ARATA, Giulio Ulisse
Nacque a Piacenza il 21 ag. 1881 da Giovanni, sacrestano della chiesa di S. Antonio, e da Angiolina Costa. Ebbe nella stessa città la sua prima formazione presso l'istituto "G. Gazzola", dove, dal 1895 al 1898, ebbe come insegnante Camillo Guidotti. Compì quindi gli studi superiori a Milano, dove seguì dal 1898 al 1901 i corsi di architettura presso l'Accademia di belle arti di Brera (e dove risentì sensibilmente dell'influenza di Camillo Boito e di Luca Beltrami, dei quali si considerò erede spirituale), e successivamente a Roma. Pur interpretato talvolta dai contemporanei come periodo favorevole alla realizzazione di nuovi destini per l'architettura italiana, il momento storico nel quale l'A. iniziò la sua attività di architetto era in realtà un momento di disorientamento e di decadenza, in cui guadagnò spazio un particolare stile che, riallacciandosi confusamente, a partire dai primi anni del Novecento, sia al Liberty sia ai suoi precedenti eclettici, si affermò pienamente negli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale e andò esaurendosi intorno agli anni Venti.
L'A., uno dei principali esponenti, nell'ambito lombardo, di tale esperienza "neoeclettica" o di "eclettismo di ritorno" (R. Bossaglia, Dopo il Liberty: considerazioni sull'eclettismo di ritorno, in Studi in onore di G. C. Argan, Roma 1984, pp. 209-215), è da mettere in relazione, da un lato, con G. Sommaruga, ai cui portati Liberty si ispira e liberamente ricorre, dall'altro, con A. Andreani che, a sua volta, dopo il 1920, svilupperà alcuni aspetti dell'opera dell'A., portandone tuttavia a manifestazioni estreme certa sperimentazione di creatività appariscente e paradossale.
I più noti edifici dell'attività giovanile dell'A., tra il 1909 e il 1911, sono una serie di case a Napoli (tra cui la più rilevante, tuttora esistente, è il palazzo Mannajuolo in via Filangieri, 36) e le terme di Agnano, di impronta prettamente Liberty. Contemporaneamente, a Milano, l'A. realizzò alcuni edifici destinati a residenza di ceti abbienti, nei quali cercò di giungere a un linguaggio nuovo e singolare, accoppiando in realtà lo stile floreale a una sorta di neoromanico decorativo. La sua ricerca fu tuttavia salutata come coraggiosa da gran parte della critica coeva, rivoluzionaria addirittura in quanto costituiva comunque una reazione alle esperienze "francesi e viennesi", art nouveau e secessioniste.
Le più famose creazioni milanesi sono palazzo Felisari in via Boscovich, progettato nel 1910, e nella zona di Monforte i palazzi Berri-Meregalli, di cui il più celebre è quello d'angolo tra via dei Cappuccini e via Vivaio (1911-14), costruzione tutta in mattoni, realizzata col contributo di artisti quali A. Prendoni e A. Calegari per le sculture, P. A. Rimoldi per gli affreschi, A. D'Andrea per i mosaici, e A. Mazzucotelli per i ferri. Fondamentale per la duplice formazione dell'A. - di progettista e di restauratore - fu l'accentuato interesse per uno storicismo allineato col problema, di estrema attualità, dello stile nazionale, caricato pertanto di forti valenze simboliche e teso a risalire alla fase sostanziale dell'elaborazione di un'originale cultura architettonica italiana.
L'A. credette di ravvisarla nel Medio Evo e coltivò pertanto quell'ispirazione neomedievale "fatta di sincerissime e concluse masse animate, di sporgenze aggettanti" (Nicodemi, pref. a G.U. Arata, Ricostruzioni, 1942, p. XIII), rivelata nei suoi edifici, e in particolare nel palazzo Berri-Meregalli, dalla vigorosa articolazione plastica in sporti, paraste, bay windows, mista tuttavia, e confusa, con l'enfatica decorazione ad affresco, mosaico, scultura, frutto dell'involuzione dell'eclettismo.
