un suo compatriota rivoluzionario - fu costretto a fuggire, sotto il falso nome di "Giuseppe Pellegrino, maestro di spada e dilettante di antiquaria pittorica" (Cancellieri, 1824), per rifugiarsi a Milano. In viaggio verso Milano, durante una sosta ad Ancona, eseguì un'Addolorata e La Giustizia e la Pace che si abbracciano, entrambe disperse, e la pala d'altare con S. Giacomo, s. Andrea e il Redentore per la chiesa di S. Giacomo, su commissione del cardinale Vincenzo Ranuzzi, vescovo di Ancona.
Dal 1795 al 1810risiedette a Milano e affiancò all'attività di pittore quella di abile maestro di scherma: aprì infatti una scuola frequentata dagli ufficiali napoleonici, primo fra tutti il generale A. Massena, legandosi ai principali circoli militari e mondani. Nel 1803morì a Trapani la moglie, che non aveva voluto seguirlo nei suoi viaggi; qualche anno dopo sposò Matilde Gattarelli, romana. Si datano appunto in questo periodo milanese le sue opere più importanti, tra le quali vanno ricordate la celebre Morte di Antigone, ispirata alla tragedia alfieriana, e il Ritratto del generale Massena, ora perduto. Intorno al 1804 l'E. inviò a Parigi alcune tele (Artemisia piangente, Endimione addormentato, Psiche, opere di cui non si ha più notizia) e nel 1806, in occasione della venuta di Napoleone a Milano, espose a Brera una serie di ventidue dipinti di soggetto mitologico e allegorico (tra i quali la tela raffigurante Giove divide con Napoleone l'impero della terra, di cui sono noti il bozzetto in collezione privata trapanese e un'incisione nella Civica Raccolta Bertarelli di Milano), molto apprezzati dall'imperatrice Giuseppina.
Nel settembre 1810 lasciò Milano, diretto verso Napoli, per istituirvi un'accademia di belle arti voluta da Gioacchino Murat. A causa della salute malferma, nonostante le insistenti richieste della corte napoletana di portare a termine il viaggio, si fermò a Roma, dove si guadagnò da vivere con lezioni di scherma, proponendosi sempre di tornare a Milano per completare la Morte di Antigone, lasciata incompiuta.
Morì a Roma il 16 febbr. 1821e venne sepolto nella chiesa di S. Salvatore in Onda.
Dalla prima e fondamentale biografia del Cancellieri (1824), ricchissima di notizie ma dai toni quasi agiografici, fino ai contributi critici più recenti, sono cresciuti gli studi sul pittore, anche se allo stato attuale delle ricerche non ci sono elementi sufficienti per poter definire il corpus completo delle sue opere, in larga parte tuttora irreperibili, e per delineare compiutamente la sua personalità artistica. I dipinti superstiti sono conservati nel palazzo municipale di Trapani (Orfeo ed Euridice, Il Tempo e le belle arti), nel Museo regionale Pepoli della stessa città (vanno almeno citati il Ritrattodi Timoleonte cieco, un'Immacolata, il Beato Giuseppe Labrè, una Testa di giovane greco e la celebre Morte di Antigone), donati nel 1836 dalla seconda moglie Matilde Gattarelli, a Catania (un bozzetto raffigurante il Vescovo Leone con il mago Eliodoro, nella cattedrale, un Ritratto diCaronda, nelsalone dell'università, e una Psiche nella collezione Zappalà Gemelli; cfr. Policastro, 1950) e in parte in raccolte private (Ritrattodella signora Gherardi e della figlia, Modena, coll. Rizzi; cfr. Cera, 1987; Danae, Milano, coll. Nicodemi; cfr. Accascina, 1939).
Da essi emerge una figura di artista complessa e ancora poco indagata, che partendo da una formazione settecentesca, in un secondo tempo, sotto l'influsso di A. R. Mengs e di A. Appiani, finisce per adeguare il suo linguaggio ai modi neoclassici, con risultati discontinui ma non del tutto privi di accenti originali e di una forte carica innovatrice. A margine della infaticabile opera di pittore, l'E. pubblicò nel 1817 (Roma) un Saggio sui colori e qualche anno dopo, secondo i biografi, un Saggio sopra i mezzidi farrisorgere le belle arti.
Fonti e Bibl.: F. Cancellieri, Memorie raccolte... intorno alla vita e alle opere del pittore cav. G. E. di Trapani, Roma 1824; Guida per gli stranieri in Trapani, Trapani 1825, pp. 217-220; G. M. Di Ferro, Biografia degli uomini illustri trapanesi dall'epoca normanna sino al corrente secolo, II, Trapani 1830, pp. 70-95; F. Mondello, La Biblioteca e la Pinacoteca Fardelliana in Trapani, in Nuove Effemeridi siciliane, 1881, pp. 260 s., 263; C. Calisse, Storia di Civitavecchia, Firenze 1898, p. 545; Mostra del ritratto italiano dalla fine del sec. XVI all'anno 1861, Firenze 1911, p. 115; Inventario degli oggetti d'arte d'Italia, VIII, Provincie di Ancona e Ascoli Piceno, a cura di L. Serra-B. Molajoli-P. Rotondi, Roma 1936, p. 35; M. Accascina, Ottocento siciliano. Pittura, Roma 1939, pp. 23 s., 123 ss.; G. B. Comandè, Un quadro sconosciuto di G. E. eseguito su commissione di Napoleone, Palermo 1948; G. Policastro, Catania nel Settecento, Catania 1950, p. 313; Pittori trapanesi dell'800 (catal.), a cura di V. Scuderi, Trapani 1954, pp. 16-19, 30-34 (con bibl. precedente); A. Schiavo, Palazzo Altieri, Roma 1964, pp. 131, 133; V. Scuderi, IlMuseo nazionale Pepoli in Trapani, Roma 1965, pp. 26, 33; A. Ottino Della Chiesa, Ilneoclassicismo nella pittura italiana, Milano 1967, pp. 22, 94; F. M. Aliberti Gaudioso, schede in Soprintendenza alle Gallerie e alle opere d'arte per il Lazio, Restauri 1970-1971, Roma 1972, pp. 64 ss.; F. Grasso, Ottocento e Novecento in Sicilia, in Storia della Sicilia, X, Palermo 1981, pp. 174 s.; La pittura del '700 a Roma, a cura di S. Rudolph, Milano 1983, p. 764, fig. 249; La pittura neoclassica ital., a cura di A. Cera, Milano 1987, p. 670, figg. 363-365; G. Barbera, in Siracusa antica nella pittura sicil. dell'Ottocento (catal.), Siracusa 1988, pp. 42 s.; Id., in La pittura in Italia. L'Ottocento, II, Milano 1991, pp. 812 s.; Dizionario dei siciliani illustri, Palermo 1939, pp. 206 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 10 s.; Diz. enc. Bolaffi dei pittori e degli incisori ital., IV, Torino 1973, pp. 238-240.