Colto ricercatore delle tradizioni locali, l'A. viaggiò a lungo in Italia, raccogliendo una vasta documentazione relativa sia all'artigianato sia all'edilizia rurale (la ricca biblioteca di storia dell'arte dell'A. è stata ereditata dal collegio "Alberoni" di Piacenza).
Testimoniano dei suoi soggiorni in Sicilia e Sardegna libri e articoli quali: La casa popolare sarda e la sua suppellettile (in La Casa, III [1920], p. 167); L'architettura arabo-normanna in Sicilia (Milano 1925, con prefaz. di C. Ricci); Arte sarda (ibid. 1935: collaboraz. grafica di G. Biasi); e del suo interesse in genere per le regioni italiane volumetti vari, tra cui: Umbria medievale (Novara 1941) e Toscana medievale (ibid. 1941).
L'A. svolgeva, a lato della sua attività di progettista, un'attività di critico aperto e attento a sostenere le tendenze, in campo artistico, più avanzate del moment0; a partire dal 1910 egli collaborò ad importanti riviste come Pagine d'arte, Vita d'arte, Emporium. Oltre a G. Mancini, che egli considerava "uno dei più geniali e forse il più completo degli architetti italiani" (Laprima mostra di architettura promossa dall'Associazione degli architetti lombardi, in Vita d'arte, VII [1914], n. 75, pp. 66-72), l'A. salvava da un giudizio di generale mediocrità R. D'Aronco, G. Sommaruga e, soprattutto, A. Sant'Elia.
L'A. fu forse il primo critico ad occuparsi di Sant'Elia: gli fu legato da profonda ammirazione e da un rapporto di amicizia consolidatosi nell'ambito del gruppo di "Nuove tendenze", di cui fu, nel '14, tra i fondatori. Gli artisti di "Nuove tendenze", tra cui M. Chiattone, L. Dudreville, A. Funi, U. Nebbia, G. Macchi e D. Buffoni, lo ebbero estimatore appassionato. La sua partecipazione alla vita artistica era scandita da frequenti articoli in riviste e le sue relazioni si estendevano in amicizie con critici d'arte, da Ugo Ojetti a Pompeo Molmenti, con editori quali Treves, Alfieri, Tumminelli e Bestetti.
Nel 1914vinse il concorso per la chiesa di S. Vitale a Salsomaggiore, pubblicò i progetti - mai realizzati - di una quarantina di Ville (con prefazione di A. Melani), per i tipi della casa editrice Bestetti-Tumminelli, e intraprese una serie di restauri. La guerra lo distolse dai suoi lavori. Quando tornò ad essi il suo concetto di architettura, già in sé debole e connesso ad un eclettismo ormai in via di esaurimento, emerse dalla frattura della guerra irrimediabilmente superato. È del 1923il progetto per palazzo Körner, uno dei primi tentativi di grattacielo (quindici piani) a Milano. Sia pure bene accolto da buona parte della critica (ed elogiato da Mussolini: Reggiori, 1947, p. 331), tale edificio veniva giudicato "inammissibile" dalla Società degli architetti, per la collocazione, soprattutto, in cui era previsto (via Leopardi, angolo via Saffi), in margine al parco del quale avrebbe limitato l'ampio orizzonte. Risale allo stesso periodo uno studio - anch'esso non realizzato - di trasfonnazione in albergo di lusso del richiniano Collegio Elvetico.
In tale progetto si esprime chiaramente la nozione di restauro che l'A. avrebbe sperimentato su vasta scala. Come era convinto di operare in pieno rispetto del manufatto di Richini per il solo fatto che il corpo frontale e i cortili sarebbero sopravvissuti integralmente, pur compromessi dalle grevi masse dei nuovi corpi che avrebbero dovuto essere eretti sui primi, così, in linea con i criteri allora dominanti dell'"eliminazione" delle parti più recenti e dell'"integrazione" delle più antiche, l'A. intervenne ampiamente, e in contraddizione con la critica sensibile e attenta da lui stesso fatta a restauratori "imprudenti" quali A. Rubbiani e A. D'Andrade, su una serie di edifici storici medievali.
Restaurò la basilica di S. Antonino e la chiesa di S. Francesco a Piacenza (1925), le chiese di Vigolo Marchese e di Vigoleno (Piacenza), quella di Careno (Parma), e il chiostro della collegiata di Castell'Arquato. Tra il '25 e il '27rimaneggiò alcune case a Piacenza riportandole a un presunto stile trecentesco, ed eseguì il ripristino del quartiere medievale di Bologna compreso tra le vie Marchesana e Piave, inserendovi una galleria terminata nel '28. Nel 1926 eresse a Ravenna il palazzo della Provincia e fu consulente per la costruzione (1925-31) del Museo Ricci Oddi, di cui divenne presidente nell'immediato dopoguerra.
L'A. morì nella sua villa di Piacenza il 15 sett. 1962.
Tra gli scritti dell'A., oltre a quelli citati nel testo e in Samek Ludovici, si ricordano: La piazza delle Erbe di Verona e la sua sistemazione, in Emporium, XLI (1913), p. 198; Il tempio della pace, in Rass. d'arte, XIV (1914), pp. 145-154; Il duomo di Arezzo, ibid., pp. 265-277; L'architettura futurista, in Pagine d'arte, II (1914), pp. 193-195; I padiglioni dell'Italiaall'esposizione di S. Francisco, ibid., pp. 149 s.; L'esito del concorso per la sistemazione della piazza delle Erbe di Verona, ibid., III (1915), pp. 9 s.; A Sant'Elia, ibid., IV (1916), pp. 139 s.; G. Sommaruga, in Vita d'arte, X (1917), pp. 57-69; Le molteplici vicende di … S. Antonio di Piacenza, Milano 1919; Leonardo architetto e urbanista, ibid. 1935; Costruzioni e progetti con alcune note sull'architettura contemporanea, ibid. 1942; Ricostruzioni e restauri (e alcune note sull'urbanistica e la conservazione dei monumenti), ibid, 1942.
Fonti e Bibl.: Presso gli eredi Montaretto Marullo a Piacenza è conservato l'archivio dei progetti e dei disegni dell'A.; e presso la Biblioteca civica di Piacenza, i progetti relativi a un edificio di banca mai realizzato a Piacenza (Banco di Roma, Il palazzo della filiale di Piacenza, Roma 1977). Siveda inoltre D. Buffoni, Architettura pittorica, in La Perseveranza, 3 ag. 1913; A. Lancellotti, La casa moderna a Milano, in Emporium, XXXVIII (1913), pp. 477-479; A. Melani, Architettura "Ars regina", in Vita d'arte, VII (1914), n. 75, pp. 475 s.; P. Mezzanotte, Nuove tendenze nell'edilizia milanese, il palazzo Körner, in Architettura e arti decorative, II (1923), pp. 305-311; S. Lodovici [Samek Ludovici], Storici, teorici e critici delle arti figurative…, Milano 1942, pp. 31 s.; F. Reggiori, Milano 1800-1943, Milano 1947, pp. 331, 368, 454; B. Zevi, Storia dell'architettura moderna, Torino 1950, p. 640; R. De Fusco, Il Floreale a Napoli, Napoli 1959, pp. 95, 97, 110 s., 113; D. Torres, G. U. A., in Atti dell'Accad. naz. di S. Luca, n.s., VI (1962), commemorazione n. 4; A. Lancellotti, L'architetto G. U. A., in Brutium, XLI (1962), n. 4, pp. 3 s.; G. Nicodemi, Ricordo di G. U. A., in L'Arte, LXI (1962), pp. 224-228; R. Bossaglia, in Architettura Liberty a Milano (catal.), Milano 1972, pp. 22 s.; M. Grandi - P. Pracchi, Milano-Guida all'architettura moderna, Bologna 1980, pp. 95-110; Macmillan Encycl. Of Architects, I, London 1982, p. 94; E. Bairati - D. Riva, Il Liberty in Italia, Bari 1985, ad Indicem.